Commissione Tributaria Regionale Marche, sez. III, sentenza 01/07/2022, n. 803
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A fronte delle operazioni bancarie non giustificate e non incluse nei redditi dichiarati il contribuente deve fornire una prova non generica, ma analitica, per ogni versamento bancario, che gli elementi desumibili dalle movimentazioni bancarie non sono riferibili ad operazioni imponibili e sono privi di rilevanza fiscale. Tale onere deve essere assolto dal contribuente e non demandato al giudice e/o ad eventuale CTU, soggetto deputato alla valutazione e non alla ricerca della prova.
Sul provvedimento
Testo completo
Il contenuto della presente sentenza si adeguerà al canone normativo dettato dal n. 4) del secondo comma dell'art. 132 c.p.c. e dalla norma attuativa contenuta nell'art. 118 delle disposizioni di attuazione del codice processuale civile, applicabili anche al processo tributario, le quali oggi- a seguito della legge 18/6/2009 n. 691- dispongono in generale che la motivazione debba limitarsi ad una concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione e quindi decisa in applicazione del noto principio della ragione "più liquida", principio giuridico oramai consolidato in giurisprudenza per evidenti motivi di economia processuale (ex multis Cass.ss.uu. 26242/2014).
A seguito di p.v.c. redatto dalla GdF di San Benedetto del Tronto su segnalazione del Nucleo di Polizia Valutaria di Roma e a seguito di autorizzazione della locale Procura della Rep. di AP, l'Agenzia delle Entrate emetteva nei confronti della B l'avviso di accertamento emarginato redatta alla luce dell'art. 32 del dpr 633/72 dopo aver preso visione delle movimentazioni bancaria dalla stessa effettuate su diversi conti a lei intestati e recuperando a reddito la somma di euro 386.097,00 e quindi accertava in capo alla contribuente un reddito da lavoro autonomo di complessivi euro 393.459,00 a fronte di quello dichiarato di euro 7.362,00.
Di fatto nonostante richiesta non esibiva alcuna documentazione né faceva cenno alcuno al fatto che i maggiori redditi contestati dalla GdF erano imputabili alle due attività alberghiere (H S srl e H K srl) di cui la contribuente possedeva quote di partecipazioni. Tale ricostruzione di maggior reddito da lavoro autonomo (la contribuente svolge la professione di architetto) rilevata alla GdF derivava dall'esame analitico delle somme versate per lo più dalla B (e in rari episodi e per suo conto dalla sig.ra C, dipendente degli alberghi) su libretti al portatore, su c/c a lei intestati e/o eseguite mediante cambio- assegno e versamenti in contanti.
La procedura di accertamento con adesione ha avuto esito negativo con la motivazione addotta dalla contribuente che aveva altri anni di imposta in contestazione (anni 2008 - 2009) laddove non sarebbe riuscita a riconciliare le maggiori entrate accertate dall'ufficio con le attività alberghiere e quindi decideva di non definire anche l'anno del 2007 in sede di contraddittorio.
La contribuente presenta quindi ricorso con il quale eccepisce che tutte le movimentazioni (assegni, somme in contanti e a seguito di cambio assegni versati) erano stati emessi da soggetti privati ospiti degli alberghi (H S srl e H K srl) e dove la Bi esercitava la sua attività principale per cui chiedeva l'annullamento integrale dell'atto opposto.
Contestualmente deposita ampia documentazione a sostegno del suo assunto ma che si rifiutava di esaminare di concerto con l'ufficio al fine di tentare una conciliazione extra giudiziale, riferendo che l'esame dei documenti esibiti a conforto della sua tesi l'avrebbe fatta il giudice (sic!).
In buona sostanza rifiutava di aderire alla proposta conciliativa per cui il processo seguiva il suo corso.
Resiste l'Amm.ne Finanziaria adducendo che solo in sede contenziosa ha avuto la possibilità di esaminare documentazione che oltretutto la contribuente solo in detta sede aveva prodotto, depositava proposta conciliativa laddove, con esaustive argomentazioni proponeva la riduzione della pretesa fiscale, incontrando netto rifiuto da parte della ricorrente come sopraesposto, e chiedeva il riconoscimento della pretesa fiscale così come rideterminata con atto di autotutela parziale sulla base della proposta conciliativa e pertanto chiedeva il rigetto del ricorso con il favore delle spese.
