Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2010-09-17, n. 201006935
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N. 06935/2010 REG.DEC.
N. 04196/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
DECISIONE
Sul ricorso numero di registro generale 4196 del 2009, proposto da:
Sud Servizi Generali Sc, rappresentato e difeso dall'avv. V A, con domicilio eletto presso Gigliola Mazza Ricci in Roma, via di Pietralata 320;
contro
Comune di Torremaggiore, rappresentato e difeso dall'avv. F A, con domicilio eletto presso Laura Paladini in Roma, via A. De Gasperi 35;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. PUGLIA - BARI: SEZIONE III n. 00669/2009, resa tra le parti, concernente PROROGA SERVIZIO DI RACCOLTA RSU - REVISIONE PREZZI - RIS. DANNI.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Torremaggiore;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 maggio 2010 il Cons. Nicola Russo e uditi per le parti gli avvocati Vincenzo e F A;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con atto notificato e depositato rispettivamente il 13 e 24 maggio del 2006 la società Sud Servizi Generali impugnava dinanzi al T.A.R. per la Puglia, sede di Bari, le determinazioni del dirigente comunale settore terzo -Ufficio tecnico- nn. 448-611-627 del 2005, nn. 62-192-253 del 2006 nella parte in cui, disponendo nelle more dell’espletamento della nuova gara, per la proroga a favore di essa società del servizio di raccolta r.s.u. per un periodo complessivo di sette mesi e quindici giorni (mese di ottobre 2005 con determina n. 488/05;mese di novembre con determina n. 611/05;mese di dicembre con determina n. 627/05;dall’1.1.06 al 31.3.06 con determina n. 62/06;aprile 2006 con determina n. 192/06;primi quindici giorni di maggio con determina n. 253/06), non hanno previsto alcuna revisione del prezzo del canone di gestione, ma hanno mantenuto fermo il medesimo prezzo mensile previsto nel previgente contratto (€ 62.000,00 Iva compresa), e chiedeva, altresì, l’accertamento del diritto della ricorrente ad ottenere la revisione del canone di gestione dei servizio di raccolta r.s.u., nonché la condanna del Comune di Torremaggiore al pagamento degli importi dovuti a titolo di revisione prezzi e comunque al risarcimento danni.
Deduceva le seguenti censure: 1) “Violazione di legge ed in particolare degli artt. 42 e 23 della Cost. Eccesso di potere”. Osservava che la prosecuzione del servizio le è stata imposta in forza di atti unilaterali dell’amministrazione e non già in virtù di contratto e che nel periodo temporale di proroga non ha ricavato alcun utile perché il costo della manodopera impiegata nel contratto era superiore al prezzo imposto dalla stazione appaltante. 2) “Eccesso di potere”: il costo della mano d’opera per il periodo dall’ottobre del 2005 al maggio del 2006 è aumentato di € 11.305,00 mensile e quindi è ben maggiore del prezzo di € 881,00 (ricavabile questo dalla differenza tra il prezzo di € 61.119,00 fissato sino al 31.12.03 e quello di € 62.000,00 determinato dal gennaio 2004 al maggio del 2005). 3) “Violazione art. 1 della legge n. 327/2000” perché viene imposto alla ricorrente un prezzo non adeguato al costo di lavoro degli operai impiegati nel servizio. 4) Veniva richiesto il risarcimento danni, quantificato in complessivi € 131.294,00 di cui € 84.794,00 quale danno emergente ed € 46,500,00 per mancato utile pari al 10% del canone mensile. 5) Nonché l’accertamento del diritto ad ottenere la revisione ai sensi dell’art. 6 della legge n. 537/93, come modificato dall’art. 44 della legge n. 724/1994, trattandosi di un appalto di servizio pubblico suscettibile di essere regolato dalla norma in rubrica. Il canone va adeguato ai maggiori e sopravvenuti costi del personale e agli indici del costo della vita.
Si costituiva in giudizio il Comune di Torremaggiore che con memoria si opponeva alle avverse pretese, eccependone in via pregiudiziale l’inammissibilità per acquiescenza ad atto presupposto, individuato nella determina dirigenziale n. 511 del 28.9.04 che disponeva per la prosecuzione del servizio di che trattasi “dal 1.10.04 sino alla data di effettivo inizio del servizio da parte della ditta che sarà rimasta aggiudicataria dell’appalto”.
