Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2016-08-01, n. 201603464
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Pubblicato il 01/08/2016
N. 03464/2016REG.PROV.COLL.
N. 00338/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 338 del 2015, proposto dalla società Esse A s.r.l. in liquidazione, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati G F C.F. FNZGCR42M13A809Y, Angelo Clarizia C.F. CLRNGL48P06H703Z, con domicilio eletto presso Angelo Clarizia in Roma, via Principessa Clotilde, 2;
contro
Comune di Castenaso, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato B G C.F. GRZBDT42L31A944E, con domicilio eletto presso Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2;
per la riforma della sentenza del T.A.R. per l’ EMILIA-ROMAGNA – Sede di BOLOGNA- SEZIONE I n. 01034/2014, resa tra le parti, concernente risarcimento danni per illegittima imposizione di oneri relativi alla realizzazione di un tronco di viabilità principale.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Castenaso;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 luglio 2016 il consigliere F T e uditi per le parti gli avvocati Clarizia e Graziosi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con la sentenza in epigrafe appellata n. 1034/2014 il Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia- Romagna – sede di Bologna – ha respinto il ricorso di primo grado proposto dalla odierna parte appellante Esse A S.r.l. in Liquidazione, volto ad ottenere il risarcimento dei danni ad essa asseritamente provocati dalla deliberazione consiliare 19 maggio 1994 n. 69 del Comune di Castenaso, definitivamente annullata con la sentenza n. 4449/2012 di questa Quarta Sezione del Consiglio di Stato passata in giudicato.
2. In punto di fatto, l’odierna parte appellante, aveva premesso:
a) di essere stata costituita per costruire un grande Centro Commerciale in Villanova di Castenaso e che la convenzione all’uopo stipulata con il Comune a seguito dell’approvazione dell’opera, prevedeva anche l’impegno a realizzare un razionale collegamento alla rete viaria esistente e futura secondo le indicazioni che sarebbero state fornite dal Comune.
b) che con la delibera nr. 69 del 19.5.1994 fu prevista la realizzazione della bretella di raccordo tra il comparto di Villanova e l’Asse Lungo Savena e nel primo stralcio dell’Asse medesimo (infrastruttura, questa, prevista nel P.R.G. del Comune di Bologna);
c) che essa –pur avendo impugnato questa delibera nelle more della decisione giudiziale si risolse ad eseguire l’opera richiesta poiché diversamente non avrebbe potuto aprire il Centro Commerciale ormai realizzato;
d) che essa chiese anche l’accertamento allo scomputo ed al rimborso degli oneri di urbanizzazione secondaria, in ragione delle maggiori opere eseguite;
e) che il T con la sentenza n. 2511/2003 accolse l’impugnazione (ricc. 426/1994 e 2026/1994) avverso la delibera impositiva dell’obbligo di edificare l’infrastruttura viaria (ed avverso delibere connesse) e respinse il riunito ricorso (1591/94) teso ad ottenere lo scomputo ed il rimborso degli onerii di urbanizzazione secondaria;
f) che con la sentenza n. 4449/2012 di questa Quarta Sezione del Consiglio di Stato venne confermato l’annullamento della delibera nr. 69 del 19.5.1994 con cui era stata prevista l’obbligatoria esecuzione, ad opera della odierna appellante (non soltanto della bretella di allacciamento all’asse primario c.d. “Lungosavena”) ma anche dello stesso primo tronco di tale asse, di competenza del comune di Bologna, e che detta sentenza era passata in giudicato a seguito della reiezione da parte della Corte di Cassazione della impugnazione ex art. 111 Cost. proposta dal Comune di Castenaso.
2.1. La odierna appellante aveva pertanto richiesto il risarcimento del danno ingiusto disceso dall’avere dovuto eseguire detto tratto di strada, ed il rimborso dei costi sostenuti.
3. Il Comune di Castenaso, si era costituito eccependo preliminarmente l’inammissibilità del ricorso (anche in ragione del fatto che l’odierna appellante aveva contemporaneamente proposto l’azione ex art. 2041 cc) l’avvenuta prescrizione del petitum risarcitorio e, nel merito, l’infondatezza del medesimo.
