Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2009-07-31, n. 200904859

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2009-07-31, n. 200904859
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 200904859
Data del deposito : 31 luglio 2009
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01018/2003 REG.RIC.

N. 04859/2009 REG.DEC.

N. 01018/2003 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

Sull’appello n.1018 del 2003, proposto dal signor P N, rappresentato e difeso dall'avvocato I M D, con domicilio eletto presso la signora A D A, in Roma, via Portuense, 104;

contro

Il Ministero della Giustizia, in persona del Ministro, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Ministero dell'Economia e delle Finanze;

per la riforma della sentenza del Tar Puglia - Bari: sezione prima n. 3922/2002, resa tra le parti, concernente DINIEGO DI AMMISSIONE. ALLO SCRUTINIO PER LA QUALIFICA DI DIRETTORE COORDINATORE DI ISTITUTO PENITENZIARIO.


Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30 giugno 2009 il cons. A P e uditi per le parti l’Avv. Sanino su delega dell’Avv. Dentamaro e l’Avv. dello Stato Fedeli ;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO

L’appellante, dipendente del Ministero di Grazia e Giustizia con qualifica di Direttore di istituto penitenziario, ottava qualifica funzionale, è transitato, con provvedimento ministeriale del

18 maggio 1995, dal ruolo dei Direttori di istituto penitenziario per adulti a quello del Direttori di istituto penitenziario per minori, conservando la qualifica funzionale e l’anzianità maturata nel ruolo di provenienza, nonché il trattamento economico già in godimento.

L’Ufficio Centrale per la giustizia minorile, con il provvedimento del 6 agosto 1998, n. 2280, ha respinto la sua istanza di ammissione alla procedura di scrutinio per merito comparativo ex art. 37 del D.P.R. n. 335 del 24.4.1982, per la promozione a ruolo aperto alla qualifica di Direttore coordinatore di istituto penitenziario, IX qualifica funzionale.

Il Ministero ha ritenuto che l’interessato, in quanto transitato nei ruoli della giustizia minorile ai sensi dell’art. 200 del D.P.R. n. 3 del 1957, non sia più beneficiario delle disposizioni di cui all’art. 40 della legge 15 dicembre 1990, n. 395.

Avverso l’atto del 6 agosto 1998, il funzionario ha adito il Tribunale amministrativo per la Puglia, deducendo due articolati motivi di violazione di legge ed eccesso di potere.

Il TAR ha respinto le censure proposte, osservando che l’art. 37 del D.P.R. 24 aprile 1982, n. 355 (recante “Ordinamento del personale della Polizia di Stato che espleta funzioni di polizia” e per il quale “la promozione alla qualifica di vice questore aggiunto si consegue a ruolo aperto mediante scrutinio per merito comparativo al quale e ammesso il personale con la qualifica di commissario capo che abbia compiuto quattro anni di servizio effettivo nella qualifìca”) , non potesse applicarsi al dipendente, nei cui confronti non erano più operanti le disposizioni di favore della legge n. 395 del 1990, a seguito dell’entrata in vigore del decreto legge 29 gennaio 1992, n. 36, convertito nella legge 29 febbraio 1992, n. 213.

Ad avviso del TAR, il fatto che l’interessato sia transitato nel ruolo dei Direttori di istituto penitenziario per minori dell’Ufficio Centrale per la Giustizia Minorile avrebbe precluso l’applicabilità dell’art. 40 della legge del 1990, riservata solo ai dipendenti del DAP.

Avverso tale sentenza ha proposto appello il dipendente, lamentando sotto vari profili violazione di legge ed eccesso di potere.

Il Ministero ha contestato la fondatezza dell’appello con memoria.

DIRITTO

1 - L’appellante, già in servizio presso l’amministrazione penitenziaria, è transitato, ai sensi dell’art. 200 del D.P.R. n. 3 del 1957 e con decorrenza 18 maggio 1995, dal ruolo dei Direttori di istituto penitenziario per adulti del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria al ruolo dei Direttori di istituto penitenziario per minori dell’Ufficio Centrale per la Giustizia Minorile, con diritto alla conservazione dell’anzianità da lui maturata nel ruolo di provenienza e del trattamento economico in godimento.

