Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2012-12-19, n. 201206540

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2012-12-19, n. 201206540
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201206540
Data del deposito : 19 dicembre 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 03957/2012 REG.RIC.

N. 06540/2012REG.PROV.COLL.

N. 03957/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3957 del 2012, proposto da:
Ministero della Difesa, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

E T F, rappresentato e difeso dall'avv. E S D, con domicilio eletto presso Studio Legale Bdl in Roma, via Bocca di Leone, 78;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. PUGLIA - SEZ. STACCATA DI LECCE: SEZIONE III n. 00469/2012, resa tra le parti, concernente PERDITA DEL GRADO PER RIMOZIONE

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di E T F;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 dicembre 2012 il Cons. Giuseppe Castiglia e udito per l’appellato l’avvocato Ernesto Sticchi Damiani;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Il signor E T F, militare dell’Arma dei carabinieri con il grado di carabiniere scelto, mentre era in missione a Bari ha ricevuto ha ricevuto la convocazione immediata presso l’infermeria del presidio per accertamenti medico-legali, che si è rifiutato di eseguire.

L’analisi delle urine, effettuata in seguito al Dipartimento militare di medicina legale di Taranto, ha dato un risultato non accettabile per probabile carico idrico.

A un successivo esame chimico-tossicologico del capello, è emersa la presenza di cocaina.

Ne è seguito un procedimento disciplinare, conclusosi con l’inflizione della perdita del grado.

Il ricorso proposto dal T F nei riguardi del provvedimento è stato accolto dal Tribunale amministrativo regionale per la Puglia – Lecce, Sezione III, con sentenza 8 marzo 2012, n. 469. In punto di fatto, il Tribunale territoriale ha considerato accertato il fatto e non credibili le giustificazioni addotte dall’incolpato;
conclusivamente, tuttavia, ha ritenuto irragionevole e sproporzionata la sanzione espulsiva, anche alla luce del carattere occasionale dell’assunzione della droga.

L’Amministrazione della difesa ha interposto appello contro la sentenza, chiedendone anche la sospensione dell’esecutività.

Il T F si è costituito in giudizio per resistere all’appello, contrastando gli argomenti dell’Amministrazione e riproponendo, con appello incidentale, ulteriori motivi del ricorso di primo grado, non accolti dal T.A.R.

1. Il rifiuto opposto dall’appellante alla prima richiesta di accertamenti medico-legali (7 ottobre 2010) non sarebbe significativo, sia perché espressione del “diritto di rifiutare gli esami di laboratorio”, sia perché le concrete modalità della richiesta (formulata quando il T F era in missione a Bari) ne avrebbero reso comprensibile un certo disorientamento.

2. Sarebbero puntuali e documentate le affermazioni del militare circa l’occasionalità e l’involontarietà dell’assunzione della sostanza stupefacente, che gli sarebbe stata somministrata o trasmessa a sua insaputa, prima o durante un rapporto sessuale, da una partner occasionale. Le affermazioni sarebbero confermate dalla dichiarazione testimoniale della partner. La consulenza di parte evidenzierebbe gravi lacune istruttorie e metodologiche e smentirebbe le risultanze dei test svolti dall’Amministrazione. L’esito non significativo dell’accertamento svolto su un campione di urine - per probabile eccessivo carico idrico - avrebbe potuto essere superato con metodo di conferma. Quanto al test su un capello, sarebbe stato possibile dosare il quantitativo esatto di sostanza rinvenuta, accertando il carattere occasionale o regolare dell’assunzione;
dosando il metabolita attivo della cocaina, sarebbe stato possibile datare l’assunzione, che comunque risulterebbe incontestabilmente essere avvenuta nel periodo di 45 giorni precedente l’esame, all’interno del quale si collocherebbe il rapporto sessuale dichiarato.

3. L’ulteriore documentazione in atti confermerebbe l’assoluta negatività dei risultati all’uso di sostanze stupefacenti, la totale assenza di sintomi collegabili con la tossicodipendenza, la piena compatibilità delle condizioni psicofisiche dell’appellato con lo svolgimento del servizio d’istituto.

4. Nell’adottare la determinazione impugnata, l’Amministrazione avrebbe del tutto ignorato lo stato di servizio del militare, compresi i risultati di precedenti analisi tossicologiche.

5. Sarebbe stato violato il diritto di difesa poiché, nell’atto di contestazione degli addebiti e nel corso dei successivi adempimenti istruttori, il militare non sarebbe mai stato informato del diritto di avvalersi dell’assistenza di un difensore, in sostanziale elusione dell’art. 1370 del codice dell’ordinamento militare e dell’art. 24, comma 2, della Costituzione.

La domanda cautelare dell’Amministrazione della difesa è stata accolta dal Consiglio di Stato, Sezione IV, con ordinanza 19 giugno 2012, n. 2366.

