Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2011-12-27, n. 201106835
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N. 06835/2011REG.PROV.COLL.
N. 02735/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2735 del 2010, proposto da P F, nella qualità di titolare e rappresentante legale della Die Galerie Gmbh, rappresentato e difeso dall'avvocato A S, con domicilio eletto presso la signora C B in Roma, via Quintino Sella, 41;
contro
La s.p.a. Fiere Internazionali di Bologna. - Bolognafiere S.p.A.-, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati M S e G C, con domicilio eletto presso lo studio legale del primo in Roma, viale Parioli, 180;
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. EMILIA-ROMAGNA - BOLOGNA: SEZIONE I n. 2405/2009, resa tra le parti, concernente ESCLUSIONE DA SELEZIONE PER MANIFESTAZIONE FIERISTICA
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Fiere Internazionali di Bologna S.p.A. - Bolognafiere S.p.A.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 novembre 2011 il Consigliere di Stato G C S e uditi per le parti l’avvocato De La Grange, per delega dell’avvocato Scavone, e l’avvocato Sanino;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
E’ impugnata la sentenza del Tribunale amministrativo regionale dell’Emilia Romagna n. 2405 del 2009, resa in forma semplificata, che ha dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo sul ricorso proposto dall’odierno appellante avverso la propria esclusione dalla manifestazione Arte Fiera 2010 decretata dalla s.p.a. Fiere Internazionali di Bologna.
Assume parte appellante che avrebbe errato il giudice di primo grado nel declinare la propria giurisdizione sul rilievo della non appartenenza della s.p.a. Fiere Internazionali di Bologna – Bolognafiere al novero degli organismi di diritto pubblico (e quindi delle “amministrazioni aggiudicatrici”) laddove nel caso di specie, a parere dell’appellante, tale qualificazione dell’ente fieristico sarebbe pienamente conforme al modello legale di matrice comunitaria. L’appellante conclude per l’accoglimento del gravame, per l’affermazione consequenziale della giurisdizione amministrativa e per la remissione degli atti di causa al giudice di primo grado, ai fini della trattazione del giudizio nel merito.
Si è costituita in giudizio la società Fiere Internazionali di Bologna per resistere al ricorso e per chiederne la reiezione.
All’udienza del 18 novembre 2011 la causa è stata trattenuta per la sentenza.
L’appello è fondato e va accolto.
La questione da dirimere riguarda essenzialmente la qualificazione giuridica della s.p.a. Fiere Internazionali di Bologna al fine di stabilire se rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo la cognizione del ricorso proposto avverso la esclusione della odierna appellante da una manifestazione fieristica internazionale dedicata all’arte contemporanea ed organizzata dal predetto ente fieristico bolognese nei giorni 29, 30 e 31 gennaio 2010.
Il Tar, nella impugnata sentenza, è pervenuto alla conclusione della insussistenza della giurisdizione amministrativa, sul rilievo essenziale della non riconoscibilità, in capo alla s.p.a. Fiere Internazionali di Bologna, dei tratti legali tipici dell’organismo di diritto pubblico. In particolare, i giudici di primo grado, pur riconoscendo la sussistenza della personalità giuridica (sia pure di diritto privato) dell’ente ed il perseguimento da parte sua di finalità di interesse generale, hanno riscontrato l’inesistenza del requisito afferente il “qualificato” potere pubblico di ingerenza sull’ente fieristico richiesto dalla disciplina normativa applicabile ai contratti pubblici, nonché la carenza del requisito teleologico negativo, rappresentato dal carattere non industriale o commerciale dei bisogni di interesse generale perseguiti.
L’appellante si duole di tale approccio ermeneutico dei giudici di primo grado, rilevando che la natura degli enti fieristici, ai fini del riparto di giurisdizione consequenziale alla loro corretta qualificazione giuridica, andrebbe riguardata caso per caso. Nella controversia in oggetto, a parer dell’appellante, sarebbe sicuramente sussistente per la s.p.a. Fiere Internazionali di Bologna - BolognaFiere il dovere dell’assoggettamento alle regole dell’evidenza pubblica ai fini della selezione dei soggetti cui affidare gli spazi espositivi ed il correlato scrutinio del giudice amministrativo sugli atti in tale ambito adottati.
Ritiene il Collegio che la censura d’appello meriti condivisione, alla luce delle emergenze istruttorie desumibili dagli atti di causa.
