Commissione Tributaria Regionale Lazio, sez. I, sentenza 25/01/2016, n. 345
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Con riguardo alle società di persone il socio che cede la propria quota risponde solidalmente nei confronti dei terzi delle obbligazioni sociali, e perciò anche tributarie, sorte sino al momento in cui la cessione sia stata iscritta nel registro delle imprese o fino al momento, anteriore, in cui il terzo sia venuto a conoscenza della cessione stessa. (G.T.) Riferimenti giurisprudenziali: Cass. nn. 27189/14, 6230/13, 20447/11, 8649/10, 19188/06.
Sul provvedimento
Testo completo
1. L'Agenzia delle Entrate - Direzione provinciale II di Roma ha proposto appello avverso la sentenza n. 632/63/15, depositata il 19.1.2015, con la quale la Commissione tributaria provinciale di Roma accolse il ricorso presentato dal sig. G.C. contro la cartella di pagamento n. --- notificatagli il 23.5.2012 da Equitalia Sud s.p.a. agente della riscossione per la provincia di Cosenza, relativa all'avviso di accertamento n. ---, emesso nei confronti della società E. s.a.s. di A.P., con sede locale nella medesima città calabrese. La cartella impugnata - indirizzata a tale G.M.M., con indicazione del G.C. e della E. s.a.s. quali responsabili solidali - recava la richiesta di versamento del complessivo importo di euro 1.594.993,30 a titolo di IRAP, IVA, interessi e sanzioni dovute per l'anno d'imposta 2005.
L'appellante censura la sentenza impugnata sotto diversi profili, in relazione ai quali aveva accolto le contestazioni del contribuente: i) contrariamente a quanto affermato dal C., l'atto di accertamento emesso nei confronti della Società era stato regolarmente notificato anche al socio, che però non lo aveva impugnato, così precludendosi l'impugnativa della cartella di pagamento;ii) il C. era chiamato a rispondere del debito tributario della società quale obbligato solidale della stessa, dato che dal 12.5.2005 al 2.8.2006 ne aveva rivestito la qualità di socio accomandatario (titolare del 95% delle quote del capitale sociale), mentre la sig.ra M. (titolare del restante 5% delle quote sociali) era il socio accomandante;iii) poiché ogni contestazione sul merito delle pretesa tributaria era improponibile, erroneamente i giudici di primo grado avevano non solo accolto le argomentazioni della parte privata, ma anche tralasciato di considerare gli elementi indizianti, posti dall'Ufficio a fondamento dell'accertamento, costituiti da una serie di attività della società nell'anno 2005 (presentazione del modello 770;modifiche dell'atto costitutivo;esistenza di rimanenze dell'anno precedente;persistente validità dei contratti di somministrazione di energia elettrica e di utenza telefonica presso la sede), che ne lasciavano fondatamente supporre l'operatività e il conseguente obbligo di dichiarazione reddituale, rimasto invece inadempiuto, di talché era pienamente corretta la determinazione induttiva del reddito conseguito, operata in base alla media dei ricavi dichiarati nei due anni precedenti.
2. Resiste all'appello il C., che in primis espone una più complessa ricostruzione fattuale della vicenda.
A seguito dell'accertamento induttivo nei confronti della società, l'Agenzia delle entrate aveva emesso un distinto avviso di accertamento nei suoi confronti (TK ---), con il quale recuperò a tassazione sia il reddito da partecipazione nella Società in a.s., sia altri redditi (da partecipazione in altra compagine societaria, da trattamenti pensionistici e da fabbricati), avviso impugnato dinanzi al giudice tributario al pari della successiva cartella di pagamento (n. ---) riferita a detto avviso di accertamento. Nelle more dei due giudizi, riuniti e favorevolmente definiti, gli era stata notificata la cartella di pagamento riguardante l'avviso di accertamento nei confronti della E. s.a.s., oggetto del giudizio definito dalla Commissione tributaria provinciale con la sentenza in questa sede appellata.
Ciò posto, l'appellato eccepisce l'inammissibilità del gravame, perché non notificato ad Equitalia (che aveva emesso la cartella di pagamento impugnata e partecipato al giudizio di primo grado) ed inoltre perché proposto dall'Agenzia delle entrate, carente di interesse alla riforma della sentenza, che aveva annullato un atto emesso da altro soggetto, avendo semmai interesse alla sola impugnazione riguardante l'annullamento dell'avviso di accertamento.
Nel merito, il C. ribadisce l'argomentazione svolta in prime cure in ordine alla infondatezza della tesi dell'Ufficio circa la definitività dell'atto di accertamento: in effetti, ceduta nel 2006 ad altri la sua partecipazione nella società, che subito dopo aveva trasferito la sua sede da Roma a Cosenza, non era più né interessato né legittimato all'impugnazione dell'avviso di accertamento emesso nel 2010;pertanto non potevano essergli opposti effetti pregiudizievoli derivanti dalla mancata impugnazione dell'avviso.
L'appellato richiama poi le ulteriori argomentazioni svolte nel giudizio di primo grado, con le quali sostiene la sua estraneità alla pretesa fiscale (la cartella di pagamento è indirizzata ad altro soggetto e non indica le ragioni della sua responsabilità solidale, che dovrebbe comunque gravare sull'amministratore che gli è succeduto, la sig.ra A. P.;la natura, semmai, residuale della sua responsabilità, invocabile solo in caso di incapienza del debitore principale), gli errori dell'accertamento induttivo (fondato su presunzioni assolutamente prive di precisione e concordanza) e l'inapplicabilità delle sanzioni nei suoi confronti.