Nel corso del giudizio, con provvedimento n. 196 dell’11.4.08 il dirigente del settore tecnico del Comune di Torremaggiore determinava di riconoscere alla società ricorrente l’adeguamento del canone del servizio per la raccolta r.s.u. espletato, in regime di proroga del precedente contratto scaduto, per i periodi 1.1.04/30.9.05 ed 1.10.05/15.5.06, per cui pendeva il contenzioso (oltre che altro ricorso rubricato al n. 1640/04), adeguamento operato in base all’indice di variazione prezzi per le famiglie di operai ed impiegati (indice F.O.I.) mensilmente pubblicato dall’ISTAT relativamente ai periodi in questione.
Anche detta determina veniva gravata con atto di motivi aggiunti, dalla società Sud Servizi Generali, che al riguardo lamentava come essa non avesse adeguato il prezzo dell’appalto in relazione al mancato utile dell’impresa ed ai costi sopportati dall’impresa medesima per l’aumento del costo della manodopera degli operai. Deduceva: “Violazione degli artt. 42 e 23 della Cost, nonché violazione art. 1 della legge n. 327/00 ed art. 6, comma 4 della legge n. 537/93”.
Anche tali motivi aggiunti venivano contestati dalla difesa del Comune, che al riguardo produceva memoria.
Con sentenza n. 669/2009, depositata in data 26 marzo 2009, il Tribunale adìto riteneva che l’impugnativa, espressa nell’atto introduttivo, avverso le determine dirigenziali di proroga servizio raccolta r.s.u. per l’ulteriore complessivo periodo di mesi sette e gg. quindici siccome non vengono a prevedere la revisione del canone di gestione del servizio, fosse improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse, in quanto in corso di giudizio era intervenuto il nuovo provvedimento, il n. 196 dell’11.4.2008, con cui il dirigente comunale di settore aveva determinato di riconoscere l’adeguamento del canone per il periodo indicato nel ricorso.
Quanto all’atto di motivi aggiunti, con cui la società ricorrente aveva contestato anche questa intervenuta determina perché, a suo dire, il metodo usato per l’adeguamento del canone e cioè l’indice di variazione - ai sensi dell’art. 6 comma 4 della legge 537/93 - dei prezzi per le famiglie di operai ed impiegati (indice F.O.I.) mensilmente pubblicato dall’ISTAT, non sarebbe esaustivo e comunque sarebbe errato perché non riconosce assolutamente ad essa società il mancato utile e il lucro cessante relativo all’appalto all’esame e neppure i costi per la manodopera degli operai impiegati dall’impresa nei servizi all’esame, il Tribunale lo riteneva infondato e, quindi, respingeva le pretese con lo stesso fatte valere.
Con ricorso notificato in data 19.5.2009 la società Sud Servizi Generali ha proposto appello avverso la prefata sentenza, deducendone l’erroneità e l’ingiustizia e chiedendone la conseguente riforma per i motivi che possono così sintetizzarsi:
error in iudicando per violazione e falsa applicazione di norme di legge, nonché per omessa pronuncia, in quanto il giudice di prime cure avrebbe statuito esclusivamente sulla domanda di revisione prezzi, mentre avrebbe omesso di pronunciarsi sulla lamentata illegittimità delle determinazioni dirigenziali di proroga del rapporto contrattuale, nonché sulla richiesta di risarcimento danni;
error in iudicando per violazione di legge quanto all’art. 1 della L. n. 327/2000 e per violazione e falsa applicazione dell’art. 6, comma 4, della L. n. 537/93, poiché il Tribunale non avrebbe riconosciuto in favore della società appellante, a titolo di revisione prezzi, l’aumento dei costi della mano d’opera sostenuta dalla predetta impresa.
Si è costituito in giudizio il Comune di Torremaggiore, chiedendo il rigetto dell’appello proposto, stante la infondatezza dei motivi.
Alla pubblica udienza dell’11 maggio 2010 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
L’appello è infondato.
