Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2012-11-19, n. 201205835
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N. 05835/2012REG.PROV.COLL.
N. 00797/2001 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 797 del 2001, proposto da:
D L C, D L C, D L M, D L E, D L R, in qualità di eredi di S B D e di D L B, rappresentati e difesi dall’avvocato G S A, con domicilio eletto presso G S A in Roma, via Carlo Poma, n. 2;
contro
Comune di Roma, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato P L P, dell’Avvocatura comunale, con domicilio in Roma, via del Tempio di Giove n. 21;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE II BIS n. 02489/1999, resa tra le parti, concernente indennità per causa di servizio
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Roma;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 ottobre 2012 il Cons. Carlo Schilardi e uditi per le parti gli avvocati Gili, per delega dell'Avv. Assennato, e Sportelli, per delega dell'Avv. Patriarca;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
La sig.ra S B D in qualità di vedova del sig. D L B chiedeva al Comune di Roma il riconoscimento dell’equo indennizzo per causa di servizio derivante dall’infermità “eteroplasia pancreatica metastizzata, cachessia neoplastica, collasso cardiocircolatorio”, ritenuta contratta dal congiunto a causa e per ragioni di servizio.
Il Comune di Roma disponeva i primi accertamenti sanitari di competenza e successivamente, nel rispetto della normativa all’epoca vigente per gli impiegati civili dello Stato, richiedeva il parere della Commissione Medica Ospedaliera (C.M.O.) che, con verbale del 20.2.1993, accertava l’infermità denunciata e riteneva che essa fosse ascrivibile a causa di servizio.
Il Comune di Roma, con delibera della G.C. n. 561 del 7.03.1995, accoglieva l’istanza presentata in favore del sig. De Luca subordinandola, quanto alla corresponsione dell’equo indennizzo, all’ulteriore parere del Comitato per le Pensioni Privilegiate Ordinarie (C.P.P.O.), che veniva richiesto ai sensi dell’art. 8 del DPR 349/1994.
Il C.P.P.O., con verbale in data 6.7.1995, giudicava l’infermità del sig. De Luca non dipendente dall’attività di servizio prestata e l’Amministrazione, in presenza di due difformi pareri, riteneva opportuno investire l’Ufficio Medico Legale del Ministero della Sanità, il quale, però, declinava la propria competenza.
Il Comune di Roma, conformandosi al parere del C.P.P.O., con determinazione dirigenziale n. 908 del 21.05.1996 respingeva l’istanza, avanzata dalla sig.ra D S, per la corresponsione dell’equo indennizzo per infermità contratta a causa e per ragioni di servizio del defunto sig. B D L.
Nei confronti del provvedimento di diniego la sig.ra D S proponeva ricorso innanzi il TAR del Lazio, il quale, con sentenza n. 2484/1999 del 4.11.1999, rigettava la domanda.
Avverso la sentenza, gli eredi della sig.ra S B D, sigg D L C, D L C, D L M, D L E e D L R hanno proposto appello, perché, in riforma della stessa sia dichiarata la illegittimità del provvedimento negatorio del Comune di Roma, per difetto di motivazione e violazione di legge.
Il Comune di Roma, costituitosi, ha chiesto il rigetto dell’appello nel merito e che sia dichiarato inammissibile l’acquisizione del parere medico legale prodotto da controparte in sede di appello.
L’appello è infondato e va respinto.
L’appellante censura per difetto di motivazione il provvedimento del Comune originariamente impugnato, perché l’Amministrazione avrebbe omesso di indicare i presupposti di fatto e le ragioni di ordine giuridico poste a fondamento dell’atto, con conseguente violazione dell’art. 3 della legge 241/1990.
La censura non è condivisibile, perchè, come ritenuto dai giudici di primo grado, il Comune di Roma, in sede di adozione dell’atto, ha fatto necessariamente riferimento e si è attenuto al parere reso dal C.P.P.O., atteso che il provvedimento stesso fonda su valutazioni di carattere medico- scientifiche e, quindi, di natura fondamentalmente tecnica che solo un organo medico legale può fornire.
Il parere reso dal C.P.P.O., risulta inoltre diffuso ed approfondito e sono ben esplicitati gli elementi che hanno supportato le conclusioni di carattere negativo cui il Comitato è pervenuto e che, per relationem, motivano adeguatamente il provvedimento del Comune.
Al riguardo, questo Consiglio di Stato ha ritenuto che la motivazione di un provvedimento è da ritenere sufficiente quando essa, come nel caso di specie, sia completa e logica in virtù degli elementi contenuti in altro atto che, in ragione del rinvio, diviene parte integrante del primo a termini dell’art. 3 della legge n. 241/1990, norma di principio generale al riguardo.
Resta fermo che il rinvio deve essere tale da rendere possibile ed agevole il controllo della motivazione attraverso l’atto richiamato per relationem che, pertanto, deve essere accessibile o, meglio, allegato (Cd.S.: Sez. IV, 17.12.2008, n. 6274;Sez. V, 11.1.2011, n. 68).
L’appellante sostiene ulteriormente che l’Amministrazione avrebbe dovuto tener conto del “contrastante parere sanitario espresso dalla C.M.O., il quale non resta automaticamente assorbito dal parere del Comitato (C.P.P.O.)” senza una puntuale motivazione medico-scientifica al riguardo.
Come già rilevato da questa Sezione, in analoga vicenda, la richiesta di equo indennizzo apre una nuova fase, di competenza del C.P.P.O., separata da quella per il riconoscimento della dipendenza della infermità da causa di servizio, accertamento che può essere svolto anche dalla sola C.M.O., ma che ha rilevanza per fini più limitati di carattere assistenziale ed economico, in pendenza della malattia.
Nell’ambito di tale seconda fase, nella quale viene riesaminata anche la citata dipendenza, è possibile giungere, come nel caso di specie, a conclusioni differenti rispetto a quelle stabilite dalla C.M.O..
In presenza di conclusioni di carattere medico legali non conformi tra loro, l’Amministrazione non aveva, invero, possibilità di determinarsi se non in base al parere espresso dal C.P.P.O., che ad una attenta lettura appare completo e razionale.
Il parere del C.P.P.O. giunge infatti al termine di un complesso procedimento e tiene conto degli altri pareri e valutazioni formulati da quanti, come la stessa C.M.O, si sono espressi sotto i più diversi aspetti in merito alla problematica in questione, ivi compresa la valutazione delle condizioni ambientali e di stress lavorativo in cui l’interessato si è trovato ad operare.
Nel caso di specie il C.P.P.O. ha ritenuto, ampiamente argomentando al riguardo, che l’infermità denunciata dal dipendente è conseguenza di sua predisposizione costituzionale alla malattia contratta e che l’attività di lavoro svolta non è stata causa o concausa dell’insorgere della stessa.
E’ ancora da considerare che, per giurisprudenza prevalente, il parere in ordine al riconoscimento della dipendenza di una infermità da causa di servizio, per il riconoscimento di un equo indennizzo o di una pensione privilegiata, è espresso, in via definitiva, solo dal C.P.P.O. (ex multis C.d.S., Sez. VI 19.5.1989, n. 662;Sez.VI, 11.6.1990, n. 587).
Le determinazioni di carattere medico legale infine, così come la valutazione dei fattori e delle eventuali concause delle infermità denunciate, come correttamente ritenuto dal primo giudice, non sono censurabili nel merito, ma esclusivamente nella loro eventuale illegittimità per palese incongruità o irragionevolezza.
Attesa la materia trattata, sussistono giusti motivi perché le spese del giudizio siano compensate tra le parti.