Nell’approssimarsi dell’udienza, la parte privata ha deposito una memoria nella quale rinnova le proprie difese.

DIRITTO

1. In termini di fatto, non è contestato che, a seguito dell’analisi svolta, nel capello del T F sottoposto a indagine siano state rinvenute tracce dosabili di cocaina.

E’ possibile che l’adozione di metodi più raffinati avrebbe potuto condurre a risultati di maggiore dettaglio. Il dato che emerge dall’analisi è comunque oggettivo e incontrovertibile.

La questione, dunque, attiene all’elemento soggettivo, con riguardo al punto se l’assunzione della sostanza stupefacente, da cui le tracce derivano, sia stata involontaria o almeno occasionale.

Sull’incertezza che avvolgerebbe questo profilo ha insistito particolarmente, in sede di discussione nella pubblica udienza, la difesa del militare. Questa ha richiamato anche l’art. 64, comma 2, c.p.a.: il fatto non potrebbe essere posto a fondamento della decisione, non potendo considerarsi provato ed essendo specificamente contestato dalla parte privata.

Senonché, nella fattispecie, non viene in discussione l’astratta possibilità di una trasmissione della sostanza attiva in costanza e a seguito di un rapporto sessuale. Questa possibilità, in concreto, appare smentita - verrebbe fatto di dire: al di là di ogni ragionevole dubbio - dalle circostanze della vicenda.

Valutate nel loro complesso secondo un criterio di plausibilità, queste (i precedenti sospetti del comandante della compagnia di Brindisi;
il rifiuto del T F di dare corso alla prima richiesta di accertamento;
l’accrescimento del carico idrico, non spiegato in alcun modo dal militare, che ha reso non significativo l’esito della successiva analisi delle urine) rappresentano indizi gravi, precisi e concordanti. In altri termini, sono tessere di un mosaico, che si riconducono a unità se si ritiene - come il Collegio è dell’avviso si debba – che l’appellato, già al momento di cui per la prima volta gli è stato chiesto di sottoporsi all’analisi, fosse pienamente cosciente di avere consumato droga e avesse perciò escogitato espedienti per sottrarsi all’accertamento.

Le giustificazione addotte in contrario - a partire dal preteso diritto di rifiutare gli esami di laboratorio, inconcepibile per un militare sottoposto al vincolo dell’obbedienza gerarchica - non reggono a un esame razionale e appaiono francamente inattendibili.

Il carattere episodico della relazione extraconiugale nel corso della quale sarebbe avvenuta la trasmissione della cocaina, addotta a supportare l’involontarietà o almeno l’occasionalità dell’assunzione della droga, non trova conferma in atti. La dichiarazione della partner del militare si rinviene nel fascicolo di primo grado (non è quindi necessario dare corso all’istanza istruttoria formulata in udienza dalla parte privata, volta a ottenere l’acquisizione del documento). In essa si legge l’ammissione di avere intrattenuto con il signor T F “una relazione extraconiugale sino al mese di settembre 2010”;
nel corso di tale relazione avrebbe assunto la sostanza stupefacente una sola volta.

L’occasionalità del rapporto, elemento che dovrebbe confortare la tesi della involontarietà o dell’occasionalità dell’assunzione della droga, piuttosto che una conferma, riceve una smentita dalla dichiarazione ricordata.

2. Ciò posto, null’altro si deve aggiungere a fondamento della legittimità del provvedimento espulsivo adottato dall’Amministrazione a seguito dell’accertamento positivo di cui si è detto.

A questo proposito, la parte privata, in ciò seguita dal Tribunale territoriale, contesta la ragionevolezza e la proporzionalità della sanzione della perdita del grado per rimozione. Al riguardo, tuttavia, va richiamato il consolidato orientamento – al quale il Collegio ritiene di aderire in assenza di particolari ragioni di segno contrario – secondo cui è incontestabile l’ampia discrezionalità che connota le valutazioni dell’Amministrazione in ordine alla sanzione disciplinare da infliggere a fronte delle condotte accertate (cfr. per tutte Cons. Stato, Sez. IV, 15 marzo 2012, n. 1452, ove riferimenti ulteriori, ai quali adde almeno Sez. IV, 31 ottobre 2012, n. 5582).

Su tale premessa, non è né illogica né irragionevole la scelta di irrogare una sanzione destitutoria al militare dell’Arma dei carabinieri che risulti avere fatto uso di sostanze stupefacenti. Infatti la condotta rimproverata è del tutto inammissibile, perché, alla luce dei compiti istituzionali dell’Arma e per la contiguità con soggetti operanti nell’illegalità che l’assunzione di stupefacenti inevitabilmente comporta, pregiudica la relazione fiduciaria con l’Amministrazione di appartenenza, costituisce una violazione con gli obblighi assunti con il giuramento prestato e rende del tutto irrilevante qualunque considerazione circa l’esito negativo di altri accertamenti, l’assenza di sintomi di tossicodipendenza, l’idoneità psicofisica al servizio, come pure lo stato di servizio del militare.