Quanto al motivo relativo all’omessa pronuncia del giudice di prime cure in ordine alla illegittimità dei provvedimenti dirigenziali di proroga e al consequenziale diritto al risarcimento, il T.A.R., del tutto correttamente, ha premesso che le determinazioni dirigenziali costituivano una proroga del rapporto contrattuale già in atto, cosicché, dovendo valutarne la illegittimità unicamente sotto il profilo della sopravvenuta inadeguatezza dei canoni di gestione, secondo quanto dedotto dalla ricorrente, ha conseguentemente concluso per la improcedibilità della domanda per carenza di interesse, atteso che nelle more del giudizio, il Comune di Torremaggiore aveva riconosciuto in favore della società ricorrente l’adeguamento del canone in virtù dell’indice F.O.I.
Lo stesso T.A.R. ha poi giudicato come legittima l’applicazione di tale parametro ai fini dell’adeguamento del canone già contrattualmente fissato, in tal modo assorbendo e superando ogni questione circa l’applicazione di altri criteri di valutazione sollecitati da parte ricorrente anche con i motivi aggiunti, avendo sostanzialmente ritenuto legittimo l’operato della pubblica amministrazione che, nella sua discrezionalità, ha fatto ricorso all’indice F.O.I. attesa la mancata elaborazione da parte dell’Istat di un indice semestrale di aggiornamento dei prezzi (<<poiché la disciplina legale dettata dall’art. 6 comma 4 e 6 della legge n. 537/93 in materia di revisione prezzi nei contratti della p.a. non è mai stata attuata nella parte in cui prevede la elaborazione da parte dell’ISTAT di particolari indici concernenti il miglior prezzo di mercato desunto dal complesso delle aggiudicazioni di appalti di beni e servizi rilevato su base semestrale, va considerato legittimo colmare tale lacuna mediante il ricorso all’indice FOI, come operato dal dirigente del Comune in questione>>).
Tale giudizio del T.A.R. si fonda evidentemente sulla considerazione che le determinazioni dirigenziali impugnate hanno dato luogo ad una mera proroga del contratto, ovvero ad un prolungamento nel tempo della sua efficacia, cosicché ove se ne contesti la legittimità unicamente sotto il profilo della adeguatezza economica del canone, l’appaltatore non può vedersi riconosciuto più di quanto non sia previsto dalla legge per i contratti di durata, ovvero la revisione prezzi ai sensi dell’art. 6 cit., che, secondo la giurisprudenza(cfr. Cons. St., Sez. V n. 7461 del 14 dicembre 2006;n. 3373 del 16 giugno 2003;n. 2461 dell’8 maggio 2002 e di recente n. 2786/08), detta una disciplina speciale circa il riconoscimento della revisione prezzi nei contratti stipulati dalla p.a., che prevale su quella generale di cui all’art. 1664 c.c.
Diversamente opinando, si sarebbe addivenuti ad una vera e propria rinegoziazione del canone, integrando una diversa volontà di dar vita ad un nuovo contratto.
Tale considerazione conduce all’ulteriore motivo di impugnazione con il quale la società appellante censura la sentenza di primo grado nella parte in cui ha ritenuto giusta e legittima l’applicazione dell’indice F.O.I., mentre avrebbe dovuto far ricorso alla diversa previsione normativa di cui all’art. 1 L. 327/2000.
Il Tribunale sul punto, avendo correttamente chiarito che nella fattispecie in esame trova applicazione l’art. 6 più volte citato, ha implicitamente escluso l’applicazione di una diversa normativa, ed in particolare quella invocata dall’appellante, anche perché la stessa è di per sé inconferente, essendo volta a disciplinare la diversa fase di predisposizione delle gare d’appalto e di valutazione dell’offerta anomala (“L’art. 1 legge n. 327 del 2000, stabilisce la necessità di valutare, da parte degli "enti aggiudicatori", nelle procedure di "affidamento di appalti di lavori pubblici, di servizi e di forniture", ai fini della verifica di anomalia delle offerte, che queste siano adeguate al "costo del lavoro, come determinato periodicamente, in apposite tabelle, dal ministro del lavoro”: cfr Cons. St. Sez. V, sent. n. 3373 del 06-06-2006).
Pertanto l’appello in esame deve essere respinto.
Quanto alla pronuncia sulle spese, in considerazione della peculiarità delle questioni trattate e del contegno delle parti, il Collegio ritiene giusto compensare integralmente tra le stesse le spese, competenze ed onorari del giudizio.