Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2022-08-09, n. 202207019

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2022-08-09, n. 202207019
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202207019
Data del deposito : 9 agosto 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 09/08/2022

N. 07019/2022REG.PROV.COLL.

N. 00786/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 786 del 2022, proposto da AGEA - Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12,

contro

il sig. -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati G D e G D F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia,

nei confronti

del Ministero per le Politiche Agricole e Forestali, del Ministero della Difesa, del Ministero per l’Economia e le Finanze e dell’Arma dei Carabinieri - NAC di Salerno, non costituiti in giudizio,

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza) n. -OMISSIS-, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti l’atto di costituzione in giudizio e l’appello incidentale del sig. -OMISSIS-;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 21 luglio 2022, il Cons. E F e viste le conclusioni delle parti come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

1. Si impone preliminarmente illustrazione dell’antefatto dei provvedimenti impugnati e, quindi, della conseguente vicenda processuale, quali si evincono dalle stesse premesse fattuali della sentenza appellata.

1.2. La ditta -OMISSIS-, in seguito alla presentazione della domanda unica di pagamento (DUP) n. -OMISSIS-, inoltrata ai sensi degli artt. 14 e 25 del Reg. CE n. 1122/2009, in sostituzione della domanda n. -OMISSIS-, conseguiva aiuti comunitari per la Campagna Agraria 2012, per il complessivo importo di € 154.492,53, il cui saldo finale veniva erogato nel luglio del 2013.

1.3. In seguito, AGEA – Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura notificava alla ditta -OMISSIS- la nota prot. n. -OMISSIS-, con la quale comunicava, ai sensi dell’art. 7 l. n. 241/1990, l’avvio del procedimento volto al definitivo accertamento di una ipotizzata indebita percezione di aiuti comunitari corrisposti per il regime pagamento unico relativamente alla Campagna Agraria 2012: contestualmente, notificava il provvedimento prot. n. AGEA.-OMISSIS-, recante ex art. 33 d.lvo n. 228/2001 la sospensione delle erogazioni dovute al ricorrente fino alla concorrenza di € 154.492,53, finché i fatti di cui l’Organismo Pagatore (OP) aveva avuto notizia non fossero stati definitivamente accertati.

Il procedimento veniva avviato dall’AGEA a seguito della trasmissione, da parte del Tribunale di Foggia, dell’avviso di fissazione dell’udienza preliminare nel procedimento penale n. -OMISSIS-R.G. N.R. – n. -OMISSIS-R.G. GIP, pendente nei confronti di --OMISSIS-per i reati di cui agli artt. 110 e 640 bis c.p. (concorso nel reato di truffa aggravata ai danni dello Stato).

1.4. Non avendo l’O.P. (Organismo Pagatore) dato seguito alla nota del 25 luglio 2019, con la quale la ditta -OMISSIS- lo diffidava all’immediata erogazione degli importi FEAGA dovuti, la stessa agiva dinanzi il Tribunale di Roma che, con i decreti ingiuntivi n. -OMISSIS-, ingiungeva all’O.P. il pagamento, in favore del ricorrente, della complessiva somma pari ad € 339.094,85 in relazione alle Campagne Agrarie del 2017 e del 2018: in conseguenza di tali provvedimenti, senza spiegare opposizione, con disposizioni del 30 giugno 2020 l’AGEA effettuava il pagamento in favore della ditta della minor somma per € 176.825,39 (importo derivante dalla differenza tra la somma oggetto di ingiunzione, pari ad € 339.094,85, e l’importo accantonato in attesa della conclusione del suddetto procedimento, pari ad € 162.269,46), con gli interessi e le spese legali.

1.5. Con il provvedimento prot. n. -OMISSIS-, quindi, AGEA accertava in via definitiva la sussistenza del credito nei confronti della ditta -OMISSIS- per € 157.608,27 (€ 154.492,53 quale importo erogato + € 3.115,74 quale importo recuperato per ERRORI AMMINISTRATIVI FEAGA – Domanda Unica 2011) a titolo di indebita percezione del contributo complessivamente erogato per la Domanda Unica 2012, contestandogli: 1) l’assenza di un valido titolo di conduzione per i pascoli di -OMISSIS-che, determinando uno scostamento particellare dei pascoli superiore al 20% previsto dall’art. 58 Reg. CE n. 1122/2009, veniva ritenuto motivo assorbente per farlo decadere dall’intero aiuto percepito per l’annualità 2012;
2) la falsità del certificato veterinario di attestazione di impedimento alla transumanza;
3) l’attuazione della disciplina della clausola di elusione (art. 60 del Reg. UE n. 1306/2013) e dell’art. 75 d.P.R. n. 445/2000.

Mediante il suddetto provvedimento, inoltre, AGEA determinava “ il prosieguo della procedura di cui alla Determina n. -OMISSIS-finalizzata al recupero della somma di € 157.608,27 oltre interessi per indebita percezione del contributo erogato per il premio DOMANDA UNICA campagne 2012 percepita da -OMISSIS-, nonché l’adeguamento degli importi indicati sulle schede di credito e di irregolarità oltre interessi ”.

Con la relativa nota di trasmissione prot. n. -OMISSIS-, AGEA richiedeva inoltre la restituzione delle somme da attuarsi mediante recupero per compensazione ex art. 28 Reg. UE n. 908/2014 sino alla concorrenza di € 162.295,42, con la coeva intimazione di restituzione della ulteriore somma di € 3.256,31 da versarsi all’O.P. entro il termine di 60 giorni dal ricevimento.

2. I suindicati provvedimenti venivano impugnati dalla ditta -OMISSIS- dinanzi al T.A.R. per la Puglia che, dopo aver accolto la domanda cautelare del ricorrente (con ordinanza n.-OMISSIS-, peraltro riformata da questa Sezione con l’ordinanza n. -OMISSIS-), con la sentenza n.-OMISSIS-ha accolto il gravame.

2.1. Deve premettersi che le censure formulate dalla parte ricorrente erano riconducibili ai seguenti temi principali: 1) intervenuta prescrizione della pretesa di restituzione e recupero azionata dall’AGEA, ai sensi dell’art. 3, par. 1, del Regolamento CE n. 2988/1995, in base al quale “ il termine di prescrizione delle azioni giudiziarie è di quattro anni a decorrere dall’esecuzione dell’irregolarità di cui all’articolo 1, paragrafo 1 ”;
2) strumentalità del procedimento e della connessa sospensione ex art. 33 d.lvo n. 228/2001, finalizzati unicamente ad addivenire alla compensazione ex art. 28 Reg. UE n. 908/2014 sulle erogazioni dovute alla ricorrente, nonché carenza istruttoria del provvedimento impugnato, essendosi AGEA limitata a richiamare acriticamente gli elementi indiziari desumibili dalla CNR del NAC di Salerno del 27 ottobre 2017, in assenza di prove oggettive in ordine alla sussistenza di una pratica elusiva;
3) insussistenza di ogni contegno doloso della ditta nella compilazione della domanda unica di pagamento per il 2012 ed insufficienza probatoria degli elementi accusatori posti a fondamento della contestazione;
4) insussistenza dei presupposti per la compensazione operata da AGEA tra l’importo delle erogazioni dovute alla -OMISSIS- per il 2017 e 2018 e la somma che l’Agenzia assumeva di avere indebitamente erogato alla ditta, atteso che il credito da questa vantato era ancora oggetto di contestazione.

2.2. Il T.A.R. ha ritenuto di accogliere, in particolare, il motivo sub 3), sulla scorta della motivazione di seguito sintetizzata.

Premesso che, secondo le pertinenti disposizioni europee (art. 325, comma 1, del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, art. 1, par. 1, della Convenzione elaborata in base all’articolo K.3 del Trattato sull’Unione Europea relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità Europee, firmata a Lussemburgo il 26 luglio 1995 e ratificata dall’Italia con l. n. 300/2000, art. 60 del Reg. UE n. 1306/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, recante la disciplina della cd. causa di elusione, a mente del quale, in particolare, “ fatte salve disposizioni specifiche, i benefici previsti dalla legislazione settoriale agricola non sono concessi alle persone fisiche o giuridiche per le quali sia accertato che hanno creato artificialmente le condizioni richieste per l’ottenimento di tali benefici in contrasto con gli obiettivi di detta legislazione ”), “ la frode rilevante ai fini dell’azione di recupero di aiuti comunitari indebitamente erogati non può che evocare un comportamento commissivo o omissivo dolosamente preordinato al raggiungimento di un fine specifico contra legem ”, dovendo pertanto escludersi che “ il contegno rilevante ai fini dell’azione di recupero possa essere costituito da azione negligente, imprudente, imperita, o messa in atto in violazione di leggi, regolamenti ordini e discipline, quando l’evento, ossia la conseguenza pregiudizievole non è voluto dall’agente ”, premesso altresì che, sulla base della comunicazione di notizia di reato dei Carabinieri del Nucleo Antifrode di Salerno, il sig. -OMISSIS- risulta indagato per concorso nel reato di truffa aggravata di cui agli artt. 110 e 640 bis c.p., unitamente a -OMISSIS-, in qualità di medico veterinario e -OMISSIS-, quale amministratore unico della società cooperativa -OMISSIS-, in quanto il primo, “ attraverso l’aiuto del legale rappresentante della Coop. -OMISSIS-, si sarebbe procacciato fittiziamente la disponibilità di alcuni fondi (circa ha 103.47.00) in agro di -OMISSIS-(AQ) ” e “ contestualmente, attraverso un (asseritamente) falso certificato redatto da Medico Veterinario, avrebbe attestato l’impossibilità per il gregge di pascolare in Abruzzo sui fondi di -OMISSIS-(AQ) in quanto colpito da gastroenterite virale ”, per cui “ l’inserimento del contratto di sub conduzione dei terreni di -OMISSIS-e del certificato del veterinario nel fascicolo aziendale, presupposto della Domanda Unica di Pagamento 2012, avrebbe indotto in errore l’Organismo Pagatore, che avrebbe liquidato indebitamente gli aiuti richiesti per € 154.492,53 ”, ha osservato che “ la difesa del ricorrente ha, tuttavia, dimostrato l’insussistenza della fattispecie incriminatrice addebitata al -OMISSIS- ”.