4. Il T, disattese le eccezioni di inammissibilità del ricorso e di prescrizione ha scrutinato il merito della controversia, respingendo il ricorso.
4.2. La impugnata sentenza, in particolare, ha:
a) richiamato il contenuto della sentenza n. 4449/2012 di questa Quarta Sezione del Consiglio di Stato;
b) escluso la sussistenza della responsabilità in capo all’amministrazione comunale di Castenaso convenuta ravvisando l’esistenza di un errore scusabile che aveva inciso nella emanazione dell’atto annullato in quanto:
I) l’insediamento realizzato dalla società originaria ricorrente costituiva (al tempo in cui fu concessa l’autorizzazione) il più grande centro commerciale della Regione, situato in un Comune confinante con il capoluogo emiliano che all’epoca non presentava una struttura viaria idonea a sostenere il traffico che sarebbe stato generato dal nuovo complesso;
II) per autorizzarne la creazione, fu infatti necessaria una delibera della Giunta Regionale del 2.5.1990 poiché per dimensioni e collocazione geografica il Centro Commerciale era destinato a servire vaste aree di attrazione eccedenti il territorio comunale ai sensi dell’allora vigente art. 27 L. 426/1971;
III) successivamente la convenzione firmata tra Esse A e il Comune di Castenaso, allegata alla delibera di approvazione del Piano particolareggiato, aveva previsto la realizzazione a spese della società di tutte le opere stradali necessarie per assicurare un razionale collegamento alla rete viaria esistente e/o futura e ciò aveva determinato la necessità di sviluppare una viabilità interessante anche zone non ricomprese in quelle del Piano particolareggiato che il Comune di Castenaso aveva approvato per consentire la realizzazione sul piano urbanistico del centro commerciale;
IV) anche il parere del Comitato Consultivo della Regione del 27.5.1993 aveva previsto che alcune infrastrutture venissero realizzate nel Comune di Bologna;
V) la stessa società odierna appellante, in una nota inviata all’Ufficio Tecnico del Comune di Bologna del 23.8.93, aveva fatto presente che essa intendeva avviare le attività preliminari e funzionali al perfezionamento di una convenzione trilaterale con i Comuni di San Lazzaro di Savena e Castenaso per realizzare la viabilità di raccordo tra la località Villanova e la futura SS 65 Lungo Savena.
VI) a seguito di detta interlocuzione era accaduto che:
VII) il Comune di Bologna con nota del 2.8.93 aveva comunicato alla Provincia di Bologna che il progetto per la costruzione dell’Asse Lungo Savena era quasi completato e che il primo lotto era principalmente a servizio del costruendo ipermercato, e nello stesso senso era stata resa una dichiarazione di intenti tra la Provincia di Bologna ed i Comuni di San Lazzaro di Savena e Castenaso;
VIII) su impulso del confinante Comune di San Lazzaro di Savena (che aveva sottolineato la necessità di adeguate infrastrutture viarie) la stessa Regione Emilia-Romagna con nota del 31.5.1993 aveva ribadito che l’autorizzazione del 2.8.90 era stata concessa subordinando il rilascio delle autorizzazioni commerciali alla verifica dello stato di progettazione di dette infrastrutture ed aveva invitato altresì la Provincia di Bologna a farsi promotrice di un accordo di programma a tal fine;
IX) peraltro in una successiva nota del 23.11.93 la Regione aveva chiesto chiarimenti circa la soluzione del problema dell’infrastruttura viaria, non avendo avuto ulteriori notizie in merito e tenuto conto che una società commerciale aveva presentato opposizione all’apertura del centro per mancanza di sufficienti collegamenti stradali;
X) doveva altresì rimarcarsi che la stessa società originaria ricorrente (in molteplici atti precedenti la delibera poi annullata dal Consiglio di Stato con la sentenza 4449/2012) aveva dimostrato di ritenersi onerata alla realizzazione delle infrastrutture viarie anche nel Comune di Bologna ed aveva interloquito con gli organismi tecnici di quel Comune, provvedendo ad acquisire i terreni necessari per la realizzazione dell’infrastruttura poi risultata “non dovuta”.
