Commissione Tributaria Regionale Liguria, sez. I, sentenza 12/09/2022, n. 749

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In tema di daziabilità dei diritti di licenza, nel caso in cui il beneficiario delle royalties sia soggetto diverso dal venditore, occorre verificare se la persona legata al venditore eserciti un controllo, sul medesimo o sull'acquirente, tale da poter garantire che l'importazione delle merci, assoggettate al suo diritto di licenza, sia subordinata al versamento, a suo favore, del corrispettivo o del diritto di licenza ad esse afferente. A tal fine, esaminate le clausole contrattuali del contratto di licenza, il controllo rilevante, non è quello sulla qualità finale del prodotto, ma è quello che investe l'intero processo produttivo sia sotto il profilo della scelta dei materiali di costruzione e dei fabbricanti "autorizzati", sia sotto quello dell'orientamento della produzione di questi ultimi - dal momento dell'ideazione a quello del prodotto finito - sia sotto il profilo della successiva commercializzazione da parte della Licenziataria.

Riferimenti normativi: Commento n. 11 del Comitato del codice doganale
Riferimenti giurisprudenziali: Cass., ord. n. 22765/2019.

Sul provvedimento

Citazione :
Commissione Tributaria Regionale Liguria, sez. I, sentenza 12/09/2022, n. 749
Giurisdizione : Comm. Trib. Reg. per la Liguria
Numero : 749
Data del deposito : 12 settembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La P B S.p.A., nell'ambito della propria attività di produzione di articoli di abbigliamento per bambini recanti raffigurazioni di personaggi e di particolari disegni e/o loghi, effettuava operazioni di importazioni da Paesi Terzi.

In particolare, l'utilizzo dei predetti disegni, loghi e raffigurazioni veniva concesso in licenza alla Società in forza dei contratti dalla stessa sottoscritti per gli anni dal 2008 al 2010 con le suindicate controparti:

i) "A" (per gli anni 2008 e 2009);

ii) "B" (per l'anno 2010);

iii) "C" (per gli anni 2008, 2009 e 2010),

iv) "D" (per gli anni 2008, 2009 e 2010);

v) "E" (per gli anni 2009 e 2010);

vi) "F" (per gli anni 2009 e 2010).

Per la realizzazione degli articoli di abbigliamento, la Licenziataria si avvaleva di fornitori non comunitari terzi, sia rispetto ad essa che alle Licenzianti, da cui acquistava taluni prodotti, per i quali, all'atto dell'importazione in Italia, determinava il valore doganale senza ivi includere i diritti di licenza corrisposti alle Licenzianti, ritenendo che ricorressero nella fattispecie le condizioni previste dal Legislatore comunitario ai fini della daziabilità delle royalties e, più in particolare, non rilevando il pagamento di tali diritti, nel caso di specie, come "condizione alla vendita" delle merci importate, così come desumibile dagli accordi di licenza.

Inoltre, per le sole merci aventi provenienza di origine cinese, la B usufruiva dell'istituto del c.d. first sale price, previsto dal previgente art. 147 del Regolamento (CEE) n. 2454/93 della Commissione, del 2 luglio 1993, "che fissa talune disposizioni d'applicazione del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio che istituisce il codice doganale comunitario" ("DAC" - Disposizioni di attuazione al Codice Doganale Comunitario), che consentiva alla Società di dichiarare all'Autorità doganale il prezzo relativo ad una transazione anteriore rispetto all'ultima vendita sulla cui base le merci sono state introdotte all'interno del territorio comunitario.

L'Ufficio elevava il Processo Verbale di Constatazione, nel quale - verificate le operazioni di importazione effettuate negli anni dal 2008 al 2010 - sosteneva che la Società:

i) avrebbe indebitamente usufruito dell'istituto del first sale price in carenza di "elementi probatori atti a dimostrare con documenti commerciali e contabili, che la società abbia mai avuto contatti diretti o indiretti con il primo fabbricante cinese;

ii) avrebbe corrisposto diritti di licenza per la commercializzazione di varie tipologie di prodotti di abbigliamento, il cui ammontare tuttavia non sarebbe stato incluso nel valore delle merci dichiarato all'atto dell'importazione, pur in presenza delle condizioni previste dalla normativa doganale.

Con ricorsi tempestivamente notificati, la Società impugnava gli avvisi di rettifica dell'accertamento dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di La Spezia, chiedendo che ne fosse dichiarata la nullità e/o l'annullamento totale o parziale per:

i) violazione e falsa applicazione dell'art. 12, comma 5, dello Statuto dei diritti del contribuente;

ii) violazione dell'onere della prova e motivazione insufficiente;

iii) infondatezza nel merito dei provvedimenti in relazione sia alla contestazione relativa alla illegittima fruizione dell'istituto del first sale price che alla mancata inclusione delle royalties nel valore in dogana delle merci;

iv) violazione dell'art. 220 del Regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992, "che istituisce un codice doganale comunitario";

v) violazione dell'art. 10, commi 2 e 3, dello Statuto dei diritti del contribuente e dell'art. 6, comma 2, del D. Lgs. n. 472/1997.

In via subordinata, la Società chiedeva peraltro il deferimento della questione pregiudiziale alla Corte di Giustizia Europea in ordine all'interpretazione i) del concetto espresso nella terza frase dell'art. 147 del DAC, ove si prevede che "deve essere dimostrato adeguatamente all'autorità doganale, che tale vendita è stata conclusa ai fini dell'esportazione verso il territorio doganale in questione" e ii) della definizione di "controllo diretto" di cui alla lettera e), paragrafo 1, dell'art. 143 del DAC e, specificatamente, allorquando possa dirsi sussistente "un potere di costrizione o di orientamento".

Con le sentenze n. 90 e 91/3/13 emesse in data 28 settembre 2012 e depositata in data 29 aprile 2014 (in atti), la Commissione Tributaria Provinciale di La Spezia, in accoglimento dei ricorsi proposti dalla Società, annullava i provvedimenti impugnati e dichiarava compensate tra le parti le spese di giudizio.

L'Ufficio notificava ricorsi in appello nei quali, insistendo sulla legittimità del proprio operato, chiedeva la riforma delle sentenze di primo grado i) per carenza di motivazione in ordine alla

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