Al fine di pervenire a tale conclusione, il giudice di primo grado ha rilevato che “ come emerge dagli atti, il -OMISSIS- ha prodotto, per poter concorrere all’erogazione di aiuti comunitari relativi alla campagna 2012, un contratto di sub concessione di appezzamenti di terreno, stipulato con la Cooperativa Agricola -OMISSIS- il 30 maggio del 2012. La circostanza che i fondi oggetto del contratto di sub concessione fossero impiegati da altro soggetto (i fratelli -OMISSIS-) per il pascolo di un certo numero di capi di bestiame non inficia la validità del contratto stesso dal punto di vista giuridico. Il Collegio rileva, in accordo con la tesi difensiva del ricorrente che l’Agenzia resistente, solo sul finire del 2013, ha emanato una circolare avente ad oggetto “le istruzioni applicative generali per la presentazione della domanda unica di pagamento ai sensi del Reg. (CE) 178/2013 – pascolamento da parte di terzi, stabilendo che “a partire dalla domanda unica presentata per la campagna 2014, ai fini della ammissibilità delle superfici dichiarate a pascolo magro non è possibile considerare il pascolamento da parte di terzi”. Ne discende che la domanda unica di pagamento inoltrata dal -OMISSIS- per la campagna 2012 è stata legittimamente corredata dal contratto siglato il 30 maggio 2012, indipendentemente dalla circostanza del pascolamento da parte di terzi, e che altrettanto legittimamente la relativa superficie è stata considerata ammissibile agli aiuti. Si osserva, d’altra parte, che anche la pendenza di una controversia tra il Comune di -OMISSIS-, quale originario proprietario dei fondi, e la Cooperativa -OMISSIS-, divenuta poi controparte del -OMISSIS-, non interferisce sulla validità del contratto avente ad oggetto la sub concessione dei fondi da -OMISSIS- a -OMISSIS-. La risoluzione del contratto per inadempimento, accertata e dichiarata dal Tribunale dell’Aquila con sentenza del 16 dicembre 2015, pur determinando lo scioglimento del vincolo contrattuale tra le parti, non retroagisce in pregiudizio dei diritti acquistati dai terzi, salvi gli effetti della trascrizione della domanda di risoluzione (cfr: art. 1458, secondo comma codice civile). Ciò significa che il diritto del -OMISSIS- di conseguire la sovvenzione economica, basato su un contratto dimostrativo del possesso di una superficie aziendale utile, stipulato in data 30 maggio 2012, non può essere considerato inefficacemente azionato se non per le prestazioni sorte dopo la trascrizione della domanda di risoluzione per inadempimento. Lo stesso ricorrente ha messo in luce il fatto di avere utilizzato un portale telematico per l’inoltro della domanda unica di pagamento, cioè uno strumento idoneo a rilevare la già esistente conduzione della particella da parte di terzi soggetti, il che impedisce di parlare di dolosa compilazione della domanda, o di artificiosa creazione delle condizioni per beneficiare dei fondi comunitari. Analoghe considerazioni vanno svolte in relazione alla produzione del certificato del veterinario dott. -OMISSIS-. La falsità del certificato del veterinario è stata desunta dall’impiego di un modulo prestampato della ASL. Il conseguente utilizzo da parte del ricorrente, al fine di dichiarare l’impossibilità di procedere al pascolo del suo gregge per accertata gastroenterite virale, e di ottenere il corrispondente aiuto economico dimostrerebbe, in chiave accusatoria, l’intento di creare un falso certificato allo scopo di indurre in errore l’Agenzia circa la provenienza del documento. Anche in questo caso, il Collegio non può che evidenziare l’infondatezza della ricostruzione posta a base dei provvedimenti impugnati. Si osserva, infatti, che il certificato in questione, pur redatto su modulo prestampato della ASL, è firmato dal -OMISSIS-nella qualità di medico non strutturato. La divergenza tra l’intestazione del modulo e la firma della certificazione contenente la diagnosi impedisce di configurare una falsità ideologica, potendosi parlare, al più, di falso innocuo o grossolano, cioè di documento la cui inesatta provenienza da struttura pubblica è percepibile immediatamente dall’uomo medio, e, pertanto, inidonea a trarre in inganno circa il carattere fidefaciente del certificato. La diagnosi di gastroenterite virale, così come redatta dal -OMISSIS-, non è stata smentita per il fatto che l’azienda -OMISSIS- è risultata ufficialmente indenne da brucellosi per il periodo 2010-2013, come emerso dalla dichiarazione del dottor -OMISSIS-, veterinario della Asl ”.

In conclusione, il T.A.R. ha evidenziato che “ l’organismo pagatore, pur avendo compiuto la doverosa autonoma valutazione degli elementi investigativi posti sotto la sua osservazione dai CC del Nac di Salerno, ha però errato nelle conclusioni, nella parte in cui ha ritenuto di essere al cospetto di una creazione artificiale delle condizioni richieste per conseguire aiuti economici ”.

3. La sentenza suindicata costituisce oggetto dell’appello proposto da AGEA, al cui accoglimento si oppone l’originario ricorrente, il quale propone altresì appello incidentale al fine di riproporre i motivi del ricorso introduttivo non esaminati dal T.A.R. in quanto assorbiti, anche censurando l’ordine col quale il giudice di primo grado ha proceduto all’esame delle censure da esso formulate.

4. Ritiene la Sezione di esaminare preliminarmente – tenuto conto che, come accennato, l’appellato, con il suo ricorso incidentale, si duole del fatto che il T.A.R. ha omesso di pronunciarsi sulla relativa questione “ preliminare e pregiudiziale ” – la censura, formulata con il primo motivo del ricorso introduttivo del giudizio, intesa a dedurre l’avvenuta prescrizione della pretesa azionata da AGEA con il provvedimento impugnato in primo grado, ai sensi dell’art. 3, par. 1, del Reg. (CE) n. 2988/1995, il quale recita: “ Il termine di prescrizione delle azioni giudiziarie è di quattro anni a decorrere dall’esecuzione dell’irregolarità di cui all’articolo 1, paragrafo 1. Tuttavia, le normative settoriali possono prevedere un termine inferiore e comunque non inferiore a tre anni. (…) La prescrizione delle azioni giudiziarie è interrotta per effetto di qualsiasi atto dell’autorità competente, portato a conoscenza della persona interessata, che abbia natura istruttoria o che sia volto a perseguire l’irregolarità. Il termine di prescrizione decorre nuovamente dal momento di ciascuna interruzione ”.

4.1. Allega in particolare la parte appellata che il suddetto termine di prescrizione deve ritenersi già spirato, in quanto il primo “ atto che abbia natura istruttoria o che sia volto a perseguire l’irregolarità ” (e che varrebbe a interrompere la prescrizione ai sensi della disposizione citata) è la nota prot. n. -OMISSIS-, recante la comunicazione di avvio del procedimento per il definitivo accertamento dei fatti contestati.

4.2. Il motivo non può essere accolto.

4.3. Deve premettersi che, ai sensi del par. 3 dell’articolo citato dalla parte appellata a fondamento della sua deduzione: “ Gli Stati membri mantengono la possibilità di applicare un termine più lungo di quello previsto rispettivamente al paragrafo 1… ”.

Sul tema dei rapporti tra la disposizione suindicata e le norme nazionali intese a fissare un termine più lungo di prescrizione, si è espressa la Corte di Giustizia dell’Unione Europea con la sentenza n. 278 del 29 gennaio 2009, resa nelle cause riunite C-278/07 e C-280/07, all’uopo sollecitata dal giudice (tedesco) del rinvio il quale chiedeva, da una parte, se la possibilità che permane in capo agli Stati membri, ai sensi dell’art. 3, n. 3, del Regolamento n. 2988/1995, di applicare un termine di prescrizione più lungo di quello previsto al n. 1 dello stesso articolo, possa riguardare una norma sulla prescrizione anteriore all’adozione di detto Regolamento, dall’altra parte, se un siffatto termine più lungo debba risultare da una disposizione nazionale specifica o se detto termine possa risultare anche da una disposizione generale di diritto comune.

Premesso che, nella fattispecie esaminata dalla Corte (i cui approdi interpretativi, tuttavia, sono indipendenti dalle specifiche caratteristiche di essa), si discuteva del rimborso delle restituzioni all’esportazione e, in particolare, del rapporto tra la disposizione citata e l’art. 195 del codice civile tedesco ( Bürgerliches Gesetzbuch ), che prevede(va) un termine trentennale di prescrizione, il giudice europeo ha risposto al duplice quesito nei termini seguenti:

- ai sensi dell’art. 3, n. 3, del Regolamento n. 2988/1995, gli Stati membri possono, da una parte, continuare ad applicare termini di prescrizione più lunghi esistenti alla data di adozione del detto regolamento e, dall’altra, introdurre, dopo tale data, nuove norme sulla prescrizione che prevedono siffatti termini;

- l’art. 3, n. 3, del Regolamento n. 2988/1995 non può essere interpretato nel senso che gli Stati membri devono, nel contesto di tale disposizione, prevedere detti termini di prescrizione più lunghi in normative specifiche e/o settoriali: pertanto, “ i termini di prescrizione più lunghi che, ai sensi dell’art. 3, n. 3 del regolamento n. 2988/95, gli Stati membri mantengono la facoltà di applicare possono risultare da disposizioni di diritto comune precedenti alla data di adozione di tale regolamento ”.

