Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2010-05-21, n. 201003221

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2010-05-21, n. 201003221
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201003221
Data del deposito : 21 maggio 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 03877/1999 REG.RIC.

N. 03221/2010 REG.DEC.

N. 03877/1999 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

Sul ricorso numero di registro generale 3877 del 1999, proposto da:
P A, rappresentato e difeso dall'avv. V P, con domicilio eletto presso Giuseppe Giuseppe in Roma, via Marcello Prestinari 13;
Montoni Antonio;

contro

B A, P B, rappresentati e difesi dall'avv. C D S, con domicilio eletto presso l’avv. Angelo Clarizia in Roma, via Principessa Clotilde, 2;

nei confronti di

Comune di Ceccano, rappresentato e difeso dall'avv. M C, con domicilio eletto presso Alessandro Silvestri in Roma, via Carlo Poma 2;
Regione Lazio, Ministero dell'Interno;

per la riforma

della sentenza del TAR LAZIO - LATINA n. 00003/1999, resa tra le parti, concernente REVOCA CONCESSIONE EDILIZIA.


Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 febbraio 2010 il Cons. E M e uditi per le parti gli avvocati Pizzutelli, in proprio e per delega dell'Avv. Cocco, Cereda, per delega dell'Avv. De Simone;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Il presente appello è proposto dagli appellanti Anna P e Antonio Montoni e si dirige contro la sentenza indicata in epigrafe, con la quale il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione staccata di Latina, ha accolto i ricorsi dei controinteressati, oggi anch’essi intimati, ed ha annullato il provvedimento di autorizzazione per la costruzione di un impianto artigianale, in quanto il lotto di insistenza era individuato in una superficie inferiore a 10.000 metri quadrati.

Avverso la suddetta sentenza sono proposti i seguenti motivi di gravame:

Inammissibilità dei ricorsi di primo grado;
non essendo stato notificato il ricorso n. 2459 del 1988 al sig, Montoni, cointestatario dell’autorizzazione edilizia, mentre il successivo ricorso n. 9 del 1989, deriva la sua inammissibilità per tardività e sopravvenuta carenza di interesse;

Necessità dell’applicazione della sospensione del giudizio ai sensi dell’art. 295 del codice di procedura civile;
essendo in corso in sede civile una causa per regolamento dei confini, solo all’esito della quale sarà possibile individuare con esattezza la superficie complessiva del lotto di proprietà degli appellanti;

Infondatezza nel merito della questione, in quanto nessuna norma prevede che per un fabbricato di tipo artigianale sia necessario un lotto di almeno 10.000 metri quadrati (valevole solo per l’edilizia residenziale), mentre la proprietà catastale della P è sicuramente superiore ai 10.000 metri quadrati, anche se la misurazione in fatto, a seguito di vicende all’esame del tribunale civile, è risultata inferiore, al di là peraltro delle perplessità sulla perizia.

Si costituiscono in giudizio sia il Comune di Ceccano che i controinteressati.

Il primo si associa alla richiesta degli appellanti di riforma della sentenza appellata, rilevando la correttezza del comportamento del Comune, mentre i secondi si oppongono all’appello, evidenziando la correttezza della sentenza appellata e il palese difetto della superficie degli appellanti.

Gli appellanti presentano una successiva memoria illustrativa, con la quale, ricordano peraltro che il fabbricato è assistito da un’altra concessione edilizia non impugnata, mentre la sentenza del Tribunale civile di Frosinone ha stabilito la superficie esatta della proprietà P, che risulta ben superiore ai 10.000 metri quadrati.

La causa passa in decisione alla pubblica udienza del 23 febbraio 2010.

DIRITTO

Il ricorso in appello è fondato per essere fondato il terzo motivo di gravame del presente appello.

Ciò consente di assorbire gli altri due motivi dell’appello, relativamente ai quali, per ragioni di economia processuale, non vi è ragione di soffermarsi, essendo comunque già raggiunta la soddisfazione dell’interesse dell’appellante.

In ordine a tale terzo motivo, va rilevato, infatti, che l’accoglimento del ricorso di primo grado operato dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione staccata di Latina, è incentrato sul fatto che la superficie di proprietà della signora P sarebbe inferiore (sulla base di una misurazione in fatto) ai 10.000 metri quadrati, lotto minimo per consentire l’autorizzazione edilizia dell’impianto artigianale.

Ma tale lotto minimo, relativamente al quale peraltro il Tribunale amministrativo regionale non indica in quale norma è ricompressa la relativa disposizione, dandolo semplicemente per esistente in forma puramente generale, non è espressamente previsto nel piano regolatore generale comunale.

Un lotto del genere è indicato, come affermato dai ricorrenti in appello, solo dalla legge regionale del Lazio 6 luglio 1977, n. 24, ma esso non si riferisce alle concessioni edilizie per attività artigianali, come è nella specie, ma solo all’edificazione a scopo residenziale, per cui non può trovare applicazione nel caso di specie, dove, come non è contestato la concessione edilizia è stata richiesta per l’edificazione di un laboratorio artigianale.

Pertanto, al di là anche del fatto che catastalmente la proprietà della signora P è superiore ai 10.000 metri quadrati e che il Tribunale di Frosinone ha statuito che la proprietà della stessa appellante supera questa superficie, oltre al fatto che è stata rilasciata una ulteriore autorizzazione edilizia non impugnata, in ogni caso, per le superiori argomentazioni, l’appello è fondato e va, conseguentemente, accolto, con riforma della sentenza di primo grado.

Le spese di giudizio del doppio grado possono, però, essere integralmente compensate fra le parti in lite, sussistendo all’uopo giusti motivi.

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