4.3. Alla stregua delle illustrate circostanze, il T ha espresso l’avviso che la delibera annullata dovesse essere valutata non in modo atomistico ma inquadrandola nel complesso procedimento che aveva portato all’apertura dell’ipermercato, ed ha dedotto che:
a) il Comune di Castenaso con tale atto aveva inteso definire conclusivamente la consistenza dell’obbligo della concessionaria di realizzare a proprie spese “tutte le opere stradali necessarie per assicurare un razionale collegamento della rete viabile esistente e/o futura”, ma il fatto che tra le opere stradali dovute ci fosse anche la realizzazione di parte dell’asse Lungo Savena non poteva essere attribuito alla volontà esclusiva di quell’ente locale;
b) l’obbligo di realizzare la infrastruttura viaria per cui è causa era emerso come frutto di una precisa direttiva della Regione Emilia-Romagna anche sotto la spinta delle doglianze espresse dal Comune di San Lazzaro di Savena, ed aveva visto l’intervento della Provincia e del Comune di Bologna;
c) il Comune di Castenaso aveva offerto la prova dell’influenza determinante di altri soggetti oltre che della rilevante complessità del fatto e pertanto era carente l’elemento della colposità della condotta.
5. L’originaria parte ricorrente, rimasta soccombente nel giudizio di prime cure ha proposto una articolata critica alla sentenza in epigrafe chiedendo la riforma dell’appellata decisione;ha all’uopo ripercorso le principali tappe del contenzioso intercorso ed ha sostenuto che:
a) non poteva ascriversi ad una delibera consiliare la sussistenza di un errore scusabile (che poteva attingere una persona fisica, ma non anche un organo collegiale);
b) il Comune di Castenaso aveva perseguito il risultato poi annullato dalla surrichiamata decisione del Consiglio di Stato;
c) la delibera 69/1994 era stata annullata già dal T in quanto violatrice dell’art 1 della Convenzione, in quanto:
I) ivi era stato previsto l’obbligo a carico del soggetto attuatore di realizzare opere stradali di collegamento con la rete viabile “esistente e futura”;
II) il Comune di Bologna aveva informato il Comune di Castenaso e gli altri enti circa lo stato del progetto “AsseLungosavena” e dei connessi progetti esecutivi;
III) trattavasi di viabilità di imminente realizzazione (né realizzata, né futura) ad opera del Comune di Bologna che ne aveva già predisposto l’esecuzione;
d) il T aveva misconosciuto il giudicato formatosi;
e) il Comune aveva violato il canone della buona fede;
f) non sussisteva alcuna “rilevante influenza” di altri Enti, ed il ritardo del Comune di Castenaso nell’attuare l’art. 1 della Convenzione era di per se sintomo dello stato di colpa in cui esso versava: a pochi mesi dalla programmata apertura del Centro commerciale aveva imposto all’appellante l’esecuzione di un’opera non dovuta;
g) la complessità dell’opera (a torto enfatizzata dal T in quanto comunque all’epoca erano già presenti nella Regione varii centri commerciali) semmai avrebbe potuto giustificare inconvenienti in fase preliminare e di progettazione: giammai in fase esecutiva.
