Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2022-12-30, n. 202211759

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2022-12-30, n. 202211759
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202211759
Data del deposito : 30 dicembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 30/12/2022

N. 11759/2022REG.PROV.COLL.

N. 10959/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10959 del 2021, proposto da
Linkem S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati S S D, G T e L A, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

Elo S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati Elisabetta Pistis e Elenia Cerchi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Ter) n. 10563/2021, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Elo S.p.A. e dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 settembre 2022 il Cons. F D L e uditi per le parti gli avvocati S S D, G T, L A, Elisabetta Pistis e dello Stato Maria Luisa Spina;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Ricorrendo dinnanzi a questo Consiglio, la società Linkem s.p.a. appella la sentenza n. 10563 del 2021, con cui il T Lazio, Roma, ha rigettato il ricorso di primo grado e i successivi motivi aggiunti (proposti dall’odierna appellante) diretti ad ottenere l’annullamento della delibera n. 280/20/CIR del 6 agosto 2020 dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (per brevità, anche Autorità o Agcom), recante la “ definizione della controversia tra le società Elo S.p.A. e Linkem S.p.A. ai sensi dell’art. 23 del d.lgs. n. 259/03 e del regolamento di cui alla delibera n. 449/16/CONS in tema di accesso alle frequenze nella banda 3.4-3.6 GHz ” (oltre che dei relativi atti connessi), nonché della nota del 12.2.2021 della stessa Autorità, avente ad oggetto la “ richiesta di chiarimenti di Linkem – convocazione riunione tavolo tecnico di cui alla Delibera n. 280/20/CIR ” (oltre che dei relativi atti connessi).

In particolare, secondo quanto dedotto in appello:

- la società Linkem è un operatore di telecomunicazioni in possesso di autorizzazione generale per le reti e i servizi di comunicazione elettronica, esercente con tecnologia Fixed Wireless Access e avente quale mission aziendale la fornitura di servizi a banda larga e a banda ultra-larga sull’intero territorio nazionale, nonché la valorizzazione, in virtù delle potenzialità della tecnologia 5G, di iniziative innovative volte allo sviluppo della smart economy ;

- tale operatore ha sviluppato nel corso degli anni una rete di comunicazione elettronica proprietaria sull’intero territorio nazionale per l’offerta al pubblico dei propri servizi a livello retail e wholesale , nonché ha ottenuto l’assegnazione, all’esito di apposita gara regolata dalla delibera dell’Agcom n. 209/07/CONS, dei diritti d’uso di alcuni blocchi di frequenza all’interno della banda 3.4-3.6 GHz fino al 2023, con successiva proroga assentita dal Ministero dello sviluppo economico fino al 31.12.2029 (sulla base di appositi impegni assunti dalla società odierna ricorrente, volti pure a garantire una più ampia copertura della rete nel breve-medio periodo e ad assicurare la transizione alle nuove tecnologie, quale il 5G);

- nel 2015 la società Elo s.p.a., operatore autorizzato alla fornitura di servizi di comunicazioni elettroniche, ha presentato una prima richiesta di accesso alle frequenze in banda 3.4-3.6 GHz di cui l’odierna appellante risultava assegnataria, in relazione a 522 Comuni che, secondo la prospettazione dell’istante, sarebbero stati commercialmente non coperti e non rientranti nel piano di copertura obbligatorio di Linkem di cui alla Delibera n. 209/07/CONS;

- l’istante, nonostante un supposto riscontro fornito da Linkem, non avrebbe dato corso alla propria richiesta;

- nel 2019 Elo ha inviato a Linkem una nuova richiesta di accesso alle frequenze 3.4-3.6, ai sensi dell’art. 9, comma 7, Delibera n. 209/07/CONS, da realizzare attraverso la forma del leasing alla stregua del principio use-it-or-lease-it di cui alla Delibera dell’Autorità n. 231/18/CONS, relativa alle frequenze 3.6-3.8 GHz;

- l’istante, nonostante la supposta disponibilità manifestata da Linkem in ordine ad un accesso a condizioni eque e non discriminatorie, avrebbe interrotto il dialogo, chiedendo all’Autorità - ai sensi dell’art. 23 del Codice delle Comunicazioni elettroniche (D. Lgs. n. 259 del 2003) - di accertare la violazione dell’art. 9, comma 7, Delibera n. 209/207/CONS e di ordinare alla società Linkem di provvedere a negoziare accordi di leasing delle frequenze per i 510 Comuni di interesse di Elo, asseritamente risultati non interessati da copertura;

- l’Autorità, esaminate le deduzioni e la documentazione di parte, acquisiti gli elementi istruttori ritenuti rilevanti ai fini decisori, con la delibera n. 280/20/CIR ha ritenuto che Linkem dovesse concedere ad Elo, in relazione a circa 500 Comuni, l’accesso alle frequenze de quibus , attraverso la forma del wholesale in relazione a 22 Comuni, la forma del leasing con riguardo a n. 441 Comuni e la forma del wholesale o della partnership per la realizzazione della rete ex novo da parte di Linkem con riguardo a n. 59 Comuni;

- la differenziazione delle forme di accesso riposava nella presenza, nei Comuni in cui veniva imposta la conclusione di accordi di leasing, di una rete FWA (BTS o backhauling ) realizzata da Elo, con la conseguenza che in tali ambiti l’istante sarebbe stata già pronta ad avviare il servizio commerciale in 3 mesi o al massimo 6 mesi in caso di difficoltà amministrative, mentre Linkem a tali fini avrebbe avuto la necessità di un periodo maggiore, compreso tra i 6 e i 36 mesi, non disponendo delle infrastrutture di rete necessarie;

- l’Autorità ha, altresì, precisato, con la propria delibera, i criteri di quantificazione delle condizioni economiche di accesso, richiamando il criterio di proporzionalità rispetto al numero di abitanti nel Comune e le condizioni fissate in accordi commerciali analoghi conclusi da Linkem;

- infine, l’Autorità, da un lato, ha imposto sia un obbligo di coordinamento per evitare interferenze ai servizi, da effettuare prima dell’attivazione degli apparati trasmissivi di Elo, sia l’obbligo di Elo di subentrare nelle situazioni giuridiche passive connesse all’esercizio delle frequenze;
dall’altro, ha istituito un tavolo tecnico tra Linkem, Elo, l’Autorità ed esperti universitari in materia di copertura radio cui demandare la verifica e l’analisi, a negoziazione dell’accordo di accesso completata, dei possibili problemi interferenziali e di sincronizzazione e dell’effettiva copertura commerciale;

- Linkem, dopo avere avanzato una richiesta di chiarimenti all’Autorità, in assenza di riscontro, ha impugnato dinnanzi al T la delibera n. 280/20/CIR, deducendone l’illegittimità con l’articolazione di plurime censure;

- l’Autorità, con nota del 12 febbraio 2021, ha riscontrato la richiesta di chiarimenti presentata da Linkem, rinviando al contenuto della precedente delibera e convocando la riunione del tavolo tecnico;

- la ricorrente ha impugnato con motivi aggiunti la nota del 12 febbraio 2021;

- il T, a definizione, del giudizio, ha rigettato il ricorso, come integrato da motivi aggiunti, ravvisando l’infondatezza delle censure attoree articolate con il ricorso principale e l’inammissibilità (oltre che l’infondatezza) di quelle svolte con motivi aggiunti.

2. La ricorrente in prime cure ha appellato la sentenza pronunciata dal T, deducendone l’erroneità sulla base di plurimi motivi di impugnazione.

3. L’Autorità e la società Elo si sono costituite in giudizio, resistendo al ricorso in appello. Le stesse parti hanno depositato in data 8 febbraio 2022 memorie difensive in controdeduzione ai motivi di impugnazione.

4. La Sezione, con ordinanza n. 702 dell’11 febbraio 2022, ha accolto l’istanza cautelare presentata dall’appellante ai soli fini della sollecita definizione del giudizio.

5. In vista dell’udienza di discussione del ricorso l’appellante ha depositato documentazione concernente lo stato di realizzazione della rete in trentanove Comuni compresi nella portata applicativa del provvedimento impugnato in prime cure.

Le parti private hanno ulteriormente argomentato a sostegno delle rispettive conclusioni con il deposito di memorie conclusionali e repliche.

6. La causa è stata trattenuta in decisione nell’udienza del 15 settembre 2022.

7. Il ricorso in appello è articolato in quattro motivi di impugnazione suscettibili di trattazione congiunta per ragioni di connessione.

8. In particolare, con il primo motivo di appello è censurata la decisione di prime cure, nella parte in cui il T, da un lato, ha ritenuto che la sede privilegiata per la risoluzione della controversia fosse il tavolo tecnico istituito con l’art. 1 della delibera n. 280 del 2020 cit.;
dall’altro, rigettando il primo motivo di ricorso, ha escluso l’inammissibilità per manifesta infondatezza dell’istanza di Elo, sebbene diretta ad ottenere l’accesso alle frequenze per cui è causa unicamente mediante leasing.

Secondo la prospettazione attorea, il deferimento a tale tavolo tecnico dell’esame dei problemi interferenziali posti dall’appellante, soltanto dopo la conclusione degli accordi tra le parti, avrebbe manifestato il difetto di istruttoria inficiante il provvedimento impugnato, assunto in assenza di un’adeguata valutazione dei problemi tecnici rilevanti nella specie, la cui soluzione veniva demandata a momento successivo rispetto alla conclusione degli accordi.

In ordine all’inammissibilità dell’istanza di accesso presentata da Elo, l’appellante evidenzia come una tale richiesta fosse stata formulata sulla base di una disciplina, recata dalla delibera Agcom n. 231 del 2018, inapplicabile nella specie, perché riguardante risorse frequenziali differenti, riferite alla banda 3,6-3,8, GHz (quando, invece, nel caso in esame si faceva questione di frequenze in banda 3,4-3,6).

La delibera n. 231 del 2018, diversamente da quanto ravvisato dal T, non avrebbe potuto trovare applicazione neppure quale criterio cui attingere per l’indicazione delle modalità di accesso frequenziale e per la definizione del prezzo, non potendosi riscontrare nella specie alcuna lacuna da colmare mediante il rinvio a fonti regolatorie diverse da quelle riguardanti le frequenze in contestazione, peraltro giustificate sulla base dello specifico contesto tecnologico di riferimento.

In particolare, il principio “ use it or lease it ”, introdotto dai paragrafi 361 e ss. della delibera n. 231/18/CONS, avrebbe riguardato non solo le distinte frequenze in banda 3,6-3,8 GHZ, ma pure esclusivamente i Comuni con meno di 5.000 abitanti, venendo peraltro applicato agli operatori aggiudicatari di frequenze per almeno 80 MHZ su base nazionale (quando, invece, la ricorrente deteneva in media 60 MHz a livello nazionale). Per i Comuni con un numero superiore di abitanti, invece, non sarebbe stato previsto alcun obbligo di accesso mediante leasing (art. 15 delibera n. 231/18/Cons).

Il T, dunque, avrebbe dovuto negare la possibilità di applicare in via analogica la delibera n. 231 del 2018 e, per l’effetto, avrebbe dovuto, in accoglimento del ricorso di primo grado, annullare il provvedimento impugnato, incentrato su una disciplina non conferente rispetto al caso di specie.

L’Autorità non avrebbe, inoltre, svolto alcuna valutazione sulla ragionevolezza delle richieste della società Elo, in violazione dell’art. 9, comma 7, delibera n. 209 del 2007, emergendo, di conseguenza, un difetto di istruttoria e di motivazione inficiante il provvedimento impugnato: si tratterebbe di censure, già svolte in primo grado, ma non esaminate dal giudice adito.

L’Autorità, in particolare, non avrebbe verificato il reale bisogno di banda di Elo nei Comuni elencati (non avendo neppure verificato se, negli ambiti comunali in cui Elo operava, la stessa società avesse ricevuto domande di maggiore banda cui fare seguito);
né avrebbe tenuto conto che la società Linkem aveva ottenuto soltanto nel 2018 la proroga al 2029 dei diritti d’uso delle frequenze, con conseguente necessità, per la ricorrente, di implementare la tecnologia 5G, anche mediante investimenti nella rete e dei relativi diritti d’uso.

Per tali ragioni, il T avrebbe dovuto rilevare l’illegittimità del provvedimento impugnato, non avendo l’Autorità dichiarato l’inammissibilità di un’istanza da ritenere manifestamente infondata.

9. Con il secondo motivo di appello la società Linkem censura l’erroneità della sentenza di primo grado, per non avere il T rilevato un preteso difetto motivazionale inficiante la decisione assunta dall’Autorità.

In particolare, secondo quanto contestato dall’appellante, l’Autorità non avrebbe adeguatamente motivato la scelta del leasing in luogo delle altre modalità di accesso proposte dall’odierna ricorrente, sebbene si fosse in presenza di una decisione meno aderente al criterio dell’uso efficiente delle risorse frequenziali.

A tali fini, non sarebbe stato sufficiente il rinvio alla presenza, nei Comuni in cui risultava imposto il leasing, di una rete FWA (BTS e backhauling ) di proprietà di Elo, con conseguente possibilità, per Elo, di avviare il servizio commerciale in un arco temporale breve (3 mesi o 6 mesi), a fronte del maggiore tempo richiesto dalla realizzazione di una nuova infrastruttura su iniziativa di Linkem (da sei a trentasei mesi).

A giudizio dell’appellante:

- la soluzione del leasing risultava imposta sulla base di una delibera (n. 231/18) inapplicabile nella specie, alla stregua di quanto rilevato dalla ricorrente nel primo motivo di appello;

- l’Autorità non avrebbe fornito una motivazione approfondita in relazione alla mancata condivisione degli argomenti prospettati da Linkem a supporto della maggiore adeguatezza delle altre forme di accesso proposte dalla stessa società (accordo wholesale nelle aree coperte da Linkem in ragione degli accordi di roll out già stipulati, la costruzione della rete da parte di Linkem in aree non coperte dall’appellante e conseguente accordo wholesale o, in subordine, una partnership con Elo per la costruzione, da parte di Elo, di una rete sotto un’unica regia frequenziale di Linkem);

- l’Autorità non avrebbe neppure tenuto conto che, sotto il profilo tecnico, il leasing delle frequenze avrebbe generato numerose criticità, in ordine all’emersione di importanti problemi di interferenza (pure attestati in apposita relazione tecnica prodotta a corredo della memoria presentata in sede procedimentale), a detrimento dei servizi all’utenza attiva, con un impatto per disservizio stimato in relazione a circa 110.000 clienti;

- al riguardo, l’Autorità avrebbe imposto un obbligo di coordinamento con Linkem al fine di evitare problemi interferenziali, senza delinearne i limiti, in specie quanto alla spettanza della conduzione delle attività;
nonché avrebbe illegittimamente demandato alla successiva istituzione di un tavolo tecnico la soluzione dei problemi interferenziali, che, invece, avrebbero dovuto essere valutati ex ante , nel corso di un’adeguata istruttoria, prima di imporre alla ricorrente di concedere in leasing le proprie frequenze;

- di conseguenza, avrebbe dovuto affermarsi la maggiore adeguatezza del wholesale e delle altre soluzioni prospettate dall’odierna ricorrente, immotivatamente escluse dall’Autorità;

- l’Autorità non avrebbe neppure sufficientemente esplicitato la sussistenza dell’obbligo, in capo alla società Elo, di utilizzare la tecnologia standard 5G, in linea con le vigenti prescrizioni tecnico regolamentari e con gli obblighi asseritamente assunti dall’appellante nei confronti del MISE per ottenere la proroga sino al 2029 dei diritti d’uso delle frequenze;

- l’Autorità non avrebbe neppure tenuto conto, nell’individuazione degli ambiti territoriali comunali in cui imporre l’obbligo di accesso mediante leasing, della pendenza di negoziazioni tra Linkem e operatori terzi, già rappresentate in sede procedimentale e successivamente concluse prima dell’adozione del provvedimento impugnato in prime cure, che avevano consentito di comprendere nei piani di copertura di rete 39 Comuni, rispetto ai quali, dunque, non poteva imporsi la forma del leasing trattandosi di ambiti oggetto di frequenze in concreto utilizzate;
peraltro, anche i Comuni non compresi in detti piani in virtù degli accordi medio tempore conclusi dovevano ritenersi coperti dalla rete dell’appellante perché vicini ai Comuni inseriti nella relativa pianificazione;

- l’Autorità avrebbe, inoltre, irragionevolmente posto a confronto infrastrutture attive su frequenze diverse (con l’emersione, quanto ad Elo, di frequenze pure non oggetto di gara pubblica con precisi oneri di investimento a carico dell’aggiudicatario);
in specie, non sarebbe stato provato, sul piano tecnico, che gli impianti di Elo avrebbero consentito di offrire il servizio in tempi considerevolmente inferiori rispetto a quanto avrebbe potuto assicurare Linkem, tenuto conto che i primi, per poter operare con le frequenze dell’appellante, avrebbero dovuto essere cambiati, con conseguente necessità di rinnovare tutte le correlate pratiche amministrative, fonte di rallentamenti sul piano temporale;

- i principii di efficienza nell’uso delle frequenze e di non duplicazione delle infrastrutture sarebbero in contrasto con i principii di libera concorrenza, tenuto conto pure della qualifica di Linkem, non costituente un soggetto con significativo potere di mercato;

- gli atti censurati sarebbero illegittimi anche per non avere garantito, a condizioni di reciprocità, la possibilità per Linkem di riservarsi il diritto di accedere in modalità wholesale sui siti comunicati da Elo all’Autorità ad un controvalore non superiore al costo della connettività wholesale messa in disponibilità da Linkem a Elo, sebbene ciò fosse imposto dagli stessi principii (di efficiente uso delle frequenze e di non duplicazione delle infrastrutture) alla base della delibera n. 280 del 2020;

- l’Autorità non avrebbe, inoltre, specificato che l’accesso avrebbe riguardato le infrastrutture esistenti nell’ambito dei Comuni oggetto di interesse comunicate da Elo in sede procedimentale e non i singoli Comuni interamente considerati, sebbene la stessa Autorità avesse adottato la relativa decisione sulla base del confronto tra la presenza infrastrutturale di Elo e di Linkem.

10. Con il terzo motivo di appello è censurata la sentenza di prime cure, nella parte in cui il T non ha rilevato la contraddittorietà della decisione amministrativa, avendo l’Autorità, da un lato, richiamato il disposto dell’art. 9, comma 7, delibera n. 209 del 2007 cit.;
dall’altro, definito appositi criteri di quantificazione delle condizioni economiche da applicare nei rapporti tra le parti.

In particolare, l’Autorità avrebbe assunto alla base della propria decisione una delibera (n. 231 del 2018) inapplicabile nella specie, quando, invece, avrebbe dovuto limitarsi, in corretta applicazione della delibera n. 209 del 2007 (conferente rispetto al caso in esame), a rimettere la definizione delle condizioni economiche alla libera negoziazione delle parti.

11. Con il quarto motivo di appello è censurato il capo decisorio con cui il T ha dichiarato l’inammissibilità e l’infondatezza dei motivi aggiunti proposti in primo grado.

Invero, secondo quanto contestato dall’appellante, l’Autorità, a fronte delle puntuali richieste di chiarimento avanzate dall’odierna appellante, si sarebbe limitata a rinviare al contenuto della delibera n. 280 del 2020, senza considerare quanto rappresentato da Linkem.

Il riscontro fornito dall’Autorità sarebbe stato, nel rito, impugnabile perché riguardante le singole richieste di Linkem, nel merito, illegittimo, diversamente da quanto ritenuto dal T che, nel considerare le richieste di chiarimento reiterative di istanze già presentate nel procedimento concluso con la delibera n. 280 del 2020 o esulanti dal perimetro della stessa delibera, avrebbe rinviato ogni diversa decisione all’autonomia negoziale delle parti in sede di tavolo tecnico, senza quindi considerare le ragioni dedotte da Linkem “ e cioè il fatto che vi fosse un blocco delle attività negoziali che permane ancora oggi …” (pag. 38 appello).

12. Ciò rilevato, in via preliminare, il Collegio è chiamato a statuire sulle eccezioni di rito opposte dalla società Elo, dirette a dedurre l’inutilizzabilità dei nuovi documenti ex adverso prodotti in appello e l’inammissibilità delle censure impugnatorie svolte dall’appellante.

In particolare, la società Elo ha eccepito:

- il difetto di interesse di Linkem a contestare il capo decisorio con cui il T ha ritenuto che la sede privilegiata per la soluzione della controversia fosse il tavolo tecnico istituito dall’Autorità, trattandosi di affermazione incidentale priva di portata decisoria;

- il difetto di interesse in relazione al primo motivo di appello e, comunque, l’inammissibilità delle censure attoree, perché Linkem si sarebbe limitata a contrapporre la propria personale visione alle statuizioni dell’Autorità, sollecitando un inammissibile sindacato giurisdizionale su scelte di merito riservate all’Autorità

- l’inammissibilità del deposito da parte di Linkem di nuovi documenti in appello ai sensi e per gli effetti dell’articolo 104 del c.p.a.;

-l’inammissibilità della censura riferita alla capacità di Elo di utilizzare rapidamente ed effettivamente le frequenze, trattandosi di doglianza afferente alla fase esecutiva della delibera e non alla sua legittimità.

13. Il Collegio può prescindere dall’eccezione di inutilizzabilità dei documenti prodotti in grado di appello, trattandosi, in ogni caso, di elementi istruttori irrilevanti ai fini della decisione.

Come dedotto dall’appellante, “ si tratta di documenti che non potevano essere prodotti in primo grado poiché, come dimostrato dalle date riportate su ciascuno di essi, successivi alla scadenza del deposito documentale (22 giugno 2021) e, comunque, alla data della pubblica udienza (13 luglio 2021) alla quale il TAR ha trattenuto la causa in decisione. Fa eccezione il solo verbale di sopralluogo prodotto con riferimento al Comune di Agordo - che si produce per completezza di informazione circa lo stato di avanzamento in tutti e n. 39 Comuni - mentre con riferimento al Comune di Ampezzo (in merito al quale si è prodotta documentazione attestante il completamento, in data 10 novembre 2020, dei lavori di realizzazione dell’impianto) si precisa che, innanzi al TAR si era già dimostrato che detto Comune risultava nel piano di copertura di rete in virtù dell’accordo concluso con altro operatore in data 30 gennaio 2020 (cfr. All. n. 2c al ricorso per motivi aggiunti) ” (pagg. 2/3 memoria di replica).

La legittimità del provvedimento amministrativo va valutata con riguardo allo stato di fatto e di diritto esistente al momento della sua emanazione, con conseguente irrilevanza delle circostanze successive, insuscettibili ad incidere ex post su precedenti atti amministrativi ( ex multis , Consiglio di Stato, sez. II, 21 giugno 2021, n. 4756).

Pertanto, l’evoluzione dello stato di fatto attestato dai nuovi documenti prodotti in appello – riguardante, in particolare, l’asserito aumento progressivo della copertura territoriale assicurata dalla rete di proprietà dell’odierna appellante, all’esito di ulteriori negoziazioni, attività progettuali o lavorazioni nelle more svolte – non potrebbe influire sul giudizio di legittimità dell’atto impugnato in primo grado, trattandosi di fatti sopravvenuti che l’Autorità non avrebbe potuto valutare nella decisione della controversia di cui era stata investita.

Ne deriva che, a prescindere dalla supposta violazione dell’art. 104, comma 2, c.p.a. censurata dalla società Elo, tali nuovi documenti, in quanto tesi a fornire un aggiornamento sullo stato di fatto, per come mutato nel tempo, non risultano comunque utilizzabili ai fini decisori, afferendo a circostanze sopravvenute rispetto all’adozione della decisione amministrativa, come tali irrilevanti nell’ambito di un giudizio di legittimità su atti amministrativi, da condurre avuto riguardo all’originario stato di fatto, per come esistente al momento della loro adozione.

14. L’eccezione di difetto di interesse ( rectius , di inammissibilità per difetto di interesse, rappresentando l’assenza di interesse alla decisione una causa ostativa alla disamina nel merito ex art. 35, comma 1, lett. b), c.p.a.), opposta da Elo e riferita alla contestazione del capo decisorio riguardante la valutazione (operata dal primo giudice) del tavolo tecnico istituito dall’Autorità quale sede privilegiata per la soluzione della controversia, è infondata.

Come si osserverà amplius infra , la decisione di differire l’analisi di questioni tecniche ad un tavolo successivo al provvedimento conclusivo del procedimento è idonea a disvelare un vizio di legittimità , sub specie di difetto di istruttoria, della decisione in concreto assunta.

Pertanto, deve ravvisarsi l’interesse dell’appellante a censurare i capi decisori con cui il T ha ritenuto legittima l’istituzione di tale tavolo tecnico (valorizzando la sua utilità quale luogo di auspicabile contemperamento tra le opposte tesi), senza desumere da tale istituzione un vizio di legittimità idoneo a condurre all’annullamento dell’atto lesivo impugnato in prime cure.

15. Le ulteriori eccezioni di rito, incentrate sull’inammissibile sollecitazione – da parte dell’appellante – di un sindacato giurisdizionale di merito, impongono una precisazione sulla tipologia di provvedimento impugnato in prime cure e sui limiti da osservare in sede giurisdizionale nella disamina della sua legittimità.

15.1 Nel caso di specie, si fa questione di una decisione assunta da un’Autorità amministrativa indipendente a soluzione di una controversia tra operatori economici, in applicazione dell’art. 23 D. Lgs. n. 259/03, nella formulazione ( ratione temporis rilevante nella specie) anteriore alla riforma recata dal D. Lgs. n. 207/21.

Al riguardo, questo Consiglio ha precisato che un tale potere “ non è riconducibile tanto a discrezionalità tecnica ma piuttosto a criteri di discrezionalità pura, legati a criteri metagiuridici e di equità, sindacabili, da parte del giudice amministrativo, con dei limiti significativi dovendo “..attestarsi sulla linea di un controllo che, senza ingerirsi nelle scelte discrezionali della pubblica autorità, assicuri la legalità sostanziale del suo agire” (Cons. Stato, III, n.1837/2013) ” (Consiglio di Stato, sez. III, 9 aprile 2014, n. 1699).

15.2 Il Collegio intende dare continuità ad un tale indirizzo esegetico.

15.3 Diversamente da quanto accade in ambito giurisdizionale, in cui l’organo adito provvede a dirimere la controversia per assicurare (in via diretta) la tutela della situazione giuridica soggettiva azionata in giudizio (ciò, quanto meno nei processi di giurisdizione soggettiva, quale deve ritenersi il processo amministrativo), nella sede amministrativa, l’Autorità, investita di un’istanza ex art. 23 D. Lgs. n. 259/03, è chiamata, attraverso la protezione della sfera giuridica attorea, a perseguire principaliter gli “ obiettivi di cui all’art. 13 ” (così l’art. 23 D. Lgs. n. 259/03).

L’Autorità, pertanto, nella soluzione di una controversia tra soggetti privati, esercita una discrezionalità (non soltanto tecnica, nella valutazione dei presupposti del provvedere, ma soprattutto) amministrativa nella scelta della regula iuris maggiormente idonea a garantire il perseguimento degli obiettivi di interesse generale posti dalla regolamentazione di settore che la parte istante assume concretamente violata.

La lesione della sfera giuridica dell’istante, in tali ipotesi, costituisce il presupposto per l’esercizio di un’autentica funzione amministrativa discrezionale, volta a tutelare primariamente l’interesse oggettivo alla corretta osservanza dell’ordinamento settoriale.

Attraverso l’esercizio di tale potestà pubblica, in definitiva, l’Autorità completa la fattispecie astratta, individuando il precetto più idoneo a consentire, nel caso concreto, la realizzazione degli obiettivi posti dalla disciplina di riferimento (in taluni casi, pure emanata dalla stessa Autorità procedente, ove titolare di poteri di regolamentazione): la neutralità alla base di una tale funzione “quasi giustiziale” non significa, dunque, indifferenza rispetto ai vari interessi coinvolti nella controversia, ma equidistanza dalle parti e dagli interessi dalle stesse azionati, ferma rimanendo la preordinazione dell’azione amministrativa al perseguimento degli interessi pubblici sottesi alla disciplina settoriale.

Al pari di ogni decisione implicante scelte discrezionali (sul piano amministrativo, nella definizione della regula iuris maggiormente opportuna e conveniente), il sindacato giurisdizionale non può estendersi al punto di invadere il merito della decisione in concreto assunta - con conseguente sostituzione del giudice all’Amministrazione nello svolgimento di una funzione alla stessa riservata – bensì deve arrestarsi al rilievo delle ipotesi di eccesso di potere, nelle sue varie forme sintomatiche, quali la manifesta illogicità, la manifesta irragionevolezza, l'evidente sproporzionalità e il travisamento dei fatti (tra gli altri, Consiglio di Stato, sez. II, 4 agosto 2022, n. 6831).

15.4 Trattandosi, inoltre, di una funzione amministrativa preordinata alla soluzione di un contrasto tra parti private, attraverso l’adozione di un provvedimento in ipotesi sacrificativo della parte intimata soccombente, la scelta discrezionale deve essere rispettosa del principio di logicità/congruità, coerente con le risultanze fattuali e proporzionata.

In particolare, il sindacato di ragionevolezza tende a valutare sia la coerenza tra la valutazione compiuta e la decisione assunta, sia la coerenza rispetto a situazioni comparabili, tenendo conto del bene giuridico tutelato, della sua meritevolezza e della sua idoneità a prevalere sul diverso bene giuridico eventualmente limitato, alla stregua di un giudizio bilanciamento tra contrapposti interessi da svolgere in base alla gerarchia di valori espressa dall’ordinamento.

Il sindacato di proporzionalità, invece, è volto a verificare se la disciplina in commento sia idonea a conseguire l’obiettivo di tutela prefissato, sia necessaria (non sussistendo misure alternative meno restrittive), nonché sia sostenibile per il destinatario, non elidendo il contenuto essenziale del diritto o della libertà all’uopo limitate (Consiglio di Stato, 21 maggio 2021, n. 4169).

15.5 Infine, trattandosi di funzione quasi – giustiziale, in quanto comunque deputata alla soluzione di una controversia in applicazione di norme giuridiche, l’Autorità è tenuta ad assicurare il rispetto:

- del principio del contraddittorio, tanto verticale, nei rapporti tra le parti e l’Autorità procedente, quanto orizzontale, nei rapporti tra le parti del procedimento, da porre in condizione di argomentare e provare in relazione alle questioni componenti il thema decidendum ;

- del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, dovendo l’Autorità statuire sulle domande di parte, essenziali per consentire l’avvio del relativo procedimento e per delimitare le questioni da decidere;

- del principio di trasparenza dell’azione amministrativa (invero applicabile in via generalizzata, ma avente particolare valenza precettiva a fronte di un provvedimento che risolve una controversia tra privati), occorrendo un’adeguata motivazione della decisione in concreto assunta, suscettibile pure di imporre misure sacrificative in danno della parte soccombente;

- del principio di legalità (informatore della materia amministrativa), non potendo imporsi obblighi a carico della parte soccombente non previsti dalla disciplina di riferimento.

Ciò trova specifica conferma nella disciplina applicabile ai procedimenti quasi giudiziali di competenza dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, che prevede:

a) la possibilità di una decisione soltanto “ a richiesta di una delle parti ” (art. 23, comma 1, D. Lgs. n. 259/03 cit.), a dimostrazione dell’applicazione del principio della domanda;

b) la facoltà delle parti di presentare memorie e documenti da inviare alla controparte (art. 6 Allegato A alla delibera n. 449/16/CONS), in piena realizzazione del contraddittorio (anche) orizzontale;

c) la motivazione e la pubblicazione della decisione (art. 23, comma 4, D. Lgs. n. 259/03), occorrendo dare conto delle ragioni alla base della scelta in concreto operata;
nonché

d) la possibilità di imporre obblighi a carico della parte del procedimento che siano “ conformi alle disposizioni del Codice ” (art. 23, comma 3, D. Lgs. n. 269/03 cit.), in attuazione del principio di legalità.

15.6 Alla stregua delle osservazioni svolte, facendosi questione di attività discrezionale, implicante scelte (anche) di opportunità in ordine alla tipologia di precetto da definire nel caso concreto, in funzione della migliore realizzazione degli obiettivi di interesse generale posti dalla disciplina di settore, il sindacato giurisdizionale non può che essere estrinseco, dovendo valutarsi:

- da un lato, sul piano sostanziale, la logicità-congruità della decisione in concreto assunta (tenuto conto degli obiettivi di interesse generale sottesi alla disciplina di settore), nonché la sua conformità rispetto al paradigma normativo di riferimento, non potendo assumersi decisioni che impongano obblighi non aventi corrispondenza nella regolamentazione di settore;

- dall’altro, sul piano formale e procedimentale, l’adeguatezza della motivazione alla base della decisione assunta e la sua coerenza rispetto alle risultanze istruttorie acquisite al procedimento, nel contraddittorio (anche orizzontale) delle parti, da porre in pari condizione di dedurre e provare in ordine alle questioni componenti il relativo thema decidendum .

15.7 Sulla base di tali precisazioni, devono essere rigettate le eccezioni di inammissibilità opposte dalla società Elo - riferite tanto al ricorso in appello nella sua interezza, quanto a singole censure impugnatorie – argomentate sulla base della tipologia di sindacato giurisdizionale sollecitato dalla parte appellante (in ipotesi, sostitutivo di valutazioni di merito riservate all’Autorità).

La società Elo, in particolare, argomenta correttamente (in diritto) in ordine alla necessità di limitare il sindacato giurisdizionale sugli atti di risoluzione delle controversie assunti dalle Autorità indipendenti, non risultando ammissibile un sindacato intrinseco su scelte discrezionali (anche sul piano amministrativo e non soltanto tecnico) riservate all’Autorità amministrativa.

Tuttavia, le doglianze articolate da Linkem nell’odierno grado di giudizio non impingono nel merito della discrezionalità amministrativa, essendo volte a denunciare:

- il difetto di motivazione e di istruttoria dell’azione amministrativa (primo e secondo motivo di appello), per avere l’Autorità: a) imposto la conclusione di contratti di leasing senza una previa verifica delle criticità generate da una tale decisione, in specie in ordine ai problemi interferenziali;
b) omesso di valutare il reale bisogno di banda di Elo;
c) omesso di valorizzare la proroga ministeriale dei diritti d’uso in favore di Linkem;
d) omesso di motivare le ragioni ostative all’accoglimento delle soluzioni alternative proposte da Linkem;
e) omesso di tenere conto della pendenza di negoziazioni tra Linkem e operatori terzi in relazione agli ambiti comunali oggetto dell’istanza di accesso di Elo;

- il carattere sproporzionato e l’incoerenza della decisione assunta rispetto agli obiettivi di interesse generale in concreto perseguiti e, dunque, l’irragionevolezza della scelta attuata (con particolare riferimento alla violazione dei principii di libera concorrenza – secondo motivo di appello)

- la falsa applicazione della disciplina recata nella delibera n. 231 del 2018, ritenuta inconferente rispetto al caso di specie, con conseguente emersione di un vizio di legittimità riguardante l’individuazione della normativa sulla cui base poter imporre obblighi a carico della parte soccombente (primo, secondo e terzo motivo di appello).

Trattasi di censure di legittimità, tese a sollecitare un ammissibile sindacato estrinseco sul rispetto dei principii di ragionevolezza e proporzionalità della decisione assunta, sull’adeguatezza della motivazione e dell’istruttoria e sulla corretta individuazione della normativa alla base degli obblighi di accesso in concreto imposti;
tutti profili, come osservato, sindacabili in sede giurisdizionale, in quanto afferenti (più che al merito) alla legittimità delle scelte discrezionali in concreto attuate.

16. Infine, non merita condivisione neppure l’ulteriore eccezione di inammissibilità riferita alla capacità di Elo di utilizzare rapidamente ed effettivamente le frequenze, trattandosi (secondo la prospettazione della stessa società Elo) di doglianza riguardante la fase esecutiva della delibera e non la sua legittimità.

L’eccezione è infondata, in quanto il tema della rapidità nell’utilizzo delle risorse frequenziali è stato posto dall’Autorità, come si osserverà infra , alla base della decisione impugnata in prime cure, essendo stata imposta la forma del leasing in quanto ritenuta maggiormente idonea a garantire l’efficiente utilizzo delle risorse frequenziali, stante la disponibilità di una rete di proprietà di Elo e la conseguente maggiore celerità dell’avvio del servizio commerciale.

Pertanto un difetto di istruttoria in ordine a tale valutazione infirma il presupposto del provvedere e, dunque, traducendosi in un travisamento dei fatti alla base della decisione, costituisce un vizio di legittimità denunciabile in sede giurisdizionale.

17. Ciò rilevato nel rito, è possibile soffermarsi sul merito delle censure impugnatorie, al contempo evidenziando che, in ragione dell’effetto devolutivo proprio dell’appello, l’omessa pronuncia ovvero la contraddittorietà o l’erroneità della motivazione giudiziale non determinano l’annullamento con rinvio della sentenza gravata (non ricorrendo alcuna delle fattispecie di rimessione al primo giudice ex art. 105 c.p.a.), né comportano la riforma della pronuncia di prime cure, ammissibile soltanto ove si giunga ad un diverso esito della controversia.

Pure di fronte ad una omessa pronuncia ovvero ad una motivazione contraddittoria o erronea, occorre che il giudice ad quem verifichi se il contenuto dispositivo della decisione assunta dal T sia comunque corretto.

18. Anticipando le conclusioni che saranno infra tratteggiate, si osserva che l’appello merita di essere accolto nella sola parte in cui denuncia un difetto di istruttoria e di motivazione della decisione in concreto assunta.

Trattasi, come osservato, di vizi di legittimità dell’azione amministrativa, sindacabili anche in relazione ad atti di risoluzione di una controversia assunti da un’Autorità amministrativa indipendente.

19. In primo luogo, l’appello non può trovare accoglimento nella parte in cui tende a denunciare l’erroneità della sentenza gravata, per non avere il T ravvisato l’inammissibilità dell’istanza presentata dalla società Elo sul piano sostanziale.

19.1 In particolare, la ricorrente fa leva sulla previsione di cui all’art. 3, comma 6, Allegato A alla delibera n. 449/16/CONS, che qualifica come inammissibile l’istanza manifestamente infondata.

A giudizio dell’appellante, nella specie, risultava integrata una tale fattispecie, invocando la società Elo a fondamento della propria domanda una regolamentazione manifestamente inconferente rispetto al caso di specie, recata in una delibera (n. 231 del 2018 cit.) riferita a diverse risorse frequenziali, riguardanti la banda 3,6-3,8 GHZ (quando, invece, nel caso in esame, si faceva questione di risorse in banda 3,4-3,6).

In ogni caso, la delibera n. 231 del 2018 non avrebbe potuto essere comunque invocata, in quanto regolante il leasing in via eccezionale, in relazione a fattispecie peculiari (afferenti ad ambiti comunali con meno di 5000 abitanti e ad operatori aggiudicatari di frequenze per almeno 80 MHz) non riscontrabili nella specie.

19.2 Le censure sono infondate, tenuto conto che:

- la società Elo ha chiaramente avanzato una pretesa di accesso sulla base della regolamentazione dettata dalla delibera n. 209 del 2007, conferente rispetto al caso di specie, richiamando la diversa disciplina dettata dalla delibera n. 231 del 2018 ad ulteriore conferma della fondatezza delle proprie deduzioni;

- l’Autorità ha adottato il provvedimento impugnato in prime cure, applicando la delibera n. 209 del 2007, risultando ogni riferimento alla diversa delibera n. 231 del 2018 meramente rafforzativo di una conclusione già autonomamente discendente dalla regolamentazione del 2007.

19.3 In particolare, avuto riguardo all’istanza presentata da Elo in sede amministrativa (all. 8 ricorso di primo grado), emerge che Elo:

- ha ravvisato nella condotta di Linkem (di rifiuto a mettere a disposizione di terzi le risorse frequenziali non utilizzate) la violazione degli “ obblighi specifici che incombono al titolare dei diritti d’uso ” (pag. 7 istanza), richiamando espressamente “ l’art. 9, co. 7 della del. 209/07/Cons ” (pag. 7 istanza);

- ha valorizzato il disposto dell’art. “ 9, co. 7 della del. 209/07/Cons ”, in forza del quale “ per le frequenze interessate dal non uso è fatto obbligo all’aggiudicatario di soddisfare su base commerciale, a condizioni eque e non discriminatorie ogni ragionevole richiesta di accesso ” (pag. 9), precisando che il favor per ogni forma di accesso e messa a disposizione delle frequenze che consentisse l’uso effettivo ed efficiente della risorsa scarsa “ è confermato dalla successiva recente delibera 231/17/Cons, recante il regime dell’assegnazione di molteplici bande di frequenze, fra cui le frequenze in banda 3,6-3,8 ” (pag. 9), nonché che il relativo regime “ è rilevante anche nel caso attuale, quantomeno come paradigma dei corretti criteri per garantire l’uso effettivo ed efficiente delle risorse” (pag. 10 istanza) o come “significative indicazioni di principio ” (pag. 10 istanza);

- ha chiarito che “ le frequenze oggetto della richiesta di Elo, in punto di fatto, ricadono a tutti gli effetti nella fattispecie di cui all’art. 9, co. 7 della del. 209/07/Cons ” (pag. 10 istanza);

- ha sintetizzato il regime dettato dalla “ del. 209/07/Cons ” (pag. 11 istanza;
cfr. anche pag. 10);

- ha inteso affermare “ ai sensi dell’art. 9, co. 7 della del. 209/07/Cons l’obbligo di negoziare a richiesta accordi per il leasing delle frequenze ” (pag. 11 istanza) e la “ violazione da parte di Linkem dell’art. 9, co. 7 della del. 209/07/Cons ” (pag. 11 istanza);

- ha ulteriormente richiamato il regime dettato dalla delibera n. 209 del 2007 alle pagg. 13 e 14 dell’istanza;

- ha rassegnato le proprie conclusioni sulla base (altresì) dell’avvenuta violazione delle “ disposizioni di cui all’art. 9, co. 7 della del. 209/07/Cons ” (pag. 17 istanza);

- a “ sostegno ” della propria impostazione in ordine alla determinazione delle condizioni economiche da applicare per valutare le frequenze ha richiamato “ l’art. 15, co. 2, lett. d) della del. 231/17/Cons ” (pag. 18), intesa quale previsione “ valevole … come significativa indicazione di principio, pur se recante una disciplina riferita alle frequenze gemelle, in banda 3,6-3,8 ” (pag.. 18 istanza);

- nelle richieste rivolte all’Autorità, ha domandato l’accertamento e la dichiarazione della violazione dell’art. 9, comma 7, delibera n. 209 del 2007 cit. e la condanna della controparte all’ottemperanza degli obblighi dettati da una tale previsione (pag. 19 istanza).

Emerge chiaramente, dunque, come le deduzioni e le conclusioni svolte dalla società Elo fossero fondate sulla regolamentazione dettata dalla delibera n. 209 del 2007, risultando valorizzata la delibera n. “ 231/17/Cons ” ( rectius 231/18/ Cons, costituente l’atto di regolamentazione delle procedure per l'assegnazione e l'utilizzo delle frequenze disponibili –anche- nelle bande 3600-3800 MHz) soltanto a sostegno e conferma di quanto già autonomamente desumibile dalla disciplina di cui alla delibera n. 209/07, costituente, dunque, la fonte sulla cui base sono state articolate le domande di tutela.

Ne deriva che l’istanza di Elo non avrebbe potuto ritenersi inammissibile (per manifesta infondatezza) in ragione della valorizzazione di una regolamentazione inconferente, avendo la parte istante correttamente individuato la fonte di disciplina applicabile al caso di specie.

L’istanza, inoltre, era provvista dei requisiti formali prescritti a pena di inammissibilità dall’art. 3 All. A delibera n. 449/16 cit., recando:

- la denominazione sociale dell’impresa istante, con l’indicazione dell’organo che ne aveva la rappresentanza, la sua sede legale, nonché il domicilio eletto;

- la denominazione sociale dell’impresa nei cui confronti veniva formulata l’istanza, con l’indicazione dell’organo che ne aveva la rappresentanza (non essendo necessaria la sua indicazione nominativa, in assenza di elementi idonei a rendere assolutamente incerta l’identità della parte intimata) e la sua sede legale;

c) i fatti all’origine della controversia e le ragioni tecniche, economiche e giuridiche su cui si fondava la domanda, con le relative conclusioni, recando l’istanza la puntuale ricostruzione dei fatti di causa e la specifica illustrazione delle ragioni di ordine tecnico e giuridico alla base delle relative richieste;

d) le richieste dell’istante, attraverso l’individuazione dei provvedimenti domandati all’Autorità;

e) l’indicazione dei documenti allegati a sostegno della domanda;

f) l’indicazione del periodo oggetto delle richieste dell’istante, risultando definito il dies ad quem della proroga dei diritti di uso oggetto di richiesta di accesso;

g) le disposizioni legislative e regolamentari ritenuti pertinenti all’oggetto della causa, alla stregua pure delle trascrizioni sopra riportate.

19.4 L’appello risulta infondato anche nella parte in cui tende ad evidenziare una supposta illegittimità del provvedimento impugnato in prime cure, per la falsa applicazione al caso di specie della delibera n. 231 del 2018 cit.

Anche in tale caso, è sufficiente richiamare i passaggi argomentativi presenti nel provvedimento conclusivo, per rilevare come l’Autorità abbia fondato la propria decisione sulle previsioni di cui alla delibera n. 209 del 2007 cit. risultando richiamata la differente delibera n. 231 del 2018 soltanto ad ulteriore conferma di valutazioni già autonomamente discendenti dalla prima fonte di disciplina.

In particolare, l’Autorità ha precisato che:

- “ Linkem è un operatore autorizzato alla fornitura di servizi di comunicazioni elettroniche in tecnologia FWA. Nel 2008 Linkem ha partecipato alla gara WiMax per l’attribuzione dei diritti d’uso di alcuni blocchi di frequenza all’interno della banda 3.4- 3.6 GHz, con originaria scadenza al 2023, la cui disciplina è disposta dalla delibera n. 209/07/CONS ” (pag. 3 delibera n. 280/20/CIR);

- “ La delibera n. 231/18/CONS, tesa a favorire lo sviluppo del 5G introduceva una misura di use-it-or-lease-it “nella banda 3.6-3.8 GHz ” (pag. 8 delibera cit.) e, dunque, in una banda diversa rispetto a quella cui afferivano le risorse frequenziali nella disponibilità dell’odierna appellante;
come pure confermato dal rilievo per cui “ Le frequenze oggetto della controversia sono quelle che sono state assegnate nella gara WIMAX ai sensi della delibera n. 209/07CONS nella banda di frequenze 3.4-3.6 GHz ” (pag. 8 delibera cit.);

- “ Secondo Elo la condotta di Linkem si pone in violazione dell’art. 9, comma 7, della delibera n. 209/07/CONS ” (pag. 9 delibera cit.);

- “ La delibera n. 231/18/CONS sulla banda 3,6-3,8 GHz si basa su analoghi principi” (pag. 10 delibera cit.);

- “ La controversia in questione riguarda l’attuazione di alcune disposizioni della delibera n. 209/07/CONS recante le procedure per il rilascio dei diritti d’uso delle frequenze nella gamma 3,4-3,6 GHz, per ciascuna area di estensione geografica come definita nel provvedimento, per l’utilizzo per l’offerta di servizi di accesso diretto di tipo BWA al pubblico ” (pag. 23 delibera cit.);

- “ A supporto di quanto sopra [in relazione alle condizioni in presenza dei quali si ha utilizzo delle frequenze assegnate] si richiama che ai sensi dell’art. 11, comma 2, della delibera n. 231/18/CONS laddove chiarisce il significato di “utilizzo” delle frequenze assegnate ” (pag. 25 delibera cit.);

- “ L’Autorità non ritiene che gli impegni presi ai fini della proroga possano costituire una legittima motivazione di deroga alla delibera n. 209/07/CONS, potendo l’operatore che richiede l’accesso ereditare a tutti gli effetti gli obblighi assunti da Linkem ” (pag. 25 delibera cit.);

- “ L’approccio seguito per la definizione delle modalità di accesso nei vari Comuni, fermi restando i diritti di Elo, si pone dunque in linea con il dettato della delibera n. 209/07/CONS che, pur non fissando una modalità specifica di accesso alle frequenze, deve coordinarsi e raccordarsi con il più generale principio di utilizzo efficiente delle risorse scarse ” (pag. 29 delibera cit.);

- “ l’Autorità stabilisce che le condizioni economiche di accesso, ai sensi della delibera n. 209/07/CONS, comma 7, siano fissate sulla base di negoziazione commerciale ed a condizioni eque e non discriminatorie ” (pag. 31 delibera cit.).

Emerge dai rilievi letterali operati dall’Autorità che, così come l’istanza di Elo, anche la decisione amministrativa assunta a definizione del relativo procedimento risultava motivata sulla base della delibera n. 209/07/Cns, mentre la differente regolamentazione di cui alla delibera n. 231 del 2018 veniva richiamata a mero supporto di conclusioni autonomamente fondate sulla prima fonte regolamentare.

Ne discende l’infondatezza delle censure attoree tendenti a denunciare un’erronea applicazione analogica della disciplina di cui alla delibera n. 231/18 cit, non avendo l’Autorità definito la controversia sulla base di una disciplina riferita a casi analoghi, ma avendo applicato direttamente la disciplina riguardante il caso esaminato, come risultante dalla delibera n. 209 del 2007.

20. L’appello deve essere rigettato anche nella parte in cui mira a negare la possibilità, per l’Autorità, da un lato, di definire le modalità e le condizioni di accesso alle risorse frequenziali (in specie, imponendo un accesso mediante leasing e stabilendo i criteri cui commisurare il relativo prezzo), dall’altro, di limitare la libertà di iniziativa economica invocando il principio di efficienza nell’uso delle risorse frequenziali e l’esigenza di evitare una duplicazione delle infrastrutture di telecomunicazione.

20.1 Al riguardo, per quanto di maggiore interesse ai fini dell’odierno giudizio, si osserva che l’art. 9 della delibera n. 209 del 2007, nel definire gli obblighi degli aggiudicatari:

- definisce la copertura minima dei territori comunali serviti, da realizzare tempestivamente sulla base di apposito piano da predisporre a cura dell’operatore economico;

- precisa che un impianto BWA può ritenersi realizzato mediante la messa in servizio di una Central Station connessa ad una rete di trasporto e l’avvio del servizio commerciale al pubblico attraverso l’utilizzo delle frequenze attribuite;

- consente l’assolvimento degli obblighi di copertura direttamente ovvero mediante soggetti terzi, in possesso delle idonee autorizzazioni per l’offerta di reti e servizi di comunicazione elettronica, sulla base di accordi commerciali di utilizzo dei diritti d’uso delle frequenze, su base provinciale o pluriprovinciale, nell’ambito dell’area di estensione geografica rilevante;

- prevede che “ gli aggiudicatari che, dopo il termine di 30 mesi dal rilascio del diritto d’uso ovvero dall’effettiva disponibilità delle frequenze, non utilizzano direttamente o indirettamente, salvo impedimenti non derivanti dagli aggiudicatari stessi, le frequenze assegnate per l’offerta al pubblico dei servizi di broadband wireless access nei territori comunali diversi da quelli individuati nel piano di copertura di cui al precedente comma 4, sono tenuti a soddisfare, sulla base di negoziazione commerciale ed a condizioni eque e non discriminatorie, ogni ragionevole richiesta di accesso alle frequenze stesse ” (comma 7).

Alla stregua di tale disciplina risulta che, decorso il termine di trenta mesi dall’originario rilascio del diritto d’uso o dall’effettiva disponibilità delle frequenze, gli aggiudicatari che non avessero utilizzato – anche indirettamente, attraverso soggetti terzi e sulla base di accordi commerciali su base provinciale o pluriprovinciale – le frequenze assegnate in relazione ai territori comunali diversi da quelli individuati nel piano di copertura, avrebbero dovuto soddisfare “ ogni ragionevole richiesta di accesso alle frequenze ” sulla base di una negoziazione commerciale ed a “ condizioni eque e non discriminatorie ”.

20.2 Avendo riguardo agli elementi costitutivi di tale obbligo di accesso, essi sono rappresentati dal mancato utilizzo delle frequenze assegnate, in territori diversi da quelli compresi nel piano di copertura, una volta decorso il termine di trenta mesi.

Sul piano temporale, il dies a quo preso in considerazione da tale fonte regolamentare è rappresentato dal rilascio del diritto d’uso o dall’effettiva disponibilità delle frequenze, non rilevando a tali fini l’eventuale proroga dei diritti d’uso (e, dunque, il mero differimento del termine finale del diritto d’uso) o la modifica in costanza di rapporto dell’assetto amministrativo attuato tra l’Amministrazione concedente e l’aggiudicatario: trattasi di circostanze che, pure apprezzabili per definire il quomodo dell’accesso e, dunque, le condizioni eque e non discriminatorie da osservare (come si osserverà infra ), non potevano rilevare, di per sé, per evitare la configurazione in capo all’aggiudicatario dell’obbligo di accesso.

Parimenti, la nozione di utilizzo risulta correlata al concreto avvio del servizio commerciale al pubblico: ciò discende sia dal dato letterale, implicando l’utilizzo l’adibizione della risorsa all’uso naturale cui la stessa è preordinata e, dunque, a fronte di una risorsa frequenziale, il suo impiego per l’erogazione di un servizio di comunicazione al pubblico (costituente l’uso naturale del bene giuridico);
sia dal dato sistematico, prevedendo l’art. 9 della delibera n. 209 del 2007, al comma 2, l’obbligo di installazione ed esercizio della rete BWA, e al comma 3, la necessità di intendere l’installazione di un impianto BWA con la messa in servizio di una Central Station connessa alla rete di trasporto e con l’avvio del servizio commerciale al pubblico “ utilizzando le frequenze attribuite ”, con la conseguenza che l’utilizzo della risorsa frequenziale si traduce proprio nella sua adibizione alla funzione tipica e, pertanto, nell’erogazione del servizio finale al pubblico degli utenti.

La mera conclusione di un accordo commerciale non poteva, dunque, integrare gli estremi dell’utilizzo delle frequenze assegnate: attraverso tali negoziazioni l’aggiudicatario, in particolare, si impegna a regolare il futuro utilizzo (il comma 5 dell’art. 9 discorre difatti di “ accordi commerciali di utilizzo dei diritti d’uso delle frequenze ”), ma non impiega attualmente il relativo bene giuridico.

Anche in tali ipotesi, occorre distinguere le circostanze rilevanti per la costituzione dell’obbligo di accesso (mancata erogazione del servizio di comunicazione al pubblico mediante l’utilizzo della risorsa frequenziale) e le circostanze rilevanti per la definizione delle modalità di adempimento di un obbligo di accesso già sorto, correlate alle particolarità del caso concreto, per come emergenti anche dalla pendenza di negoziazioni deputate all’uso della risorsa frequenziale.

