Commissione Tributaria Regionale Friuli Venezia Giulia, sez. III, sentenza 04/12/2017, n. 219

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Sul provvedimento

Citazione :
Commissione Tributaria Regionale Friuli Venezia Giulia, sez. III, sentenza 04/12/2017, n. 219
Giurisdizione : Comm. Trib. Reg. Friuli Venezia Giulia
Numero : 219
Data del deposito : 4 dicembre 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

FATTO E DIRITTO

La controversia posta all'esame di questa Commissione riguarda l'impugnazione da parte del contribuente degli avvisi di accertamento con cui l'Ufficio rideterminava sinteticamente il reddito conseguito negli anni 2007 e 2008 ai sensi dell'art. 38 c. 4, 5 e 6 del DPR n. 600/73 sulla base delle risultanze degli elementi atti a indicare la capacità contributiva, ravvisata l'incongruità con quanto dichiarato in misura inferiore di oltre un quarto per più annualità, in assenza di accordo a seguito dell'instaurazione di contradditorio per l'accertamento con adesione. Vengono richieste le maggiori imposte IRPEF e relative addizionali per euro 31.046,00 per il 2007 e euro 29.614,00 per il 2008 oltre a sanzioni e interessi.

L'ufficio aveva emesso tali avvisi per l'accertamento sintetico dei redditi in base agli elementi di capacità contributiva riferita ai beni e servizi le cui spese appaiono riconducibili al ricorrente e riguardanti entrambe le annualità:

  • casa sita a Grado (di proprietà della figlia D) in uso gratuito con spese a carico al 100%
  • autoveicolo ·26 hp immatricolato nel 2004 e posseduto al 100% per intero negli anni 2007 e 2008
  • motociclo cilindrata 638 cc immatricolato nel 2003 posseduto al 100% nel 2007 e 2008
  • imbarcazione a motore mod. Lomac Airone cm.

    1.179 con 2 motori hp 60 complessivi, immatricolata nel 2003, con onere sostenuto al 100% nel 2007 e 2008
  • 2 polizze assicurative sulla casa con premio annuo di euro 566,50 nel 2007

L'Ufficio non tiene conto delle disponibilità bancarie indicate dal contribuente negli anni in discussione in quanto non ritenute dimostrate in carenza di adeguata documentazione;
evidenzia anche la partecipazione del contribuente in due società di persone di cui è legale rappresentante e socio rispettivamente al 50 e 51% con un certo volume d'affari.

Tenuto conto di tali elementi l'Ufficio perveniva alla determinazione sintetica dei redditi:

2007 2008

reddito compl. dichiarato 0 0

reddito sintetico accertato 86.311 83.060

In sede di ricorso il contribuente in via pregiudiziale eccepiva l'illegittimità costituzionale (ex art. 23) dell'atto a fronte della procedura di accertamento sintetico.

Nel merito contestava all'Ufficio di aver proceduto ai calcoli sui beni indice di capacità contributiva

attribuendogli il 100% della loro disponibilità senza tener conto della quota da imputare alla moglie per il 50%. Comunque, in ordine alla valutazione dei beni indice di capacità contributiva, contestava l'applicazione dei coefficienti di calcolo, così come effettuata, ai fini della ricostruzione del reddito sintetico.

Eccepiva che non si fosse tenuto in adeguata considerazione tutti gli elementi finanziari forniti in sede di contradditorio preaccertativo, elementi che avrebbero consentito di contrastare la pretesa fiscale. Quanto alle partecipazioni nelle società da cui non gli era derivato reddito, sottolineava come le stesse risultassero correttamente "congrue e coerenti ai fini degli studi di settore".

Il contribuente concludeva per veder dichiarati illegittimi gli atti impugnati, in via subordinata per una riduzione delle sanzioni applicate. Spese rifuse.

Si costituiva in giudizio l'Ufficio per contrastare in linea generale la fondatezza delle eccezioni poste dal ricorrente sia in linea di diritto che nel merito argomentando per respingerle in toto.

Chiedeva la conferma del proprio operato con vittoria di spese.

La C.T. Provinciale di Gorizia, previa riunione dei ricorsi, li respingeva disponendo la compensazione delle spese.