4.4. Ebbene, poiché nella specie si verte in tema di azione di ripetizione di indebito oggettivo, come più diffusamente si dirà infra , derivante dall’accertamento da parte dell’Amministrazione della insussistenza dei presupposti per il riconoscimento dell’aiuto, essa trova il suo appropriato regime prescrizionale, a livello di ordinamento nazionale, nel disposto dell’art. 2946 c.c., che fissa il relativo termine nella generale misura decennale (cfr., in termini, Consiglio di Stato, Sez. IV, ord. n. 4117 del 17 settembre 2014, laddove richiama il “ pacifico indirizzo giurisprudenziale per cui il diritto alla repetitio indebiti da parte della p.a., a norma dell’art. 2946 c.c., è soggetto a prescrizione ordinaria decennale il cui termine decorre dal giorno in cui le somme sono state materialmente erogate ”).

Consegue, dai rilievi che precedono, che essendo il pagamento degli importi oggetto della richiesta restitutoria di AGEA avvenuto nel 2013, come affermato dallo stesso appellato, il suddetto termine prescrizionale, alla data del primo atto interruttivo (coincidente con la menzionata comunicazione di avvio del procedimento prot. n. -OMISSIS-), non poteva considerarsi decorso, con la conseguente infondatezza della censura esaminata.

4.5. Deve solo aggiungersi che non sussistono le condizioni per l’invocato (dalla parte appellata) rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea ex art. 267 TFUE, sia perché non sono delineati i contorni della questione interpretativa oggetto di eventuale rimessione, tantomeno con riferimento al dirimente profilo innanzi evidenziato, sia perché, comunque, esso ha costituito oggetto del chiarimento interpretativo già reso con la sentenza citata, secondo la teoria dell’“ acte éclairé ” (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 8032 del 2 dicembre 2021).

5. Può a questo punto procedersi alla illustrazione dei motivi dell’appello principale di AGEA.

5.1. Deduce in primo luogo la parte appellante che la sentenza di primo grado, laddove fa derivare l’illegittimità del provvedimento impugnato dalla mancata prova, in capo al -OMISSIS-, di una ipotesi di “ frode comunitaria ”, è inficiata dal fraintendimento dell’effettivo contenuto del medesimo provvedimento, la cui adozione è scaturita dalla obiettiva mancata detenzione dei pascoli di -OMISSIS-da parte del ricorrente e, dunque, dal difetto, in capo a quest’ultimo, di un valido titolo di conduzione: assenza (di un valido titolo di conduzione per i pascoli di -OMISSIS-) da cui è conseguito uno scostamento particellare dei pascoli di -OMISSIS-superiore al 20% previsto dall’art. 58 del Regolamento CE N. 1122/2009, costituente, come si evince dal provvedimento impugnato, “ motivo assorbente per far decadere il Sig. -OMISSIS- dall’intero aiuto percepito per l’annualità 2012 ”.

5.2. Espone altresì la parte appellante che l’art. 3 del Regolamento n. 503 del 1° dicembre 1999, nel disciplinare il fascicolo aziendale obbligatorio ai fini della presentazione delle domande di aiuto, prevede la dimostrazione del possesso di un idoneo titolo di conduzione, la cui carenza ha determinato il recupero degli aiuti comunitari indebitamenti erogati con riferimento alla Domanda Unica 2012 n. -OMISSIS-, mentre il richiamato art. 58 del Reg. 1122/2009 non richiede, ai fini della decadenza dall’aiuto, che la dichiarazione di superfici in eccesso sia intenzionale, esso disponendo, sotto la rubrica “ Riduzioni ed esclusioni in caso di dichiarazione eccessiva ”, che “ qualora, in relazione a un gruppo di colture, la superficie dichiarata ai fini di qualsiasi regime di aiuto per superficie, fatta eccezione per le patate da fecola e le sementi, di cui al titolo IV, capitolo 1, sezioni 2 e 5, del regolamento (CE) n. 73/2009, sia superiore alla superficie determinata in conformità all’articolo 57 del presente regolamento, l’importo dell’aiuto è calcolato sulla base della superficie determinata, cui è sottratta due volte la differenza constatata, se questa è superiore al 3 % o a due ettari ma non superiore al 20 % della superficie determinata. Se la differenza constatata è superiore al 20 % della superficie determinata, non è concesso alcun aiuto per superficie per il gruppo di colture di cui trattasi ”.

5.3. La parte appellante principale ricostruisce quindi i fatti rilevanti come segue, alla luce della CNR dei Carabinieri richiamata dal provvedimento impugnato:

a ) il Comune di -OMISSIS-aveva concesso alla -OMISSIS-, con convenzione Repertorio n. -OMISSIS-, i pascoli identificati al Catasto Terreni comunale al Foglio 32, Particella 3, e al Foglio 33, Particella 5, per la durata di dieci anni;

b ) la concessione prevedeva, oltre al pagamento del canone annuale, anche la ristrutturazione e l’ampliamento (come da allegati A e B della convenzione) a proprio carico di un mattatoio sito in località “Piani di Pezza”;

c ) la mancata realizzazione dei lavori di ristrutturazione entro il termine di 18 mesi avrebbe comportato la risoluzione automatica di entrambi i rapporti locatizi (pascoli e mattatoio) ai sensi e per gli effetti dell’art. 10 della convenzione stessa;

d ) nel giugno 2005 il Comune di -OMISSIS-diffidava l’affittuaria -OMISSIS- dall’introdurre sui pascoli il bestiame di altre cooperative;

e ) nel 2007 il medesimo Comune radicava il giudizio civile contro la -OMISSIS- avanti al Tribunale dell’Aquila (R.G. n. -OMISSIS-), il quale si è concluso il 16 dicembre 2015 con la pronuncia della sentenza dichiarativa della risoluzione del contratto;

f ) dal 2011 l’Amministrazione comunale era rientrata in possesso dei pascoli in argomento concedendoli in fida pascolo ai sig. -OMISSIS-, come dichiarato anche a pag. 2 della nota del Segretario Comunale n. -OMISSIS-indirizzata alla Corte dei Conti, Procura Regionale presso la Sezione Giurisdizionale per la Regione Abruzzo, laddove si rileva che “ la Giunta comunale presieduta dal Sindaco -OMISSIS-, non appena maturate le condizioni (il contratto di concessione prevedeva la risoluzione nel caso in cui entro 18 mesi dalla data del rilascio della concessione edilizia non fossero stati completati i lavori di ristrutturazione del mattatoio) con delibera n. -OMISSIS-non ha aderito alle proposte novative formulate dall’-OMISSIS- scarl ed ha conferito l’incarico di procedere alla rescissione del contratto all’Avv. -OMISSIS-, il quale ha provveduto a proporre domanda di arbitrato e a trasporre poi la controversia dinanzi al Tribunale dell’Aquila, dove il giudizio è ancora in corso ”.

5.4. Sulla scorta della ricostruzione fattuale che precede, deduce la parte appellante che la decisione di prime cure appare erronea anche laddove riconosce la validità del contratto di sublocazione stipulato tra il sig. -OMISSIS- e la -OMISSIS- quale idoneo titolo di conduzione ai fini del riconoscimento degli aiuti comunitari.

Deduce in particolare la parte appellante che poiché, nel caso di specie, la risoluzione è stata oggetto di espressa pattuizione, è dal momento nel quale il Comune ha deciso di avvalersi della clausola risolutiva espressa che la stessa deve considerarsi produttiva di effetti giuridici, ovvero ben prima della stipulazione del contratto di subconcessione, disponendo l’art. 1456 c.c. che “ i contraenti possono convenire espressamente che il contratto si risolva nel caso che una determinata obbligazione non sia adempiuta secondo le modalità stabilite ” e l’art. 1457 c.c. che “ in questo caso, la risoluzione si verifica di diritto quando la parte interessata dichiara all’altra che intende valersi della clausola risolutiva ”: ciò, aggiunge la parte appellante, tanto più che dal 2011 l’Amministrazione comunale era rientrata nel pieno possesso dei pascoli in argomento e li aveva concessi in fida pascolo ai sig. -OMISSIS-.

Tali circostanze, rileva la parte appellante, costituiscono una ulteriore causa di invalidità del contratto di subconcessione, col quale la -OMISSIS- ha dichiarato di concedere al -OMISSIS- il godimento delle superfici per cui è causa, di cui tuttavia non aveva più la disponibilità, per cui, indipendentemente dalla opponibilità al -OMISSIS- della risoluzione del contratto di concessione tra il Comune e -OMISSIS-, il contratto di subconcessione tra quest’ultima ed il -OMISSIS- del 29 maggio 2012 era comunque nullo per impossibilità dell’oggetto.

