Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2013-04-15, n. 201302043

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2013-04-15, n. 201302043
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201302043
Data del deposito : 15 aprile 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00352/2005 REG.RIC.

N. 02043/2013REG.PROV.COLL.

N. 00352/2005 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 352 del 2005, proposto da:
Comune di Villa S. Giovanni, rappresentato e difeso dall'avv. A C, con domicilio eletto presso Claudio Rossano in Roma, via Nizza, N.59;

contro

Modica Lidia;

nei confronti di

Caridi Giuseppina;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CALABRIA – SEZ. STACCATA di REGGIO CALABRIA n. 00714/2004, resa tra le parti, concernente rilascio concessione edilizia


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 gennaio 2013 il Cons. R P e uditi per le parti gli avvocati Claudio Rossano su delega di A C;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.- Con ricorso al TAR Calabria, sezione di Reggio, la sig.ra

MODICA

Lidia, premesso di aver presentato in data 18 febbraio 1993 domanda di concessione edilizia per ristrutturazione e sopraelevazione di un fabbricato sito nel Comune di Villa San Giovanni ed evidenziate le tappe principali dell’ iter procedimentale che ne era scaturito, chiedeva l’annullamento della deliberazione della Commisione edilizia del Comune di Villa S. Giovanni del 30 settembre 1999, e portata a conoscenza della ricorrente in data 11 dicembre 1999, con la quale era disposta la sospensione del procedimento amministrativo per il rilascio della concessione edilizia in questione. Il ricorso censurava altresì la decisione assunta dal Responsabile dell’Ufficio Tecnico, comunicata alla ricorrente il 21 novembre 2003, con la quale si disponeva di non potere adottare il provvedimento concessorio.

1.2.- A sostegno del ricorso l’esponente deduceva la violazione dell’art. 1, co. 2, l.n. 241/90, che sancisce il divieto di aggravio del procedimento, ed eccesso di potere per travisamento dei fatti ed erroneità dei presupposti e sviamento del potere, segnalando in particolare l’inconferenza del contenzioso giudiziario, insorto tra la propria dante causa

SCAMBIA

Rosa ed i confinanti CARIDI – TURANO (alla cui definizione era stato rinviato l’esame della pratica edilizia), non attenendo affatto al diritto di proprietà del suolo in questione, ma concernendo piuttosto una pretesa servitù di passaggio, su un’area in ogni caso non verrebbe impegnata neppure da parcheggi e destinata a restare totalmente libera.

1.3.- Con atto per motivi aggiunti la ricorrente impugnava poi la decisione del Responsabile dell’Ufficio Tecnico, (assunta dopo l’integrazione progettuale presentata dalla ditta MODICA in data 20 ottobre 2003 e la definizione in primo grado, in senso favorevole all’odierna ricorrente, della causa sulla servitù di passaggio) con la quale si assumeva di non potere adottare il provvedimento concessorio, nonostante il parere favorevole della Commissione Edilizia rilasciato “a condizione della definizione del contenzioso”. A motivazione di questo diniego il Comune adduceva che dopo detto parere “la confinante Caridi ha portato a conoscenza di questo Ente, mediante produzione documentale, di aver depositato presso il Tribunale di Reggio Calabria appello alla sentenza di 1° grado” .

Avverso la predetta determina la ricorrente articolava i medesimi motivi di gravame già proposti col ricorso introduttivo.

1.4.- In entrambi i ricorsi la deducente formulava infine domanda di risarcimento dei danni da accertarsi in corso di giudizio e da liquidarsi per equivalente monetario nell’importo da determinare peritalmente o equitativamente.

2.- Con la sentenza epigrafata il Tribunale amministrativo, rigettata l’eccezione di irricevibilità del ricorso principale proposta dal Comune, accoglieva il ricorso, relativamente alla domanda di annullamento e respingeva l’istanza risarcitoria, in entrambi ricorsi, per carenza di accertamento della fondatezza della pretesa edificatoria e, comunque, principio di prova in ordine al quantum .

2.- Il Comune, con appello proposto innanzi a questo Consesso, ha impugnato la sentenza del TAR, chiedendone la riforma e svolgendo motivi ed argomentazioni riassunti nella sede della loro trattazione in diritto da parte della presente decisione.

2.1.- Non si sono costituiti nel giudizio gli altri soggetti presenti in primo grado. Parte appellante ha riepilogato in memoria le proprie tesi e, alla pubblica udienza del 22 gennaio 2013, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1.- La controversia sottoposta alla Sezione, in forza dell’appello in esame, verte sulla legittimità di un provvedimento di sospensione di procedimento amministrativo attivato per il rilascio di una concessione edilizia per opere di ristrutturazione e sopraelevazione di fabbricato per civile abitazione;
il Comune appellante ha adottato la sospensione rinviando il tutto alla definizione del contenzioso giudiziario riguardante l’area interessata, in relazione alla esistenza sulla stessa di una servitù in favore di terzi.

a)- Al riguardo, accogliendo il primo motivo del ricorso proposto dalla sig.ra Modìca, il TAR ha fatto rilevare che la controversia ritenuta di impedimento alla definizione della sua domanda, riguardava non già la titolarità del diritto di proprietà sul bene interessato dall’attività edificatoria, ma il possesso di una servitù di passaggio, anche con mezzi meccanici, su un tratto di terreno di proprietà dell’odierna ricorrente. Ne consegue che, ad avviso del TAR, la Commissione non poteva non riconoscere la sussistenza del requisito soggettivo della titolarità del diritto di proprietà, e quindi non procedere all’esame dell’istanza in ragione di controversia fra privati circa l'esistenza di diritti vantati da terzi che la legge fa comunque salvi .