Come è noto, l’allargamento della nozione di amministrazione aggiudicatrice con la ricomprensione nel suo ambito degli organismi di diritto pubblico è un portato della trasposizione nel nostro ordinamento della normativa comunitaria in materia di appalti pubblici.
L'art. 1, lett. b) della direttiva del Consiglio 18 giugno 1992, 92/50/CEE, relativa al coordinamento delle procedure degli appalti pubblici di servizi stabilisce che per "organismo di diritto pubblico” si intende qualsiasi organismo:
a) istituito per soddisfare specificamente bisogni di interesse generale non aventi carattere industriale o commerciale;
b) avente personalità giuridica;
c) la cui attività è finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti locali o da organismi di diritto pubblico, oppure la cui gestione è soggetta al controllo di quest'ultimi, oppure il cui organo di amministrazione, di direzione o di vigilanza è costituito da membri più della metà dei quali è designata dallo Stato dagli enti locali o da altri organismi di diritto pubblico.
Tale nozione è stata recepita nel nostro ordinamento giuridico dal d.lgs. 25 febbraio 2000, n. 65, art. 2 (che ha sostituito l’art. 2 del d.lgs. 17 marzo 1995, n. 157,) e dal d.lgs. 17 aprile 2006, n. 163, art. 3, comma 26 (codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture adottato in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE), il quale fornisce dell'organismo di diritto pubblico tale definizione -."L'organismo di diritto pubblico è qualsiasi organismo, anche in forma societaria: a) istituito per soddisfare specifiche esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale;b) dotato di personalità giuridica;c) la cui attività sia finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico oppure la cui gestione sia soggetta al controllo di quest'ultimi oppure il cui organo di amministrazione, di direzione o di vigilanza sia costituito da membri dei quali più della metà è designata dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico"
Dalla disposizione che precede si evince che una società privata può qualificarsi quale organismo di diritto pubblico se soddisfa tre condizioni:
1) è stata istituita per soddisfare specifiche esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale;
2) è dotata di personalità giuridica;
3) la sua attività è finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico oppure (alternativamente) la cui gestione è soggetta al controllo di questi ultimi oppure (alternativamente) il cui organo di amministrazione, di direzione o di vigilanza sia costituito da membri dei quali più della metà è designata dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico.
Dette tre condizioni, secondo la costante giurisprudenza della Corte di Giustizia di Lussemburgo, devono sussistere cumulativamente (cfr., tra le tante, sentenza 15 gennaio 1998, causa C-44/96, Mannesman Anlagenbau Austria e a.) e spetta comunque al giudice nazionale verificarne in concreto la ricorrenza sulla base di un esame approfondito dei dati relativi alla organizzazione dell’Ente ed ai poteri di controllo e di gestione che risultano in concreto nelle mani dei soggetti pubblici (Corte di Giustizia della Comunità Europea, sez. V, 22 maggio 2003, n. C-18/0).
Nel caso di specie il Collegio ritiene che si debba pervenire al riconoscimento, nell’ente fieristico appellato, dei requisiti giuridici propri degli organismi di diritto pubblico, in base alle considerazioni che seguono.
Anzitutto, la circostanza che si tratti formalmente di una società per azioni privata, assoggettata alle regole del codice civile, non appare evidentemente dirimente ad escludere l’ente dall’ambito applicativo delle regole dell’evidenza pubblica e dalla correlata giurisdizione del giudice amministrativo.
Per converso, appare fondamentale accertare se l’Ente che ha organizzato la manifestazione fieristica per cui è giudizio - e che per la selezione dei galleristi da ammettere alla manifestazione ha avviato un procedimento che assume i connotati dell’evidenza pubblica - era tenuto ad osservare le regole proprie di tale procedimento, quantomeno con riferimento a quelle garanzie minimali necessarie all’osservanza dei principi di pubblicità, trasparenza, non discriminazione, parità di trattamento.
Come è noto ai sensi dell’articolo 6, primo comma, della legge 21 luglio 2000, n. 205 (comma abrogato, alla data di proposizione del ricorso di primo grado,dall'articolo 256 del d.lgs 12 aprile 2006, n. 163, recante il Codice dei contratti pubblici, e sostituito con testo pressoché analogo dall’articolo 244 dello stesso Codice dei contratti, ma v. ora anche l’art. 3, comma 19, lett. c) dell’all. n. 4 al d.lgs 2 luglio 2010, n. 104), sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie, ivi incluse quelle risarcitorie, relative a procedure di affidamento di lavori, servizi o forniture svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente o del socio, all'applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale (analoga disposizione è stata oggi trasfusa nell’art. 133, comma primo, lett. e) n.1), d.lgs 2 luglio 2010, n. 104).