Tenuto conto dell’oggettiva gravità della condotta ascritta all’odierno appellato, non mette neppur conto indagare se la documentazione in atti deponga per il carattere del tutto isolato dell’episodio in contestazione ovvero denoti nel T F una qualità di assuntore pur occasionale di sostanze stupefacenti (pur ammesso che sia praticamente possibile da riscontrare clinicamente una tale qualità) (si veda in termini, per un appartenente all’Arma dei carabinieri, Cons. Stato, 31 maggio 2007, n. 2830;
per militari della Guardia di finanza, del tutto assimilabili ai carabinieri sotto il profilo specifico, Cons. Stato, Sez. IV, 18 novembre 2011, n. 6096 e n. 6099).

3. Con l’ultimo motivo dell’appello incidentale, il T F denuncia la violazione di legge, con riguardo al mancato rispetto del proprio diritto di difesa.

L’inchiesta formale è stata avviata il 27 dicembre 2010;
la contestazione degli addebiti è stata formulata il 1° gennaio 2011, con comunicazione ricevuta dal militare il successivo 5 gennaio. Tuttavia, solo all’atto del deferimento alla Commissione di disciplina (9 febbraio) egli sarebbe stato avvisato dell’avvenuta nomina di un ufficiale difensore di ufficio e avvertito della facoltà di nominare un difensore di fiducia. L’omessa, tempestiva comunicazione del diritto di avvalersi dell’assistenza di un difensore vizierebbe la procedura e il provvedimento in cui questa è sfociata.

La censura, peraltro, non coglie nel segno.

Con riferimento all’art. 24 Cost., la Corte costituzionale ha osservato che “il diritto di difesa non si estende, nel suo pieno contenuto, oltre la sfera della giurisdizione, sino a coprire ogni procedimento contenzioso di natura amministrativa, nel quale tuttavia deve essere salvaguardata una possibilità di contraddittorio che garantisca un nucleo essenziale di valori inerenti ai diritti inviolabili della persona (sentenze n. 71 e n. 57 del 1995), quando possono derivare per essa sanzioni che incidono su beni, quale il mantenimento del rapporto di servizio o di lavoro, che hanno rilievo costituzionale. Il contraddittorio e la possibilità di difesa non implicano l'obbligatorietà dell'assistenza di un difensore, anche se il legislatore potrebbe opportunamente, nella sua discrezionalità, prevederla, seguendo un modello di più elevata garanzia” (Corte cost., 24 luglio 1995, n. 356).

Nel solco di questa indicazione, l’art. 1370 del codice dell’ordinamento militare rafforza senz’altro il diritto di difesa del militare inquisito rispetto a quanto prevedeva l’art. 73, primo comma, della legge 31 luglio 1954, n. 599, con riguardo al quale la questione di legittimità costituzionale fu a suo tempo sollevata.

Questo però non implica che, nell’ambito del procedimento disciplinare militare, il diritto di difesa abbia la latitudine che di esso è tipica nel processo penale.

Secondo la parte che qui interessa, l’art. 1370 stabilisce che:

“1. Nessuna sanzione disciplinare può essere inflitta senza contestazione degli addebiti e senza che sono state acquisite e vagliate le giustificazioni addotte dal militare interessato.

2. Il militare inquisito è assistito da un difensore da lui scelto fra militari in servizio, anche non appartenenti al medesimo ente o Forza armata nella quale egli presta servizio o, in mancanza, designato d'ufficio….”

Benché più dettagliata rispetto alla precedente (“Il sottufficiale può farsi assistere da un ufficiale difensore, da lui scelto o designato dal presidente della Commissione di disciplina…”), la disciplina resta ancora limitata, al metro di raffronto della ben più articolata normativa degli artt. 96 e seguenti c.p.p.;
più in particolare, si tratta tuttora di una disciplina che, non recando specifiche prescrizioni e particolari sanzioni, non esclude a pena di invalidità che l’Amministrazione adotti singoli atti istruttori senza aver previamente avvertito l’incolpato della possibilità di nominare un proprio difensore.

Sul piano di una complessiva ricostruzione della normativa, è ragionevole ritenere che il mancato avviso possa ridondare in vizio della procedura solo quando, in relazione alle circostanze di fatto, il militare possa allegare uno specifico ed effettivo impedimento all’esercizio del proprio diritto di difesa. Poiché, nella vicenda in questione, non è dato riscontrare una concreta lesione del genere, il relativo motivo dell’appello incidentale non può essere accolto.

4. Dalle considerazioni che precedono discende che l’appello dell’Amministrazione è fondato e va perciò accolto;
l’appello incidentale, essendo infondato, deve essere respinto.

Considerata la natura della controversia, sussistono peraltro giustificate ragioni per compensare tra le parti le spese di entrambi i gradi di giudizio.

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