Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2013-10-21, n. 201305116

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2013-10-21, n. 201305116
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201305116
Data del deposito : 21 ottobre 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 04269/2006 REG.RIC.

N. 05116/2013REG.PROV.COLL.

N. 04269/2006 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4269 del 2006, proposto da:
Veggio Elisabetta, rappresentata e difesa dagli avv. F B, G P, con domicilio eletto presso il primo, in Roma, viale Parioli, 180;

contro

Comune di Manerba del Garda, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. G R, Giuseppe Onofri, con domicilio eletto presso l’avv. Paola Ramadori in Roma, via Marcello Prestinari, 13;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA - SEZ. STACCATA DI BRESCIA n. 00833/2005, resa tra le parti, concernente demolizione opera realizzata su strada a uso pubblico.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 giugno 2013 il Cons. Andrea Migliozzi e uditi per le parti gli avvocati Braschi e Buccellato, per delega dell'Avv. Onofri;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

La sig.ra Veggio Elisabetta è proprietaria di un fondo sito in frazione Balbiana del Comune di Manerba del Garda, su cui insistono due sue abitazioni;
lungo i confini nord ed ovest di tale proprietà si trova una strada denominata vicolo della Valle, sulla quale la predetta apponeva un cancello in ferro chiuso con chiavi.

In relazione a tale installazione alcuni vicini della sig.ra Veggio proponevano innanzi al giudice ordinario azione possessoria, rivendicando il diritto ad usufruire di una servitù di passaggio sul predetto fondo e il relativo ricorso veniva respinto.

Parallelamente veniva in rilievo la vicenda oggetto della presente controversia, contrassegnata da un primo episodio costituito dal fatto che l’attuale appellante, nel novembre del 1994, presentava, per l’installazione sine titulo del cancello in parola, domanda di condono edilizio;
il Sindaco di Manerba del Garda con ordinanza del 5 dicembre 1994 n.76 intimava la demolizione del cancello in quanto sprovvisto di autorizzazione e posto su “ strada di pubblica utilità atteso che mette in collegamento viario via Cantarane con via Marconi”.

Avverso tale ordinanza l’interessata presentava ricorso al Tar della Lombardia Sezione di Brescia rubricato al n.12/95.

Quindi il Sindaco dell’anzidetto Comune, con ordinanza n.5 del 20 gennaio 1995, intimava ulteriormente la demolizione del cancello di che trattasi, sottolineando ancora la natura pubblica del passaggio;
anche tale provvedimento veniva fatto oggetto di gravame giurisdizionale ( il n.178/95) con cui veniva contestata nuovamente l’esistenza di un diritto pubblico di transito.

Il Comune con deliberazione consiliare n.52 del 2 settembre 1999 adottava, ai sensi dell’art.2 comma 2 lettera a) della legge regionale n.23/97, una variante semplificata al PRG per l’allargamento del vicolo della Valle e con successiva deliberazione , la n.95 del 28 dicembre 1999 tale variante veniva approvata in via definitiva, con il cambio di destinazione della superficie della strada da zona E( agricola) a zona F ( allargamento stradale).

La sig.ra Veggio con un terzo ricorso (il n.339/2000) impugnava pure i suddetti atti deliberativi comunali, deducendone la illegittimità sotto vari profili, non ultimo quello per cui il Comune non avrebbe adeguatamente dimostrato l’esistenza di una strada pubblica sulla sua proprietà.

L’adito Tribunale con sentenza n.833/05, riuniti i ricorsi, dichiarava improcedibile il primo gravame ( n12/95) e rigettava gli altri due ( nn.178/95 e 339/2000), ritenendoli infondati.

Avverso tale decisum, ritenuto errato ed ingiusto, è insorta la sig.ra Veggiu con il gravame all’esame.

Dopo essersi soffermata su alcuni elementi di conoscenza e di giudizio che dimostrerebbero come il vico della Valle sia uno stradello privato, chiuso e cieco, parte appellante contesta in primo luogo la dichiarazione di improcedibilità fatta dal primo giudice in ordine al ricorso n.12/95, riproponendo le doglianze ivi formulate.

Inoltre, ella deduce la erroneità delle osservazioni e prese conclusioni del Tar circa la natura giuridica di vico della Valle, che sarebbe un’area pertinenziale privata, sulla quale non insisterebbe alcuna servitù di pubblico passaggio. In ogni caso, mancherebbero nella specie gli elementi presi in considerazione dalla giurisprudenza per conferire il carattere pubblico di una strada, sicché gli interventi di ripristino ordinati dall’Amministrazione sarebbero avvenuti in carenza di potere.