5.5. La parte appellante principale censura anche il passaggio motivazionale della sentenza appellata col quale si evidenzia che “ lo stesso ricorrente ha messo in luce il fatto di avere utilizzato un portale telematico per l’inoltro della domanda unica di pagamento, cioè uno strumento idoneo a rilevare la già esistente conduzione della particella da parte di terzi soggetti, il che impedisce di parlare di dolosa compilazione della domanda, o di artificiosa creazione delle condizioni per beneficiare dei fondi comunitari ”: essa osserva sul punto che, indipendentemente dalla irrilevanza di una simile affermazione (posta la reale motivazione del provvedimento, così innanzi delineata), ben avrebbe potuto il sig. -OMISSIS-, a titolo di esempio, esercitare il diritto di accesso presso il Comune di -OMISSIS-per richiedere informazioni sui pascoli che sarebbero stati oggetto del contratto con la -OMISSIS-, né del resto i sig.ri -OMISSIS- erano tenuti ad inserire le particelle dei pascoli siti in località Piani di Pezza nelle domande di aiuto presentate.

5.6. Ugualmente errata, prosegue la parte appellante, è l’affermazione del giudice di primo grado secondo cui prima del 2013 il pascolamento da parte di terzi doveva ritenersi una pratica legittima, sia perché la circostanza che le circolari AGEA antecedenti non la vietassero non significa che tale pratica potesse ritenersi compatibile con la normativa comunitaria, sia perché il Consiglio di Stato (Sez. III, n. 4192 dell’8 settembre 2015) ha statuito, nel decidere sulla impugnazione della circolare AGEA dell’11 ottobre 2013, richiamata dalla sentenza appellata, che il divieto di pascolamento di terzi trovava il proprio fondamento nel Regolamento CE n. 73/2009.

Inoltre, deduce al riguardo la parte appellante che: a ) qualora il -OMISSIS- avesse voluto dichiarare superfici pascolate da terzi (nel caso di specie dai sig.ri -OMISSIS-) avrebbe dovuto dichiararlo in domanda; b ) il pascolamento da parte di terzi non supera la necessità di una idoneo titolo di conduzione da parte del dichiarante le superfici; c ) il pascolamento da parte di terzi – a prescindere dalla sua legittimità - non consiste in un “casuale” ed “inconsapevole” pascolamento delle superfici da parte di terzi, bensì presuppone un rapporto contrattuale tra il legittimo detentore delle superfici e l’utilizzatore delle stesse: quindi, per dimostrare il pascolamento da parte di terzi, il sig. -OMISSIS- avrebbe dovuto produrre idonea documentazione attestante la cessione da parte di quest’ultimo del diritto al pascolamento ai sig. -OMISSIS-.

5.7. Per quanto attiene alla questione afferente alla presunta rilevanza del certificato veterinario, espone la parte appellante che nell’atto di accertamento era già stato chiarito che i pascoli di -OMISSIS-non necessitavano di pascolamento, essendo qualificati come “ pascolo senza tara ”, per cui tale certificato non aveva avuto rilevanza circa la valutazione della sussistenza del difetto di un valido titolo di conduzione, costituente motivo assorbente a far decadere il sig. -OMISSIS- dall’intero aiuto percepito per l’annualità 2012, dato lo scostamento particellare dei soli pascoli di -OMISSIS-, risultato superiore alla soglia del 20%, alla luce del disposto dell’art. 58 Reg. CE n. 1122/2009.

In ogni caso, prosegue la parte appellante, nell’atto di accertamento si è dato conto di tutte le argomentazioni dalla difesa di controparte in sede procedimentale e si è altresì evidenziato che i pascoli dell’Aquila indicati in domanda sono pascoli con tara al 20% e al 50%: pertanto, il certificato veterinario di attestazione di impedimento alla transumanza non sarebbe stato necessario per i pascoli di -OMISSIS-, ossia quelli oggetto del contratto tra la -OMISSIS- e il sig. -OMISSIS-, bensì per quelli siti nel territorio del Comune dell’Aquila, oggetto del contratto con la -OMISSIS-S.c.r.l. e il medesimo -OMISSIS-.

In proposito, la parte appellante richiama l’art. 60 del Reg. UE n. 1306/2013, il quale prevede che “ Fatte salve disposizioni specifiche, i benefici previsti dalla legislazione settoriale agricola non sono concessi alle persone fisiche o giuridiche per le quali sia accertato che hanno creato artificialmente le condizioni richieste per l’ottenimento di tali benefici in contrasto con gli obiettivi di detta legislazione ”, così come l’art. 75 del d.P.R. n. 445/2000, il quale stabilisce che “ qualora dal controllo… emerge la non veridicità del contenuto della dichiarazione … il dichiarante decade dai benefici eventualmente conseguiti al provvedimento emanato sulla base della dichiarazione non veritiera ”.

Rileva infatti la parte appellante che, come puntualmente riscontrato sia nella CNR del Carabinieri, sia nel provvedimento finale di accertamento della non spettanza dei benefici in parola, si addebita al ricorrente una condotta volta a creare artificialmente le condizioni di ammissibilità degli aiuti e a trarre vantaggio contrario agli obiettivi dei regimi di sostegno, integrante le condizioni di elusione, e quindi di esclusione, recate dall’art. 60 del citato Regolamento.

5.8. Infine, deduce la parte appellante principale che le determinazioni da essa assunte erano fondate sulle risultanze dell’attività investigativa del Comando Carabinieri – Nucleo Antifrodi Carabinieri di Salerno, dunque su dettagliati atti di indagine idonei a comprovare il carattere indebito del contributo percepito e quindi, a giustificare la conseguente attività di recupero intrapresa dall’AGEA, stante la fonte qualificata da cui promana (attività di polizia giudiziaria) e l’assenza di convincenti elementi idonei ad inficiarne la persuasività probatoria.

6. La parte appellata a sua volta, come già detto, ripropone, anche a mezzo di appello incidentale, i motivi formulati in primo grado e non esaminati dal T.A.R., ulteriori rispetto a quello, di cui è già stata rilevata l’infondatezza, inteso a lamentare l’estinzione della pretesa restitutoria di AGEA per effetto dell’asserito decorso del termine prescrizionale ex art. 3, par. 3, Regolamento CE n. 2988/1995.

6.1. Essa – espressamente chiarendo che il motivo in esame (corrispondente al secondo del ricorso introduttivo) aveva carattere preliminare rispetto a quello (il terzo del ricorso di primo grado) attinente al merito dell’accertamento posto in essere da AGEA ed accolto dal T.A.R. - deduce in primo luogo la strumentalità del procedimento avviato con la comunicazione dell’8 aprile 2018, e della relativa sospensione delle erogazioni ex art. 33 d.lvo n. 228/2001, come sarebbe dimostrato dall’inutile tempo decorso dal detto avvio alla sua conclusione, pari ad oltre 2 anni.

Deduce in particolare l’appellante incidentale che AGEA è rimasta inerte per oltre un anno, allorquando il primo la diffidava a concludere il procedimento, mente successivamente alla nota difensiva del 30 aprile 2019 ha atteso ancora circa un anno e mezzo prima di concludere il procedimento, facendo esclusivamente leva sui documenti prodotti dalla difesa del ricorrente e senza porre in essere alcuna dovuta attività istruttoria, lasciando trascorrere il tempo solo per poter addivenire alla illecita compensazione ex art. 28 Reg. UE n. 908/2014 sulle erogazioni dovute.

6.2. Espone altresì l’appellante incidentale che la CNR che dava luogo all’avvio del procedimento doveva considerarsi alla stregua di un verbale di primo accertamento amministrativo, soggetto al Reg. UE n. 1971/2015, richiamato dalle disposizioni e dalle circolari AGEA emesse sull’argomento: pertanto, non essendo esso vincolante, sarebbe stato obbligo di AGEA, prima dell’adozione del provvedimento finale, verificare puntualmente le ipotesi di irregolarità segnalate, rendendone ragione in contraddittorio, laddove l’omesso esercizio del potere di verifica delle ipotesi segnalate da parte della AGEA, la quale ha aderito acriticamente alle risultanze dell’indagine penale, risulta contrario ai principi di legalità, imparzialità, buon andamento e trasparenza, anche alla luce della giurisprudenza CEDU in relazione al principio ex art. 6, n. 2, che obbliga gli Stati contraenti a non oltrepassare una determinata soglia circa l’utilizzo delle presunzioni, agli artt. 2699 ss. del codice civile, agli artt. 24 e 27 Cost. oltre che alle disposizioni sulla presunzione di innocenza di cui agli artt. 47 e 48 della CDFUE ed ai principi di proporzionalità e ragionevolezza.

Evidenzia altresì l’appellante incidentale che AGEA aveva già valutato come utile e sufficiente, ai sensi della normativa UE in tema di pagamenti diretti, tutta la documentazione offerta a corredo della DUP 2012, liquidando senza riserve l’intera somma richiesta, ed afferma che, secondo quanto statuito dalla Corte UE con la sentenza del 14 dicembre 2000 (C-110/99), al fine di garantire il buon funzionamento dei meccanismi di sovvenzione europea, l’esclusione da un regime di sostegno non può che fondarsi sulla sussistenza di prove oggettive, e non su elementi meramente indiziari o sul semplice sospetto che possa esser stata posta in essere una pratica elusiva.

6.3. Con l’ultimo (corrispondente al quarto del ricorso introduttivo) motivo di appello incidentale, l’originario ricorrente contesta la compensazione ex art. 28 Reg. UE n. 908/2014 delle somme già trattenute dalla AGEA, in quanto contrastante con l’art. 1243 c.c., a mente del quale la contestazione giudiziale dell’esistenza (come dell’ammontare) del controcredito impedisce la compensazione legale: ciò in quanto il preteso credito azionato dall’O.P. è, da un canto, tuttora litigioso e oggetto di contestazione, ed è pertanto sguarnito dei connotati di certezza ed esigibilità a norma di legge, oltre che di liquidità, dall’altro canto, detto credito viene ad essere azionato a fronte di titoli giudiziali del Tribunale di Roma vantati dal ricorrente, cristallizzati ed espressamente riconosciuti dalla stessa AGEA e per somme superiori a quelle asseritamente poste a base della pretesa avversata.

