Commissione Tributaria Regionale Abruzzo, sez. VI, sentenza 28/04/2021, n. 333

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Il fondo interno costituito dall'INAIL rientra tra le forme di previdenza costituite per l'erogazione di trattamenti pensionistici integrativi; ma deve al tempo stesso ritenersi che allo stesso non si applichi il regime impositivo stabilito dalla 1egge 421 del 1992, e poi dal D.Lgs. 124 del 1993 (secondo cui la pensione integrativa avrebbe costituito reddito per l'87,50% del suo ammontare), posto che l'art. 11, comma 6, del D.Lgs. 252 del 2005 accorda un regime di tassazione più favorevole, stabilendo che "Le prestazioni pensionistiche complementari erogate in forma di rendita sono imponibili per il loro ammontare complessivo al netto della parte corrispondente ai redditi già assoggettati ad imposta e a quelli di cui alla lettera g-quinquies del comma i dell'articolo 44 del TUIR, e successive modificazioni, se determinabili. Sulla parte imponibile delle prestazioni pensionistiche comunque erogate è operata una ritenuta a titolo d'imposta con l'aliquota del 15 per cento ridotta di una quota pari a 0,30 punti percentuali per ogni anno eccedente il quindicesimo anno di partecipazione a forme pensionistiche complementari con un limite massimo di riduzione di 6 punti percentuali".

Sul provvedimento

Citazione :
Commissione Tributaria Regionale Abruzzo, sez. VI, sentenza 28/04/2021, n. 333
Giurisdizione : Comm. Trib. Reg. per l'Abruzzo
Numero : 333
Data del deposito : 28 aprile 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Con istanza in data 25\6\2018, S. - sulla premessa d'essere stato dipendente dell'INAIL, e d'essere oggi in pensione;
d'essere stato iscritto al fondo interno di previdenza di cui al regolamento approvato con il DM 30.5.1969, fondo che era stato poi soppresso con la l. 144\1999;
di percepire, perciò, sia la pensione ordinaria che quella integrativa, erogata dal predetto fondo INAIL;
d'essere stata, detta pensione integrativa, sottoposta a tassazione ordinaria, per l'87,50% del suo ammontare;
e sostenendo che detta pensione avrebbe invece dovuto essere sottoposta a tassazione separata, sulla base dei criteri di cui all'art. 11, n. 6, del D.Lgs. 252\2005 - ha chiesto all'Agenzia delle Entrate (A.E.) il rimborso delle ritenute operate fino a quel momento, sulla pensione integrativa, in misura eccedente quella dovuta. A tale fine ha spiegato che l'anzidetta l. 144\1999 aveva mantenuto (in favore di coloro che risultavano iscritti al fondo alla data di entrata in vigore della legge n. 70\1975) il diritto alla prestazione maturata, secondo le norme regolamentari in vigore alla data (30\9\1999) di soppressione del fondo stesso;
e che l'art. 11 n. 6 del D.Lgs 252\2005 aveva stabilito che sulla parte imponibile delle prestazioni "comunque erogate" fosse operata una ritenuta a titolo d'imposta del 15%. Ha aggiunto che nessuna norma escludeva l'applicabilità dell'anzidetto art. 11 n. 6 ai fondi integrativi di cui alla legge n. 70\1975;
e che il suddetto D.Lgs. 252\2005, con l'espressione "... comunque erogate..." aveva inteso enunciare un principio generale, comprensivo di tutte le forme pensionistiche complementari. Ha spiegato che all'applicazione di detta normativa non osta (come invece dedotto dall'Ufficio) il sesto comma dell'art. 23 dello stesso D. Lgs. 252\2005, risultando detta norma inapplicabile alla fattispecie, sia per la mancata emanazione del decreto di attuazione;
sia per l'estensione dei principi e dei criteri direttivi di cui al primo comma, al rapporto di lavoro con le pubbliche amministrazioni, previo confronto con le OO.SS dei datori e dei prestatori di lavoro, mentre nel caso di specie di trattava di personale in quiescenza. A fronte del silenzio serbato dall'Ufficio, lo S. ha poi adito la CTP, ribadendo l'istanza ed i motivi già posti a sostegno della stessa. L'A.E., nel costituirsi in giudizio, ha chiesto il rigetto del ricorso, deducendo che alla fattispecie non si applicava l'art. 11, comma 6 del D.Lgs. 252\2005, posto che il successivo art. 23, comma 6, dello stesso D.Lgs. stabiliva che le pensioni integrative erogate da fondi costituiti presso Enti parastatali (INPS ed INAIL) restavano soggette alla norma previgente (art. 11, comma 8, della L. 335\ 1995), e quindi alla tassazione ordinaria, calcolata sull'87,50% dell'imponibile. La CTP ha accolto il ricorso, ritenendo che la normativa sulla tassazione della rendita complementare (prevista dal D.Lvo n. 124\ 1993) avesse portata generale, senz'alcuna distinzione nominativa e\o temporale;
che la legge delega n. 243\2004 aveva rimesso al Governo la regolamentazione della materia, dettando (agli artt. 1, comma i lett. c) e 2 lett. i) criteri direttivi finalizzati a sostenere e favorire lo sviluppo delle forme pensionistiche complementari;