Con specifico riferimento poi alle delibere impugnate col ricorso n.339/2000, parte appellante ripropone le censure di violazione e falsa applicazione della legge regionale n. 23/97 e di eccesso di potere per motivazione pleonastica, elusiva e comunque carente, delle quali il Tar non si sarebbe occupato.

Infine, parte appellante ha denunciato, a carico degli atti impugnati, il vizio di eccesso di potere per sviamento, sul rilievo che l’autorità comunale avrebbe posto in essere delle “coperture”allo scopo di violare consapevolmente i diritti dominicali della sig.ra Veggio;
e ciò sulla base di presupposti palesemente falsi

Si è costituito in giudizio il Comune di Manerba del Garda,che ha contestato la fondatezza dei motivi dell’appello, di cui ha chiesto la reiezione.

Le parti hanno poi prodotto specifiche memorie difensive, anche di replica, ad ulteriore illustrazione delle loro rispettive tesi.

All’udienza pubblica dell’11 giugno 2013 la causa è stata introitata per la decisione.

DIRITTO

L’appello è infondato.

Oggetto di controversia sono gli atti con cui il Comune di Manerba del Garda ha rispettivamente intimato la demolizione di un cancello installato a chiusura di un tratto stradale denominato vicolo della Valle, nella frazione di Balbiana, e approvato la variante semplificata allo strumento urbanistico, preordinata all’ esecuzione di opere di allargamento di vicolo della Valle.

In particolare, con due prime ordinanze, meglio indicate in epigrafe, l’Amministrazione ha disposto il ripristino dello stato dei luoghi, nell’esercizio di un potere di autotutela volto a salvaguardare i propri beni e diritti demaniali, laddove i provvedimenti adottati a carico della sig.ra Veggio, per ottenere la rimozione del manufatto installato su detta strada, si basano sul rilievo che il tracciato stradale costituito dal vicolo della Valle è assoggettato a servitù di passaggio ad uso pubblico.

L’essenza, allora, del contenzioso qui all’esame è costituito proprio dall’accertamento di una servitù pubblica o di un pubblico transito, a fronte della posizione dell’appellante che rivendica, invece la natura privata di detta via come area pertinenziale della sua proprietà.

Prima di affrontare la questione giuridica fondamentale portata all’esame, occorre farsi carico di esaminare la doglianza con cui l’appellante ritiene errata la statuizione del primo giudice di dichiarare improcedibile il primo ricorso ( n.12/95), cioè quello rivolto avverso l’ordinanza sindacale n.76/2004.

Parte appellante sostiene che non sussistano i presupposti per farsi luogo ad una pronuncia processuale in ordine al gravame in questione per sopravvenuta carenza di interesse, ma la censura non convince.

Vero è che la concreta individuazione delle ipotesi di sopravvenuta improcedibilità va compiuta secondo criteri rigorosi e restrittivi, proprio per evitare una ingiustificata e penalizzante preclusione dell’esame del merito della causa ( Cons. Stato Sez. V 10 marzo 1997 n.240);
ma la presente fattispecie pare rientrare perfettamente in un caso per il quale si impone la declaratoria di sopravvenuta improcedibilità.

Invero l’ordinanza n.76/2004 ( impugnata con il ricorso n. 12/95) è stata integralmente sostituita di lì a un mese di distanza da un’altra ordinanza dello stesso contenuto ed effetti, la n. 178/95, a sua volta gravata con autonomo ricorso ( il n.178/95);
e la sopravvenienza di questo secondo provvedimento, nel sostituire integralmente quello originariamente adottato, sposta l’interesse sostanziale e processuale sulla seconda impugnativa rendendo priva di residua utilità una sentenza di merito sul primo dei ricorsi proposti;
e tanto con riferimento anche alla inalterata possibilità dell’attivazione di una iniziativa costituita da una eventuale azione risarcitoria ( Cons. Stato sez. IV 11 aprile 2007 n.1684;
Cons. Stato sez. V 12 dicembre 2009 n.7800).

Passando alla quaestio iuris fondamentale qui portata alla cognizione della Sezione, parte appellante non condivide le osservazioni e le prese conclusioni del primo giudice, posto che, a suo avviso, vicolo della Valle non è una strada pubblica , non è soggetta a servitù di uso pubblico e non ha la concreta idoneità a soddisfare esigenze di interesse generale.

A sostegno della tesi dell’assenza di un uso di pubblico transito sulla via in questione, la sig.ra Veggio adduce elementi di giudizio così riassumibili:

a) manca un titolo che definisca pubblica la strada in questione;

b) le caratteristiche della via sono quelle che caratterizzano un viottolo privato che potrebbe essere stato utilizzato per il transito solo uti singuli e non uti cives;

c) vicolo della Valle costituisce solo un sentiero che si dirama. da via Cantarane, la quale rimane, però, una strada di campagna semiabbandonata per restringersi e terminare in un prato in prossimità del mappale n.178 riguardante le case della sig.ra Veggio, senza che possa ravvisarsi in tale percorso l’utilità di un collegamento con altre strade.

