Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2014-09-10, n. 201404600

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2014-09-10, n. 201404600
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201404600
Data del deposito : 10 settembre 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 02042/2009 REG.RIC.

N. 04600/2014REG.PROV.COLL.

N. 02042/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso n. 2042/2009 RG, proposto dalla sig. G M T (n.q. di vedova del de cuius A A), nonché dai sigg. F, V e M P A (n.q. di figli del de cuius A A), tutti rappresentati e difesi dall'avv. L B, con domicilio eletto in Roma, via Paolo Emilio n. 34,

contro

il Ministero dell'interno, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato,presso i cui uffici si domicilia in Roma, via dei Portoghesi n. 12,

per la riforma

della sentenza del TAR Lazio – Roma, sez. I-ter, n. 8173/2008, resa tra le parti e concernente il diniego dell’equo indennizzo per la patologia del dante causa degli appellanti;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero intimato;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore all'udienza pubblica del 10 aprile 2014 il Cons. S M R e uditi altresì, per le parti, l’avv. Brienza e l’Avvocato dello Stato Marchini;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

1. – Il sig. A A, già sovrintendente - capo della PS, decedette l’8 dicembre 1999 in Frosinone, per emorragia cerebrale.

Sicché in data 5 luglio 2000, la sig. G M T ed i sigg. F, V e M P A, nelle loro qualità di eredi (vedova e, rispettivamente, figli) ed aventi causa del de cuius A A, chiesero alla P.A. datrice di lavoro, tra l’altro, il riconoscimento dell’equo indennizzo, previa accertamento della dipendenza del decesso di questi da causa di servizio.

La questione fu sottoposta alla CMO di Roma che, con verbale del A/401/003 del 19 marzo 2001, affermò che la patologia, che provocò la morte del sig. A, era in effetti dipesa da causa di servizio. Sennonché, il Ministero dell’interno – Dip.to di PS, con decreto n. 376/N del 19 settembre 2001, respinse l’istanza dei sigg. M T e consorti. Tanto perché quest’ultima fu ritenuta tardiva rispetto al termine semestrale di cui all’art. 3 del RD 15 aprile 1928 n. 1024, decorrente dalla data della morte del sig. A.

2. – Avverso tal statuizione insorsero allora i sigg. M T e consorti innanzi al TAR Lazio, con il ricorso n. 2031/2002, deducendo in punto di diritto vari profili d’illegittimità e di erroneità, che a dir loro avrebbero inficiato il citato decreto.

Con sentenza n. 8173 del 19 giugno 2008, l’adito TAR ha respinto la pretesa attorea, in quanto ha natura sicuramente perentoria il termine semestrale ex art. 3 del RD 1024/1928, sì nel frattempo abrogato ma mantenuto in vigore dall’art. 36 del DPR 3 maggio 1957 n. 686 prima di confluire nel DPR 29 ottobre 2001 n. 461, inapplicabile ratione temporis alla vicenda de qua . Detto termine, inoltre, va computato a partire dal decesso del dante causa dei ricorrenti che, in relazione a tal sua natura, da questi ultimi fu immediatamente percepito nella sua gravità.

3. – Appellano quindi i sigg. M T e consorti, con il ricorso in epigrafe, deducendo l’erroneità della sentenza per non aver considerato: A) – l’intervenuta abrogazione, grazie all’art. 11 del DPR 20 aprile 1994 n. 349, anche dell’art. 36 del DPR 686/1957 (che aveva finora tenuto in vita il ripetuto art. 3 del RD 1024/1928), donde la sicura applicabilità nel caso in esame dell’art. 12 del DPR 461/2001, in relazione sia all’unicità dell’accertamento della dipendenza da causa di servizio, sia all’identità della patologia, che determinò la morte del sig. A, con quella già riconosciuta ed indennizzata con equo indennizzo a suo favore fin dal 25 maggio 1995;
B) – la decorrenza del termine semestrale, a tutto concedere, non già dal decesso del sig. A, bensì dalla lettura della cartella clinica di questi, ritirata dagli appellanti presso l’Ospedale di Frosinone il 14 luglio 2000, momento in cui essi ebbero la piena consapevolezza della vera causa della patologia letale. Resiste in giudizio il Ministero intimato, concludendo per il rigetto dell’appello.

Alla pubblica udienza del 10 aprile 2014, su conforme richiesta delle parti, il ricorso in epigrafe è assunto in decisione dal Collegio.