Come si è anticipato, l’Ente appellato ha dato corso, in vista dell’assegnazione degli spazi fieristici, ad una procedura di evidenza pubblica finalizzata a selezionare le “gallerie” meritevoli di essere ammesse alla manifestazione, sulla base delle loro proposte espositive da presentare alla rassegna. A tal fine, esso ha predisposto un avviso contenente le informazioni utili per la presentazione della richiesta di ammissione, ne ha predeterminato i criteri selettivi affidando ad un comitato consultivo lo scrutinio delle schede tecniche di ammissione La procedura si è conclusa con la formazione di un elenco di gallerie ammesse, salvo la formazione di “una lista di attesa” nella quale sono state inserite le gallerie che sarebbero state invitate a partecipare ad Arte Fiera qualora le adesioni delle gallerie invitate non fossero state sufficienti a coprire gli spazi espositivi che saranno disponibili.
Tuttavia l’adesione ad un modello procedimentale che reca, quantomeno in nuce , i tratti essenziali dell’evidenza pubblica non sarebbe sufficiente a ritenere impugnabile in sede di giurisdizione amministrativa l’atto del soggetto che vi si assoggetti spontaneamente, senza cioè esservi tenuto per legge. Si è ritenuto infatti che, in base alle richiamate coordinate normative, ai fini del radicamento della giurisdizione amministrativa è necessario che il soggetto sia tenuto ad applicare la normativa comunitaria, nazionale o regionale sull’evidenza pubblica, risultando per tal guisa irrilevanti le scelte improntate al c.d. autovincolo.
A tal proposito vale anche precisare che, ai fini della applicazione della normativa comunitaria (o, quantomeno, dei principi generali di libera concorrenza, di parità di trattamento, di non discriminazione e di proporzionalità, contenuti nel Trattato Ue), non è necessario che ricorrano i presupposti applicativi (di tipo oggettivo) delle direttive comunitarie in materia di appalti pubblici, dovendo quei principi giuridici trovare applicazione anche in tutte le fattispecie in cui i soggetti pubblici, anche per il tramite della partecipazione a società private, affidano o si procurano, per finalità di interesse generale, prestazioni di carattere economico che sono tali da suscitare l'interesse concorrenziale delle imprese e dei professionisti (v. sentenza della Corte di Giustizia del 7 dicembre 2000 nel procedimento C-324/98, Teleaustria Verlags Gmbh, Telefonandres Gmbh e Telekom Austria AG, in cui si è affermato che - anche se il contratto oggetto di tale giudizio è escluso dalla sfera di applicazione della direttiva 93/38/CEE in tema di concessione di pubblico servizio - gli enti aggiudicatori che lo hanno stipulato sono cionondimeno tenuti a rispettare i principi fondamentali del Trattato. Vedi anche, nello stesso senso, la Comunicazione interpretativa della Commissione sulle concessioni nel diritto comunitario del 12 aprile 2000, pubblicata in G.U.C.E. n. C 121 del 29 aprile 2000).
Non par dubbio, per altro verso, che l’obbligo di osservare tali principi generali di matrice comunitaria, ove dimostrato, reca con sé quello di rispettare le regole dell’evidenza pubblica, e cioè di adottare un modello procedimentale trasparente e controllabile di selezione degli interlocutori contrattuali;e ciò, inoltre, a prescindere dalla “forma” giuridica prescelta per l’affidamento, risultando indifferente, ai fini dell’obbligo di osservare quantomeno il nucleo essenziale di un procedimento ad evidenza pubblica, che si tratti di un appalto di servizio o piuttosto di una concessione di bene o di servizio.
La questione fondamentale, dunque, ai fini del riparto di giurisdizione, resta quella di verificare se il soggetto che concede spazi fieristici, per quanto assuma formalmente la veste di soggetto privato, possa essere equiparato, ai limitati fini del rispetto degli obblighi procedimentali di trasparenza (e pur nella declinazione minima di cui si è detto) ad un soggetto pubblico.