All’opposto, il Comune resistente è dell’avviso che la strada in questione rivesta natura pubblica o comunque costituisca strada vicinale, assoggettata a servitù di pubblico passaggio;
e tanto per una serie di elementi ed indizi, che, sotto profilo profili sia documentali, sia di fatto, evidenzierebbero l’esistenza di un uso pubblico di transito.

Ebbene, ritiene il Collegio che la tesi dell’amministrazione sia condivisibile, atteso che, in particolare, non risulta dimostrato che la strada in questione (vicolo della Valle) sia privata, e sussistendo, invece, precisi indici rivelatori circa l’ esistenza di una servitù di passaggio iure pubblico su detta via.

Un’area privata può ritenersi assoggettata ad uso pubblico di passaggio quando l’utilizzo avvenga ad opera di una collettività indeterminata di soggetti considerati uti cives, ossia quali titolari di un pubblico interesse, e non uti singuli (Cons. Stato sez. V 14 febbraio 2012 n.728).

Del pari, la giurisprudenza ha avuto modo di precisare come l’adibizione ad uso pubblico di una strada è desumibile quando il tratto viario, per le sue caratteristiche, assuma una esplicita finalità di collegamento, essendo destinato al transito di un numero indifferenziato di persone (Cons. Stato Sez. V 7 dicembre 2010 n.8624), oppure quando vi sia stato, con la cosiddetta dicatio ad patriam, l’asservimento del bene da parte del proprietario all’uso pubblico di una comunità, di talché il bene stesso viene ad assumere le caratteristiche analoghe a quelle di un bene demaniale (Cass. Civile Sez. II 21 maggio 2001 n.6924).

Ora, alla luce dei parametri giurisprudenziali sopra evidenziati, va dato atto che, nella specie, vengono in rilievo elementi che depongono a favore dell’esistenza di un diritto pubblico di transito lungo vicolo della Vall,e tali da vincere la tesi contraria sostenuta da parte appellante circa la non esistenza di tale pubblico passaggio.

Varie, invero, sono le circostanze favorevoli all’uso pubblico, quali:

1) l’inserimento, con deliberazione del Consiglio comunale n.24 del 17 marzo 1962 di vicolo della Valle nella toponomastica comunale, con la denominazione “Cantarane”, non coincidente con altra strada, via Cantarane, avente caratteristiche diverse dal tratto viario in discussione;

2) il posizionamento del vicolo più vicino all’agglomerato urbano e il fatto che il tracciato unisce via Marconi e via Cantarane che sono strade comunali, il che induce ragionevolmente a ritenere trattarsi di strada non chiusa, ma di collegamento;
sulla scorta di tali caratteristiche fisiologiche la strada è oggettivamente idonea all’attuazione di un pubblico interesse e quindi non si può escludere l’assoggettamento di vicolo della Valle a servitù di passaggio ad uso pubblico;

Al riguardo sovvengono poi altre indicazioni circa la presenza di un uso pubblico, quale la convenzione del 19 marzo 1974, con cui la stessa sig.ra Veggio si è impegnata sistemare 100 metri di via Valle sotto la direzione degli uffici comunali, e la relazione del Comandante dei vigili urbani del 19 gennaio 1995, che riferisce di un uso pubblico consolidato della via.

Di contro parte appellante nega, per il vero anche con fermezza, l’esistenza di una pubblica servitù di passaggio con argomentazioni, che, però, non riescono a vincere gli indizi addotti dal Comune.

Così si insiste sul fatto che, in realtà, la strada sarebbe solo una sorta di “capezzagna “ e comunque un viottolo di campagna chiuso e come, nella parte prospiciente la proprietà Veggio, sarebbero stati apposti cartelli inibitori e pali di delimitazione, a dimostrazione della natura di area pertinenziale privata del predetto tratto viario.

E’ evidente che gli elementi addotti a sostegno della tesi di strada privata , quanto a consistenza e valore probatorio, si rivelano recessivi rispetto agli elementi ed agli indizi di maggiore pregnanza posti a fondamento della tesi relativa all’esistenza su vicolo della Valle di un diritto di pubblico transito;
se così è risulta positivamente accertato il presupposto di fatto e di diritto che giustifica l’adozione delle misure di ripristino dello stato dei luoghi da parte dell’Autorità comunale.

Anche le critiche formulate nei confronti del capo della sentenza di primo grado che si occupa delle censure dedotte col ricorso 339/2000 avverso le deliberazioni consiliari di adozione e approvazione della variante semplificata al PRG , finalizzata all’ esecuzione di opere di allargamento di vicolo della Valle, son prive di fondamento;
in primo luogo perché il Tar ha adeguatamente argomentato sulle censure dedotte dalla parte interessata;
in ogni modo, nel merito, le doglianze rivolte agli atti comunali non hanno consistenza tale da inficiarne il contenuto e gli effetti.