che tale delega è stata poi attuata col D.Lgs. 252 \2005, che all'art. 11 prevede che le prestazioni pensionistiche erogate in forma di rendita ".. . sono imponibili per il loro ammontare complessivo al netto della parte corrispondente ai redditi già assoggettati ad imposta e a quelli di cui alla lett. g - quinquies) del comma 1) dell'art. 44 del TUIR, e successive modificazioni, se determinabili. Sulla parte imponibile delle prestazioni pensionistiche comunque erogate è operata una ritenuta a titolo d'imposta con l'aliquota del 15% ridotta di una quota pari a 0,30 punti percentuali per ogni anno eccedente il quindicesimo anno di partecipazione a forme pensionistiche complementari con il limite massimo di riduzione di sei punti percentuali...". E partendo da tale premessa, la CTP ha tratto la conclusione che la norma non prevedesse esclusioni rispetto alla pregressa normativa;
conclusione alla quale, peraltro, era giunta anche L'A.E. con la risoluzione n. 285\2007, che aveva riconosciuto l'applicabilità della tassazione di favore a causa della sopraggiunta modificazione della base imponibile. La CTP, infine, ha negato che tale conclusione trovasse ostacolo nell'art. 23, comma 6) del D. Lgs. 252\2005, sia perché non vi era stato alcun seguito alla delega;
sia perché la norma si riferiva ad aspetti diversi dalla tassazione sulle prestazioni pensionistiche in essere, tant'è che prevedeva che "...fino all'emanazione del decreto legislativo di attuazione dell'art. 1, comma 2) lett. P) della legge 23.8.2004 n. 243, ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2) del D.Lvo 30.3.2001 n. 165, si applica esclusivamente ed integralmente la previgente normativa...";
ed ha perciò accolto il ricorso. Contro la decisione è insorto l'Ufficio, deducendo che il trattamento fiscale delle prestazioni erogate in forma di rendita periodica fosse il seguente: per i montanti maturati fino al 31.12.2000, la prestazione costituisce reddito assoggettato alla tassazione ordinaria dell'87,50 % dell'ammontare percepito, ai sensi del D.L.vo n. 124/1993;
per i montanti maturati dal 10.1.2001 al 31.12.2006, a seguito delle modifiche introdotte dal D.Lvo 18.2.2000 n. 47, la prestazione è qualificata come reddito assimilato a quello da lavoro dipendente assoggettata a tassazione ordinaria per l'intero, al netto della parte corrispondente ai redditi già assoggettati ad imposta, ossia dei contributi eventualmente non dedotti e dei rendimenti finanziari tassati in capo al fondo;
per i montanti maturati a partire dal 10.1.2007, la prestazione è assoggettata a tassazione mediante ritenuta a titolo di imposta del 15 % che si riduce di una quota pari a 0,30 punti percentuali per ogni anno eccedente il 15° anno di partecipazione ai fondi pensione, con un limite massimo di 6 punti percentuale, vale a dire fino al limite del 9 5 in base all'art. 11, comma 6, del D.Lgs. 252\2005. L'Ufficio ha aggiunto che l'art. 23, comma 6, del D. Lgs. 252\2005 stabilisce che -fino all'emanazione del decreto di attuazione dell'art. 1, comma 2 lett. p), della legge 23.8.2004 n. 243- ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, del D.Lgs. 30.3.2001 n. 165, si applica esclusivamente ed integralmente la previgente normativa, ed ha precisato che la circostanza che il Decreto attuativo non sia mai stato adottato non esime dall'applicazione della richiamata precedente normativa. Ha spiegato che per quanto attiene al disposto dell'art. 11, comma 6, del D.Lgs. 252 \2005, riferito alle rendite corrisposte da forme pensionistiche complementari erogate a soggetti già iscritti alla data di entrata in vigore del predetto decreto legislativo, le prestazioni si riferiscono ad un fondo integrativo per i propri dipendenti le cui iscrizioni sono cessate a seguito della soppressione del fondo, a partire dal 10.10.1999 per effetto dell'art. 64 della legge n. 14471999. Ed ha concluso nel senso che le prestazioni erogate dal fondo si riferiscono a montanti maturati entro il 30.9.1999, data alla quale sono cessate le contribuzioni, eppertanto che dette prestazioni sono soggette a tassazione ordinaria, nei limiti dell'87,50% dell'ammontare corrisposto, così come previsto dal D.Lgs. 124\1993. Lo S. ha chiesto il rigetto del gravame, e l'istanza va condivisa. A tale fine occorre considerare che
il fondo interno costituito dall'INAIL rientra tra le forme di previdenza costituite per l'erogazione di trattamenti pensionistici integrativi;
