Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2014-03-13, n. 201401161

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2014-03-13, n. 201401161
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201401161
Data del deposito : 13 marzo 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 03539/2013 REG.RIC.

N. 01161/2014REG.PROV.COLL.

N. 03539/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3539 del 2013, proposto dalla Regione Puglia, rappresentata e difesa dall'avv. L G, con domicilio eletto presso la Delegazione Regione Puglia in Roma, via Barberini, 36;

contro

Santa Rita s.r.l., rappresentata e difesa dagli avv. S M e B T, con domicilio eletto presso l’avv. Ugo De Luca in Roma, via Federico Rosazza, n. 32;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. PUGLIA - BARI: SEZIONE II n. 00119/2013, resa tra le parti, concernente risarcimento del danno causato dal ritardo nella rideterminazione delle quote di spesa sanitaria spettante per le prestazioni assistenziali delle strutture residenziali protette per l’assistenza a rilievo sanitario


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Santa Rita s.r.l.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 novembre 2013 il consigliere Bruno Rosario Polito e uditi per le parti gli avvocati Matino e Taurino;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La soc. Santa Rita a r.l. con ricorso proposto avanti al T.A.R. per la Puglia aveva inizialmente richiesto di accertarsi l’obbligo della Regione Puglia di procedere:

- alla rideterminazione della quota di spesa sanitaria, spettante alle strutture residenziali protette per l’assistenza a rilievo sanitario fornita alle persone parzialmente o del tutto non autosufficienti, secondo le modalità previste dall’art. 66, quarto comma, del regolamento regionale 18 gennaio 2007 n. 4;

- all’adeguamento delle tariffe da riconoscere ai soggetti titolari di strutture e di servizi sociali e socio-sanitari autorizzati ovvero accreditati, comprensive dell’eventuale quota di compartecipazione da parte degli utenti, secondo le modalità previste dall’art. 32 del regolamento regionale 18 gennaio 2007, n. 4.

Con sentenza n. 2631 del 2008 il T.A.R. accoglieva il ricorso e dichiarava l’obbligo della Regione di provvedere, nel senso sopraindicato, nel termine di centottanta giorni decorrenti dalla comunicazione o notificazione della sentenza a cura della parte interessata.

Detta sentenza era notificata il 9.12.2008. Malgrado ciò la Regione non provvedeva nel termine fissato in ulteriori 180 giorni dalla conoscenza della decisione, in incremento del termine legale previsto dal regolamento regionale n. 4 del 2007, in scadenza al 7 giugno 2009.

Le nuova tariffe regionali divenivano operative il 4 gennaio 2011

Con ricorso proposto avanti al T.A.R. per la Puglia la soc. Santa Rita formulava domanda di risarcimento del danno conseguente al ritardo a provvedere, assumendo che in presenza di tempestivo adempimento dell’obbligo di adeguamento tariffario avrebbe ottenuto una maggiore remunerazione delle prestazioni rese.

Con sentenza n. 119 del 2013 il T.A.R. adito rilevava:

- la sussistenza degli estremi di danno per mancato incremento patrimoniale della ricorrente determinato da un comportamento (omissivo) contra ius ,costituito dal tardivo adeguamento del regime tariffario, come tale lesivo di un interesse giuridicamente protetto e meritevole di tutela.;

- la persistenza del comportamento antidoveroso, rappresentato dalla mancata adozione dell’adeguamento tariffario quantomeno nel termine giudizialmente stabilito;.

- il carattere colposo della condotta dell’ Amministrazione per l’ inerzia a provvede, non giustificata da incertezze giurisprudenziali nella materia o dalla complessità del quadro normativo o ancora da impedimenti (e non mere difficoltà) in fatto;
tanto più in presenza di un termine congruo assegnato al giudice amministrativo di durata pari a quello che la stessa Amministrazione , in sede regolamentare, aveva ritenuto sufficiente ed adeguato per disporre l’adeguamento tariffario.

- l’irrilevanza della regola di irretroattività dell’atto amministrativo agli effetti di una pronuncia risarcitoria del vulnus sofferto dalla struttura assistenziale per il ritardo a provvedere.

Il T.A.R. dettava, quindi, ai sensi dell’art. 34, comma 4, c.p.a., alcuni criteri per la liquidazione del danno, così da garantire una più rapida definizione della controversia, rifluendo ogni eventuale questione sul quantum risarcitorio in sede di giudizio di ottemperanza.

A tal fine doveva tenersi conto dell’importo differenziale fra le tariffe in concreto liquidate dal 7 giugno 2009 al 4 gennaio.2011 e quelle che sarebbero state spettate laddove l’aggiornamento tariffario, entrato in vigore dal 4 gennaio 2011, fosse stato adottato fin a partire dal 7 giugno 2009;
doveva, inoltre, tenersi conto del numero delle persone in concreto ospitate nella struttura, nonché della tariffa applicabile in relazione alle dimensioni della residenza, avuto riguardo ai posti di degenza.