Le considerazioni svolte evidenziano l’infondatezza dell’appello nella parte in cui tende a negare (nell’ an ) l’esistenza di un obbligo di accesso in ragione della pendenza di negoziazioni, della conclusione di accordi commerciali di utilizzo della risorsa frequenziale, della proroga dei diritti d’uso o della modifica dell’assetto regolatorio attuato (all’esito della proroga) nei rapporti tra l’Amministrazione concedente e l’operatore aggiudicatario.

Tali elementi non ostano alla configurazione dell’obbligo di accesso, costituente una situazione giuridica soggettiva passiva correlata soltanto al mancato avvio del servizio commerciale in ambiti territoriali non compresi nei piani di copertura, una volta decorso il termine di trenta mesi a far data dall’originaria assegnazione dei diritti d’uso.

Tali presupposti ricorrevano nella specie, avendo l’Autorità legittimamente accertato l’esistenza di un obbligo (in capo all’odierna appellante) di accesso in ragione del mancato avvio del servizio commerciale, da parte della società Linkem, negli ambiti territoriali per cui è causa e nei trenta mesi successivi al rilascio del diritto d’uso o all’effettiva disponibilità delle frequenze de quibus .

20.3 Definiti gli elementi costitutivi dell’obbligo di accesso, occorre soffermarsi sulle modalità dell’accesso.

Diversamente da quanto dedotto dall’appellante, l’art. 9, comma 7, delibera n. 209 del 2007 non si limita a sancire l’obbligo di accesso, al ricorrere delle circostanze fattuali sopra esaminate, ma specifica pure le condizioni in base alle quali tale accesso deve essere assicurato.

In particolare, si prevede la necessità di una negoziazione commerciale e il rispetto di condizioni eque e non discriminatorie.

20.4 Quanto alla negoziazione commerciale, il dato regolatorio impedisce all’Autorità giudicante di costituire in via immediata e diretta il rapporto obbligatorio tra le parti, occorrendo a tali fini la conclusione di apposito contratto commerciale tra le imprese in contesa: pertanto, la decisione di accoglimento di un’istanza di accesso deve atteggiare quale condanna a contrarre, più che quale atto costitutivo del rapporto negoziale, non potendo tenere luogo del contratto non concluso.

Tale prescrizione è stata rispettata nel caso di specie: con la decisione impugnata in prime cure, non è stato costituito il rapporto contrattuale tra le società Elo e Linkem, ma è stato imposto, a carico di Linkem, un obbligo a contrarre, avente ad oggetto la conclusione di un accordo per la concessione dei diritti di uso in contestazione.

20.5 Con riferimento alle condizioni eque e non discriminatorie, trattasi di clausole generali che legittimano un intervento autoritativo teso non soltanto a prescrivere l’ an dell’accordo, ma anche a regolare le modalità dell’accesso.

In particolare, il regolatore non si limita a disciplinare le circostanze in presenza delle quali l’aggiudicatario è tenuto a consentire l’accesso alle risorse frequenziali, ma regola pure i criteri da osservare per la definizione delle relative condizioni di accesso.

Pertanto, in caso di contrasto tra le parti, l’Autorità, ove investita di un’istanza di soluzione della controversia, in applicazione della pertinente disciplina di settore, è abilitata non soltanto a verificare se la parte intimata sia obbligata all’accesso, ma anche a concretizzare, in ragione delle peculiarità del caso in esame, le clausole generali di equità e non discriminazione, attraverso l’individuazione delle condizioni tecniche ed economiche da rispettare ai fini dell’accesso alla risorsa frequenziale, dovendo comunque assicurarsi non solo l’accesso di per sé, ma anche un accesso a condizioni eque e non discriminatorie.

Soffermandosi su tali ultimi elementi, si osserva che, come precisato dalla giurisprudenza ordinaria (Cass. civ. Sez. III, 30 giugno 2005, n. 13954), il criterio di equità contrattuale risulta ispirato alla ricerca di un equilibrio economico, nell’ambito di un rapporto di corrispettività e proporzionalità mercantile, potendo operare non soltanto ex post , in funzione riequilibratrice mediante la riconduzione ad equità del contratto (artt. 1450, 1467 c.c.), ma anche in via preventiva, per consentire la determinazione della prestazione con equo apprezzamento in maniera da assicurare, nel momento del completamento del contenuto del contratto (e, dunque, nella definizione di alcune delle sue condizioni negoziali), l'equilibrio mercantile tra prestazioni contrapposte e la perequazione degli interessi economici in gioco.

Tale seconda nozione viene in rilievo ai sensi dell’art. 9, comma 7, cit, esprimendo il rinvio all’equità la necessità di assicurare l’equilibrio delle contrapposte prestazioni contrattuali, al fine di impedire un eccessivo sacrificio degli interessi economici ascrivibili ad una delle parti negoziali.

Parimenti, il principio di non discriminazione manifesta l’esigenza di evitare tanto trattamenti formalmente contraddittori in ragione dell'identità delle fattispecie, quanto trattamenti irrazionali incentrati su un’analoga regolazione di fattispecie diverse (Corte costituzionale, 10 giugno 2014, n. 162).

L’Autorità, in definitiva, ove investita di un’istanza ex art. 23 D. Lgs. n. 269/03, dovendo verificare la corretta osservanza della regolamentazione di settore - che impone (al ricorrere di taluni presupposti sopra indicati) un obbligo di accesso a condizioni eque e non discriminatorie - diversamente da quanto dedotto dall’appellante, non deve arrestare la propria decisione all’ an della negoziazione, imponendo l’obbligo di contrarre al ricorrere dei relativi presupposti giustificativi, ma è abilitata ad intervenire, altresì, sul contenuto negoziale, dettando quelle prescrizioni, da dedurre nel successivo contratto commerciale, reputate necessarie per assicurare, da un lato, l’equità dello scambio e, dunque, l’equilibrio tra controprestazioni, al fine di evitare sacrifici eccessivi in danno di una delle parti;
dall’altro, l’assenza di trattamenti differenziati a fronte di fattispecie analoghe o la presenza di trattamenti analoghi a fronte di fattispecie divergenti.

Ne deriva l’infondatezza delle doglianze volte a manifestare l’illegittimità di un intervento provvedimentale non limitato alla prescrizione dell’obbligo di contrarre, ma esteso alla definizione delle condizioni economiche e tecniche di accesso, trattandosi dell’esercizio di attribuzioni discendenti dal dato regolatorio (non oggetto di specifica impugnazione nella presente sede processuale).

20.6 Infine, si osserva l’infondatezza anche delle doglianze incentrate sull’asserito illegittimo esercizio del potere provvedimentale in funzione della tutela dell’efficiente uso delle frequenze e della non duplicazione delle infrastrutture.

Come osservato, il potere di risolvere le controversie tra imprese ex art. 23 D. Lgs. n. 269/03, attribuito all’odierna appellata, non si traduce nella mera applicazione della legge a protezione di interessi individuali, ma implica l’esercizio di una funzione amministrativa a tutela di obiettivi di interesse generale sottesi alla disciplina di settore in ipotesi violata.

Come previsto dal dato primario (art. 23 D. Lgs. n. 269/03), “[n] ella risoluzione delle controversie l'Autorità persegue gli obiettivi di cui all'articolo 13 ”: tale ultimo articolo, nel delineare gli obiettivi cui deve conformarsi l’azione dell’Autorità, richiama(va) espressamente l’incoraggiamento dell’uso efficiente e la garanzia della gestione efficiente delle radiofrequenze e delle risorse di numerazione (art. 13, comma 4, lett. d), nella formulazione ratione temporis applicabile alla specie).

Pertanto, l’Agcom, nella soluzione della controversia insorta tra Linkem ed Elo, non soltanto poteva, ma era tenuta, ai sensi dell’art. 23 D. Lgs. n. 269/03, ad individuare misure che, in attuazione dei principii di equità e non discriminazione, consentissero un uso efficiente delle risorse frequenziali, costituente un obiettivo di interesse generale da perseguire con la decisione finale: tale obiettivo avrebbe potuto essere pregiudicato pure da una duplicazione di investimenti in infrastrutture, suscettibile di determinare inefficienze nell’uso delle risorse frequenziali (cfr. art. 50 bis D. Lgs. n. 269/03, nella formulazione anteriore alla riforma del 2021 cit., in cui, nel trattare della banda ultralarga, si discorreva di “ possibili inefficienze derivanti dalla eventuale duplicazione di investimenti in infrastrutture nuove e avanzate ”).

20.7 In conclusione, ai sensi del combinato disposto degli artt. 8 e 23 D. Lgs. n. 269/03 e 9 delibera n. 209 del 2007 cit., l’Autorità era abilitata, nel risolvere la controversia de qua , all’esito di un’adeguata istruttoria e sulla base di una sufficiente motivazione:

- sia ad imporre un obbligo di contrarre a carico della parte intimata, avente ad oggetto l’accesso alle risorse frequenziali;
ciò, a fronte di un mancato utilizzo delle risorse de quibus in ambiti territoriali non compresi nei piani di copertura, una volta decorso il termine di trenta mesi dal rilascio del diritto d’uso ovvero dall’effettiva disponibilità delle frequenze;

- sia a definire le condizioni contrattuali (e, dunque, anche economiche e tecniche) dell’accesso, al fine di garantire l’equilibrio e la ragionevolezza dello scambio, nel perseguimento degli obiettivi di interesse generali sottesi alla disciplina di settore, quali l’uso efficiente delle risorse frequenziali e la non duplicazione di investimenti nelle stesse o in analoghe infrastrutture.

Sotto tale ultimo profilo, peraltro, giova precisare che, nella definizione delle condizioni tecniche di accesso, non avrebbe potuto neppure essere esclusa l’imposizione del leasing quale modalità negoziale da impiegare nel caso concreto, trattandosi, comunque, di una tipologia contrattuale non esclusa dal dato regolatorio e conosciuta nella prassi dei traffici commerciali, anche relativi al settore delle telecomunicazioni (come confermato dalla sua valorizzazione nella regolazione di settore, a prescindere dalla sua applicabilità nel caso concreto – cfr. la delibera n. 231/18/CONS – par. 362).

L’Autorità, pertanto, avrebbe potuto pure imporre il leasing quale modalità di accesso, a condizione che, alla stregua delle particolarità del caso concreto, come correttamente accertate in via istruttoria e valorizzate in sede motivazionale, tale tipologia negoziale fosse idonea ad assicurare uno scambio equo e non discriminatorio, funzionale al perseguimento degli obiettivi di interesse generali posti dalla regolazione di settore.

21. Ciò rilevato in via generale -in ordine alle attribuzioni di cui è titolare l’Autorità odierna appellata - occorre verificare se nel caso concreto la decisione amministrativa sia stata assunta all’esito di un’adeguata istruttoria e sulla base di una sufficiente motivazione.

Al riguardo, giova ripercorrere i passaggi motivazionali alla base del provvedimento impugnato in prime cure.

Dopo l’illustrazione del quadro regolatorio di riferimento, dei fatti di causa e delle posizioni assunte dalle parti, l’Autorità, in particolare, ha rilevato che:

- la domanda controversiale risultava correttamente incardinata e sufficientemente circostanziata;

- la frequenza doveva ritenersi utilizzata laddove un impianto BWA era stato realizzato mediante messa in servizio della Central Station, connessa ad una rete di trasporto, e l’avvio del servizio commerciale al pubblico utilizzando le frequenze attribuite;

- soltanto in 22 Comuni si aveva, secondo quanto sostenuto da Linkem, un servizio commerciale. In altri 480 vi era un segnale radio da BTS di Linkem in Comuni adiacenti e accordi commerciali di sviluppo della copertura. In 11 Comuni non c’era segnale radio di Linkem né accordi commerciali di sviluppo copertura e una situazione di potenziale interferenza con servizi Linkem in Comuni adiacenti. In 8 Comuni erano possibili tutte le modalità di accesso. Un Comune risultava soppresso;

- in 500 Comuni circa di fatto non esisteva, al tempo della decisione, una copertura con offerta commerciale del servizio, con la conseguenza che in tali ambiti Linkem era tenuta a soddisfare, sulla base di negoziazione commerciale ed a condizioni eque e non discriminatorie, ogni ragionevole richiesta di accesso alle frequenze stesse;

- gli impegni assunti ai fini della proroga non potevano costituire una legittima motivazione di deroga alla delibera n. 209/07/CONS, potendo l’operatore richiedente l’accesso ereditare a tutti gli effetti gli obblighi assunti da Linkem;

- relativamente alle “ modalità tecniche di accesso ”, doveva ritenersi ragionevole e opportuno “ tenere in considerazione quanto emerso nel corso dell’istruttoria e proposto dalle parti sul grado di infrastrutturazione già presente e sulle tempistiche per realizzare la copertura ”, provvedendo al riguardo a fissare tempistiche più stringenti rispetto a quanto proposto dalle parti, che fossero realistiche e vincolanti e che tenessero conto, pertanto, delle effettive infrastrutture (BTS e collegamento di backhaul) già realizzate da Elo e/o da Linkem;

- le parti, nel procedimento, avevano fornito elementi in ordine alla disponibilità di BTS e di collegamento di backhaul e alle plausibili tempistiche per la realizzazione di una copertura commerciale;

- Elo, in particolare, aveva rappresentato di disporre già delle infrastrutture di rete per lanciare commercialmente il servizio in tempi particolarmente celeri, essendo presente con una propria BTS e relativa infrastruttura di backhaul in 447 Comuni (pari al 90% del totale dei Comuni) dove forniva il proprio servizio commerciale a decine di migliaia di clienti, avvalendosi prevalentemente di frequenze non licenziate a 5 GHz;
in tali comuni l’operatore sarebbe stato in grado di aggiornare la propria rete con frequenze a 3.5 GHz mediante l’installazione di apparati radio entro circa 3 mesi, salvo tempi più lunghi dovuti a pratiche urbanistiche/ambientali suscettibili di aumentare i tempi fino a 6 mesi;
nei restanti Comuni per i quali sarebbe stato necessario procedere all’installazione e al rilegamento di nuove BTS, Elo prevedeva tempi compresi tra 8 e 12 mesi;