Egli ha prestato servizio dal 17 luglio 1995 come Direttore dell’Istituto penale minorile di Bari ed ha ottenuto (con il decreto ministeriale del 12 luglio 1996 - Ufficio Centrale per la Giustizia Minorile e con decorrenza dal 17 luglio 1995) il trattamento economico già spettante presso l’Amministrazione penitenziaria, equiparato a quello del personale della Polizia di Stato con qualifica di Commissario capo, ai sensi dell’ art. 40 della legge n. 395 del 1990.

Con istanza del 29 luglio 1998, l’appellante ha chiesto di partecipare al procedimento per la promozione a ruolo aperto alla qualifica di Direttore Coordinatore di Istituto Penitenziario, IX qualifica funzionale, avendo maturato quattro anni di servizio effettivo nella qualifica di Direttore di Istituto Penitenziario, con anzianità complessiva di oltre nove anni e sei mesi nella ex carriera direttiva (dapprima nel profilo professionale di Collaboratore di Cancelleria, VII qualifica funzionale, dal 28.3.1986 al 31 luglio 1991, quindi nel profilo professionale di Direttore di Istituto, Penitenziario, VIII qualifica funzionale, dal 1° agosto 1991 al 16 luglio 1995, presso la Casa Circondariale di Foggia).

Il Ministero con la nota impugnata in primo grado, ha respinto la richiesta di ammissione, essendo l’istante “transitato nei ruoli della Giustizia Minorile ai sensi dell’art.200 del D.P.R. 10.1.1957, n.3 e, quindi, non più beneficiario “delle disposizioni previste dall ‘art. 40 della Legge n.395/90”.

2 - Con il gravame in esame, l’appellante ha riproposto, in sostanza, gli stessi motivi dedotti in primo grado, lamentando l’erroneità della sentenza per una scorretta lettura del d.l. del 1992 e per non avere considerato l’unicità del profilo di “ Direttore di Istituto penitenziario”.

3 - L’appello è fondato.

L’art. 40, comma 1, della legge 15 dicembre 1990, n. 395, ha disposto che “A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, al personale dirigente e direttivo dell‘Amministrazione penitenziaria è attribuito lo stesso trattamento giuridico spettante al personale dirigente e direttivo delle corrispondenti qualifìche della Polizia di Stato in base alla legge 10 aprile 1981, n. 121, ai relativi decreti legislativi ed alle altre norme in materia. Al medesimo personale spetta, altresì, il corrispondente trattamento economico della Polizia di Stato se non inferiore a quello attualmente goduto”.

In applicazione della citata disposizione, il decreto del 27 giugno 1995 del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria del Ministero di Grazia e Giustizia ha attribuito all’appellante il medesimo trattamento economico percepito dal personale della Polizia di Stato con qualifica di Commissario capo.

Con il decreto legge 29 gennaio 1992, n. 36, convertito nella legge 29 febbraio1992, n. 213, si è disposta la riorganizzazione del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, con l’istituzione, introdotta dall’art. 26, presso il Ministero di Grazia e Giustizia dell’Ufficio centrale per la Giustizia Minorile, in luogo del precedente Ufficio minorile inserito all’interno del medesimo Dipartimento, nonché con la definizione della relativa dotazione organica.

Il citato art. 26, al comma 3, ha poi demandato al Ministero l’emanazione di disposizioni regolamentari disciplinanti le modalità di accesso nei nuovi contingenti del personale di ruolo del Ministero di Grazia e Giustizia già in servizio presso il settore minorile dell’amministrazione penitenziaria, ovvero in possesso di specifica esperienza o preparazione sulle problematiche minorili, con la previsione del mantenimento del trattamento giuridico ed economico maturato.

4 - Con il decreto ministeriale del 10 maggio 1994, è stato disciplinato l’accesso del personale civile nei ruoli organici dell’Ufficio Centrale per la Giustizia Minorile. Ai sensi dell’art. 1 del citato decreto del 1994 è stato previsto, per il personale civile del Ministero di Grazia e Giustizia in servizio nelle strutture del settore minorile alla data del 16 febbraio 1994, l’inquadramento nella qualifica dirigenziale corrispondente o nel profilo professionale corrispondente alla qualifica funzionale di appartenenza ed il mantenimento della qualifica funzionale e del trattamento giuridico ed economico in godimento.