6. In data 18.2.2015 il Comune di Castenaso si è costituito depositando atto di stile.
7. In data 17.6.2015 il Comune di Castenaso ha depositato una articolata memoria nell’ambito della quale, riepilogato analiticamente il contenzioso infraprocedimentale e lo sviluppo processuale della controversia, e ribadito che l’autorizzazione venne concessa all’appellante Società nel presupposto (a più riprese affermato dalla Regione Emilia Romagna) che fosse assolutamente necessaria la previsione di una “viabilità extracomparto” e che essa dovesse interessare anche il territorio del comune di Bologna ha sostento che:
a) l’appello era infondato perché il petitum risarcitorio nei confronti del Comune era inaccoglibile per carenza di colpa in capo all’amministrazione comunale e per la evidente sussistenza di un errore scusabile (che ben poteva interessare l’azione di un Organo collegiale quale è il Consiglio Comunale) ciò in quanto, tra l’altro;
I) trattavasi di questioni complesse e nuove;
II) la regione Emilia Romagna (con le proprie pressanti richieste di prevedere “viabilità extracomparto”), il Comune di Bologna, e quello di San Lazzaro di Savena (con le ripetute preoccupazioni espresse sull’impatto dell’opera sulla viabilità già congestionata) avevano spiegato una refluenza decisiva;
III) la stessa odierna appellante aveva dato un apporto rilevante alla adozione da parte del Comune delle delibere poi annullate (a seguito di contestazione della società, che aveva sottoscritto l’atto unilaterale d’obbligo senza avanzare alcuna perplessità, come nessuna obiezione aveva prospettato durante tutto l’iter procedimentale);
b) in via subordinata ha chiesto chiamarsi in causa il Comune di Bologna e la regione Emilia Romagna quali coobbligati solidali;
c)in via ulteriormente subordinata ha contestato l’importo della somma risarcitoria prospettata e richiesta dall’appellante società ed ha chiesto che, nella denegata ipotesi di affermazione dell’an della responsabilità risarcitoria del comune, il Collegio disponesse incombenti istruttorii (CTU) tesi anche a verificare i costi sostenuti, l’inerenza degli stessi all’opera indebitamente realizzata dall’appellante, ed il vantaggio in termini di maggior valore dell’area dalla società appellante ricavato, rispetto a quello che avrebbe conseguito ove si fosse limitata a realizzare la bretella di collegamento.
8. In data 3.6.2016 l’appellante società ha depositato una prima memoria, contestando le deduzioni del comune di Castenaso ed evidenziando che:
a) la Regione si era limitata a evidenziare la necessità di realizzare le strutture di “accesso” al centro commerciale, (le strutture di “razionale collegamento alla viabilità esistente e/o futura”) e non certo ad imporre che l’appellante società, per una strada procedesse all’acquisto delle aree (invece delle espropriazioni) ed alla realizzazione di una infrastruttura viaria già in via di prossima realizzazione;
b) il parere 27.5.1993 del Comitato consultivo regionale prevedeva effettivamente che vi fossero infrastrutture realizzate in Comune di Bologna e che la Società appellante doveva dichiararsi pronta ad avviare le procedure con il Comune di Bologna “per realizzare la viabilità di raccordo” con la futura SS 65 Lungosavena:_ ma ciò in quanto perché l’area del centro commerciale, essendo a ridosso del confine tra i due territori comunali, (la “viabilità di raccordo”) cadeva in parte nel territorio di Bologna;si faceva comunque riferimento alla bretella di collegamento e non del 1° tronco Lungosavena;
c) la nota 23.8.1993 della Società, faceva evidentemente sempre riferimento al raccordo o bretella di collegamento che l’esecutore doveva eseguire a termini di convenzione e che ricadeva in parte in Comune di Bologna;
d) era paradossale che all’appellante Esse A venisse addebitato di avere concorso nell’errore del comune: essa aveva proposto tre ricorsi e poi aveva dovuto subire, pressata dall’urgenza della apertura di un centro commerciale ormai prossimo agli allestimenti definitivi, l’imposizione del Comune a realizzare l’opera: il paradigma normativo di cui all’art. 1227 era inapplicabile;
d) la chiamata in causa del Comune di Bologna e della Regione (comunque non ammessa nel secondo grado di giudizio) non trovava ragione nei fatti di causa in quanto:
I) la Regione non poteva essere coinvolta nel “risarcimento”, non avendo mai espressamente disposto, in alcun documento, l’esecuzione ad Esse A dei lavori di costruzione dell’Asse Lungo Savena, oltre alle opere di collegamento previste dalla convenzione.