- Linkem aveva rappresentato come fosse in fase avanzata di definizione o fosse già definita una serie di accordi relativi alla copertura di molti dei Comuni in esame;

- alla luce dell’approfondimento istruttorio svolto, doveva ritenersi possibile una suddivisione dei Comuni in plurimi cluster in ragione della presenza di una BTS e di una infrastruttura di Backhaul e dei tempi previsi per la copertura commerciale (cfr. pag. 27 provvedimento);

- sulla base di tali rilievi, “ ai fini della definizione della presente controversia, sia dirimente il confronto tra la presenza infrastrutturale di Elo e di Linkem ” (pag. 28 provvedimento);

- pertanto, per i 22 Comuni in relazione ai quali Linkem dichiarava di disporre già di un servizio commerciale, l’accesso alle frequenze restava a trattativa tra le parti;
nei Comuni in cui, invece, era assente la copertura con offerta commerciale prevaleva l’obbligo di concedere il diritto d’uso delle frequenze al fine di garantire la connettività e l’accesso a reti ad alta capacità agli utenti finali;

- in particolare:

a) nei cluster in cui Elo aveva già realizzato una rete FWA (BTS e backhauling ) ed era pronta, agli atti del procedimento, ad avviare il servizio commerciale in 3 mesi, o al massimo 6 mesi in casi di difficoltà amministrative - mentre Linkem necessitava di un molto più ampio lasso di tempo, compreso tra i 6 e i 36 mesi, non disponendo delle infrastrutture di rete necessarie - la modalità di accesso alle frequenze doveva essere il leasing (L) fino alla corrente scadenza dei diritti d’uso, ossia il 2029, salvo diverso accordo tra le parti;
ciò, al fine di assicurare un accesso in tempi ragionevoli e in attuazione di un generale principio di efficienza nell’uso delle frequenze e di non duplicazione delle infrastrutture;
la ridotta tempistica di realizzazione della copertura (3-6 mesi) avrebbe consentito, tra l’altro, di accelerare l’infrastrutturazione NGA nelle aree bianche del territorio italiano;
la copertura avrebbe dovuto essere realizzata, nel 70% dei Comuni dei 2 cluster, in 3 mesi, in massimo 6 mesi nel restante 30% dei Comuni, calcolati a partire dall’ottenimento dell’autorizzazione al leasing;
Elo in tali ambiti avrebbe ereditato tutti gli obblighi pertinenti connessi all’esercizio delle frequenze in questione, come previsto in caso di leasing, inclusi quelli connessi alla proroga dell’assegnazione originaria ottenuta da Linkem, come fissati dal MISE;

b) nei cluster in cui Elo non disponeva di infrastrutture, risultava congruo il modello di accesso wholesale o di partnership , con la necessità che il 50% dei Comuni venisse coperto in 12 mesi e il restante 50% entro un massimo di 24 mesi;
in tali casi i tempi dovevano intendersi come decorrenti dalla sottoscrizione della convenzione (cfr. tabella pag. 30);

- in definitiva, “ L’approccio seguito per la definizione delle modalità di accesso nei vari Comuni, fermi restando i diritti di Elo, si pone dunque in linea con il dettato della delibera n. 209/07/CONS che, pur non fissando una modalità specifica di accesso alle frequenze, deve coordinarsi e raccordarsi con il più generale principio di utilizzo efficiente delle risorse scarse ” (pag. 29);

- relativamente alle condizioni economiche, sarebbe stata necessaria una loro definizione sulla base di negoziazione commerciale ed a condizioni eque e non discriminatorie, dovendosi tenere conto per ciascun Comune di “ un criterio di proporzionalità rispetto al numero di abitanti nel Comune, alla domanda prospettica e alla durata residua dei diritti d’uso;
- quanto stabilito in accordi commerciali già in essere tra Linkem ed altri operatori e che sono comparabili con il caso di specie
” (pag. 31);

- occorreva istituire un tavolo tecnico Agcom, “ attesa la complessità della materia, sia da un punto di vista tecnico che contrattuale, al fine di evitare un ulteriore contenzioso ”;
tale tavolo avrebbe dovuto “ monitorare l’attuazione della decisione;
il tavolo tecnico dovrà, in particolare, monitorare il rispetto delle tempistiche di realizzazione della copertura commerciale fissate dall’Autorità in questo provvedimento;
- favorire la soluzione, anche mediante proposte tecniche ed economiche degli Uffici dell’Autorità, delle possibili divergenze tecniche e contrattuali;
- verificare ed analizzare, a negoziazione dell’accordo di accesso completata, anche per il tramite di studi tecnici, i possibili problemi interferenziali e di sincronizzazione e l’effettiva copertura commerciale
” (pag. 31).

22. Emerge, pertanto, che l’Autorità, dapprima, ha sancito l’obbligo di accesso ai diritti di uso;
successivamente, ha definito le relative modalità tecniche ed economiche;
infine, ha imposto l’istituzione di un tavolo tecnico composto da rappresentanti dell’Autorità, di Linkem S.p.A., di Elo S.p.A. e di esperti universitari in materia di copertura radio indicati dall’Autorità.

23. La decisione di ravvisare l’ammissibilità della domanda controversiale e di imporre l’obbligo di accesso in relazione a quei cluster in cui non risultava assicurata la copertura commerciale ad opera di Linkem, come osservato, risulta conforme al disposto dell’art. 3, comma 6, Allegato A alla delibera n. 449/16/CONS e dell’art. 9 della delibera n. 209 del 2007.

Sotto il primo profilo, giova rinviare alle considerazioni già svolte in ordine all’ammissibilità dell’istanza presentata sul piano sostanziale, corredata dagli elementi formali prescritti dall’Allegato A alla delibera n. 449/16/CONS e articolata sulla base di una normativa conferente rispetto alla fattispecie in esame.

Sotto il secondo profilo, come anche in tale caso osservato, la nozione di utilizzo del diritto aggiudicato ex art. 9 della delibera n. 209 del 2007 è ancorata al concreto avvio del servizio commerciale al pubblico, con la conseguenza che l’Autorità ha correttamente ordinato la negoziazione di un accordo commerciale per garantire l’accesso alle risorse frequenziali in esame in tutti quegli ambiti in cui l’odierna appellante, pure avendo in corso negoziazioni con soggetti terzi, non aveva ancora avviato il servizio al pubblico.

24. La decisione di imporre l’obbligo di accesso attraverso il modello di accesso wholesale o di partnership nei cluster in cui Elo non disponeva di infrastrutture risulta parimente immune da vizi di legittimità.

L’Autorità, infatti, ha tenuto conto non soltanto dell’obiettivo di efficientamento dell’uso delle risorse frequenziali, ma pure della necessità di garantire l’equilibrio dello scambio negoziale e la praticabilità delle soluzioni imposte.

Sotto il primo profilo (dell’equilibrio contrattuale), deve darsi atto che, come emergente dal provvedimento e come dedotto dallo stesso appellante (pag. 6 ricorso in appello), la società Linkem si era pure dichiarata disponibile a concludere:

a) un accordo wholesale nelle aree interesse di Elo già coperte da Linkem, tenuto conto degli accordi di roll out già stipulati (soluzione A);

b) la costruzione, da parte di Linkem, della rete in aree di interesse di Elo non coperte da Linkem e conseguente accordo wholesale (soluzione B);

c) per l’ipotesi in cui la soluzione di cui al precedente punto non fosse stata perseguibile, una partnership con Elo, diretta alla costruzione, da parte di Elo, di una rete nelle aree non coperte da Linkem, sotto un’unica regia frequenziale di Linkem.

Pertanto, una volta verificata la legittimità dell’imposizione dell’obbligo di accesso, la scelta di una modalità tecnica coerente con le effettive disponibilità manifestate dall’operatore economico, idonea ad evitare la sottrazione del diritto di uso della risorsa frequenziale in esame, doveva ritenersi, da un lato, rispettosa dell’obiettivo di efficiente utilizzo delle risorse frequenziali, permettendone il godimento anche da parte di altri operatori interessati al relativo sfruttamento economico;
dall’altro, compatibile con il criterio dell’equità, realizzando un ragionevole bilanciamento tra contrapposti interessi, di Linkem a conservare la titolarità del diritto di uso e di Elo ad accedere alla risorsa frequenziale per l’erogazione del servizio commerciale al pubblico.

Anche le tempistiche imposte dall’Autorità (incentrate sulla necessità di assicurare la copertura del servizio per il 50% dei Comuni in 12 mesi e per il restante 50% entro un massimo di 24 mesi) non potrebbero ritenersi illegittime, in quanto coerenti con gli elementi informativi forniti dall’odierna appellante, che aveva rappresentato la necessità di un lasso di tempo, compreso tra i 6 e i 36 mesi, per l’avvio del servizio in quegli ambiti in cui la stessa società non disponeva delle infrastrutture di rete necessarie (pag. 28 provvedimento).

25. La decisione di imporre l’accesso attraverso il leasing negli ambiti territoriali in cui Elo aveva già realizzato una rete FWA (BTS e backhauling) ed era pronta, agli atti del procedimento, ad avviare il servizio commerciale in 3 mesi, o al massimo 6 mesi in casi di difficoltà amministrative, mentre Linkem necessitava di un molto più ampio lasso di tempo, compreso tra i 6 e i 36 mesi, non disponendo delle infrastrutture di rete necessarie, non può invece ritenersi legittima, essendo inficiata dai denunciati vizi istruttori e motivazionali.

26. Come emergente dalle valutazioni alla base della decisione impugnata in primo grado ( supra sintetizzate), l’Autorità ha definito la controversia ritenendo “ dirimente il confronto tra la presenza infrastrutturale di Elo e di Linkem ” (pag. 28 provvedimento).

In tale maniera, l’Autorità ha certamente inteso perseguire un obiettivo di interesse generale che ben poteva ( rectius , doveva) orientare la propria attività istituzionale, anche ai fini della soluzione delle controversie tra imprese, dato dall’efficientamento dell’uso della risorsa frequenziale e (quale suo corollario) dalla non duplicazione delle infrastrutture di telecomunicazioni.

Tuttavia, la mera circostanza per cui la decisione in contestazione fosse orientata al perseguimento di un obiettivo di interesse generale proprio della regolamentazione di settore (come pure imposto dall’art. 23 D. Lgs. n. 269/03), non è sufficiente per garantire la legittimità dell’azione amministrativa, occorrendo, altresì, a tali fini, che la scelta in concreto compiuta sia rispettosa degli ulteriori criteri prescritti dal regolatore, parimenti idonei ad indirizzare l’azione dell’Autorità.

26.1 Come osservato, l’art. 9 della delibera n. 209 del 2007 richiede che le condizioni di accesso debbano essere (tra l’altro) eque, intendendosi in tali termini l’equilibrio dei sacrifici imposti a carico delle parti: anche il principio di proporzionalità, comunque idoneo a conformare l’esercizio dei pubblici poteri (anche amministrativi) in ragione della sua portata generale, impone una valutazione specifica del caso concreto, non potendosi ammettere soluzioni intollerabili per il destinatario, non strettamente necessarie per il raggiungimento dell’obiettivo di interesse generale in concreto perseguito.

A fronte di plurime soluzioni astrattamente prospettabili, l’organo procedente, nell’effettuare la propria scelta, deve, dunque, adeguatamente accertare i presupposti del provvedere e sufficientemente motivare le ragioni alla base della propria decisione, dando conto del perché la soluzione selezionata sia non soltanto idonea a permettere il conseguimento dell’obiettivo perseguito, ma sia anche non eccedente quanto necessario per il raggiungimento di tali obiettivi, tenuto conto delle peculiarità del caso concreto ( cfr. Corte di Giustizia, 7 luglio 2022, in causa C-24/21, punto 49, secondo cui “ qualora sia possibile una scelta tra più misure appropriate, si deve ricorrere alla meno restrittiva e gli inconvenienti causati non devono essere sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti ”).

26.2 Avuto riguardo al caso di specie, non si ravvisa un’adeguata istruttoria sui presupposti fattuali alla base del provvedere, né si riscontra una sufficiente motivazione in relazione alle ragioni per le quali l’imposizione di un accesso mediante leasing fosse proporzionato e idoneo a garantire un equo bilanciamento tra i contrapposti interessi.

27. In particolare, sul piano istruttorio, non emergono gli specifici elementi probatori in base ai quali l’Autorità ha ritenuto attendibili i tempi, dichiarati dall’istante, occorrenti per realizzare la copertura delle aree in contestazione ai fini dell’erogazione del servizio al pubblico.

27.1 In primo luogo, l’Autorità ha posto a base della decisione le deduzioni fornite dalla parte istante (Elo), incentrate sulla capacità di aggiornare la rete con frequenze a 3.5 GHz mediante l’installazione di apparati radio entro circa 3 mesi, salvo tempi più lunghi dovuti a pratiche urbanistiche/ambientali suscettibili di aumentare i tempi fino a 6 mesi (pag. 26 provvedimento, in cui si rileva che “ Elo rappresenta ” di essere in grado nei 447 Comuni in cui dispone già di una infrastruttura di rete “ di aggiornare la propria rete con frequenze a 3.5 GHz mediante l’installazione di apparati radio entro circa 3 mesi, salvo tempi più lunghi dovuti a pratiche urbanistiche/ambientali che potrebbero aumentare i tempi fino a 6 mesi ”).

Al riguardo, a fronte delle tempistiche indicate da una delle parti, occorreva svolgere un approfondimento istruttorio teso a confermare l’attendibilità, sul piano tecnico, delle relative deduzioni;
ciò, tenuto conto del carattere controverso del relativo dato fattuale, avendo l’appellante rilevato puntualmente come “ non appare effettivamente comprovato dal punto di vista tecnico, né sul punto la Delibera dell’Autorità reca un’adeguata istruttoria, che gli impianti di Elo siano idonei ad offrire il servizio in tempi considerevolmente inferiori rispetto a quanto potrebbe fare Linkem. Infatti, gli impianti di Elo necessiteranno di un cambio di apparati per poter funzionare con le frequenze Linkem ed Elo dovrà, dunque, rinnovare tutte le pratiche amministrative con conseguente spendita di tempo che, inevitabilmente, rende le tempistiche indicate da detta società del tutto aleatorie ” (pag. 30 appello).