Di conseguenza, il personale dipendente inizialmente inserito nel ruolo unico dei Direttori di istituto penitenziario di adulti e minori (VIII qualifica funzionale del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria) è stato ripartito, sulla base delle funzioni svolte, tra il ruolo dei Direttori di istituto penitenziario per adulti del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria ed il ruolo dei Direttori di istituto penitenziario per minori dell’Ufficio Centrale per la Giustizia Minorile.

5 - Il Collegio rileva che con decreto ministeriale in data 18.5.1995 è stato disposto, ai sensi dell’art. 200 del D.P.R. n. 3 del 1957, il trasferimento dell’appellante dal ruolo dei Direttori di istituto penitenziario per adulti del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria al ruolo dei Direttori di istituto penitenziario per minori dell’Ufficio Centrale per la Giustizia Minorile.

Riguardo all’applicazione nei suoi confronti dei benefici di cui all’art. 40, comma 1, della citata legge n. 395 del 1990, il TAR ha ritenuto che - in attuazione del disposto di cui all’art. 26 del decreto legge n. 306/1992, convertito nella legge n. 356 del 7.8.1992 - a seguito del suddetto trasferimento non potessero più essere riconosciuti i benefici di cui al citato art.40, in quanto espressamente previsti in favore del solo personale appartenente ai ruoli dell’ Amministrazione penitenziaria.

Conseguentemente, il trattamento giuridico - economico spettante non poteva che essere determinato sulla base dell’anzianità di servizio e del corrispondente trattamento economico maturato nel precedente ruolo di appartenenza e non essere comprensivo dei benefici di cui all’art. 40, previsti per il solo personale del ruolo dell‘Amministrazione penitenziaria.

6 - Ritiene la Sezione che non risulta condivisibile la ricostruzione del quadro normativo effettuata dalla sentenza gravata.

Il comma 3 dell’articolo 26 del d.l. n. 306 del 1992 ha previsto che i nuovi ruoli dell’Ufficio Centrale Giustizia Minorile (UCGM) si alimentassero, in sede di prima applicazione e secondo le modalità stabilite con apposito decreto ministeriale, del personale di ruolo dello stesso Ministero di grazia e giustizia in servizio presso il settore minorile ovvero con specifica esperienza o preparazione sulle problematiche minorili, “ il quale conserva il trattamento giuridico ed economico maturato”.

Sulla base di tale disposizione, si deve ritenere che il citato art. 40 della legge n. 325 del 1990 riguarda non solo personale dell’amministrazione penitenziaria, ma anche quello trasferito alle nuove strutture dell’UCGM.

Esso ha determinato un principio di salvaguardia per il personale transitato nei nuovi ruoli del costituito Ufficio centrale, al fine di assicurare la funzionalità delle nuove strutture (che altrimenti avrebbero rischiato di rimanere prive di dotazioni organiche per effetto di un rifiuto di passaggio e di una scelta di mantenimento dello stato giuridico ed economico acquisito). Né può ritenersi che la formula legale per cui il personale in questione “ conserva il trattamento giuridico ed economico maturato” possa essere intesa come semplice conservazione del trattamento in godimento all’atto del passaggio.

Ove fosse così intesa, la norma sarebbe stata inutile, in quanto meramente ripetitiva del principio generale di divieto di reformatio in pejus dei trattamenti retributivi in concreto godimento dei pubblici dipendenti e del principio di conservazione delle anzianità di carriera e di qualifica già acquisite (art. 200, comma 3, del T. U. n. 3 del 1957).

Il citato articolo 26, comma 3, non può dunque essere interpretato quale norma meramente ripetitiva di principi da lungo tempo affermatisi nel pubblico impiego: esso, invece, ha specificamente sancito il mantenimento dei criteri determinativi della retribuzione e degli altri benefici di carriera attribuiti al personale già in servizio presso l’amministrazione penitenziaria, istituita con l’articolo 30 della legge n. 395 del 1990, e da questa transitato nel neo costituito Ufficio Centrale G. M.