ma deve al tempo stesso ritenersi che allo stesso non si applichi il regime impositivo stabilito dalla 1. 421\1992, e poi dal D.Lgs. 124\1993 (secondo cui la pensione integrativa avrebbe costituito reddito per l'87,50% del suo ammontare), posto che l'art. 11, comma 6, del D.Lgs. 252\2005 accorda un regime di tassazione più favorevole, stabilendo che "Le prestazioni pensionistiche complementari erogate in forma di rendita sono imponibili per il loro ammontare complessivo al netto della parte corrispondente ai redditi già assoggettati ad imposta e a quelli di cui alla lettera g-quinquies) del comma i dell'articolo 44 del TUIR, e successive modificazioni, se determinabili. Sulla parte imponibile delle prestazioni pensionistiche comunque erogate è operata
una ritenuta a titolo d'imposta con l'aliquota del 15 per cento ridotta di una quota pari a 0,30 punti percentuali per ogni anno eccedente il quindicesimo anno di partecipazione a forme pensionistiche complementari con un limite massimo di riduzione di 6 punti percentuali...". Tale tesi è stata avversata dall'Ufficio, che sostiene che non possa essere accordato il beneficio invocato dalla parte, ostandovi la disposizione di cui al successivo art. 23, comma 6, del medesimo D.Lgs., secondo cui ".. . ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all'art. i, comma 2, del D.L.vo n. 165/2001, fino all'attuazione della delega contenuta nell'art. 1, comma 2, lett. P) della legge n. 243/2004, si continua ad applicare esclusivamente ed integralmente la pre vigente normativa...". Per cui occorre farsi carico di tale difesa, verificando innanzitutto se l'eccezione prevista per i dipendenti pubblici sia legittima;
e di seguito, se sia idonea ad escludere l'applicazione della disposizione di cui all'art. 11, comma 6, del D.Lgs. In relazione alla prima questione, pare utile ricordare che la Corte Costituzionale (con sent. 2 18\20 19) ha dichiarato l'incostituzionalità del suddetto art. 23, comma 6, nella parte in cui prevede che il riscatto della posizione individuale sia assoggettato a imposta ai sensi ai sensi dell'art. 52, comma 1, lettera d ter) del DPR 917\1986, invece che ai sensi dell'artt. 14, commi 4 e 5, dello stesso D.Lgs. n. 252\2005 (anche in quel caso si discuteva del trattamento fiscale di una pensione integrativa, ed il pubblico dipendente lamentava un trattamento fiscale deteriore rispetto a quello riservato ai dipendenti di imprese private). Per cui deve ritenersi che non sia lecita alcuna differenziazione tra il trattamento tributario riservato alle pensioni integrative erogate agli ex dipendenti pubblici, rispetto a quelle versate ad ex dipendenti di imprese private, atteso che la normativa invocata dall'Ufficio è stata ormai espunta dall'Ordinamento, e non può perciò influire negativamente sul trattamento fiscale spettante all'appellato. In secondo luogo, è opportuno aggiungere che il sesto comma dell'art. 23 del D.Lgs. 252 \2005 stabiliva che "...fino all'emanazione del decreto legislativo di attuazione dell'articolo 1, comma 2, lettera p), della legge 23 agosto 2004, n. 243, ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, si applica esclusivamente ed integralmente la previgente normativa...". Con la prima norma appena citata (art. 1, comma 2, lett. p), 1. 243\2004) il Parlamento aveva delegato il Governo a "...ridefinire la disciplina fiscale della previdenza complementare in modo da ampliare la deducibilità fiscale della contribuzione delle forme pensionistiche complementari...";
ma tale delega non è stata di seguito esercitata, fatta salva l'introduzione delle disposizioni di cui all'art. 11, comma 6, del D.Lgs. 242\2005. Del resto, appare evidente che (secondo quanto disposto dalla lettera p) dell'art. 2 della 1. 243 \2004) la delega era tesa a disciplinare anche situazioni del tutto estranee alla questione della previdenza complementare, una volta che prevedeva la necessità di consultare le organizzazioni sindacali, dei lavoratori e datoriali, e quindi si riferiva anche alle persone ancora in servizio. Se ciò è vero - ed una volta che la delega non fu esercitata sul punto che qui interessa - non può allora non concludersi nel senso che l'operatività della disposizione che prevedeva l'ultrattività della "....previgente normativa...", prevista dal suddetto D.L.vo, deve considerasi venuta meno, per difetto delle necessarie specificazioni di contorno pur ritenute indispensabili dal Legislatore. Ne discende che la volontà del Legislatore, in relazione al trattamento fiscale da riservare alle pensioni integrative degli ex dipendenti di INPS ed INAIL sia quello indicato dalla CTP, anche in ossequio alla decisione, di cui s'è detto, della Corte Costituzionale. Per cui l'appello va respinto;
ma la controvertibilità della questione, ed il fatto che nella decisione abbia assunto un peso decisivo la recente sentenza del Giudice delle leggi, consigliano di compensare le spese.

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