Non emergono, dunque, gli elementi istruttori sulla cui base poter ritenere accertata in sede procedimentale l’attendibilità della tempistica indicata da Elo per realizzare la copertura, sebbene si trattasse di un presupposto alla base del provvedere.

27.2 In secondo luogo, si rileva che l’Autorità, nell’assumere la propria decisione, non ha adeguatamente istruito il tema dei problemi interferenziali.

Sebbene il provvedimento impugnato in prime cure contenga un’apposita sezione dedicata a tali questioni (“ problemi interferenziali ” – pag. 12), l’Autorità si è limitata per lo più a riportare le opposte posizioni delle parti (pagg. 12 e 13 del provvedimento), demandando la soluzione delle relative problematiche “a valle” della decisione amministrativa, nell’ambito di apposito tavolo tecnico all’uopo istituito.

L’Autorità, proprio in ragione della “ complessità della materia ” (pag. 31), ha inteso istituite un tavolo aperto alla partecipazione anche di “ esperti universitari in materia di copertura radio ” (pag. 31), con lo scopo, tra l’altro, di “ verificare ed analizzare, a negoziazione dell’accordo di accesso completata, anche per il tramite di studi tecnici, i possibili problemi interferenziali e di sincronizzazione e l’effettiva copertura commerciale ”.

Tali passaggi motivazionali evidenziano come l’Autorità fosse consapevole non soltanto della possibile esistenza di problemi interferenziali (costituente un tema oggetto di contrapposte deduzioni in sede procedimentale e al centro pure del lavoro da svolgere a cura del tavolo tecnico all’uopo istituito), discendenti in specie dalla coesistenza di infrastrutture di diversi operatori a breve distanza elettromagnetica, ma anche della idoneità di tali problematiche ad influire, a negoziazione dell’accordo completata, sull’avvio del servizio al pubblico;
il che è comprovato, altresì, dal dispositivo del provvedimento, in cui si impone un obbligo di coordinamento con Linkem per evitare interferenze ai servizi di Linkem, “ da effettuare prima dell’attivazione degli apparati trasmissivi di Elo ”, con la conseguenza che i tempi occorrenti per la risoluzione dei possibili problemi interferenziali avrebbero influito sull’attivazione degli apparati trasmissivi dell’istante e, dunque, sul concreto avvio del servizio al pubblico.

I problemi frequenziali, dunque, rilevavano ai fini dell’utilizzo della risorsa frequenziale e, dunque, secondo il significato supra ricostruito, del concreto avvio del servizio commerciale al pubblico, costituendo un tema suscettibile di condizionare anche la scelta delle modalità di accesso alle frequenze in contestazione.

Difatti, una volta ritenuto di privilegiare la tempistica di realizzazione della copertura, l’Autorità avrebbe dovuto adeguatamente istruire il procedimento, verificando tutte le circostanze idonee ad incidere sul concreto avvio del servizio al pubblico, senza la possibilità di operare in maniera frazionata, attraverso la devoluzione alla fase esecutiva della disamina di alcune di tali circostanze rilevanti ai fini del decidere. Ciò, specie quando si impongono determinate modalità tecniche di accesso, quale il leasing, che presuppongono la coesistenza di reti riconducibili ad operatori diversi, suscettibili di generare, ove collocate a breve distanza elettromagnetica, i richiamati problemi interferenziali.

L’Autorità, in altri termini, era tenuta a risolvere la controversia, esaurendo il thema decidendum , senza rimandare ad una fase successiva la decisione di alcune delle questioni idonee a condizionare l’accoglimento della domanda controversiale in concreto proposta.

Per l’effetto, non sarebbe stato possibile post-porre la disamina delle interferenze alla decisione sulle modalità di accesso, occorrendo valutare ex ante e in funzione della decisione all’uopo da assumere l’idoneità di tali problematiche a condizionare il tempo di avvio del servizio al pubblico.

Né potrebbe argomentarsi diversamente, rilevando che i problemi frequenziali avrebbero richiesto complesse verifiche tecniche, incompatibili con la tempestiva definizione del procedimento: tale evenienza non avrebbe potuto consentire la soluzione della controversia sulla base di un’istruttoria incompleta, escludendo la rilevanza di elementi invece idonei ad influire sulla decisione definitiva;
piuttosto, in tali ipotesi, ove non fosse stato possibile accertare elementi fattuali sottesi alla specifica richiesta in concreto proposta, avrebbe dovuto pervenirsi al rigetto della relativa domanda, in quanto incentrata su elementi fattuali allo stato non dimostrati;
non sarebbe stato, invece, possibile provvedere al suo accoglimento con riserva di un approfondimento istruttorio successivo alla decisione (nella specie, nell’ambito di un tavolo tecnico all’uopo da istituire).

Ne deriva che l’Autorità, ravvisata l’importanza dei tempi di realizzazione della copertura ai fini della decisione, avrebbe dovuto esaminare in sede amministrativa, prima di definire il procedimento, anche i problemi frequenziali posti dalla società intimata, verificando se e come tali problemi potessero ritardare l’avvio del servizio al pubblico, in tale modo acquisendo ulteriori elementi informativi rilevanti per valutare i presupposti del provvedere: qualora non fosse stato possibile svolgere una tale verifica, allora non avrebbe potuto definirsi una specifica modalità di accesso (il leasing) sulla base di un elemento (tempi di realizzazione della copertura) non adeguatamente accertato.

28. Il provvedimento impugnato in prime cure risulta illegittimo anche perché l’Autorità non ha sufficientemente illustrato le ragioni per le quali la soluzione prescelta (il leasing) potesse ritenersi conforme al principio di proporzionalità e coerente con il criterio dell’equità contrattuale.

Invero, l’Autorità ha puntualmente rappresentato le ragioni che militavano per l’efficientamento dell’uso della risorsa frequenziale, valorizzando la necessità di garantire la tempestività della copertura (seppure, in parte qua , all’esito di un accertamento istruttorio incompleto, per quanto osservato) e di evitare una duplicazione delle infrastrutture di telecomunicazioni: trattasi di obiettivi di interesse generale legittimamente perseguiti.

Tuttavia, l’Autorità non ha specificato le ragioni per le quali la soluzione prescelta, comportante un trasferimento in capo all’istante del diritto di uso della risorsa frequenziale con conseguente rilevante depauperamento patrimoniale del soggetto intimato -privato di un bene giuridico essenziale per lo svolgimento della propria attività economica- fosse strettamente necessaria per il raggiungimento dell’obiettivo prefissato, senza determinare un eccessivo sacrificio in danno della parte incisa.

28.1 In particolare, l’Autorità non ha tenuto conto che, nella definizione dei tempi di realizzazione della copertura, rilevavano (oltre che l’attendibilità dei dati comunicati dall’istante o i problemi interferenziali suscettibili di manifestarsi in caso di accesso mediante leasing, anche) le negoziazioni in corso tra la società Linkem e gli operatori terzi: l’avvenuta conclusione di accordi tesi a garantire la copertura di una data area territoriale non poteva infatti ritenersi ininfluente ai fini della determinazione della tempistica di infrastrutturazione.

Tale elemento, se (come osservato) non impediva di riscontrare un obbligo di accesso in capo al titolare del diritto di uso (stante l’attuale mancato avvio del servizio nel relativo ambito), doveva comunque essere apprezzato ai fini della decisione delle modalità di accesso, influendo sui tempi di realizzazione della relativa copertura.

Per l’effetto, a fronte di ambiti territoriali connotati da situazioni fattuali differenziate – sussistendo in relazione ad alcune aree accordi con operatori terzi già conclusi o in fase di negoziazione, suscettibili di influire sui tempi di realizzazione della copertura – l’Autorità avrebbe pure potuto imporre un trattamento eguale (incentrato sulla stessa modalità di accesso, mediante leasing), ma ciò soltanto sulla base di un’adeguata motivazione, che esplicitasse le ragioni per le quali la presenza di accordi commerciali già conclusi o in via di conclusione tra la società Linkem e operatori terzi fosse ininfluente ai fini sia della determinazione dei tempi di realizzazione della copertura, sia, di conseguenza, trattandosi di un presupposto del provvedere, della decisione sulle modalità tecniche di accesso all’uopo da assumere.

Nel provvedimento per cui è causa, invece, l’Autorità ha ritenuto di assoggettare allo stesso trattamento (imposizione dell’accesso mediante leasing) situazioni apparentemente differenti senza motivare adeguatamente sulla rilevanza assunta dai diversi stati di avanzamento delle negoziazioni in concorso o concluse dalla società Linkem con operatori terzi;
il che manifesta un difetto di motivazione della decisione, fondatamente censurato dall’appellante.

28.2 L’Autorità non ha nemmeno evidenziato le ragioni per le quali la proroga dei diritti d’uso recentemente concessa alla società Linkem fosse irrilevante per determinare le modalità tecniche d’accesso.

In particolare, nel provvedimento per cui è causa, si evidenzia (correttamente) che gli impegni presi ai fini della proroga non consentivano di derogare la delibera n. 209/07/CONS, potendo l’operatore istante ereditare a tutti gli effetti gli obblighi assunti da Linkem: tuttavia, tale giustificazione rileva per definire l’ an dell’accesso e, dunque, l’obbligo di assicurare l’accesso alla risorsa frequenziale, ma non anche per stabilire il quomodo , ossia la modalità tecnica di accesso, ben potendo gli impegni assunti dall’operatore economico in sede di proroga (pure se riguardanti distinti ambiti territoriali) influire, in prospettiva, sulla convenienza o necessità dell’utilizzo di risorse frequenziali fino al tempo non impiegate per l’erogazione del servizio al pubblico, anche ai fini di nuovi investimenti nella rete in funzione dell’implementazione della tecnologia 5G;
risorse che, per effetto del leasing, sarebbero state, invece, sottratte all’originario aggiudicatario.

Anche su tali profili, dunque, l’Autorità avrebbe dovuto motivare le ragioni della decisione, specificando il perché la proroga dei diritti d’uso concessa dall’Amministrazione statale fosse insensibile rispetto all’imposizione del leasing quale modalità di accesso alla grande maggioranza delle frequenze in contestazione.

28.3 L’Autorità non ha tenuto conto neppure del diverso dies a quo previsto, in relazione alle differenti modalità di accesso, per l’avvio del servizio al pubblico.

In particolare, in relazione agli ambiti per i quali è stato imposto il leasing, la copertura avrebbe dovuto essere garantita entro tre mesi (per il 70% dei Comuni) e sei mesi (per il restante 30%) a decorrere “ dalla sottoscrizione della convenzione e dall’autorizzazione ministeriale ”, mentre per gli altri ambiti il termine per la copertura è stato fissato in dodici mesi (per il 50% dei Comuni) e in ventiquattro mesi (per il rimanente 50%) “ dalla sottoscrizione della convenzione ”.

Pertanto, sotto il profilo temporale, i tempi occorrenti per il rilascio dell’autorizzazione ministeriale rilevavano (secondo quanto emergente dal provvedimento impugnato in prime cure) soltanto per l’accesso mediante leasing, occorrendo in tali ipotesi avviare apposita fase amministrativa successiva alla sottoscrizione dell’accordo commerciale (cfr. punto 6 del dispositivo del provvedimento per cui è causa, in cui si rileva che “ conclusi e sottoscritti gli accordi per l’accesso alle frequenze …. Elo dovrà richiedere senza indugio l’autorizzazione da parte dell’Amministrazione competente secondo le prescrizioni del Codice ”, a dimostrazione di come la fase amministrativa per il rilascio dell’autorizzazione fosse successiva alla fase negoziale di sottoscrizione del contratto).

Il che costituiva un ulteriore elemento di valutazione, occorrendo tenere conto che la scelta del leasing quale modalità di accesso imponeva di attendere, prima di avviare il servizio, un ulteriore lasso temporale correlato al rilascio dell’autorizzazione ministeriale (configurante il dies a quo del termine prescritto dall’Autorità) necessaria per l’accesso alle frequenze de quibus .

Di conseguenza, anche in ragione del ravvicinamento delle diverse tempistiche (discendente dalla necessità di computare specifici termini procedimentali per il solo accesso mediante leasing), occorreva un’adeguata motivazione che giustificasse il maggiore sacrificio imposto all’odierna appellante, attraverso la prescrizione di una forma di accesso a contenuto ablativo, implicante la perdita di utilità acquisite ai fini dello svolgimento dell’attività economica. Ciò, tenuto pure conto che la società Linkem si era espressamente dichiarata disponibile a soluzioni alternative, implicanti investimenti personali nella realizzazione di nuove reti infrastrutturali, con la conseguenza che non sarebbe stato possibile ritenere tali soluzioni alternative eccessivamente gravose per la parte obbligata, trattandosi di percorsi spontaneamente proposti dalla stessa appellante

29. Alla luce di tali rilievi, l’Autorità avrebbe dovuto motivare adeguatamente la decisione di imporre l’accesso mediante leasing, non soltanto valorizzando le esigenze di efficiente uso delle risorse frequenziali, ma anche rappresentando le ragioni per cui la soluzione così prescelta, tenuto conto delle peculiarità del caso concreto, per come discendenti anche dalle negoziazioni intercorse tra Linkem e soggetti terzi o dagli obblighi dalla prima assunti nei confronti dell’Amministrazione statale in sede di proroga dei diritti d’uso, fosse, da un lato, idonea ad assicurare una distribuzione equilibrata dei sacrifici imposti alle parti, dall’altro, strettamente necessaria per raggiungere gli obiettivi prefissati, senza produrre limitazioni intollerabili per la parte incisa;
ciò, tenuto conto, da un lato, che il leasing, a differenza dell’accesso wholesale, avrebbe privato l’aggiudicatario di un’utilità, legittimamente conseguita, rilevante per lo svolgimento della propria attività economica, dall’altro, che la società Linkem si era dichiarata disponibile ad effettuare nuovi investimenti per l’implementazione della rete al fine di assicurare l’accesso della parte istante.

