Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2020-03-09, n. 202001689
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.
Segnala un errore nella sintesiSul provvedimento
Testo completo
Pubblicato il 09/03/2020
N. 01689/2020REG.PROV.COLL.
N. 10507/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10507 del 2014, proposto dal signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Angelo Fiore Tartaglia, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale delle Medaglie d’Oro, 266;
contro
il Ministero dell'Economia e delle Finanze, Guardia di Finanza - Comando Interregionale dell'Italia Meridionale, in persona dei legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del T.a.r. della Campania, Sede di -OMISSIS-, Sezione Sesta, n. -OMISSIS-.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Economia e delle Finanze e del Comando Interregionale dell'Italia Meridionale della Guardia di Finanza;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 febbraio 2020 il Cons. Roberto Caponigro e uditi per le parti l’avvocato Angelo Fiore Tartaglia e l'avvocato dello Stato Daniela Canzoneri;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il Comandante del Comando Interregionale dell’Italia Meridionale della Guardia di Finanza, con provvedimento del 4 ottobre 2011, ha determinato, nei confronti dell’odierno appellante, M.O. in congedo assoluto, la perdita del grado per rimozione e lo ha posto a disposizione del Centro Documentale competente, come semplice soldato, a decorrere dall’11 novembre 1999, intendendosi così modificata la causa di cessazione dal servizio.
Il T.a.r. della Campania, con l’impugnata sentenza, ha respinto il ricorso proposto dal militare avverso il detto provvedimento disciplinare di perdita del grado per rimozione.
Di talché, l’interessato ha interposto il presente appello, articolando i seguenti motivi di impugnativa:
Erroneità dell’impugnata sentenza, illogicità e carenza di motivazione. Illegittimità per violazione dell’art. 1392 del d.lgs. n. 66 del 2010.
La sanzione disciplinare costituirebbe un tipico atto recettizio, per il quale rileverebbe il momento della notifica all’interessato, nel caso di specie in data 26 ottobre 2011, e non, come sostenuto dalla sentenza di primo grado, quello della sua adozione, per cui risulterebbe violato l’art. 1392, comma 4, del d.lgs. n. 66 del 2010 in riferimento al decorso di un tempo superiore ai 90 giorni dalla data di riunione della Commissione di disciplina, avvenuta il 25 luglio 2011, nonché il terzo comma dello stesso articolo, in relazione al decorso del termine di 270 giorni per la conclusione del procedimento.
Erroneità dell’impugnata sentenza, difetto dei presupposti, illogicità ed ingiustizia manifesta, carenza di motivazione. Violazione dell’art. 9 della legge n. 19 del 1990. Disparità di trattamento. Violazione dell’art. 3 Cost.; violazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990. Violazione del principio di proporzionalità, di giustizia sostanziale, di ragionevolezza; violazione del principio di gradualità delle sanzioni.
La sentenza di primo grado non avrebbe tenuto in considerazione l’effettiva rilevanza della condotta, peraltro non ascrivibile alla volontà dell’appellante, in quanto non era suo compito quello di riscontrare la veridicità delle targhe dei mezzi dei quali aveva assistito alla pesatura e che erano poi riportate sulle bollette che lo stesso doveva controllare, sicché non si sarebbe proceduto sulla base di un’autonoma valutazione dei fatti, bensì solo sulla base di una vicenda penale conclusasi con la prescrizione del reato nel giudizio di appello. In altri termini, non vi sarebbe prova del fatto reato contestato all’appellante, né tale prova sarebbe stata raggiunta in sede disciplinare o in sede penale.
Il Tar avrebbe violato anche il principio della gradualità delle sanzioni laddove non si sarebbe considerata l’effettiva entità (due soli episodi in contestazione su migliaia di “pesature” controllate) della vicenda ascritta al Sottufficiale ed i suoi precedenti di servizio.
A fronte di condotte sostanzialmente identiche, l’Amministrazione non avrebbe irrogato alcuna sanzione disciplinare verso due militari, mentre avrebbe inflitto la più grave delle sanzioni all’appellante.
La massima sanzione di stato irrogata all’appellante sarebbe sproporzionata, irragionevole, ingiusta, illogica nonché carente di motivazione, in quanto il comportamento addebitato all’appellante non sarebbe di una gravità tale da far venire meno, in modo insanabile, il rapporto di fiducia tra l’Amministrazione e il dipendente militare.
Erroneità dell’impugnata sentenza, difetto dei presupposti, illogicità ed ingiustizia manifesta, carenza di motivazione. Violazione dell’art. 3 Cost.: disparità di trattamento, ingiustizia manifesta.
Violazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990 carenza di motivazione e di istruttoria.
Violazione del principio di proporzionalità, di giustizia sostanziale, di ragionevolezza, violazione del principio di gradualità delle sanzioni.
La sentenza appellata non avrebbe considerato la sproporzionalità della sanzione irrogata all’appellante rispetto al trattamento riservato agli altri due colleghi per i quali non è stato adottato alcun provvedimento disciplinare, nonostante il fatto penalmente contestato e l’azione fosse stata la medesima.
Erroneità della sentenza. Illegittimità per violazione dell’art. 97, comma 3, del d.P.R. n. 3 del 1957.
La sentenza della Corte di Appello di -OMISSIS-, del 25 settembre 2009, è stata emessa prima del 9 ottobre 2010, data di entrata in vigore del d.lgs. n. 66 del 2010.
In virtù del favor rei , la procedura disciplinare conseguente alla detta sentenza avrebbe dovuto soggiacere alla precedente disciplina di cui alla legge n. 3 del 1957 e non alle nuove disposizioni del codice dell’ordinamento militare, con la conseguenza che, dovendo applicarsi l’art. 97, comma 3, del d.P.R. n. 3 del 1957, il termine perentorio previsto per la contestazione disciplinare sarebbe di 180 giorni decorrenti dalla irrevocabilità della sentenza e non dalla sua conoscenza.
La contestazione degli addebiti sarebbe avvenuta oltre il centottantesimo giorno successivo alla data di irrevocabilità della sentenza, con conseguente estinzione della procedura.
Le Amministrazioni appellate si sono costituite in giudizio per resistere al gravame.
L’appellante ha depositato altra memoria a sostegno delle proprie ragioni.
All’udienza pubblica del 6 febbraio 2020, la causa è stata trattenuta per la decisione.
2. L’Amministrazione, ricostruiti analiticamente gli elementi fattuali della vicenda, ha irrogato la sanzione disciplinare della perdita del grado per rimozione in ragione del seguente iter logico-giuridico:
“- procedendo ad un’autonoma e doverosa valutazione disciplinare dei fatti ascritti ed accertati nell’ambito del presente procedimento amministrativo, l’inquisito – con le proprie condotte, indubbiamente gravi per il negativo riverbero sull’immagine e il prestigio del Corpo – ha:
* dimostrato la propria propensione a piegare, a vantaggio privato, il