Nel caso in esame, dagli atti di causa emerge che :
la società per azioni denominata s.p.a. Fiere Internazionali di Bologna– BolognaFiere deriva dalla trasformazione, in attuazione della legge regionale del 25 febbraio 2000, n. 12, ed in conformità della legge quadro nazionale 11 gennaio 2001, n. 7, dell’Ente autonomo di sicura matrice pubblicistica) denominato Fiere Internazionali di Bologna (la società si pone dunque in continuità con il precedente ente fieristico e subentra ai sensi dell’art. 8, comma 2 della medesima legge regionale in tutti i rapporti già facenti capo ad esso e nel suo patrimonio);
b) ai sensi dell’art. 18 dello Statuto dell’Ente, il Presidente del Consiglio di Amministrazione è nominato congiuntamente dal Comune di Bologna, dalla Provincia di Bologna e dalla Camera di Commercio, Industria, Artigianato ed Agricoltura di Bologna (e, in caso di parità di voti in seno al Consiglio, prevale il voto del presidente);
c) ai sensi dell’art. 16, comma terzo, le delibere di assemblea straordinaria che riguardano le modificazioni dell’oggetto sociale e delle finalità della società, il mutamento di destinazione del patrimonio immobiliare e la modifica del medesimo articolo e dell’art. 18 dello Statuto devono essere assunte, oltreché con le maggioranze all’uopo previste, anche con il voto favorevole del Comune, della Provincia e della Camera di Commercio di Bologna, sicchè tali enti esercitano dunque un potere di veto sugli atti più significativi della società;
d) ai sensi dell’art. 25 dello Statuto e dell’art. 8 della legge regionale n. 12 del 2000, il Presidente del Collegio sindacale è nominato dal Presidente della Regione Emilia- Romagna.
Appare ancora rilevante osservare che la citata legge regionale qualifica le manifestazioni fieristiche come “le attività limitate nel tempo e svolte in regime di libera concorrenza”.
Con tale ultima espressione, ad avviso del Collegio, il legislatore regionale ha inteso fare riferimento alla concorrenza da consentire, attraverso il rispetto del principio di non discriminazione tra gli operatori economici partecipanti agli eventi fieristici, nell’accesso al mercato delle manifestazioni fieristiche.
In tal senso depone anche il riferimento (art. 1, comma 3 l.r. n.12 del 2000) alla finalità di assicurare la parità di accesso alle strutture espositive, a giustificazione della riserva in capo alla Regione ed agli enti locali delle competenze in materia di programmazione, autorizzazione e qualificazione delle manifestazioni fieristiche.
Per altro verso, la società BolognaFiere, quale soggetto che offre spazi per eventi fieristici, non agisce, quantomeno limitatamente al territorio bolognese, in un mercato concorrenziale dal lato dell’offerta, avendo anzi una posizione che sul territorio assume i connotati del monopolista di fatto. La situazione è dunque caratterizzata da una carenza di concorrenza dal lato dell’offerta e da un obbligo di garantire la concorrenzialità dal lato della domanda.
Inoltre, il soggetto che gestisce gli spazi espositivi (cioè BolognaFiere) non appare guidato da logiche eminentemente di mercato e di imprenditorialità ed il rischio d’impresa è largamente attenuato dalla presenza nella compagine sociale di soggetti pubblici che provvedono, quantomeno pro-quota, a ripianare le perdite di esercizio utilizzando risorse pubbliche che essi ritraggono, in ultima analisi, dalla fiscalità generale e, quindi, “dalle tasche dei contribuenti” (ciò si è sicuramente verificato, secondo quanto emerso nel contraddittorio delle parti, con riferimento al bilancio di esercizio 2008).
Peraltro risulta che il Comune di Bologna - nel sottoscrivere, con la delibera del consiglio del 14 settembre 2009, l’aumento di capitale della società - abbia richiamato in motivazione il carattere strategico dell’ente fieristico per lo sviluppo economico del territorio.
Già dal coacervo normativo e documentale fin qui richiamato, appare al Collegio che possano trarsi elementi significativi per ritenere che l’Ente appellato sia un soggetto rientrante nella nozione di organismo di diritto pubblico e come tale astretto all’evidenza pubblica.
Il Collegio non ignora che, con riguardo agli enti fieristici, la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato (per tutte, sez. VI, 29 aprile 2008, n. 1913) si sia prevalentemente orientata per la esclusione degli stessi dal novero degli organismi di diritto pubblico, attesa la riscontrata insussistenza della natura non commerciale o industriale dei bisogni soddisfatti.
Il Collegio ritiene però che, almeno nel caso di specie, l’applicazione di tali conclusioni si riveli non appropriata.
Appare chiaro anzitutto che l’organizzazione di eventi fieristici soddisfi un interesse di carattere generale, il quale trascende quello propriamente commerciale dei soggetti invitati, nella misura in cui la gestione di spazi pubblici (realizzati con risorse pubbliche) concorre a realizzare un effetto promozionale del territorio e soddisfa il bisogno dei cittadini utenti a fruire di un’offerta qualificata di esposizioni.