6.4. Infine, deduce l’appellante incidentale che la disposizione di accertamento del credito gravata risulta erronea e infondata nella parte in cui contempla € 3.115,74 quale importo per “ ERRORI AMMINISTRATIVI FEAGA – Domanda Unica 2011 ”, che viene disconosciuto nella sua sussistenza e non è comunque suffragato da alcuna motivazione circa le ragioni per cui detta somma sarebbe connessa agli accertamenti sulla DUP Campagna 2012 e al rinvio a giudizio posto a monte del procedimento.

7. Ciò premesso, ritiene il giudicante di precisare che, per ragioni di chiarezza e semplicità argomentativa, si procederà ad una analisi unitaria delle deduzioni delle parti, orientata, da un punto di vista espositivo, più che alla verifica della sussistenza dei vizi dedotti (rispettivamente, nei confronti del provvedimento impugnato in primo grado per quanto concerne l’originario ricorrente e nei confronti della sentenza appellata per quanto riguarda l’AGEA), alla ricostruzione “in positivo” delle ragioni del provvedimento oggetto di controversia ed alla valutazione della sua conformità ai pertinenti parametri normativi, alla luce della quale, quindi, le rispettive ragioni delle parti risulteranno, a seconda degli esiti raggiunti, confermate o piuttosto infirmate nella loro fondatezza.

8. Ebbene, deve in primo luogo rilevarsi, in punto di fatto, che si discute della Domanda Unica di Pagamento n. -OMISSIS- presentata in data 30 maggio 2012 dalla ditta --OMISSIS-, in sostituzione di quella n. -OMISSIS- presentata in data 22 maggio 2012, al fine di ottenere aiuti comunitari con riferimento a n. 523 diritti, per un valore complessivo di € 170.778,97, abbinati ad una superficie di 522,18 ettari.

La presentazione della suddetta domanda integrativa nasceva dall’esigenza di inserire in dichiarazione ulteriori terreni, rispetto a quelli ricadenti in agro del Comune di Troia (FG) originariamente indicati, al fine di dichiarare la totalità dei titoli in possesso del richiedente: essa prevedeva a tal fine l’inserimento dei terreni adibiti a pascolo magro ricadenti nei Comuni di L’Aquila e di -OMISSIS-(AQ), raggiungendo una superficie aziendale ammissibile di 512,02 ettari.

8.1. In data 27 febbraio 2018 l’O.P. riceveva dal Tribunale di Foggia l’avviso di fissazione dell’udienza preliminare nel p.p. n. -OMISSIS-R.G.N.R. e n. -OMISSIS-R.G.G.I.P. nei confronti di --OMISSIS-, -OMISSIS- e -OMISSIS-, cui faceva seguito l’adozione da parte di AGEA del provvedimento cautelare di sospensione delle erogazioni nei confronti di --OMISSIS-, ai sensi dell’art. 33, comma 1, d.lvo n. 228/2001, e l’invio alla parte della comunicazione di avvio del procedimento finalizzato all’accertamento definitivo dell’indebita erogazione di contributi comunitari.

8.2. In data 10 luglio 2018 perveniva ad AGEA, inviato dall’Ufficio G.I.P. del Tribunale di Foggia, il decreto che disponeva il giudizio nell’ambito del suddetto p.p. ed in data 7 gennaio 2019 la CNR del 27 ottobre 2017 n. -OMISSIS-del Comando Carabinieri - Reparto Tutela Agroalimentare di Salerno, acquisita nell’ambito del suddetto p.p..

L’imputazione penale aveva in particolare ad oggetto l’ipotesi di reato di cui agli artt. 110 e 640 bis c.p., contestandosi agli imputati di aver posto in essere, in concorso tra loro, artifici e raggiri finalizzati al conseguimento di aiuti comunitari non dovuti pari ad € 154.492,53, attraverso l’inserimento da parte del -OMISSIS- nel proprio fascicolo aziendale della falsa attestazione di impedimento alla transumanza del 30 maggio 2012 a firma del veterinario -OMISSIS- nonché del falso contratto di sub-locazione del 10 maggio 2012 relativo a terreni ricadenti in agro del Comune di -OMISSIS-(AQ) sottoscritto da -OMISSIS- e --OMISSIS-.

8.3. Con l’impugnato provvedimento prot. n. -OMISSIS-, AGEA precisa preliminarmente che “ ciò che realmente rileva nelle determinazioni amministrative di competenza di AgEA circa il presunto indebito percepimento dei contributi comunitari per la campagna 2012 riguarda le dichiarazioni di disponibilità di terreni in relazione ai quali il Sig. -OMISSIS-non avrebbe potuto vantare validi titoli giuridici di conduzione o di godimento ”.

Aggiunge l’Amministrazione, dopo aver richiamato il contributo difensivo del sig. -OMISSIS-, che “ invero, ciò che rileva ai fini della qualificazione di legittimità della percezione degli aiuti comunitari da parte del produttore è il requisito della consistenza territoriale dichiarata nel Fascicolo aziendale, che deve essere sostenuta da idonei titoli di conduzione, dalla data di efficacia degli stessi. Dunque, occorre un titolo legittimo a fondamento della disponibilità dei terreni per poter richiedere i contributi comunitari. Titolo che, nel caso di specie, difettava al Sig. -OMISSIS-, per quanto attiene i pascoli siti nel Comune di -OMISSIS-per l’annualità 2012, come meglio descritto nel proseguo della trattazione a pag. 8 e 9 del presente atto ”.

8.4. La carenza, con riguardo alle superfici di -OMISSIS-(corrispondenti in catasto alle p.lle n. 5 del foglio 33 e n. 3 del foglio 32), adibite a pascolo ed aventi una superficie complessiva di ha. 102,28, del requisito della legittima conduzione dei terreni è stata desunta dall’Agenzia, sulla scorta della citata CNR e della documentazione ad essa allegata, dalla ritenuta inidoneità del contratto di sub-locazione stipulato in data 10 maggio 2012 tra --OMISSIS-, nella veste di sub-conduttore, e la società cooperativa -OMISSIS-, in persona del suo amministratore -OMISSIS-, inserito dal primo nel fascicolo aziendale ai fini dell’ottenimento dell’aiuto.

Premette sul punto l’Agenzia – estrapolando i pertinenti passaggi della suddetta CNR - che la convenzione n. -OMISSIS-, con la quale il Comune di -OMISSIS-, proprietario dei terreni pascolivi de quibus , li concedeva in affitto, unitamente ad un mattatoio, alla predetta società cooperativa per la durata di 10 anni, prevedeva l’obbligo del concessionario di provvedere a proprie spese alla ristrutturazione del mattatoio sito in località “Piani di Pezza”, pena la risoluzione del contratto ove non vi avesse provveduto entro 18 mesi dal rilascio della relativa concessione edilizia.

Essa prosegue evidenziando che nell’anno 2007 il Comune concedente agiva dinanzi al Tribunale dell’Aquila (proc. n. -OMISSIS-) per far dichiarare la risoluzione del contratto in conseguenza della mancata ultimazione dei lavori di ristrutturazione del mattatoio entro i termini previsti: il giudizio veniva definito con sentenza del 16 dicembre 2015, dichiarativa della risoluzione del contratto.

Inoltre, rileva l’Agenzia (sempre per relationem alla CNR dei Carabinieri) che l’Amministrazione comunale fin dal 2011 era rientrata in possesso dei pascoli, e li aveva concessi in fida pascolo agli allevatori --OMISSIS-: ciò era avvenuto (come si evince dalla nota comunale prot. n. -OMISSIS-indirizzata alla Procura Regionale della Corte dei Conti per la Regione Abruzzo), relativamente alla particella n. 5 del foglio 33, con la delibera di giunta comunale n. -OMISSIS- come confermato dai sig.ri -OMISSIS-, i quali avevano riferito ai Carabinieri che nei mesi di giugno, luglio, agosto e settembre dell’anno 2012 avevano pascolato in fida pascolo il proprio bestiame sulla p.lla n. 5 del foglio 33 ubicata in località “Piani di Pezza”.

Conclude l’Agenzia che “ alla luce di quanto sopra, appare evidente l’illegittimità dell’inserimento nella DU 2012 n. -OMISSIS- dei pascoli di -OMISSIS-, in ragione della obbiettiva mancata detenzione degli stessi e dell’assenza di un valido titolo di conduzione che per ciò solo, in ragione dello scostamento particellare calcolato e risultato superiore al 20% ed in attuazione delle disposizioni comunitarie determinano la decadenza dall’intero aiuto percepito ”, secondo quanto dispone(va), ratione temporis , l’art. 58 REG. (CE) n. 1122/2009 del 30 novembre 2009 (a mente del quale “ se per un gruppo di colture la superficie dichiarata ai fini del pagamento nell’ambito di un regime di aiuto per superficie è superiore alla superficie determinata a norma dell’articolo 57, l’importo dell'aiuto è calcolato in base alla superficie determinata, dalla quale è sottratta due volte la differenza constatata, se questa è superiore al 3% o a due ettari, ma non superiore al 20% della superficie determinata ”, mentre “ se la differenza constatata è superiore al 20% della superficie determinata, non è concesso alcun aiuto per superficie per il gruppo di colture di cui trattasi ”).

