Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2023-01-13, n. 202300451
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Testo completo
Pubblicato il 13/01/2023
N. 00451/2023REG.PROV.COLL.
N. 01783/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOE DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1783 del 2021, proposto dal prof.
-OISSIS-, rappresentato e difeso dagli avv.ti G L e G T e con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Roma, via Polibio, n. 15;
contro
Università degli Studi di Napoli “ P ”, in persona del Rettore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato e domiciliata ex lege presso gli Uffici della stessa, in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
per l’annullamento e/o la riforma,
previa sospensione cautelare,
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Napoli, Sezione Seconda, n. -OISSIS-, resa tra le parti, con la quale è stato respinto il ricorso R.G. n. -OISSIS-.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Vista l’istanza di sospensione della sentenza appellata;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi di Napoli “ P ”;
Visti le note d’udienza e gli ulteriori documenti dell’appellante;
Vista la documentazione dell’Università appellata;
Vista l’ordinanza della Sezione VI n. -OISSIS-, che ha accolto l’appello cautelare nei confronti dell’ordinanza del T.A.R. Campania, Napoli, di diniego della sospensiva e, per l’effetto, ha sospeso i provvedimenti impugnati in primo grado;
Vista l’ordinanza collegiale della Sezione VI n. -OISSIS-, che ha abbinato al presente il ricorso in appello R.G. n. -OISSIS-;
Vista, ancora, l’ordinanza della Sezione VI n. -OISSIS-, con cui è stata accolta l’istanza di sospensione della sentenza appellata;
Vista, da ultimo, l’ordinanza collegiale della Sezione VI n. -OISSIS-;
Viste le memorie difensive e i documenti delle parti;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 25 ottobre 2022 il Cons. Pietro De Berardinis e udito per l’appellante l’avv. G L;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO
Con l’appello in epigrafe il prof. -OISSIS- ha impugnato la sentenza del T.A.R. Campania, Napoli, Sez. II, n. -OISSIS-, chiedendone l’annullamento e/o la riforma, previa sospensione cautelare.
La sentenza appellata ha respinto il ricorso presentato dal prof. -OISSIS- per ottenere l’annullamento dell’ingiunzione fiscale dell’Università degli Studi di Napoli “ P ” prot. n. 51165/2019 del 3 luglio 2019, con cui si è intimato al ricorrente il pagamento della somma di € 2.170.013,12 a titolo di restituzione dei compensi per incarichi extra-istituzionali non autorizzati.
In fatto il prof. -OISSIS- espone di essere stato dal 1999 al 2004 professore associato di Economia e Gestione delle Imprese presso l’Università del Molise con impegno a tempo definito. Nel 2004 è stato chiamato come professore di II^ fascia presso l’Università “ P ”, conservando l’impegno a tempo definito (decreto n. 535 del 30 ottobre 2004), il che gli permetteva di affiancare all’attività di docente universitario quella di libero professionista (dottore commercialista).
Nel gennaio del 2005, all’esito di una procedura valutativa, il prof. -OISSIS- conseguiva l’idoneità come professore straordinario sempre nello stesso S.S.D. (Economia e Gestione delle Imprese) presso l’Università “ P ”, che, tuttavia, questa volta lo inquadrava con decreto n. 13 del 12 gennaio 2005 come docente (di I^ fascia) con impegno a tempo pieno.
Sul punto l’appellante precisa:
- di avere, almeno sei mesi prima dell’inizio dell’anno accademico 2005/2006, presentato al Rettore una dichiarazione di opzione per il regime a tempo definito, come sarebbe comprovato, fino a querela di falso, a) dall’art. 2 del D.R. n. 535 del 30 ottobre 2004, b) dal certificato emesso dall’Università “ P ” il 6 settembre 2010, in cui sarebbe attestato che risultava a far data dal 12 gennaio 2005 la presentazione, da parte del prof. -OISSIS-, dell’opzione per il tempo definito.
- di non avere – contrariamente a quanto si legge nelle premesse del D.R. n. 13/2005 – mai esercitato alcuna opzione per il passaggio al regime di impegno a tempo pieno;
- che il giorno dopo la pubblicazione del D.R. n. 13/2005 gli Uffici dell’Ateneo gli sottoponevano per la firma una serie di moduli a mezzo fax , tra cui un modello di opzione per il tempo pieno, ciò che dimostrerebbe che nessuna opzione era stata da lui effettuata in epoca antecedente al D.R. n. 13 cit.; tale modello veniva sottoscritto per mero malinteso dal docente, ma gli Uffici ne avrebbero constatato l’inefficacia e, quindi, non l’avrebbero considerato, tanto da non trasmettere all’Ordine dei Dottori Commercialisti la segnalazione del passaggio dell’odierno appellante dal regime a tempo definito, di cui al D.R. n. 535/2004, a quello a tempo pieno.