II) quanto al Comune di Bologna, i rapporti tra le due Amministrazioni non erano mai stati esplicitati, ma si evinceva, dall’assoluta mancanza di documentazione, l’insussistenza di titoli formali per il coinvolgimento del Comune di Bologna;
III) in ogni caso, la domanda del comune appellato era meramente dilatoria, in quanto, per un verso era pendente al TAR una causa per arricchimento nei confronti del Comune di Bologna (R.G. 301/2014), riassunta dopo la statuizione di difetto di giurisdizione dell’AGO ed il Comune di Castenaso avrebbe forse potuto chiedere la riunione tra quel procedimento e quello odierno, contemporaneamente pendente in primo grado, ma ciò non aveva fatto;nel giudizio di arricchimento il Comune di Bologna aveva decisamente negato qualsiasi partecipazione o coinvolgimento con il Comune Castenaso.
d) il danno era stato provato ed era inutile e defatigatoria la richiesta di Ctu in funzione di una (illogica) prospettazione compensativa tra costi ed oneri sostenuti ed ipotetici vantaggi in termini di “valorizzazione” del centro commerciale ceduto a Coop Adriatica.
9. In data 4.6. 2016 il Comune di Castenaso ha depositato una ulteriore memoria puntualizzando le proprie difese.
10. In data 14.6.2016 l’appellante società ha depositato una ulteriore memoria di replica ribadendo le proprie tesi.
11. In data 16.6.2016 il Comune di Castenaso ha depositato una ulteriore memoria di replica ribadendo le proprie tesi.
12. Alla odierna pubblica udienza del 7 luglio 2016 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1.L’appello è infondato e va respinto nei sensi di cui alla motivazione.
2.Seguendo la tassonomia propria delle questioni (secondo le coordinate ermeneutiche dettate dall’Adunanza plenaria n. 5 del 2015), è evidente che in ordine logico è prioritaria la disamina della problematica relativa alla regolare instaurazione del contraddittorio di primo grado.
2.1.L’amministrazione comunale odierna appellata, infatti, seppure in via subordinata ha chiesto chiamarsi in causa il Comune di Bologna e la regione Emilia Romagna quali coobbligati solidali ed in via principale ha dedotto che l’errore in cui (a tutto concedere) sarebbe stato indotto il Comune sarebbe disceso (anche) dalla influenza rilevante spiegata nel procedimento dalla dette due amministrazioni ed anche dal comune di San Lazzaro di Savena.
2.1.1. Rileva in proposito il Collegio che le dette argomentazioni né possono condizionare la decisione nel merito della causa, né possono indurre ad ipotizzare che il contraddittorio di primo grado non sia stato integro.
2.1.2. Il Collegio non intende sul punto decampare dai principi di recente affermati in una decisione della Sezione (recante n. 1225/2016) che appare sovrapponibile alla controversia per cui è causa, laddove è rimasto chiarito che:
a) sono condivisibili i principi affermati dalla giurisprudenza (Consiglio di Stato Sez. IV n. 4786 del 2001;Sez. VI n. 5279 del 2012) secondo cui è possibile affermare la responsabilità solidale tra amministrazioni (2055 c.c.);
b) ciò, però, può avvenire – per pacifici ed incontestati principi di natura processuale – soltanto allorché le due (o più) parti pubbliche o private destinatarie della domanda risarcitoria siano state intimate e messe in condizione di difendersi nel corso del processo di cognizione e laddove nei loro confronti sia stata articolata la corrispondente domanda:
c)nel caso di specie, né l’appellante principale ha avanzato una simile domanda nei confronti di alcuna delle amministrazioni pubbliche menzionate dal Comune di Castenaso appellato, né quest’ultimo ha chiesto che il T estendesse ad alcuno di tali Enti il contraddittorio (art. 28 comma 3 del cpa) e peraltro è rimasto inimpugnato il capo di sentenza con il quale è stata affermata la non refluenza nell’odierno giudizio della domanda ex art. 2041 cc spiegata dalla società odierna appellante nei confronti del Comune di Bologna e pendente in primo grado innanzi al T.