La sussistenza dello scostamento si evince dalla Tabella B riportata a pag. 7 del provvedimento, dalla quale emergono i seguenti dati ed il relativo calcolo:

- superficie dichiarata netta ettari 521,86

- superficie in anomalia refresh/eleggibilità 10,54

- ammissibile al netto anomalie (a) 511,32

- ammissibile netta -OMISSIS-(b) 92,81

- superficie residua ammissibile (a-b) 418,51

- scostamento % [(b / a -b) * 100] 22,18.

8.5. Quanto invece al certificato veterinario di impedimento alla transumanza, la cui presunta falsità veniva ugualmente contestata in sede penale, l’Agenzia, anche in replica alle osservazioni procedimentali dal -OMISSIS-, premesso che esso non è rilevante relativamente ai pascoli magri siti nel Comune di -OMISSIS-(trattandosi di pascoli senza tara, ovvero senza particolari prescrizioni in ordine all’attività che deve essere svolta dal richiedente l’aiuto), la pone in relazione ai pascoli dell’Aquila, i quali sono invece pascoli con tara (ovvero, con obbligo di allevamento) al 20% ed al 50% e, con riferimento ad essi, richiama la disciplina della clausola di elusione di cui all’art. 60 del Regolamento (UE) n. 1306/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 dicembre 2013 (che testualmente recita: ” Fatte salve disposizioni specifiche, i benefici previsti dalla legislazione settoriale agricola non sono concessi alle persone fisiche o giuridiche per le quali sia accertato che hanno creato artificialmente le condizioni richieste per l'ottenimento di tali benefici in contrasto con gli obiettivi di detta legislazione ”) nonché l’art. 75 d.P.R. n. 445/2000, ai sensi del quale “ qualora dal controllo…emerga la non veridicità del contenuto della dichiarazione…il dichiarante decade dai benefici eventualmente conseguenti al provvedimento emanato sulla base della dichiarazione non veritiera ”.

9. Ricostruito nei termini che precedono il contenuto del provvedimento impugnato, deve preliminarmente rilevarsi che esso si fonda su un duplice presupposto:

- il primo, dichiaratamente “assorbente” (cfr. pag. 13), relativo alla decadenza del sig. -OMISSIS- dall’intero aiuto percepito per l’anno 2012, in ragione dell’“ assenza di un valido titolo di conduzione per i pascoli di -OMISSIS-(per le ragioni esposte a pag. 8 e 9 del presente atto) ” e dello “ scostamento particellare dei pascoli di -OMISSIS-superiore al 20% previsto da Regolamento (art. 58 REG. CE N. 1122/2009 della COMMISSIONE del 30 novembre 2009) ”;

- il secondo, incentrato sulla produzione del falso certificato di impedimento alla transumanza, concernente i terreni siti nel Comune dell’Aquila, conseguente alla applicazione della cd. clausola di elusione (art. 60 del Regolamento (UE) n. 1306/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio) e dell’art. 75 del d.P.R. n. 445/2000.

Da questo punto di vista, risulta condivisibile la prospettazione di AGEA, intesa ad evidenziare che la sentenza appellata riconduce i presupposti del provvedimento impugnato ad una comune radice fraudolenta, che invece caratterizza uno solo di essi.

Ebbene, il carattere reciprocamente autonomo dei suindicati presupposti motivazionali del provvedimento impugnato, ed il fatto che il primo di essi, giova ulteriormente precisare, sia avulso da ogni connotato di tipo fraudolento e/o intenzionale, essendo oggettivamente ancorato alla carenza di un valido titolo di conduzione in capo al richiedente l’aiuto relativamente ai terreni di -OMISSIS-(AQ), ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. f ), d.P.R. n. 503 del 1° dicembre 1999 (“ l’anagrafe rende disponibili, secondo i livelli di accesso abilitati ai sensi dell’articolo 6, le informazioni, anche esistenti da sistemi informativi esterni, riguardanti ciascuna azienda, quali: consistenza territoriale, titolo di conduzione... ”), induce il Collegio a soffermare la sua attenzione sullo stesso.

10. Deve in primo luogo rilevarsi che, con la sentenza del Tribunale di Foggia n. -OMISSIS- passata in cosa giudicata, è stata dichiarata l’assoluzione del -OMISSIS- (e degli altri coimputati) in ragione della insussistenza dell’elemento materiale del reato di cui agli artt. 110 e 640 bis c.p., sulla scorta della non ravvisabilità degli “ artifici e raggiri ” che ne integrano la condotta tipica.

Tale pronuncia del giudice penale, ad avviso della Sezione, incide sul presupposto legittimante il provvedimento impugnato relativo all’applicazione della cd. clausola di elusione ex art. 60 del Regolamento (UE) n. 1306/2013, alla luce della comune matrice fraudolenta della condotta ipotizzata (che, ai sensi della citata disposizione europea, consiste nella “ creazione artificiale delle condizioni richieste per l’ottenimento di tali benefici in contrasto con gli obiettivi ” della legislazione settoriale agricola), ovvero sul tema relativo alla presunta falsità del certificato veterinario del 30 maggio 2012, mentre non possiede analoga rilevanza risolutiva con riferimento all’ulteriore (e, si è visto, dichiaratamente “assorbente”) presupposto motivazionale relativo alla carenza in capo al -OMISSIS- di un valido titolo di conduzione con riferimento ai terreni siti nel Comune di -OMISSIS-: ciò in quanto, sebbene anche in relazione a tale aspetto il giudice penale abbia escluso profili di carattere ingannevole nella produzione, a sostegno della DUP per l’anno 2012, del contratto di sub-locazione stipulato in data 10 maggio 2012 tra il -OMISSIS- e la cooperativa -OMISSIS-, e quindi l’idoneità della stessa ad integrare il contestato reato di truffa, essa non ha eliso – ma semmai, come subito si dirà, confermato – la carenza in capo al -OMISSIS- di un valido titolo di conduzione (ai fini determinativi, sul versante strettamente amministrativo, dello scostamento particellare atto a giustificare, ex art. 58 Reg. CE n. 1122/2009, la decadenza del richiedente dall’intero aiuto comunitario per l’annualità in considerazione).

11. Ebbene, proprio prendendo le mosse dalla citata sentenza del giudice penale, in essa, con riferimento alla questione oggetto di controversia, si ritiene che “ nella stipula del contratto di affitto con -OMISSIS-. (…) il -OMISSIS-, lungi da ogni macchinazione di sorta, sia stato verosimilmente indotto in errore dal -OMISSIS- sulla effettività del possesso dei fondi oggetto di subaffitto, nei fatti già rientrati nella disponibilità del Comune di -OMISSIS- ” (cfr. pag. 9 della sentenza): la stessa sentenza, inoltre, riconduce già all’anno 2011 il riacquisto del possesso da parte del Comune (cfr. pag. 3 della stessa).

Ribadito che la restituzione al Comune di -OMISSIS-, proprietario dei terreni, si ricollega all’inadempimento da parte della concessionaria cooperativa -OMISSIS- dell’obbligo di provvedere alla ristrutturazione del mattatoio entro i termini contrattualmente stabiliti, dal quale la convenzione del 7 luglio 2003 faceva discendere la risoluzione automatica del contratto, deve osservarsi che emerge, alla luce dei rilievi che precedono, un primo profilo di inidoneità del titolo di conduzione fatto valere dal -OMISSIS-, non potendo il contratto stipulato in data 10 maggio 2012 con la predetta cooperativa ritenersi idoneo al trasferimento della detenzione dei terreni de quibus , di cui la stessa parte concedente non aveva (più) la disponibilità, per essere questa ritornata nella sfera giuridico-patrimoniale del Comune di -OMISSIS-e da esso, a sua volta, trasferita, per effetto della (anteriore) delibera di Giunta n. -OMISSIS- agli allevatori -OMISSIS- che, come emerso anche nel giudizio penale, l’avevano anche di fatto acquisita, procedendo al pascolo dei loro animali sui terreni de quibus .

Tale rilievo, a differenza di quanto sostiene la parte appellata, non attiene solo ad un piano meramente fattuale, in quanto, avendo il contratto di sub-locazione del 10 maggio 2012 ad oggetto la concessione a favore del -OMISSIS- del godimento dei terreni siti nel Comune di -OMISSIS-, e presupponendo quindi la titolarità in capo alla parte concedente della disponibilità di quei terreni, onde farne oggetto di trasferimento derivativo a favore dell’avente causa, ne risulta, già sotto questo profilo, l’inidoneità del medesimo contratto ad integrare un valido “titolo di conduzione” in capo al sub-locatario.

12. In ogni caso, l’inidoneità “traslativa” del contratto stipulato in data 10 maggio 2012 è apprezzabile anche da un altro e più significativo punto di vista.

Come accennato, la convenzione del 7 luglio 2003, stipulata tra il Comune di -OMISSIS-, proprietario dei terreni, e la cooperativa -OMISSIS-, recava una clausola risolutiva espressa (art. 16) che, ai sensi dell’art. 1456 c.c., ricollegava la risoluzione de iure del rapporto contrattuale al mancato adempimento da parte della concessionaria dell’obbligo di ristrutturazione del mattatoio sito in località “Piani di Pezza”.