Infine, il docente veniva nominato dalla predetta Università con decreto n. 348 del 23 giugno 2008 professore ordinario (I^ fascia) per il S.S.D. in esame (con decorrenza giuridica dal 12 gennaio 2008 ed economica dal 13 gennaio 2008), ancora con impegno a tempo pieno.
Nel corso del 2008, però, l’Università, in adempimento ai propri compiti, comunicava all’Ordine dei Dottori Commercialisti che il prof. -OISSIS- era inquadrato con impegno a tempo pieno e l’Ordine segnalava al docente l’irregolarità della sua posizione, avendo egli per tutto il periodo dal 2005 in poi continuato ad affiancare all’insegnamento universitario la libera professione, nonostante ciò gli fosse precluso dal regime di impegno a tempo pieno.
Il prof. -OISSIS- dichiarava di avere avviato l’ iter per il passaggio a tempo definito (chiesto, secondo la sua ricostruzione, sin dal 2008) e detto iter si concludeva con D.R. n. 66 del 31 gennaio 2011, che lo inquadrava sì nel regime a tempo definito, ma con decorrenza dal 1° novembre 2011 (data di inizio del nuovo anno accademico). Tale decorrenza, dunque, non sanava le irregolarità pregresse contestate al docente, per le quali venivano avviati un giudizio di responsabilità erariale innanzi alla Corte dei conti (conclusosi con la sua assoluzione per mancanza dell’elemento soggettivo della colpa grave) e un procedimento disciplinare, conclusosi con l’irrogazione al docente della sospensione per un anno dall’ufficio e dallo stipendio, annullata in sede giurisdizionale. Successivamente veniva promosso nei suoi confronti un ulteriore procedimento disciplinare, che si concludeva con l’inflizione della censura (che forma oggetto di distinta impugnazione).
Dal canto suo, il prof. -OISSIS- presentava il 15 gennaio 2015 istanza di autotutela, con cui chiedeva all’Università “ P ” la revoca e/o l’annullamento d’ufficio dei decreti del Rettore n. 13/2005 e n. 348/2008 e il riconoscimento del suo status di professore con regime di impegno a tempo definito dal 12 gennaio 2005 al 1° novembre 2011, ma la suddetta istanza veniva rigettata dall’Ateneo con un provvedimento che forma a sua volta oggetto di distinto giudizio.
Inoltre, l’Università avviava nei confronti dell’interessato un procedimento di recupero dei compensi per incarichi extraistituzionali non autorizzati ai sensi dell’art. 53, comma 7, del d.lgs. n. 165/2001, che si concludeva con l’adozione del provvedimento prot. n. 51165/2019 del 3 luglio 2019, mediante il quale l’Ateneo ingiungeva al docente il pagamento della somma di € 2.170.013,12 (€ 1.916.178,69 per sorte capitale e € 253.834,43 per interessi legali) a titolo di restituzione dei compensi per incarichi extraistituzionali non autorizzati svolti nel periodo dal 12 gennaio 2005 al 31 ottobre 2011, durante il quale egli risultava inquadrato quale docente a tempo pieno.
Il prof. -OISSIS- impugnava l’ingiunzione, formulando istanza cautelare, che veniva respinta dal T.A.R. Campania, Napoli, con ordinanza della Sez. II n. -OISSIS-. Quest’ultima, però, veniva riformata in sede di appello cautelare dall’ordinanza della Sezione VI di questo Consiglio n. -OISSIS-, che concedeva la richiesta sospensione.
All’esito della fase di merito del giudizio l’adito Tribunale, con la sentenza appellata, ha respinto il ricorso, in ragione dell’infondatezza delle doglianze attoree: in estrema sintesi e salvo quanto si dirà più oltre, il primo giudice ha ritenuto l’ingiunzione emessa per il recupero dei compensi per incarichi non autorizzati atto dovuto ai sensi dell’art. 53, comma 7, del d.lgs. n. 165/2001, che prescinde dalla rilevanza dell’elemento soggettivo del trasgressore.
Nel gravame l’appellante ha contestato le motivazioni e le conclusioni della sentenza di primo grado, formulando i seguenti motivi:
1) error in iudicando , difetto di giurisdizione, violazione ed elusione del giudicato di cui alla sentenza della Corte dei conti – Sezione Giurisdizionale Centrale d’Appello n. 65/2017 del 2 marzo 2017, in quanto la giurisdizione in ordine alla verifica della sussistenza della fattispecie di illecito di cui all’art 53, comma 7, del d.lgs. n. 165/2001 spetterebbe alla Corte dei conti, che, con la ricordata sentenza n. 65/2017, avrebbe acclarato l’infondatezza della pretesa creditoria avanzata dall’Ateneo ed attestato l’insussistenza dell’illecito su cui si fonda il credito ingiunto. La facoltà di rinnovare l’accertamento svolto sul punto dalla Corte dei conti sarebbe preclusa non solo all’Ateneo, ma altresì al T.A.R., che, invece, si sarebbe espresso in modo difforme rispetto al suindicato