2.2. Alla stregua delle superiori considerazioni, deve affermarsi la integrità del contraddittorio di primo grado e l’assenza di problematiche condizionanti negativamente la possibilità di scrutinare il merito della causa.
3. E proprio venendo alla disamina della questione centrale, il Collegio ritiene che l’appello non sia fondato, quanto alla possibilità di rinvenire l’elemento soggettivo dell’illecito in capo all’Amministrazione, alla stregua delle considerazioni che seguono.
3.1. Non è controverso l’approdo giurisprudenziale secondo il quale ( ex aliis , ancora di recente Consiglio di Stato, sez. V, 18/01/2016, n. 125) “ ai fini dell'ammissibilità della domanda di risarcimento del danno non è sufficiente il solo annullamento del provvedimento lesivo, ma è altresì necessario che sia configurabile la sussistenza dell'elemento soggettivo della colpa, dovendosi verificare se l'adozione e l'esecuzione dell'atto impugnato sia avvenuta in violazione delle regole di imparzialità, correttezza e buona fede, alle quali l'esercizio della funzione pubblica deve costantemente attenersi;da ciò deriva che, in sede di accertamento della responsabilità della Pubblica amministrazione per danno a privati, il giudice amministrativo, in conformità ai principi enunciati nella materia anche dal giudice comunitario, può affermare tale responsabilità quando la violazione risulti grave e commessa in un contesto di circostanze di fatto e in un quadro di riferimenti normativi e giuridici tali da palesare la negligenza e l'imperizia dell'organo nell'assunzione del provvedimento viziato;il giudice può negarla, invece, quando l'indagine conduca al riconoscimento dell'errore scusabile con la conseguenza che, ai fini della configurabilità della responsabilità aquiliana ( ex art. 2043 cod. civ.) della Pubblica amministrazione per danno, devono ricorrere i presupposti del comportamento colposo, del danno ingiusto e del nesso di conseguenzialità.”
In chiave positiva, è stato altresì precisato che (Consiglio di Stato, sez. VI, 04/07/2012, n. 3897) in punto di diritto l'errore scusabile è individuabile in presenza di oggettiva oscurità, sovrabbondanza o repentino mutamento delle norme applicabili, ovvero di verificata sussistenza di contrasti interpretativi e che è posta a carico dell'Amministrazione l'onere di dimostrare l'eventuale sussistenza di un errore scusabile, mentre per il privato danneggiato operano le regole di comune esperienza ed il rinvio alla nozione generale di presunzione di cui all'art. 2727 c.c.
3.2. Ritiene il Collegio che il Comune abbia provato il ricorrere di tali eccezionali circostanze che impediscono il positivo riscontro dell’elemento soggettivo dell’illecito.
3.3. Pare al Collegio si possa innanzitutto muovere da un dato rimasto incontestato, e che, anzi, è implicitamente ammesso dalla odierna parte appellante (che ha proposto azione ex art. 2041 CC nei confronti del comune di Bologna): se si vertesse nel campo dell’accertamento penalistico dei contorni della fattispecie, si sarebbe al cospetto di una classica ipotesi di “delitto senza movente”, in quanto –certamente- l’errore commesso dal Comune nell’imporre all’appellante società l’esecuzione di un’opera non dovuta, non avvantaggia punto il Comune di Castenaso, ma semmai, altro Ente locale.
Sotto il profilo della “causale”, quindi, ci si trova in presenza di una consistente eccentricità, e di una “devianza” rispetto allo schema tipico dell’illecito extranegoziale da provvedimento amministrativo con il quale si è soliti confrontarsi nell’esperienza giudiziaria.