Il Comune appellante avversa la tesi accolta dal TAR anzitutto sostenendo l’irrilevanza della detta questione, poichè i pareri contrari degli organi tecnici sono originati dal diverso problema della non conformità alla normativa urbanistica e tecnico antisismica e sostiene che se al Tar fosse stata esibita la concessione successiva tali difformità sarebbero emerse . Il motivo è infondato, poiché dall’atto impugnato (provv. n. 13991/03), e che costituisce l’oggetto del contenzioso, non risulta alcun riferimento a norme ritenute ostative dell’intervento richiesto ma unicamente che la Commissione edilizia ha espresso “parere preventivo favorevole a condizione della definizione del contenzioso che aveva portato la C.E.C. a sospenderne l’esame”.

Del resto l’appellante Comune non smentisce le circostanze accertate dal TAR (e tutt’altro che irrilevanti) sulla base degli atti di causa, vale a dire che:

- “Nella comunicazione del 10 dicembre 1999 prot. 15665 sono riportati i pareri della commissione edilizia del 20 luglio e del 10 settembre 1999 (espressamente impugnato). Nel primo si ravvisa la necessità di approfondire il carteggio relativo al contenzioso e gli elaborati grafici, salva la conferma da parte del componente Scicchitano di rimandare “ alla definizione della controversia per la proprietà del suolo su cui verte il contenzioso e quindi sull’effettivo titolo di proprietà ogni parere di natura urbanistica ”. Nella seconda seduta, il componente Scicchitano conferma i pareri già espressi e la Commissione, tenuto conto delle proposte del Capo settore che si riferiscono al verbale del 20 luglio ed esaminati gli elaborati progettuali e le ordinanze del Pretore di Villa S. Giovanni, nonché l’atto stragiudiziale del 21 maggio 1999, “ non essendo valutabili i parametri urbanistici, decide di non potere esprimere parere alcuno rinviando il tutto al contenzioso giudiziario definitivo ”.

- dall’atto di citazione inerente la vertenza civile, “ emerge in maniera incontrovertibile che il contenzioso giudiziario, alla cui definizione è stato subordinato l’esame della domanda di concessione, riguarda non già la titolarità del diritto di proprietà sul bene interessato dall’attività edificatoria, ma attiene al possesso di una servitù di passaggio, anche con mezzi meccanici, su un tratto di terreno di proprietà dell’odierna ricorrente”.

b) Con una seconda censura, argomenta poi il Comune istante che il TAR avrebbe errato nel non dichiarare inammissibile il ricorso in ragione della presentazione, nelle more, di un nuovo progetto da parte dell’interessata, circostanza che verrebbe a privare di interesse il ricorso di primo grado. Anche questo motivo non ha alcun fondamento giuridico. La presentazione di un progetto edilizio, successivo a quello precedentemente avanzato e sospeso dall’amministrazione , non costituisce infatti alcuna rinunzia o acquiescenza alla realizzazione di quest’ultimo, poiché l’eventuale illegittimità dell’atto soprassessorio potrebbe determinare lesioni risarcibili degli interessi legittimi sottesi alla presentazione del progetto interdetto. Deve infatti tenersi conto del dovere generale dell’amministrazione di concludere il procedimento, emergente dall’art. 2 della legge n. 241/1990 che , letto in correlazione con il dovere di motivazione (art. 3 della legge) , comportavano l’imprescindibile obbligo del Comune di pronunziarsi nel merito dell’istanza edilizia, indicandone le ragioni giuridiche ostative al suo accoglimento. Pertanto la mera presentazione del nuovo progetto (non accompagnata dalla rinunzia al progetto originario) non legittimava la sospensione e non poteva dunque incidere sul destino processuale del ricorso proposto contro la stessa.

c) Analogamente non può essere accolta la terza ed ultima doglianza, che vorrebbe far valere un ulteriore profilo di inammissibilità del ricorso di primo grado in rivolto contro atto di natura endo-procedimentale .

La tesi ignora che la giurisprudenza amministrativa ha da tempo chiarito (v. ex multis, Cons di Stato, sez.IV, n.7222/2002) come atti formalmente endo-procedimentali ma che determinano l' arresto del procedimento (quali il parere negativo della CE opposto alla domanda edilizia e non seguiti da alcun provvedimento), costituiscano atti c.d. “di sbarramento” risultando pertanto censurabili innanzi al giudice amministrativo.

2. - Conclusivamente l’appello deve essere respinto.

- Nulla si dispone per le spese del presente giudizio, attesa la mancata costituzione di controparti.

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