In concreto, parte appellante, nel riprodurre sostanzialmente quanto già denunciato in primo grado, si diffonde ampiamente,, anche in maniera ripetitiva e per certi versi pure confusa, su alcuni aspetti della procedura di approvazione della variante ritenuti patologici, individuabili nel difetto di motivazione, nel non rispetto della procedura di approvazione e, ancora una volta, nell’affermazione della inesistenza di qualsiasi carattere “pubblicistico” di vicolo della Valle;
per cui, a suo dire, con la variante de qua si sarebbe unicamente ed ingiustificatamente conculcato il diritto di proprietà della stessa appellante.

Infine, l’interessata denuncia a carico dell’operato dell’amministrazione il vizio di sviamento, in ragione dell’esistenza di altri, deviati e non consentiti interessi perseguiti da alcuni amministratori comunali.

Tutti i denunciati profili di doglianza sono privi di giuridico fondamento.

In primo luogo l’appellante ritiene che l’approvazione della variante semplificata sia inutile, non sussistendo alcuna necessità di localizzazione, essendo conosciuto il sito su cui insiste il tracciato viario.

L’assunto non ha pregio, atteso che in vista dell’allargamento della strada in parola il Comune correttamente ha proceduto a dotare il piano regolatore di una variante ad hoc, che localizzasse l’opera a farsi, quale fase propedeutica agli atti di espropriazione necessari per l’esecuzione dei lavori de quibus.

In ogni caso, parte appellante lamenta la superfluità dell’adempimento posto in essere dall’Amministrazione.

Tuttavia, anche a voler aderire alla tesi della sig.ra Veggio, la non necessità dell’approvazione di una variante semplificata non vale certo a significare la invalidità della procedura posta in essere

E d’altra parte non può negarsi l’esistenza di un interesse pubblico all’ampliamento della via in questione, del tutto coerente con lo sviluppo della viabilità della zona, sì da giustificare e richiedere il conferimento, per l’area in cui insiste il tratto viario, a mezzo dell’approvata variante, della destinazione, da zona E (agricola ) ad F (infrastrutture ed impianti pubblici), in modo da ottenere la piena compatibilità urbanistica dell’opera viaria.

Lamenta poi parte appellante un preteso difetto di motivazione, non rinvenibile, però, nel caso di specie.

La variante de qua è finalizzata alla localizzazione dell’opera e non v’è dubbio che l’adeguamento urbanistico operato rientra nei poteri di scelta attinenti alla gestione del territorio, rispetto ai quali le posizioni dei privati sono recessive senza che l’Amministrazione sia tenuta a fornire una dettagliata e ampia motivazione in ordine al perché della scelta operata.

D’altra parte la sig.ra Veggio ha avuto modo di presentare le sue osservazioni, che, com’è noto, si pongono come apporti collaborativi nella fase di formazione dello strumento di pianificazione, senza che possa configurarsi a carico dell’Ente un pregnante onere motivazionale in sede di reiezione delle osservazioni stesse, risultando sufficienti al riguardo le ragioni di carattere generale contenute nell’impostazione generale posta a base dell’adottanda variante, esattamente come nel caso di specie (Cons. Stato Sez. IV 3 novembre 2008 n.5478).

Quanto alla (nuovamente) richiamata inesistenza di una servitù di pubblico passaggio, sulla questione relativa alla esistenza o meno di tale presupposto vale, a smentire anche in questa circostanza l’assunto difensivo, quanto in precedenza osservato in ordine alla sussistenza di tale condicio uris.

Relativamente poi alla dedotta censura di sviamento di potere, i denunciati profili di illegittimità sono inammissibili.

Invero, parte appellante si limita genericamente ad adombrare l’esistenza di malcelati interessi privatistici configurati dalla medesima in capo ad alcuni amministratori comunali, ma non sono evincibili elementi di cognizione, né probatori volti a suffragare e a far ritenere valida l’ipotesi che gli atti posti in essere dal Comune siano diretti perseguire finalità diverse da quelle istituzionalmente connaturate ai provvedimenti in questione.

In forza delle suestese considerazioni il gravame si rivela infondato, dovendosi qui precisare che ogni altro motivo difensivo, pur in ipotesi evincibile da una non sempre armonica esposizione dei mezzi d’impugnazione, deve ritenersi non rilevante e comunque inidoneo a giustificare un mutamento delle osservazioni e conclusioni di infondatezza dell’appello sin qui esposte.

Le spese e competenze del giudizio seguono la regola della soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

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