La CTP accoglieva il ricorso del contribuente e compensava le spese.
Appella l'ufficio chiedendo la riforma della sentenza di prime cure con il favore delle spese del doppio grado di lite.
Resite la contribuente chiedendo il rigetto del gravame -vinte le spese.
Le parti presentavano memore difensive.
La causa, a motivo della situazione emergenziale per Covid 19 e le difficoltà tecniche per collegamento da remoto, si è tenuta in camera di consiglio nella udienza del 26.4.2022 e contestualmente decisa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
L'appello è fondato e merita accoglimento.
Preliminarmente.
Innanzitutto va precisato che l'appello è tempestivo in quanto prodotto entro il termine lungo di sei mesi decorrente dalla data di deposito della sentenza ((24.10.2014) e che andava a scadere il 24.04.2015;e proprio in data 24.04.2015 (cioè l'ultimo giorno utile) l'Ufficio ha consegnato l'atto all'Ufficiale Giudiziario per la notifica.
L'archiviazione da parte del giudice del procedimento penale nei confronti della B per violazione dell'art. 4 del D.Lvo 74/2000 è del tutto inconferente in sede tributaria dato il principio del doppio binario che governa i due procedimenti e ciò anche perché il giudice penale condanna sulla base di prove solide e inequivoche e superato ogni ragionevole dubbio mentre il diritto tributario può fondarsi su presunzioni come previsto specificatamente dalla legge fiscale (come nella fattispecie ex art.32 del dpr 633/72) contro le quali ovviamente il contribuente può dedurre prova contraria.
Per altro verso è sempre possibile e legittima la riduzione della pretesa fiscale in sede di autotutela parziale anche durante tutta la fase contenziosa. " " l'annullamento parziale in autotutela", che, comportando soltanto una riduzione dell'originaria pretesa e costituendo una mera revoca parziale del precedente avviso di accertamento, non implica alcuna novazione della precedente pretesa fiscale (Cassazione, n. 11699/2016). E quindi è sempre possibile e legittima.
Nel merito.
In verità i primi giudici hanno operato una ricostruzione generica della vicenda adottando argomentazioni meramente valutative e sicuramente suggestive ma che di fatto non hanno il supporto di nessuna prova specifica, analitica e documentale se non meramente parziale;infatti per le operazioni bancarie, a fronte delle quali la contribuente ha esibito documentazione (per la prima volta in sede contenziosa) comprovante che le somme versate in banca sono proventi delle strutture alberghiere, lo stesso ufficio, dopo aver tentato una conciliazione stragiudiziale che ha avuto esito negativo, ha provveduto comunque a modificare in autotutela parziale l'atto impositivo de quo riducendo i maggiori ricavi attribuiti alla professionista e quindi ad abbattere la pretesa fiscale proprio alla luce dei documenti contabili (ricevute, assegni, fatture ecc.) presentati dalla contribuente e riscontrati siccome riferibili alla attività alberghiera.
Orbene, che la contribuente, quale titolare (insieme ad altri soggetti della famiglia) di partecipazioni societarie delle due strutture alberghiere (H S srl e H K srl ) abbia fatto affluire nei suoi conti correnti, depositi bancari e libretti al portatore i denari riscossi e provenienti dagli incassi dei due alberghi è una mera ipotesi difensiva la quale per poter validamente contraddire l'atto impositivo doveva avere un analitico, preciso ed esaustivo supporto documentale che la contribuente odierno- appellata aveva l'obbligo di produrre financo in sede processuale;onere che la B pensa di aver assolto esibendo molteplici documenti senza peraltro elencarli uno ad uno e fornire per ognuno di essi debito riscontro analitico con le scritture contabili della società alberghiere.
E la omissione di tale produzione non può essere imputata all'ufficio né alla lamentata mancanza di tempo utile per soddisfare tale incombente, come denunciato dall'appellata, che di fatto è stato ampio e sufficiente.