30. Non risultano, invece, fondate le censure riguardanti l’omessa verifica del reale bisogno di banda di Elo, l’imposizione del leasing sulla base di una delibera (n. 231 del 2018) inapplicabile nella specie, l’omessa specificazione dell’obbligo per la società Elo di utilizzo della tecnologia standard 5G, l’omessa previsione della condizione di reciprocità nei rapporti tra le società Elo e Linkem o l’omessa specificazione dell’afferenza dell’obbligo di accesso alle infrastrutture esistenti in luogo degli ambiti comunali.

30.1 In particolare, a fronte di un’istanza di accesso a risorse frequenziali, l’operatore economico deve manifestare l’interesse all’espansione della propria attività economica, non essendo necessaria la prova dell’esistenza di una domanda allo stato insoddisfatta.

La libertà dell’iniziativa economica postula, altresì, un interesse ad incrementare la produzione di beni e servizi per lo scambio, anche per soddisfare una domanda potenziale, pure attraverso l’acquisto di nuovi clienti, allo stato serviti da altri operatori.

Nella specie, Elo ha adeguatamente illustrato -nella propria istanza di definizione della controversia- il proprio interesse ad ottenere nuove risorse frequenziali per incrementare la propria attività economica: l’Autorità non avrebbe potuto sindacare una tale scelta attraverso l’acquisizione di elementi istruttori finalizzati a verificare l’esigenza di nuove risorse per soddisfare una domanda eccedente rispetto alle attuali capacità di offerta dell’operatore;

30.2 Parimenti, si osserva che il leasing non è stato imposto dall’Autorità sulla base della delibera n. 231 del 2018, invero richiamata soltanto per confermare risultati esegetici già autonomamente desumibili dalla delibera n. 209 del 2007, costituente la fonte regolatoria del caso di specie.

La circostanza per cui tale ultima delibera non prevedesse il leasing quale modalità di accesso non può essere intesa come ostativa all’imposizione di una tale forma negoziale, tenuto conto che, da un lato, la delibera n. 231 del 2009 non conteneva all’art. 9 alcun elenco delle tipologie di accesso all’uopo prescrivibili, richiamando, dunque, tutte le modalità di accesso in astratto prospettabili;
dall’altro, il leasing rappresentava una tipologia contrattuale conosciuta nella prassi dei traffici commerciali, anche relativi al settore delle telecomunicazioni, risultando valorizzato dalla regolazione di settore (cfr. la delibera n. 231/18/CONS – par. 362, a prescindere dalla sua applicabilità nella specie, rilevando soltanto la configurazione di un istituto proprio del settore delle telecomunicazioni).

30.3 L’Autorità non era neppure tenuta a specificare l’obbligo, a carico della società Elo, di utilizzo della tecnologia standard 5G, tenuto conto che la definizione degli obblighi imposti alla società Linkem e trasferiti all’istante per effetto del leasing non costituiva l’oggetto della controversia.

In particolare, l’art. 9 delibera n. 209 del 2007 regola i presupposti e le condizioni (tecniche ed economiche) dell’accesso, ma non consente un giudizio sugli obblighi di servizio già gravanti sulla parte intimata, la cui corretta definizione non spettava all’Autorità.

Pertanto, nel provvedimento impugnato in prime cure si è correttamente evitato di definire tali obblighi, costituendo materia non rientrante nel perimetro oggettivo della fonte regolatoria della controversia di cui era stata investita l’Autorità.

30.4 Per le stesse ragioni, l’Autorità non avrebbe potuto imporre alla società Elo la condizione di reciprocità, da osservare nei futuri rapporti suscettibili di instaurarsi tra le parti, facendosi questione ancora una volta di questione non attinente all’ an e alle condizioni di accesso, come tale sottratta dal perimetro oggettivo della cognizione dell’organo procedente.

30.5 Infine, le censure riguardanti l’omessa specificazione dell’afferenza dell’obbligo di accesso alle infrastrutture esistenti, invero, non tendono a denunciare un vizio di legittimità del provvedimento impugnato, tenuto conto che l’Autorità, nel fare riferimento al grado di infrastrutturazione già presente (pag. 26 del provvedimento) quale elemento da valutare per definire le modalità tecniche di accesso, ha inteso garantire l’accesso in relazione ai soli ambiti territoriali serviti da tali infrastrutture.

Il che, del resto, è espressamente ammesso dall’Autorità, la quale ha precisato in giudizio come “ il diritto al leasing è certamente individuato in capo ad Elo, per i cluster 5 e 6, per le BTS sulle quali è già attivo un servizio FWA. Prova ne è che l’Autorità non ha fissato una soglia di percentuale di copertura da raggiungere obbligatoriamente. Resta inteso che le parti potranno condividere, previo coordinamento frequenziale in sede di Tavolo tecnico, la copertura residuale degli stessi Comuni mediante ulteriori BTS. In tal caso incomberà su Linkem l’obbligo di acceso wholesale su tale rete, ai sensi di quanto previsto dalla delibera n. 209/07/CONS e dal provvedimento impugnato, non avendo Linkem realizzato la propria copertura nei 30 mesi previsti dopo l’ottenimento dei diritti d’uso. In ogni caso, tale “copertura residuale”, esorbitando dall’ambito di applicazione della delibera gravata, potrà essere oggetto di una separata negoziazione ” (pag. 26 memoria difensiva dell’8 febbraio 2022).

Ne discende che, in parte qua , non sussiste una decisione sfavorevole all’appellante, emergendo dalle deduzioni svolte in sede amministrativa e dinnanzi a questo Consiglio l’afferenza dell’obbligo di accesso agli ambiti territoriali comunali serviti dalle infrastrutture già esistenti, esorbitando la copertura residuale dalla portata applicativa del provvedimento impugnato in prime cure.

31. Parimenti, non risultano fondate le censure riguardanti la definizione delle condizioni economiche di accesso.

Preliminarmente, si osserva che tali doglianze devono essere esaminate nell’odierno giudizio nonostante l’accoglimento in parte qua delle censure riferite alla determinazione del leasing quale modalità tecnica di accesso: risultando la decisione amministrativa inficiata da vizi di istruttoria e di motivazione, non può escludersi la riedizione del potere, con la conseguenza che quando si fa questione di necessaria intermediazione dell’azione amministrativa per il conseguimento di un bene della vita ambito in sede sostanziale (nella specie, la soluzione della controversia tra imprese, con il riconoscimento dell’ an e del quomodo dell’accesso), la disamina delle ulteriori censure impugnatorie è utile per la futura conformazione della riedizione del potere, consentendo di definire le regole da applicare per la rinnovata regolazione del caso concreto.

Ciò premesso, si rileva che l’Autorità era tenuta a declinare, avuto riguardo al caso concreto, le clausole generali di cui all’art. 9, comma 7, delibera n. 209 del 2007, prescrivendo condizioni idonee a garantire l’equità dello scambio e la non discriminazione.

Pertanto, diversamente da quanto dedotto dall’appellante, la valutazione dell’Autorità non poteva arrestarsi alla mera riaffermazione del dato regolatorio, attraverso la riproduzione degli enunciati linguistici ivi recati (equità e non discriminazione), ma doveva assegnare uno specifico significato precettivo a tali clausole generali, individuando la regula iuris del caso concreto da osservare nella futura negoziazione da condurre inter partes .

Ciò è avvenuto legittimamente attraverso la definizione di due precetti compatibili con i criteri di equità e non discriminazione.

In particolare, l’Autorità ha valorizzato l’esigenza di definire il prezzo tenendo conto:

- sia del criterio di proporzionalità rispetto al numero di abitanti nel Comune, alla domanda prospettica e alla durata residua dei diritti d’uso, in tale modo assicurando l’equilibrio della negoziazione, attraverso la commisurazione del prezzo ad elementi oggettivi, rilevanti per valutare le utilità attese dallo sfruttamento economico del bene giuridico in esame;
trattandosi di risorsa destinata alla fornitura di un servizio al pubblico dietro corrispettivo, il prezzo della risorsa è stato correttamente rapportato al numero di utenti raggiungibile, alla domanda prospettiva suscettibile di soddisfazione e alla durata dello sfruttamento economico, con conseguente equilibrio tra le prestazioni imposte (accesso e prezzo);

- di quanto stabilito in accordi commerciali già in essere tra Linkem ed altri operatori, comparabili con il caso di specie, in maniera da evitare trattamenti discriminatori.

32. Infine, devono essere disattese le doglianze riguardanti la dichiarazione di inammissibilità dei motivi aggiunti proposti in primo grado.

Come precisato da questo Consiglio, “ la conferma "è emessa dopo una nuova considerazione della fattispecie concreta, e in particolare dopo una nuova istruttoria;
diversamente, l'atto meramente confermativo non fa che ripetere la precedente volontà dell'Amministrazione, che come tale non viene toccata. Di conseguenza, solo nel caso del provvedimento di conferma in senso proprio vi è un procedimento;
e, all'esito di questo, un nuovo provvedimento, sia pure di contenuto identico al precedente, che si sostituisce ad esso (C.d.S., Sez. II, 12 giugno 2020, n. 3746;
cfr. Sez. V, 17 aprile 2020, m. 2447 e 11 ottobre 2019, n. 6916;
Sez. IV, 23 marzo 2020, n. 2035;
Sez. III, 27 dicembre 2018, n. 7230;
Sez. VI, 11 dicembre 2018, n. 6984)
” (Consiglio di Stato, Sez. III, 18 novembre 2020, n. 7172).

Nel caso di specie, l’Autorità, dopo avere adottato il provvedimento impugnato con il ricorso principale in primo grado, ha riscontrato una richiesta di chiarimenti avanzata dall’odierna appellante, ribadendo quanto già statuito con l’atto conclusivo del procedimento controversiale.

Il che, del resto, è espressamente ammesso dall’appellante, secondo cui “A fronte di tali specifiche richieste, tutte ampiamente motivate con pertinenti argomentazioni e mediante il richiamo ai passaggi della Delibera n. 280/20/CIR, l’AGCOM si limitava a rinviare al contenuto di detta Delibera, senza affatto considerare quanto rappresentato da Linkem ” (pag. 37 appello).

Emerge, dunque, che l’Autorità, ricevuta la richiesta di chiarimento, non ha avviato un nuovo procedimento, svolgendo una nuova istruttoria e pervenendo ad una nuova decisione sulla base di autonome rationes decidendi , ma si è limitata a riscontrare una richiesta di parte ribadendo quanto già precedentemente deciso, in tale modo addivenendo ad una mera conferma della precedente statuizione.

L’atto meramente confermativo non avrebbe potuto essere impugnato, in quanto privo di efficacia lesiva, con conseguente inammissibilità per difetto di interesse dei motivi aggiunti proposti in prime cure.

Non potrebbe argomentarsi diversamente, rilevando che il rifiuto sostanziale dell’Autorità di provvedere sulla nuova istanza fosse comunque lesivo per la parte privata, interessata ad ottenere un nuovo pronunciamento dell’Autorità a chiarimento dei dubbi manifestati dall’istante.

Nella specie non si fa questione di un’azione avverso il silenzio -e, dunque, contro la condotta inerte tenuta dall’Autorità, sostanziatasi in un sostanziale rifiuto di provvedere mediante la mera conferma di una precedente decisione-, ma di un ricorso per l’annullamento dell’atto (sopravvenuto) meramente confermativo (la ricorrente ha, infatti, chiesto l’annullamento degli atti impugnati sia nell’epigrafe che nelle conclusioni dei motivi aggiunti, proponendo apposita domanda caducatoria).

Dovendosi, dunque, valutare la domanda di annullamento, la stessa, come correttamente rilevato dal T, non avrebbe potuto essere esaminata nel merito, perché diretta ad ottenere la caducazione di un atto privo di effetti lesivi: una ipotetica sentenza di accoglimento non avrebbe potuto attribuire alcuna utilità sostanziale alla parte lesa, interessata, più che ad ottenere l’annullamento di un atto non lesivo (come tale non impugnabile), la condanna a provvedere di un’Autorità asseritamente inerte (con l’emersione di una diversa azione non componente il thema decidendum dell’odierno giudizio).

33. Alla luce delle considerazioni svolte, l’appello deve essere accolto ai sensi e nei limiti sopra indicati, dovendo, per il resto, pervenirsi al suo rigetto con conferma in parte qua della sentenza gravata.

In particolare, rinviando alle considerazioni svolte, deve ravvisarsi la legittimità della decisione impugnata in prime cure, nella parte in cui l’Autorità:

- ha ritenuto l’ammissibilità dell’istanza di risoluzione della controversia;

- ha imposto (nell’ an ) l’obbligo di accesso a risorse rimaste inutilizzate ex art. 9 delibera n. 209 del 2007;

- ha imposto l’accesso in modalità wholesale ;

- ha inteso rapportare le condizioni economiche dell’accesso ad elementi rilevanti per assicurare condizioni di scambio eque e non discriminatorie.

La decisione impugnata, invece, risulta illegittima per difetto di istruttoria e di motivazione nella parte in cui:

- ha demandato ad un tavolo tecnico all’uopo da istituire la definizione di questioni (in specie, i problemi interferenziali) da affrontare ex ante , in funzione della decisione da assumere;

- ha imposto l’accesso in modalità leasing, senza adeguatamente verificare i presupposti del provvedere e motivare le ragioni di una tale scelta, idonea a privare l’operatore economico di un’utilità legittimamente acquisita all’esito di apposita procedura competitiva.

Non impedendo i vizi riscontrati (istruttori e motivazionali) la riedizione del potere, l’Autorità dovrà procedere al riesame della fattispecie concreta conformandosi ai criteri conformativi discendenti dalla presente pronuncia.

34. La novità e la complessità delle questioni esaminate giustificano l’integrale compensazione tra le parti delle spese del doppio grado di giudizio.

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