Il comma 3, in altri termini, ha disposto un regime di sostanziale equiparazione retributivo – funzionale, peratro ricavabile da altre disposizioni dello stesso articolo 26, in particolare dal comma 6, secondo cui nei confronti del personale del nuovo Ufficio centrale della giustizia minorile in servizio alla data di entrata in vigore della legge 15 dicembre 1990, n. 395, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui all'articolo 4 del D.L. 28 agosto 1987, n. 356 , convertito, con modificazioni, dalla legge 27 ottobre 1987, n. 436 (riguardanti le provvidenze per il personale civile e per quello militare degli istituti di prevenzione e pena).

Risulta dunque fondato l’atto d’appello, che ha rilevato - con riguardo alla tabella allegata al DPR n. 1219 del 29 dicembre 1984 - l’equiparazione economico – funzionale tra la direzione di istituto penitenziario per adulti e quella per i minorenni.

7 - Non rileva in contrario il D.M. 10-5-1994, con il quale, in attuazione dell’articolo 26 del d.l. n. 306 citato, sono state dettate disposizioni per l'accesso del personale civile nei ruoli organici dell'Ufficio centrale per la giustizia minorile.

L’articolo 1 del decreto stabilisce che il personale civile di ruolo del Ministero, in servizio nelle strutture del settore minorile alla data del 16 febbraio 1994, è inquadrato nella qualifica dirigenziale o nel profilo professionale corrispondenti, “conservando la qualifica funzionale ed il trattamento giuridico ed economico in godimento”, facendosi tuttavia salva la facoltà, manifestata per iscritto entro il termine di giorni trenta dalla data di pubblicazione del decreto, di permanere nei ruoli di precedente appartenenza.

Contrariamente a quanto affermato dalla difesa dell’Amministrazione, la norma non dispone che la conservazione del trattamento maturato nell’amministrazione di provenienza operi soltanto nei confronti del solo personale già in servizio nelle strutture del settore minorile alla data del 16 febbraio 1994 (decorrenza fissata dal decreto del 10 maggio 1994), ma riguarda anche coloro i quali, come l’appellante, siano entrati a far parte della Giustizia Minorile in epoca successiva, ossia dopo il 16 febbraio 1994 con la procedura prevista dall’art. 200 del D.P.R. n. 3 del 1957.

La contraria interpretazione urterebbe contro il dato letterale, che abbina l’inquadramento alla conservazione del trattamento maturato. Quindi, delle due l’una: o il funzionario non aveva titolo all’inquadramento (e allora sarebbe stato mantenuto nel DAP, con il relativo trattamento) o aveva titolo ed allora conservava congiuntamente quanto già acquisito.

La norma regolamentare, quindi, non fa altro che ribadire il principio di conservazione già espresso a livello primario e d’altra parte non avrebbe potuto fare altrimenti, in virtù del principio di gerarchia tra le fonti del diritto.

Sulla base delle argomentazioni che precedono, va dunque ribadita la giurisprudenza già formatasi sulla questione (Cons. St., sez. III, 19 febbraio 2008, n. 4089/2007;
id., 30 giugno 1998, n. 1377/97;
T.A.R. Campania, Napoli, sez. VII, 27 gennaio 2006, n. 1120).

9 - Per quanto concerne la domanda alla condanna dell’Amministrazione al “pagamento degli emolumenti conseguenti all’accertamento” del diritto alla partecipazione allo scrutinio in questione, la pretesa dell’appellante va respinta, poiché dall’annullamento del provvedimento di esclusione non consegue un diritto soggettivo al nuovo superiore inquadramento: l’interessato è tirolare di un interesse legittimo alla partecipazione al procedimento amministrativo, solo al cui esito positivo - in ipotesi - si determinerà un obbligo di pagamento di arretrati per effetto dell’inquadramento ora per allora.

10 - In conclusione, l’appello va accolto, limitatamente alla parte con cui è stata riproposta l’impugnazione del provvedimento di esclusione.

La condanna al pagamento delle spese e degli onorari dei due gradi del giudizio segue la soccombenza. Di essa è fatta liquidazione nel dispositivo.

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