Premesso che, ai sensi dell’art. 1456, comma 2, c.c., “ la risoluzione si verifica di diritto quando la parte interessata dichiara all’altra che intende valersi della clausola risolutiva ”, e che il Comune, agendo in giudizio (e, prima ancora, con ricorso arbitrale) nei confronti della cooperativa nell’anno 2007 al fine di far dichiarare la risoluzione del contratto (più che attraverso il mero conferimento del relativo incarico legale, cui fa riferimento AGEA, in quanto, trattandosi di atto “interno”, non era idoneo ad esternare alla controparte la volontà di risolvere il contratto), aveva chiaramente manifestato la volontà di avvalersi della clausola risolutiva, non vi è dubbio che, già a tale data, essendo stati successivamente, ovvero con la sentenza del Tribunale dell’Aquila del 16 dicembre 2015, acclarati i fatti costitutivi dell’effetto risolutorio, il rapporto contrattuale, e con esso la posizione di legittima detentrice dei terreni della cooperativa -OMISSIS-, doveva considerarsi ormai inesistente: ciò che precludeva alla medesima cooperativa di farsi validamente parte attiva nel contratto di sub-locazione successivamente stipulato con il -OMISSIS- con riferimento ai suddetti terreni.

13. Non può pervenirsi a diversa conclusione alla luce del disposto dell’art. 1458, comma 2, c.c., a mente del quale “ la risoluzione, anche se è stata espressamente pattuita, non pregiudica i diritti acquistati dai terzi, salvi gli effetti della trascrizione della domanda di risoluzione ”.

E’ invero evidente che “ i diritti acquistati dai terzi ” (quale dovrebbe ipoteticamente considerarsi il -OMISSIS-, avente causa della concessionaria -OMISSIS-), i quali sono immuni dagli effetti caducanti della risoluzione del contratto da cui il dante causa derivi la sua posizione legittimante, sono quelli che, al momento della loro costituzione, si fondavano su un titolo contrattuale pienamente valido ed efficace, ai quali quindi sarebbe inopponibile una vicenda risolutoria verificatasi successivamente, fatta salva l’applicazione delle norme in tema di priorità della trascrizione (della domanda di risoluzione rispetto al contratto derivato).

Nella fattispecie in esame, per contro, la cooperativa -OMISSIS-, nel momento in cui ha stipulato il contratto di sub-locazione con il -OMISSIS-, era già stata privata della sua posizione di legittima conduttrice-concessionaria dei terreni de quibus , per effetto della manifestata volontà comunale di avvalersi della clausola risolutiva apposta al contratto del 7 luglio 2003 e dei conseguenti immediati effetti risolutori che siffatta manifestazione volitiva aveva prodotto (oggetto, si ripete, di statuizione meramente ricognitiva da parte del giudice civile con la sentenza del 16 dicembre 2015): per tale motivo, non si pone, al fine di determinare gli effetti che la vicenda risolutoria ha prodotto sul titolo di conduzione prodotto dal -OMISSIS- a corredo della DUP del 2012, alcuna questione di retroattività (e, quindi, dei limiti che essa incontrerebbe, ai sensi del citato art. 1458, comma 2, c.c.) della pronuncia (dichiarativa) risolutoria, trattandosi di titolo ab origine invalido, recte inidoneo a trasferire in capo al -OMISSIS- la posizione di legittima detenzione dei terreni in discorso di cui non era già più titolare la cooperativa dante causa.

Ciò a tacere del fatto che il contratto stipulato tra la cooperativa -OMISSIS- ed il -OMISSIS- riconduce alla “ stipula di regolare contratto sottoscritto in data 07 luglio 2003 ” la sua qualità di “ legittima affittuaria dei terreni di proprietà del Comune di -OMISSIS-(AQ) ”, che viene quindi – unitamente al relativo titolo costitutivo, ormai improduttivo di effetti alla data del 12 maggio 2012 - assunta espressamente a presupposto del primo.

14. La qualificazione – come invalido, agli effetti della pertinente normativa civilistica e, di riflesso, di quella dettata in tema di regolarità delle Domande di Pagamento – del titolo di conduzione fatto valere dal richiedente l’aiuto non muta in considerazione del fatto che, alla data di caricamento della domanda, con il corredo del suddetto contratto, sul portale informatico SIAN, le particelle catastali che ne costituivano oggetto non risultavano dichiarate da altri soggetti ai fini della percezione degli aiuti in agricoltura per la Campagna 2012.

In primo luogo, invero, la stessa sentenza appellata attribuisce rilievo alla suddetta circostanza ai fini della valutazione del carattere intenzionale e/o fraudolento della irregolarità contestata, che come si è detto è estraneo al contenuto motivazionale, in parte qua , del provvedimento impugnato: ciò si evince chiaramente dal passaggio argomentativo con il quale il T.A.R. evidenzia che “ lo stesso ricorrente ha messo in luce il fatto di avere utilizzato un portale telematico per l’inoltro della domanda unica di pagamento, cioè uno strumento idoneo a rilevare la già esistente conduzione della particella da parte di terzi soggetti, il che impedisce di parlare di dolosa compilazione della domanda, o di artificiosa creazione delle condizioni per beneficiare dei fondi comunitari ”.

In ogni caso, collocata la suddetta irregolarità nella giusta cornice qualificatoria, incentrata come si è detto sulla contestazione della oggettiva carenza di un “ valido titolo di conduzione ” con riferimento ai terreni siti in -OMISSIS-, non può non osservarsi, al fine di escludere il carattere decisivo della circostanza suindicata, che il mancato inserimento delle superfici in discorso nel fascicolo aziendale di altri potenziali richiedenti il sostegno al reddito agricolo non depone univocamente nel senso della idoneità di quel titolo, che va verificata alla luce della sua effettiva attitudine a costituire in capo alla ditta che se ne avvale un titolo giuridicamente apprezzabile di disponibilità dei terreni.

15. Allo stesso modo, la permanenza in capo alla cooperativa -OMISSIS-, pur dopo la manifestazione della volontà risolutoria del Comune di -OMISSIS-, di un valido titolo di conduzione, atto a legittimare la sub-locazione dei terreni a favore del -OMISSIS- (e la connessa carenza di legittimazione del Comune a conferirne il godimento a terzi, come i sig.ri -OMISSIS-, sostenuta dalla parte appellata), non può trovare fondamento, come assume la difesa del -OMISSIS-, nelle dichiarazioni rese ai Carabinieri dal sig. -OMISSIS--, laddove riferisce che l’allora Sindaco gli aveva detto che avrebbe potuto pascolare la particella 5 del foglio 33 del Comune di -OMISSIS-, ma che non avrebbe potuto dichiarare quegli stessi fondi al fine della percezione degli aiuti UE: affermazione da cui l’appellato desume che il Sindaco era consapevole dell’assenza di qualunque provvedimento interinale che consentisse la liberazione dei fondi concessi in locazione alla -OMISSIS- nonché il legittimo trasferimento in concessione da parte del proprietario Comune ad altri soggetti.

Deve in senso contrario osservarsi, da un lato, che l’opinione soggettiva di un amministratore non può assurgere a fattore condizionante la qualificazione giuridica dei fatti rilevanti, dall’altro lato, che l’atteggiamento prudente del Sindaco può trovare spiegazione nella pendenza del giudizio (dichiarativo) di risoluzione, che, ove risoltosi in senso sfavorevole al Comune, avrebbe potuto travolgere le posizioni costituite a favore di terzi ed eventualmente dichiarate da questi ai fini dell’ottenimento di prestazioni di sostegno.

16. Né il fatto che i terreni de quibus non dovessero essere necessariamente pascolati dal -OMISSIS-, essendo classificati come “ pascolo magro senza tara ”, esclude che il medesimo dovesse ( recte , dovesse essere legittimato ad) apprenderne la detenzione, ai fini della loro utile dichiarazione nell’ambito della Domanda di aiuto per la Campagna 2012: deve infatti osservarsi che, come si è detto (e non è contestato dalla parte appellata), la normativa comunitaria e nazionale vigente in subiecta materia richiede comunque che il richiedente l’aiuto abbia la conduzione del terreno, giuridicamente sostenuta da un titolo idoneo, indipendentemente dalla tipologia di attività che deve eseguire sul fondo ai fini dell’ottenimento del sostegno (e della stessa necessità di svolgervi alcun tipo di attività di coltivazione e/o di allevamento), giungendosi altrimenti alla inaccettabile conclusione che sia possibile avvalersi ai fini della presentazione della DUP di superfici utilizzate da terzi estranei e prive di alcun collegamento, contrattualmente disciplinato, con il richiedente.

Peraltro, lo stesso contratto stipulato in data 10 maggio 2012 tra il -OMISSIS- e la cooperativa -OMISSIS- individua quale causa della stipulazione il “ miglioramento dei pascoli per integrare, sviluppare e migliorare l’allevamento dei capi ovini e bovini ” (cfr. art. 4), con la conseguente contraddittorietà – a dimostrazione della impossibilità per il contratto de quo di realizzare la sua funzione economico-sociale e, quindi, di integrare un “ valido titolo di conduzione ” dei terreni in capo al sub-locatario - tra il dedotto (dalla parte appellata) carattere non necessario della detenzione materiale dei terreni da parte del -OMISSIS- e l’oggetto del contratto medesimo.

17. Quanto al fatto che i terreni pascolivi di -OMISSIS-erano condotti, nell’anno 2012, dagli allevatori -OMISSIS-, in forza della fida pascolo loro concessa dal Comune proprietario, deve osservarsi che esso viene evidenziato nel provvedimento impugnato quale ulteriore elemento di supporto della tesi della carenza in capo al -OMISSIS- della detenzione dei terreni, oltre che di un “ valido titolo di conduzione ”: tesi che trova plausibile fondamento nella evidente incompatibilità – da un punto di vista fattuale e giuridico – della situazione di detenzione dei terreni medesimi, acclarata in capo ai suddetti allevatori nel periodo in contestazione, e quella che pretenderebbe di avere, nello stesso periodo, il -OMISSIS-.