Altrettanto incontestabile è la conclamata sussistenza in capo all’Ente della personalità giuridica (sia pure di diritto privato).
Quanto ai restanti requisiti giova considerare che se è pur vero, sul piano formale, che in BolognaFiere i soggetti pubblici non detengano la maggioranza del capitale sociale (ma la quota del 49%), nondimeno i loro diffusi poteri di ingerenza, desumibili dagli elementi dianzi indicati, fanno ritenere che la gestione dell’Ente sia sostanzialmente nelle loro mani. In tal senso è ancora altamente significativo che tra il Comune di Bologna, la Provincia di Bologna e la Regione Emilia Romagna in data 4 maggio 2009 è intervenuto un accordo di sindacato per l’esercizio concordato dei diritti di voto connessi alle azioni della società in mano pubblica. Tale elemento, per quanto temporalmente successivo alla contestata delibera di esclusione, è ulteriormente sintomatico della presenza (immanente già sulla base dello Statuto) del potere di condizionamento pubblico in ambito societario (oltre che dell’intenzione di esercitarlo in modo sempre più pervasivo) e rafforza il convincimento che i soggetti pubblici, ancorchè non titolari della maggioranza del capitale sociale, hanno di fatto il controllo della società e ne condizionano, quantomeno in misura preponderante, le scelte gestorie, anche grazie alle prerogative loro assicurate dallo Statuto.
Ricorre pertanto il secondo requisito, afferente il controllo sulla gestione societaria, richiesto ai fini della riconoscibilità dell’organismo di diritto pubblico.
Da ultimo al Collegio non pare possa dirsi mancante il requisito del carattere non industriale o commerciale riferito alle esigenze di carattere generale perseguite dall’ente fieristico.
La rilevanza pubblicistica degli eventi organizzati nell’area fieristica (realizzata con risorse pubbliche), tenuto conto del vasto pubblico di visitatori che tali manifestazioni registrano e del ritorno di immagine (oltre che economico) che il territorio riceve dalla organizzazione di tali eventi, risulta ben più appariscente e significativo, sul piano quantitativo, rispetto al profilo commerciale connesso al compenso che l’ente richiede ai partecipanti per l’ammissione alla manifestazione fieristica (e che è volto a remunerare, sostanzialmente, la messa a disposizione dello spazio fieristico con i connessi servizi di pulizia, vigilanza etc.).
Dagli elementi raccolti sembra dunque potersi concludere che:
a) la partecipazione significativa ( 49%) dei soggetti pubblici al capitale sociale ed i penetranti poteri di controllo da questi esercitati sulla gestione sociale, in forza dei poteri rivenienti dalla legge regionale, dallo statuto e dagli accordi di sindacato tra detti soggetti, depongono per l’assenza in capo all’Ente fieristico di una finalità principalmente lucrativa e per la prevalenza del soddisfacimento di finalità di interesse generale non aventi carattere commerciale o industriale;
b) la continuità sociale rispetto al pregresso organismo fieristico ed il subentro anche nella posizione patrimoniale dell’Ente pregresso (di natura anche formalmente pubblicistica) sono elementi che anch’essi depongono per la prevalenza dell’interesse pubblico perseguito e della correlata necessità che l’Ente applichi le regole della evidenza pubblica nella selezione dei partner contrattuali in occasione della organizzazione di eventi fieristici.
Vale al proposito richiamare anche la decisione dell’Adunanza plenaria n. 5 del 2005 di questo Consiglio di Stato, con la quale, proprio in relazione ad un altro ente fieristico ed ai limitati fini dell’accesso alla documentazione di tale ente, è stata valorizzata la continuità giuridica e patrimoniale dello stesso con il precedente organismo autonomo di matrice pubblicistica per ritenere meritevole di accoglimento (anche in sede di ottemperanza) la istanza ostensiva proposta dai privati
Per le ragioni esposte l’appello va accolto e va dichiarata sussistente la giurisdizione del giudice amministrativo a conoscere della controversia in esame.
L’accoglimento dell’appello sulla questione di giurisdizione comporta la rimessione degli atti di causa, ai sensi dell’art. 105 del c.p.a., al giudice di primo grado per l’ulteriore corso del giudizio.
Le spese di lite finora sostenute dalle parti possono essere compensate, in considerazione della particolarità della questione trattata.