Invero, talvolta ci si trova al cospetto di prese di posizione delle Amministrazioni non in linea con il paradigma di legittimità: ma nella quasi totalità dei casi esse sono tese ad “avvantaggiare” in qualche modo, proprio l’Amministrazione che le impone al privato: in questo caso, invece, è provato documentalmente che il Comune di Castenaso non traeva alcun diretto ed immediato vantaggio dalla “imposizione” dell’opera alla appellante società, e semmai, a trarne vantaggio era il Comune di Bologna (che veniva a risparmiare un esborso che avrebbe comunque dovuto porre in essere).
Ciò, ad avviso del Collegio, implica una prima conseguenza che riposa nella inaccoglibilità (non soltanto sotto il profilo del difetto di prova, ma anche e prioritariamente sotto il profilo logico) di tutti gli argomenti critici volti a tratteggiare la vicenda descrivendo un quadro in cui il Comune di Castenaso, approfittando dell’ urgenza dell’appellante società di eseguire al più presto l’opera, imponeva alla stessa condizioni “vessatorie” e comunque indebite, al consapevole fine di trarne giovamento.
All’evidenza, ove questo fosse stato l’ animus del Comune, vien fatto di pensare che –quantomeno- lo stesso avrebbe imposto l’esecuzione di un opera, o comunque una prestazione della quale esso si sarebbe giovato immediatamente ed in proprio, piuttosto che commettere consapevolmente un illecito a beneficio…di un terzo Ente.
3.4. Quanto sopra pare al Collegio deponga per l’inaccoglibilità degli argomenti critici suddescritti, volti ad attrarre la condotta dell’amministrazione comunale nell’ambito della responsabilità “intenzionale” o dolosa e determini la conseguenza per cui l’unico oggetto di indagine riposi nella sussistenza –o meno -di una condotta colposa.
3.5. Come avvertito in premessa, ritiene il Collegio che neppure tale versante di indagine conduca al positivo riscontro dell’elemento colposo, sol che si consideri che:
a) al di là delle espressioni enfatiche utilizzate (a scopi speculari ed opposti) dalle parti, è certamente vero che trattavasi di uno dei primi (in ordine temporale) procedimenti volti all’apertura di grandi strutture di vendita nell’area, e parimenti incontestabile è la circostanza che trattavasi di un procedimento di non minima complessità e riguardante una vasta area ed una imponente struttura;
b) l’appellante società nega tale ultima circostanza, e sostiene che la complessità, a tutto concedere, sarebbe stata ravvisabile nella fase “genetica”, ma non esecutiva: il vero è, però, (ma il punto sarà meglio approfondito di seguito) che la individuazione ed esecuzione di una viabilità extra-comparto si poneva a monte e non a valle della convenzione, in quanto era condizione per la esecuzione dell’opera, per cui la distinzione suindicata patrocinata dall’appellante società non possiede portata pregnante;
c) sia la Regione (nota in atti, del 31.5.1993) che il Comune di San Lazzaro di Savena che la Provincia di Bologna, nell’ambito dei rispettivi ruoli e delle rispettive responsabilità avevano evidenziato:
I) la necessità di assicurare il potenziamento della rete viaria;
II) preoccupazioni sull’impatto dell’opera in termini incremento del traffico su area già congestionata;
III) la necessità che venisse sviluppata una viabilità interessante anche zone non ricomprese in quelle del Piano particolareggiato che il Comune di Castenaso aveva approvato per consentire la realizzazione sul piano urbanistico del centro commerciale;
d) in questo quadro di partenza, ed a fronte di una convenzione che certamente prevedeva l’obbligo della concessionaria di realizzare a proprie spese “tutte le opere stradali necessarie per assicurare un razionale collegamento della rete viabile esistente e/o futura” si inquadra un avvenimento esterno, che ha spiegato una rilevante/determinante portata nella fattispecie: ci si intende riferire alla circostanza che una viabilità di imminente realizzazione era rappresentata dal progetto “ AsseLungosavena”;
e) il giudicato formatosi ha chiarito che nel concetto di rete viabile esistente e/o futura non poteva rientrare il detto Asse, in quanto di imminente realizzazione;