4. – L’appello è del tutto privo di pregio e va disatteso, per le ragioni qui di seguito indicate.

Quanto alla dedotta inapplicabilità dell’art. 3, I c. del RD 1024/1928 nella specie, non dura fatica il Collegio a concedere agli appellanti l’intervenuta abolizione, per effetto dell’art. 11 del DPR 349/1994, dell’art. 36 del DPR 686/1957.

È così venuta meno la norma che l’aveva mantenuto in vigore, di talché pure il ripetuto art. 3, I c. non può più trovare ingresso nella regolazione della vicenda in esame, e su ciò il Collegio non ha di che ridire. Anzi, gli appellanti propugnano la tesi per cui va preferita l’unicità dell’accertamento della dipendenza di patologie da causa di servizio, secondo il principio sancito dall’art. 12 del DPR 461/2001 nel senso che «… il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio dell'infermità o lesione costituisce accertamento definitivo anche nell'ipotesi di successiva richiesta di equo indennizzo e di trattamento pensionistico di privilegio …». Ebbene, se si fosse verificato un vuoto normativo, a causa dell’abolizione del ripetuto art. 3, I c., non potrebbe il Collegio esimersi dal verificare sia se fosse venuto meno un qualunque termine decadenziale per la richiesta dell’equo indennizzo, sia se ed in qual misura la fattispecie potesse esser integrata dal jus superveniens ex art. 12 del DPR 461/2001. Ma così non è: da un lato, non solo non v’è alcun “vuoto”, ma anzi soccorre l’art. 3, c. 1 del DPR 349/1994, applicabile ratione temporis al caso in esame ed in virtù del quale «… l’impiegato civile che abbia contratto infermità o subìto lesioni, per farne accertare l'eventuale dipendenza da causa di servizio deve, entro sei mesi dalla data in cui si è verificato l'evento dannoso o da quella in cui ha avuto conoscenza dell'infermità o della lesione, presentare domanda scritta all'amministrazione …»;
dall’altro, la chiarezza della norma, che replica in sostanza l’art. 3, I c. del RD 1024/1928, esclude ogni questione sull’applicabilità d’una normativa, qual è il citato DPR n. 461, non solo posteriore all’emanazione dell’impugnato decreto di rigetto, ma anche recante sullo specifico punto regole innovative nella disciplina di settore.

Né si potrebbe mai questionare sul senso dell’art. 3, c. 1 del DPR 349/1994, laddove si riferisce all’ « impiegato civile », giacché nella specie si parla, con riguardo al dante causa degli appellanti ed in assenza d’altra norma di settore concludente in modo diverso, di un appartenente ad una Forza di polizia ad ordinamento civile.

5. – Consapevoli dell’esistenza di quest’ultima norma, nonché della difficoltà di invocare in via diretta il jus superveniens recato dal DPR 461/2001, gli appellanti contestano che il dies a quo per il computo del termine semestrale di decadenza vada individuato non nella morte del loro congiunto, bensì dal momento della loro piena conoscenza delle relative cause.

Assodato che il predetto termine è decadenziale, il Collegio potrebbe subito concludere nel senso, contrario alla tesi degli appellanti, per cui l’art. 3, c. 1 del DPR 349/1994 àncora detto dies a quo alla «… data in cui si è verificato l'evento dannoso o… (a) quella in cui ha avuto conoscenza dell'infermità o della lesione …».

Come si vede, la norma subordina la decorrenza del termine stesso non alla sola conoscenza dell’infermità o della lesione, ma, in via paritaria, al momento in cui si è avuto l’evento dannoso, specie quand’esso sia d’evidenza tale da non richiedere ulteriori o più approfondite conoscenze sulla patologia ed i suoi effetti. E si badi: la cognizione che la morte del sig. Antonelli sia stato l’evento dannoso, da cui nella specie iniziò a decorrere il predetto termine, non è dubbio non solo (o non tanto) per l’esito letale di esso. Lo è, piuttosto, per la circostanza, ben nota agli appellanti e da essa più volte ribadita nel ricorso in epigrafe, dello stato patologico gravemente cronico del loro congiunto, tanto da esser stato a suo tempo (1995) indennizzato dalla P.A. per la prima insorgenza e da esser da loro adoperato quale argomento per affermare l’identità patologica dei due eventi.

6. – In definitiva, l’appello va così respinto, ma giusti motivi suggeriscono la compensazione integrale, tra le parti, delle spese del presente giudizio.

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