Era esclusa la risarcibilità delle ulteriori voci di danno, richieste per interessi e competenze bancarie corrisposte all’istituto MPS per l’utilizzo del credito bancario;
nonché per interessi corrisposti all’INAIL ed INPS per il ritardato pagamento degli oneri assicurativi, assistenziali e previdenziali, ricondotte entrambe dalla mancanza di liquidità derivante dall’applicazione della tariffa non aggiornata.

Avverso la sentenza n. 119 del 2013 ha proposto appello la Regione Puglia ed ha contrastato le conclusioni del T.A.R., insistendo in particolare, anche in sede di note d’udienza, sulla non ascrivibilità a titolo di colpa del ritardo nelle determinazione del regime tariffario, a fronte della complessità del quadro normativo di riferimento e delle specifiche contingenze della spesa sanitaria nell’ambito della Regione Puglia e sottolineando, inoltre, il carattere cogente del limite di spesa assegnato ad ogni struttura di assistenza per le prestazioni da rendere in convenzione o accreditamento.

La società Santa Rita, costituitasi in giudizio, ha contraddetto i motivi articolati dalla Regione Puglia ed ha censurato in via incidentale i capi della sentenza del T.A.R. a lei sfavorevoli, concludendo per il rigetto dell’appello.

All’udienza del 28 novembre 2013 l’appello è stato trattenuto in decisione.

2. Come accennato nell’esposizione in punto di fatto la Regione Puglia, ad esclusione di ogni colpevole ritardo nell’adeguamento delle tariffe per le prestazioni rese dai titolari di strutture e di servizi socio/sanitari autorizzati o accreditati, pone in rilievo il condizionamento di detto adempimento, di natura strettamente burocratica, a decisioni di carattere “ eminentemente politico ”.

Queste sono identificate nell’approvazione del documento di indirizzo economico/funzionale del servizio sanitario regionale (D.I.E.F.) che, a sua volta, sconta il condizionamento della grave crisi finanziaria che coinvolge la spesa sanitaria a livello regionale, che riceve limiti dai rientri imposti dall’accordo sottoscritto in data 29 novembre 2010 dal Presidente della Regione Puglia con il Ministro della Salute ed il Ministro dell’ Economia e delle Finanze.

Osserva il Collegio che l’art. 32, comma 2, del regolamento regionale n. 4 del 2007, pubblicato sul B.U.R.P. il 22 gennaio 2007, aveva ritenuto congruo il termine di 180 giorni per la determinazione da parte della Regione, d’intesa con i comuni e le associazioni datoriali di categoria, delle tariffe da riconoscere ai soggetti titolari di strutture o di servizi sociali e socio sanitari autorizzati ovvero accreditati.

Sull’obbligo di assicurare l’adempimento provvedimentale è poi intervenuta la sentenza del T.A.R. n. 2631 del 2008 il T.A.R. che, riconosciuti gli estremi del silenzio inadempimento, dichiarava l’obbligo della Regione di provvedere alla determinazione tariffaria nel termine di centottanta giorni decorrenti dalla comunicazione o dalla notificazione della sentenza a cura della parte interessata.

La Regione si attivava nel marzo 2009 e solo a partire dal gennaio 2011 trovava applicazione in nuovo regime tariffario, con riflesso sulle quote a carico del servizio sanitario regionale nella misura del 50 % dell’importo delle prestazioni.

In contrario a quanto argomentato dalla Regione non emerge dal quadro regolamentare di riferimento una particolare complessità degli adempimenti, tale da giustificare il duplice ritardo a provvedere, sia rispetto al termine iniziale che si rinviene nel regolamento regionale, sia rispetto all’ulteriore termine di pari durata assegnato dal T.A.R. con la sentenza n. 2631 del 2008.

Si tratta, inoltre, di un’attività ricognitiva di parametri di natura strettamente tecnica inerenti al costo del servizio, ai contenuti ed alle modalità di erogazione dello stesso, alle caratteristiche strutturali, organizzative e professionali del soggetto accreditato, al grado di complessità della prestazione ed altro, che non restano influenzati dalle diverse scelte regionali sul reperimento e destinazione delle risorse per le esigenze di assistenza sanitaria, peraltro confluite nel documento di indirizzo economico/funzionale (D.I.E.F.), approvato dalla Giunta regionale il 20 dicembre 2010, una volta consumatisi i termini per l’aggiornamento tariffario in precedenza indicati.

La sentenza del T.A.R. non ha, inoltre, attribuito al provvedimento approvativo del sistema tariffario efficacia anteriore alla sua adozione, in contrario al principio di irretroattività degli atti regolamentari. Nella specie non viene in rilievo l’efficacia sul piano temporale del provvedimento tariffario adottato dall’ Amministrazione, ma il danno ingiusto cagionato nella sfera del destinatario per il ritardo nella conclusione del procedimento in violazione di un termine ritenuto congruo sia dal regolamento regionale, sia dal giudice amministrativo.