La Commissione respingeva le eccezioni pregiudiziali riconoscendo la legittimità degli atti impugnati.

Riteneva nel merito che la parte ricorrente non avesse fornito adeguata prova della disponibilità di somme di provenienza non reddituale (prova ritenuta di non particolare onerosità come sostenuto dal ricorrente) tali da consentirgli il mantenimento dei beni considerati ai fini dell'accertamento presuntivo di maggior reddito, considerato che una volta accertata l'esistenza degli stessi il giudice non ha il potere di togliere agli stessi la capacità presuntiva di reddito che la norma connette alla loro disponibilità. In proposito l'Ufficio aveva attribuito al ricorrente il 100% della disponibilità avendo appurato che nei periodi in discussione la moglie non aveva dichiarato reddito disponibile al loro mantenimento.

Per quanto riguarda la situazione delle società amministrate dal ricorrente, la Commissione riteneva che il mero richiamo alle risultanze degli studi di settore fosse un argomentazione debole per fondare la correttezza dei risultati reddituali della loro gestione pari a zero da diversi anni a fronte di volumi d'affari ammontanti a svariate centinaia di miglia di euro.

Il contribuente propone tempestivo appello e memoria integrativa per contrastare la correttezza degli accertamenti impugnati e della sentenza di primo grado, riproponendo sostanzialmente i motivi di ricorso, introducendo inoltre l'eccezione sulla illegittimità della loro sottoscrizione. Chiede di veder riconosciuta l'illegittimità degli atti impugnati con rimborso delle somme già indebitamente pagate con risarcimento delle spese di giudizio;
in subordine una riduzione dell'imposta e in ulteriore subordine l'inapplicabilità delle sanzioni.

Il contribuente contesta in particolare le argomentazioni di merito poste a fondamento delle loro decisioni da parte dei giudici di prima istanza in ordine alle riconosciute disponibilità finanziarie dichiarate, ma totalmente disconosciute dall'Ufficio. L'appellante ritiene erronea la valutazione di cui all'impugnata sentenza in quanto non è stato tenuto nel debito conto di quanto evidenziato fin dalla fase preaccertativa in adempimento dell'onere probatorio che la norma pone a carico del contribuente cui è data facoltà di dimostrare con "idonea documentazione" di disporre di un maggior reddito esente da imposizione. A tal fine il contribuente ritiene di aver nella sostanza dimostrato di poter disporre nel periodo della liquidità necessaria a fronteggiare le spese dei beni che hanno portato alla determinazione del reddito accertato.

L'Ufficio chiede di veder confermata la legittimità del proprio operato.

In via pregiudiziale contesta l'appello in ordine all'eccepita nullità degli atti per l'illegittimità della

sottoscrizione e sul contradditorio preliminare. Nel merito rileva la debolezza delle argomentazioni

difensive svolte dal ricorrente. L'Ufficio, dopo aver ribadito la puntualità delle risultanze dei beni-indice posti a base delle due annualità accertate ai fini delle determinazione dell'imponile ai fini della determinazione dell'imponile, (con riferimento al "redditometro" in vigore per gli anni precitati e non quello successivo ipotizzato dal ricorrente), evidenzia l'assoluta inadeguatezza di prove circa l'effettivo diretto accesso a entrate esenti tali che potessero fronteggiare il mantenimento dei beni-indice così come valutati.

La Commissione ritiene infondata la richiesta del ricorrente che deve quindi essere respinta.

La pregiudiziale inerente l'eccepita incostituzionalità della presunzione accertativa del "redditometro" come pure la sua specifica normativa di valutazione dei "beni-indice" va respinta in quanto su tale punto si è andata formando ormai una giurisprudenza consolidata che ha già ampiamente approfondito il tema, confermando la legittimità di questi strumenti normativi.

Relativamente alla questione della sottoscrizione degli atti la Commissione respinge l'eccezione senza prenderla in esame in quanto introdotta solo in fase di appello.

Quanto all'obbligatorietà del contradditorio anticipato questa Commissione ritiene che nella fase preaccertativa il contribuente è stato formalmente interpellato, come è stato chiaramente evidenziato negli avvisi di accertamento, ed era una sua scelta decidere se limitarsi alla "mera consegna di documentazione".

La norma dispone che l'Ufficio, se lo scostamento tra reddito dichiarato e tenore di vita accertabile si discosta di oltre un quarto per almeno due periodi d'imposta, può determinare sinteticamente il reddito "in base ad elementi e circostanze di fatto certi in relazione agli elementi di capacità contributiva individuati con decreto (ministeriale)". A fronte di tale presunzione posta dal 4 comma, che deve far riferimento a dati certi, al contribuente è riconosciuta al comma 6 la facoltà, già in fase di contradditorio, di portare documentazione a comprova della possibile rettifica degli elementi posti a fondamento della costruzione del reddito in forma sintetica ex art 38 del DPR 600/73.

La Commissione ritiene vada evidenziato che l'accertamento induttivo in base a redditometro si fonda su presunzioni semplici che non hanno valore assoluto e sono quindi solo indicative di un possibile maggior reddito rispetto a quanto dichiarato ma, anche sulla base di consolidata giurisprudenza, va tenuto in debito conto l'insieme delle disponibilità del contribuente. In proposito si osserva che l'Ufficio non ha ritenuto di poter tenere conto della documentazione finanziaria fornita sin dalla fase preaccertativa per giustificare la disponibilità dei "beni-indice" a fronte di un reddito pari a zero nei periodi d'imposta oggetto di accertamento, ma anche per diversi anni precedenti.

Per quanto riguarda la valutazione espressa dal contribuente già in sede di ricorso circa la "congruità e coerenza" dei redditi dell'attività delle società di persona da lui amministrate non si rileva la diretta colleganza di tale elemento in questo contesto in quanto quei redditi non sono qui oggetto di analisi comunque l'argomento dell'assenza di reddito di tali società per svariati anni non è certo atto a rafforzare la sua posizione fiscale.

Il ricorrente sostiene di aver smobilizzato nel 2007 euro 38.544,00 ed euro 86.798,48 nel 2008 e di aver esibito documentazione del passaggio in banca di tali somme, ma di non aver provato il loro mancato reinvestimento in quanto non espressamente richiesto dall'Ufficio. Tuttavia anche questa Commissione ritiene di condividere il parere del giudice di primo grado come non eccessiva la pretesa di dimostrare ora formalmente tali passaggi, come peraltro sostenuto nella costituzione in giudizio da parte dell'Ufficio. Sulla questione si era chiaramente espressa la Suprema Corte con sentenza n. 21362 del 21.10.2015 "Questa Corte ha altresì evidenziato che ai sensi dell'art. 38 comma 6 del DPR 600/73 il contribuente è tenuto a dimostrare non solo che il maggior reddito determinato sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o tassati alla fonte a titolo d'imposta, ma anche che l'entità di tali redditi e la durata del loro possesso devono risultare da idonea documentazione. La disposizione richiede dunque un elemento in più della mera prova della disponibilità di tali redditi ulteriori, richiedendo la prova documentale di entità e durata del possesso, al fine di ancorare a fatti oggettivi l'astratta disponibilità di tali redditi, ai fini della concreta riferibilità ad essi della maggiore capacità contributiva accertata con metodo sintetico in capo al contribuente. (Cass. 25104/14)". Tale principio è stato ulteriormente confermato dalla Suprema Corte con ordinanze n. 2224 del 4.2.2016 e n. 3885 del 26.2.2016. Il contribuente contesta la tardività della richiesta di tale documentazione da parte dell'Ufficio, ma l'argomento non ha pregio a fronte dell'onere probatorio che è posto a carico del contribuente dall'art. 38 c. 6 del DPR 600/73.

Appare chiaro che, tenuto conto di quanto più sopra esposto, nel biennio in esame vengono a confermarsi i presupposti di applicazione dell'accertamento induttivo in base al "redditometro" in quanto non superata dalla parte ricorrente la presunzione posta a favore dell'Amministrazione Finanziaria dal precitato art. 38. La Commissione conferma quindi quanto statuito dai giudici di prime cure accertando la legittimità degli atti impugnati.

In ordine alle spese si dispone la loro liquidazione a carico della parte soccombente, come da dispositivo.

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