f) è certo però, che non pare inescusabile la condotta del comune che, all’evidenza, ha interpretato il termine “futura” in termini tali da ricomprendervi la detta opera, sebbene di imminente realizzazione ad opera del Comune di Bologna, ed abbia ritenuto di quadrare il cerchio riferendo al primo tratto di quest’ultima l’obbligo dedotto in convenzione;
g) ciò deve saldarsi con la considerazione per cui:
I) come prima posto in luce, la Regione, ma anche altri enti locali, interessati all’opera, seppur non si possa dire (contrariamente a ciò che ha affermato il comune appellato in ultimo a pag 4 della memoria depositata il 4 giugno 2016) che abbiano “impartito precise direttive in tale senso al Comune”, neppure fecero a questi mai presente l’errore in cui era incorso (errore di cui -quantomeno allorchè la società appellante iniziò ad eseguire l’opera - erano stati certamente resi edotti);
II)la società appellante giammai si oppose con decisione a tale determinazione: essa certo, impugnò gli atti suddetti;e la sua condotta non integra né acquiescenza, né – ritiene il Collegio- possa rientrare nel paradigma di cui all’art. 1227 cc (contrariamente a quanto dal comune ipotizzato): purtuttavia, l’assenza di decisa opposizione della società appellante, non può che avere spiegato l’effetto di rafforzare il Comune di Castenaso nel convincimento di avere agito legittimamente, e nel rispetto del dettato convenzionale, allorchè impose la realizzazione (oltre che della viabilità di raccordo tra il tronco viario principale ed il centro commerciale erigendo) anche del primo tratto dell’Asse LungoSavena già progettato e programmato dal capoluogo emiliano;
h) discende da quanto sopra ad avviso del Collegio, che la condotta del comune non possa ritenersi né colposa né negligente, ma che lo stesso sia incorso in un errore scusabile, ritenendo di bene agire coniugando la esigenza di potenziale la viabilità interessante l’area con l’obbligo assunto dalla società, e facendo convergere entrambe sulla realizzazione di un tronco di strada la cui esecuzione era già programmata.
3.5. Il Collegio è persuaso del superiore convincimento, ed è altresì convinto che:
a) le sentenze cognitorie non si siano interessate della problematica (nel senso che essa non rientrava nel perimetro del devolutum ) e pertanto, contrariamente a quanto dedotto dall’appellante società, la questione della sussistenza –o meno- dell’elemento soggettivo dell’illecito in capo al comune appellato costituisca versante di scrutinio che non risente di alcuna preclusione;
b) non è il Comune che “ingenera equivoci” (pag. 3 della memoria di replica della società appellante depositata il 14.6.2016) citando la doverosa previsione di una viabilità extracomparto ma, semmai, la questione della necessità della viabilità extracomparto, unitamente alla circostanza che l’AsseLungosavena rientrava tra le infrastrutture già programmate, ha spiegato un rilevante peso nel far sì che il Comune incorresse nell’errore stigmatizzato in sede cognitoria;
c) la radicale tesi per cui giammai un errore scusabile potrebbe connotare l’attività di un organo collegiale è fondata su una indimostrata petizione di principio, e collide con il contrario dato rappresentato dalla circostanza che la manifestazione finale è unica, per cui proprio non è dato comprendere come possa escludersi, in via astratta che essa possa essere affetta da errore;
d) la stessa appellante società, ben avendo presente che il Comune appellato non ha beneficiato dell’errore, ha proposto l’azione di indebito arricchimento verso l’unico Ente pubblico che pare abbia tratto profitto dall’incolpevole errore del comune appellato.
4. Conclusivamente, alla stregua delle superiori, assorbenti, considerazioni, ritiene il Collegio che la sentenza vada confermata, e che la responsabilità dell’amministrazione comunale di Castenaso vada esclusa per carenza dell’elemento soggettivo, riscontrandosi una ipotesi di errore scusabile tale da elidere l’elemento colposo sinanco sotto il profilo della culpa levis : l’appello deve essere pertanto respinto.
4.1. Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cassazione civile, sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cassazione civile, sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663).