2.1. Con un secondo ordine di considerazioni la Regione Puglia espone che il maggior costo delle singole prestazioni (elevato da euro 64,00 per giorno di assistenza a euro 92,50) viene ad imporre un ridimensionamento dei posti letto per ciascuna struttura interessata, stante l’obbligo di contenere la spesa complessiva nei limiti programmati per esigenze di equilibrio economico e finanziario.

A fronte, quindi, di un minor numero di prestazioni erogabili con oneri a carico del servizio sanitario regionale, non può essere invocato nessun danno nella sfera patrimoniale del soggetto accreditato in eccedenza al volume massimo di prestazioni remunerabili.

Il motivo articolato dalla Regione si collega ad uno scenario del tutto ipotetico, e cioè condizionato dalla tempestiva adozione del nuovo regime tariffario cui avrebbe fatto seguito la riduzione delle prestazioni nei limiti del tetto di spesa del singolo soggetto accreditato.

Il ritardo a provvedere dell’ Amministrazione ha, invece, fatto sì che restasse fermo il limite quantitativo delle prestazioni con quota a carico del servizio sanitario regionale i cui maggiori oneri, in presenza di effettiva erogazione del servizio assistenziale, non può essere addossato alla struttura che ha operato in affidamento al numero delle prestazioni assentite.

2.2. Sostiene da ultimo la Regione che il termine iniziale per la determinazione del danno per differenziale fra le nuove e le vecchie tariffe va individuato alla data 13 agosto 2009 (successiva a quella del 7 giugno 2009 indicata dal T.A.R. nella sentenza appellata), poiché solo a partire da tale momento la struttura gestita dalla società S. Rita ha ottenuto l’autorizzazione definitiva all’esercizio, condizione cui la libera di G.R. n. 1746 del 2009 subordina l’applicazione del nuovo regime tariffario.

Il motivo non va condiviso perché la soc. S. Rita, era iscritta fin dal 2004 nell’apposito registro delle strutture e servizi autorizzati alle attività socio/assistenziali destinate agli anziani e fruiva delle contribuzioni nella misura del 50% delle prestazioni rese;
segue che il nuovo regime tariffario viene a costituire solo il parametro di ragguaglio della perdita economica sofferta per la sua tardiva adozione, indipendentemente dalla qualificazione come provvisorio e definitivo del titolo autorizzatorio.

L’appello principale va, quindi, respinto.

3. Sono infondati i motivi di ricorso incidentale formulati dalla soc. S. Rita avverso la sentenza del T.A.R. nella parte in cui:

a) non ha preso in considerazione la domanda risarcitoria riferita al lucro cessante per non aver potuto riscuotere, in relazione al ritardo nell’approvazione delle nuove tariffe per le prestazioni sociosanitarie erogate, la c.d. quota alberghiera , che in misura pari al 50 % del corrispettivo di prestazione grava sulla persona ospitata nella struttura;

b) ha respinto la richiesta di risarcimento per le voci di danno derivanti da interessi e competenze pagate per il ricorso al credito bancario e per interessi passivi corrisposti all’ I.N.A.I.L. ed all’ I.N.P.S. per il ritardato pagamento di oneri assicurativi, previdenziali ed assistenziali.

3.1. Con riguardo al primo capo di domanda il Servizio sanitario regionale – tenuto all’onere di contribuzioni nel limite del 50 % del costo della prestazione resa dalla struttura di assistenza - è soggetto del tutto estraneo al rapporto di natura privatistica che si instaura con il privato beneficiario dell’ attività assistenziale.

Resta, pertanto, nella più ampia disponibilità della struttura la possibilità di quantificare in corso di rapporto la maggior somma dovuta per le prestazioni di natura non strettamente sanitaria rese, nonché di rivalersi per il residuo, in presenza del nuovo regime tariffario, ponendo in essere ogni azione positiva per il recupero della somma a carico dell’assistito, anche agli effetti di prevenire la prescrizione del credito. Nessun obbligo di risarcimento può essere. quindi, ascritto alla Regione per fatti che non si pongono in conseguenza immediata e diretta con le scelte di natura provvedimentale di aggiornamento delle tariffe.

3.2. La pretesa sub b) non merita accoglimento, perché muove da una configurazione parapubblicistica della struttura di assistenza e riconduce la regolarità della sua gestione ai flussi di liquidità per contribuzione da parte della Regione.

L’ampia sfera di autonomia organizzativa e di indirizzo peculiare all’assetto societario della ricorrente porta ad escludere un nesso di casualità necessaria del deficit di liquidità nel bilancio aziendale con la mancata percezione, per differenziale, della quota del 50 % delle rette cui soccorre il servizio sanitario regionale, che non assolvono la funzione di ripianare inefficienze finanziarie e tecnico gestionali della struttura e solo in parte concorrono nell’attivo di bilancio.

Le spese del grado di appello sono poste a carico della Regione Puglia e si liquidano in euro 3000,00 (tremila/00) in favore della società Santa Rita, oltre agli accessori dovuti per legge.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi