Commissione Tributaria Regionale Piemonte, sez. I, sentenza 06/10/2017, n. 1387
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.1. - V. M. propose, con atto notificato a controparte il 3 maggio 2017 a mezzo ufficiale giudiziario, ricorso per la riforma della decisione n. 19/3/16 resa dalla Commissione tributaria provinciale di Torino il 6 aprile 2016 e depositata in segreteria il 30 novembre 2016. Il 19 maggio 2017 ne depositò copia presso la segreteria di questa commissione ai fini della costituzione in giudizio.
Narrò di essere stato soccombente in un giudizio tributario presso la Suprema Corte di Cassazione (cfr. sent. 28 dicembre 2012 n. 24064) ma che né lui né l'Ufficio riassunsero il giudizio, con conseguente decadenza di tutto l'iter processuale ai sensi del capoverso dell'art. 63 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546.
Asserì quindi di aver eccepito l'intervenuta prescrizione del diritto di credito dell'Ufficio conseguente alla mancata riassunzione e l'estinzione del suddetto giudizio. Inoltre come non dovesse versare nulla a titolo di imposta sul valore aggiunto essendo il debito sorto per responsabilità del suo consulente tributario il quale all'epoca dei fatti dai quali scaturì la suddetta controversia non avrebbe presentato la dichiarazione tributaria.
Espose poi che la commissione provinciale rigettò il ricorso ritenendo che l'estinzione del processo travolse le sentenze ma non il fatto amministrativo. Inoltre in ordine all'eccezione relativa alla infedeltà del professionista come la stessa fosse inammissibile essendo il giudizio rivolto all'impugnazione di una cartella esattoriale.
Avverso la suddetta decisione propose i seguenti motivi:
a) omesso esame della natura dell'atto impugnato ed erronea valutazione delle conseguenze dell'estinzione del giudizio per omessa riassunzione e omesso esame delle eccezioni di prescrizione. In particolare sostenne come le argomentazioni adottate dalla provinciale non fossero adatte ad un atto di accertamento esecutivo come era quello del caso in giudizio avendo egli denunciato la prescrizione del diritto di riscossione tipico di una fase successiva della pretesa tributaria. In particolare asserì essere il titolo da cui derivava ogni pretesa la sentenza definitiva della commissione tributaria di 2° grado del 6 marzo 1996 (da cui poi scaturì il suddetto giudizio) e come fosse da quel momento spirato il termine decennale di cui all'art. 2953 del c.c. quanto alla riscossione. Questo in quanto l'estinzione di un giudizio incontrerebbe come limiti invalicabile il giudicato interno formatosi nel corso del processo oppure le prescrizioni e le decadenze nel frattempo maturate. Ancor più nel dettaglio asserì non essere operante la sospensione della prescrizione la quale ai sensi dell'art. 2945 opererebbe solo in presenza di un giudizio e non anche quando lo stesso si estingue;
b) sulle conseguente della condotta penalmente rilevante del consulenze. Asserì essere non dovute le sanzioni per i reati commessi da questi nell'esercizio della sua attività professionale anche a danno del ricorrente.
1.2. - L'Agenzia delle entrate propose con atto 29 giugno 2017 depositato in via telematica le sue controdeduzioni.
All'odierna pubblica udienza, udita dal relatore l'esposizione dei fatti e dei motivi del ricorso, ascoltate le parti presenti illustranti le loro posizioni processuali, la Commissione decise il giudizio.
MOTIVI DELLA DECISIONE
2.0. - La sentenza merita conferma.
2.1. - Deve questa commissione innanzi tutto rilevare l'erronea modalità di presentazione della memoria di costituzione in giudizio da parte dell'Ufficio in quanto inviata per via telematica. Infatti ai sensi dell'art. 8 dell'art. 39 del decreto legge 6 luglio 2011 n. 98 fino all'entrata in vigore del decreto attuativo sul processo tributario telematico (ovvero il D.M. 23 dicembre 2013 n. 163): «le comunicazioni nel processo tributario sono effettuate nei modi e nelle forme previste dalle disposizioni vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto». Vale a dire che la modalità informatica, ai sensi dell'art. 20 decr. min. cit., si applica: «ai ricorsi notificati a partire dal primo giorno del mese successivo al decorso del termine di novanta giorni dalla data di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del primo decreto di cui all'articolo 3, comma 3, e depositati presso le Commissioni tributarie individuate con il medesimo decreto».
Provvedimento quest'ultimo adottato, per le commissioni tributarie della regione Piemonte con decreto direttoriale 30 giugno 2016. Cosicché essendo a giudizio di questo collegio il termine «ricorsi notificati» riferito esclusivamente a quelli proposti per l'instaurazione del giudizio di primo grado, ne deve necessariamente derivare che essendo quello in discussione notificato all' Agenzia delle entrate il 22 aprile 2015 (e quindi ben prima dell'adozione del decr. dir. cit.) per esso non possono trovare applicazione le norme del processo tributario telematico.
Ne discende quindi che l'atto di costituzione in giudizio proposto dall'Ufficio non può essere esaminato da questo collegio.
2.2. - La decisione di primo grado merita tuttavia conferma.
Asserisce infatti il contribuente che: «la mancata riassunzione avanti la Ctr Piemonte da parte dell'Ufficio, ha pacificamene comportato la caducazione di tutte le pronunce emesse nel corso dello stesso, eccettuate quelle già passate in giudicato e con salvezza dell'atto originariamente impugnato in primo grado» (cfr. pag. 6 atto di appello). Tale assunto, che si basa come detto sopra sull'estinzione del giudizio ai sensi del capoverso dell'art. 63 del decr. n. 546 cit., tuttavia non considera l'insegnamento della Suprema Corte di Cassazione. Infatti per quest'ultima: «In tema di contenzioso tributario, l'estinzione del giudizio comporta la definitività dell'avviso di accertamento impugnato, giacché quest'ultimo non è un atto processuale, ma l'oggetto dell'impugnazione» (cfr. ord. 28 marzo 2012 n. 5044). Inoltre che: «Nel giudizio tributario, l'omessa riassunzione della causa davanti al giudice di rinvio determina l'estinzione del processo, ai sensi dell'art. 63, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, e la definitività dell'avviso di accertamento impugnato, sicché il termine di prescrizione della pretesa tributaria, necessariamente incorporata nell'atto impositivo, decorre dalla data di scadenza del termine utile per la non attuata riassunzione, momento dal quale l'Amministrazione finanziaria può attivare la procedura di riscossione» (cfr. sent. 15 gennaio 2016 n. 556 ed in senso conforme ord. 23 novembre 2016 n. 23922). In altri termini è dell'avviso questa commissione che l'atto impugnato nel giudizio per il quale non fu effettuata la riassunzione è divenuto definitivo, ancorché atto di riscossione.
Ne può essere assunta la tesi che nel caso di estinzione del giudizio non opererebbe l'effetto sospensivo della prescrizione in quanto come insegna la Suprema Corte di Cassazione: «In caso di estinzione del processo tributario dovuta ad omessa riassunzione della causa davanti al giudice del rinvio, non trova applicazione la regola generale dettata dall'art. 2945, comma 3, e.e. ed il termine di prescrizione della pretesa fiscale decorre dalla data di scadenza del termine utile per la (non attuata) riassunzione, giacché solo da tale momento l'atto impositivo diviene definitivo, mentre, ove venisse meno l'effetto sospensivo previsto dall'art. 2945, comma 2, e.e., la prescrizione maturerebbe anteriormente a tale definitività in favore dell'unica parte processuale (il contribuente) interessata alla riassunzione, proprio al fine di evitare che l'atto impugnato diventi definitivo» (cfr. sent. 18 novembre 2016 n. 23502 ).
In altri termini il primo capo dell'impugnata decisione merita conferma.
2.3. - Anche il secondo motivo proposto dal contribuente non può trovare favore. Essendo stata a suo tempo impugnata una cartella esattoriale i vizi dovevano essere quelli propri di quest'atto e non quelli relativi all'atto di accertamento tributario. In altri termini non essendo ravvisabile alcun collegamento tra la cartella esattoriale e la condotta del consulente questa commissione ritiene di confermare l'inammissibilità di tale motivo.
2.4. - Le spese del presente grado giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in euro 5.000 (cinquemila).