Ne consegue che nessun rilievo, ai fini della valutazione della legittimità del provvedimento impugnato, può attribuirsi alla circostanza che il “ pascolamento di terzi ”, quale dovrebbe considerarsi quello attuato dai sig. -OMISSIS-, sarebbe asseritamente compatibile con la classificazione come “ pascolo magro senza tara ” dei terreni in questione, e quindi astrattamente non preclusivo dell’ottenimento del relativo aiuto comunitario.

In primo luogo, infatti, proprio il fatto che si tratti di terreni pascolivi “ senza tara ”, ergo senza obbligo di pascolamento (o altri obblighi specifici di coltivazione) da parte del richiedente l’aiuto, induce a non attribuire rilievo al fatto che gli stessi venissero pascolati da terzi, non venendo in rilievo la questione, propria dei pascoli “ con tara ” (ovvero con obbligo di pascolamento), della possibilità di assolvere i relativi obblighi a mezzo di terzi soggetti.

In ogni caso, e ricondotta la rilevanza della suddetta circostanza al profilo, decisivo nella struttura motivazionale del provvedimento impugnato, della insussistenza in capo al -OMISSIS- di un valido titolo di conduzione con riferimento ai terreni in discorso, deve osservarsi che il pascolamento di terzi, per dimostrare che quel titolo sussisteva, sarebbe dovuto avvenire su autorizzazione del medesimo -OMISSIS-, ipotetico legittimo detentore dei terreni, e non, come nella specie di fatto avvenuto, sulla scorta della investitura (essa sì, per quanto detto, legittimamente) ricevuta da parte dell’Ente comunale proprietario.

Del resto, un conto è che l’attività di pascolo non sia necessaria ai fini dell’ottenimento degli aiuti comunitari, in considerazione della specifica classificazione dei terreni, un altro è che la stessa fosse in radice preclusa al -OMISSIS-, in forza della attività posta in essere dal Comune di -OMISSIS-fin dal 2005, con l’ausilio della Guardia di Finanza, per impedire alla cooperativa -OMISSIS-, ed a qualsivoglia soggetto ad essa collegato e/o avente causa, di pascolare i capi di bestiame sui terreni in discorso (attività di cui è contenuto ampio resoconto nella CNR della Guardia di Finanza di Foggia del 28 gennaio 2020, all. n. 6 – doc. n. 27 della produzione di primo grado di parte ricorrente dell’8 gennaio 2021).

Deve solo aggiungersi che la chiara riferibilità della causa dello scostamento ai terreni ubicati in -OMISSIS-, quale si evince dalla Tabella B surriportata e tratta dalla pag. 7 dell’impugnato provvedimento di recupero, non consente di condividere la deduzione della parte appellata, secondo cui non sarebbe “ affatto specificato a quali superfici ammissibili si riferisca lo scostamento ”.

18. Acclarata, quindi, la sussistenza dei presupposti legittimanti l’adozione del provvedimento impugnato, con riferimento al suindicato motivo “assorbente”, e venendo ai profili di carattere strettamente procedimentale riproposti in appello dalla parte appellata, deve in primo luogo osservarsi che la natura vincolata del provvedimento impugnato (quale si desume dall’art. 58, comma 2, Reg. CE n. 1122/2009, a mente del quale, come si è visto, “ se la differenza constatata è superiore al 20% della superficie determinata, non è concesso alcun aiuto per superficie per il gruppo di colture di cui trattasi ”), non consente di attribuire rilievo ad ipotetici sintomi di sviamento, quali sarebbero connessi, secondo la prospettazione della parte appellata, alla durata del procedimento conclusosi con l’adozione del provvedimento impugnato, che essa considera strumentale all’applicazione della misura compensativa ex art. 28 Reg. UE della Commissione n. 908/2014.

Peraltro, premesso che la citata disposizione comunitaria prevede che “ fatte salve eventuali altre misure di esecuzione previste dalla legislazione nazionale, gli Stati membri deducono gli importi dei debiti in essere di un beneficiario, accertati in conformità della legislazione nazionale, dai futuri pagamenti a favore del medesimo beneficiario effettuati dall’organismo pagatore responsabile del recupero del debito dello stesso beneficiario ”, l’applicazione della misura de qua non era condizionata alla maturazione degli aiuti relativi alle annualità successive, avendo l’effetto di precludere il pagamento degli aiuti anche futuri (e non solo di quelli per la cui erogazione fossero già maturati i presupposti).

19. Quanto invece alla adeguatezza istruttoria del provvedimento impugnato, il quale non sarebbe sorretto dalla acquisizione di elementi di prova ulteriori rispetto a quelli desumibili dalla citata CNR del Nucleo Antifrode dei Carabinieri di Salerno, deve in primo luogo osservarsi che la stessa parte appellata non formula specifiche censure attinenti ai presupposti fattuali del provvedimento medesimo, che possono quindi considerarsi privi di significativi margini di incertezza dimostrativa, tanto più alla luce della citata sentenza del Tribunale dell’Aquila del 23 giugno 2021, che come si è visto ha confermato, se non la sussistenza della fattispecie incriminatrice contestata, i contorni di fatto della vicenda in esame.

Peraltro, laddove le risultanze delle indagini penali, anche se non confluite in una pronuncia giudiziale, facciano emergere con sufficiente chiarezza i presupposti atti a legittimare l’adozione del provvedimento conclusivo, evidenti esigenze di semplificazione e non aggravamento del procedimento non giustificano lo svolgimento di ulteriori quanto superflui adempimenti istruttori: ciò tanto più in quanto la stessa parte appellata riferisce essenzialmente il dedotto acritico “appiattimento” dell’Amministrazione sulle risultanze investigative trasfuse nella suddetta CNR alla fattispecie fraudolenta ex artt. 60 Reg. CE n. 1306/2013 e 75 d.P.R. n. 445/2000, laddove, come si è visto, il provvedimento impugnato si fonda (anche) sull’autonomo presupposto del carattere oggettivamente indebito dell’aiuto comunitario relativo alla DUP per la campagna 2012, conseguente alla carenza in capo al richiedente di un valido titolo di conduzione relativo ai terreni siti nel Comune di -OMISSIS-ed al conseguente scostamento particellare ex art. 58 Reg. CE n. 1122/2009.

20. Né la predicata (dalla parte appellata) debolezza istruttoria del provvedimento impugnato potrebbe essere semplicemente desunta dal fatto che la P.A. ha effettuato i debiti controlli all’atto del pagamento dell’aiuto, senza muovere rilievi in ordine alla completezza ed idoneità della documentazione prodotta a corredo della relativa domanda, derivando l’atto di recupero dall’accertamento postumo, sulla scorta delle attività investigative svolte dal Nucleo specializzato dei Carabinieri, delle irregolarità innanzi evidenziate, con la conseguente non ravvisabilità di alcun profilo di contraddittorietà tra le determinazioni diacronicamente adottate, nell’ambito del procedimento de quo e pur con esiti diversi, dall’Amministrazione.

21. Né la compensazione disposta, ex art. 28 Reg. CE n. 908/2014, con il provvedimento impugnato potrebbe trovare ostacolo nell’assenza, nella pretesa creditoria fatta valere da AGEA, dei requisiti della “liquidità” ed “esigibilità” del credito opposto in compensazione, necessario per l’operatività della compensazione legale ex art. 1243, comma 1, c.c., a differenza di quelli vantati dalla ditta -OMISSIS-, consacrati dai decreti ingiuntivi dalla stessa ottenuti: invero, a prescindere dal fatto che la compensazione de qua è disciplinata da una norma speciale, che non fa rinvio a quella codicistica generale, deve osservarsi che i requisiti suindicati trovano fondamento nello stesso provvedimento impugnato, una volta che esso abbia superato indenne, come nella specie avvenuto, il relativo sindacato giurisdizionale.

22. Fondata, invece, è la domanda di annullamento proposta in primo grado, e riproposta sotto il profilo in esame dalla parte appellata, con riferimento alla richiesta restitutoria (e conseguente compensazione con le future erogazioni) avente ad oggetto la somma di € 3.115,74, richiesta da AGEA “ quale importo recuperato per ERRORI AMMINISTRATIVI FEAGA – Domanda Unica 2011 ”.

Basti osservare, sul punto, che fa difetto nel provvedimento impugnato qualsiasi indicazione motivazionale utile alla comprensione della ragione della pretesa e della sua correlazione con l’oggetto del provvedimento impugnato: né può accogliersi la deduzione difensiva della difesa erariale, esposta con la memoria del 20 giugno 2022, secondo cui le ragioni del provvedimento emergerebbero dalla consultazione del portale SIAN, non essendo fornito alcun elemento di prova a dimostrazione dell’assunto.

Fondata altresì, relativamente al suddetto importo ed ai relativi interessi decorrenti dalla data del pagamento, è la domanda restitutoria avanzata dall’appellato con il suo appello incidentale, sulla scorta dell’avvenuto pagamento effettuato con riserva in data 11 dicembre 2020, come documentato con gli all.ti 2 e 3 – doc. nn. 23 e 24 della produzione di primo grado di parte ricorrente in data 8 gennaio 2021.

23. Infine, la peculiare complessità dell’oggetto della controversia giustifica la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.

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