Infatti, ribadito che in ogni caso nel corso della verifica mai il contribuente ha rappresentato alla GdF che le somme affluite sui suoi conti derivassero dai proventi dei due alberghi tanto da non indurre il verificatore ad approfondire l'accertamento anche verso questa direzione, e rilevato che nessuna iugulatoria richiesta specifica di produzione contabile finanziaria relativa alle predette aziende alberghiere (per altro mai verificate) venne imposta nella fase accertativa da parte della GdF alla B, la contribuente avrebbe potuto produrre tutta la documentazione possibile a giustificazione e a prova contraria all'avviso di accertamento financo in sede processuale (come poi in realtà ha fatto) tanto che l'Amm.ne ha tenuto debitamente conto di detta produzione come si evince dalla esposizione analitica fatta nei suoi atti difensivi (vedi in particolare atto di appello e proposta di conciliazione memoria illustrativa dep. il 23.09.2014) che, come detto, l'hanno indotta a ridurre la pretesa fiscale in autotutela con annullamento parziale dell'atto impositivo modulata sulla base della proposta conciliativa extragiudiziale rifiutata dall'appellata-
Lavoro ( a dire il vero certosino) a cui l'ufficio non si è sottratto tanto che, una volta avuto conoscenza di detti documenti (esibitigli, giovi ricordalo, solo in sede contenziosa), correttamente ha offerto una proposta conciliativa argomentata e basata sugli stessi documenti che la ricorrente si è rifiutata di esaminare congiuntamente all'Amm.ne, limitandosi a depositare una relazione di un c.t. di parte che lo stesso redattore dichiara parziale e non esaustiva e quindi, di nessuna valore probatorio.
Per contro l'Amm.ne ha analiticamente valutato ogni singolo documento e laddove riferibile alla attività alberghiera ha correttamente espunto il relativo importo dal calcolo dei maggiori redditi accertati, attenendosi ai canoni di diligenza e correttezza a cui deve essere improntata l'azione della P.A. Tanto che, una volta esaminati i documenti ha formalizzato provvedimento di autotutela parziale riducendo la pretesa fiscale previa preposta di conciliazione giudiziale che il collegio ritiene di dover condividere in quanto frutto di disamina, valutazione ponderata dei documenti offerti dalla controparte.
E così ha scomputato le somme (assegni) per le quali la parte ha dato dimostrazione che trattasi di danari riconducibili all'attività alberghiera come comprovato da ricevute fiscali rilasciate dagli stessi Hotels per euro 117.611,90 così come ha scomputato la somma di euro 19.480,00 in quanto la documentazione di parte ha dimostrato la sua riferibilità all'attività alberghiera come per converso non ha potuto che confermare a maggiore reddito le somme versate in contanti come quelle portata dagli assegni circolari del 20/09/2007 che non trovano giustificazione alcuna all'infuori di mera dichiarazione di parte (elemento inidoneo a vincere la presunzione ex art. 32 dpr.cit.).
La contribuente in buona sostanza si limita sostanzialmente a chiedere il mero rigetto del gravame adducendo più argomentazioni che prove documentali e analitiche per cui la sua tesi, per le somme non giustificate, rappresenta mera congettura che non legittima l'opposizione all'operato dell'ufficio non essendo compito di questo giudice esaminare uno ad uno tutti i documenti riscontrandoli con altri di eventuali di provenienza dagli Hotel, se e laddove prodotti.
Pertanto l'operato dell'Ufficio è stato del tutto legittimo e ha rispettato le norme che disciplinano la materia sulla base dei principi di diritto dettati dalla Corte di Cassazione in merito all'onus probandi in relazione all' art. 32 dpr 633/72 secondo la quale a fronte delle operazioni bancarie non giustificate e non incluse nei redditi dichiarati il contribuente deve fornire:
"una prova non generica, ma analitica per ogni versamento bancario, che gli elementi desumibili dalle movimentazioni bancarie non sono riferibili ad operazioni imponibili e sono privi di rilevanza fiscale " (cfr., ex multis, Cassazione n.. 15857/2016). Detto principio ha avuto costante conferma nelle pronunce precedenti (cfr. Cassazione nn. 4829/2015;21303/2013;4829/2015) e successive (Cass. 6869/2020 e da ultimo Cass.13035/2021) per cui deve ritenersi oramai giurisprudenza consolidata.
E tale onere deve essere assolto dal contribuente e non, come richiesto dall'appellato, demandato al giudice e/o ad eventuale CTU, soggetto deputato alla valutazione e non alla ricerca della prova.
Alla luce delle suesposte considerazioni, disattesa, assorbita e abbandonata ogni altra questione ritenuta non rilevante ai fini della decisione e comunque inidonea a sostenere una conclusione di tipo diverso rispetto ai termini sopra delineati, riforma la impugnata decisione e per l'effetto accoglie l'appello dell'ufficio, Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.