Commissione Tributaria Regionale Toscana, sez. V, sentenza 20/04/2022, n. 583

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Nel processo tributario, la cessazione della materia del contendere si differenzia dalla sopravvenuta carenza di interesse in quanto solo nel primo caso viene meno l'atto lesivo dell'interesse materiale oggetto della tutela giurisdizionale tributaria, mentre nel secondo, pur permanendo l'atto impugnato, cessa l'interesse meramente processuale al suo annullamento. Qualora, poi, l'atto impugnato venga meno non per una unilaterale determinazione dell'ufficio, ma per l'adozione di un atto conforme alla pretesa avanzata dal contribuente, la sentenza di cessazione della materia del contendere fa stato in merito alla definitiva realizzazione dell'interesse di quest'ultimo e, una volta passata in giudicato, impedisce all'erario di annullare, in via di autotutela, il provvedimento che aveva determinato la cessazione della "res litigiosa".

Sul provvedimento

Citazione :
Commissione Tributaria Regionale Toscana, sez. V, sentenza 20/04/2022, n. 583
Giurisdizione : Comm. Trib. Reg. per la Toscana
Numero : 583
Data del deposito : 20 aprile 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nel procedimento RGA 869/2019 con ricorso presentato da A. F. veniva interposto appello avverso la sentenza n. 681/02/2018 emessa dalla C.T.P. di Arezzo in data 12 settembre 2018 e depositata il 15 ottobre 2018.
La controversia originaria aveva riguardo ad un preavviso di fermo amministrativo di beni mobili registrati n. 00X0201700000X000" riguardante l'autoveicolo targato XXX a fronte di debiti erariali per euro 1.169,58.
Secondo quanto emerge anche dalla narrativa della sentenza di primo grado, parte contribuente eccepiva: - l'illegittimità del preavviso di fermo amministrativo per omessa regolare notifica della cartella di pagamento e/o mancata allegazione della stessa;
- il difetto di motivazione, con riferimento all'urgenza della misura cautelare;
- l'inesistenza e/o invalidità dell'atto impugnato per carenza di potere in capo all'Agente della Riscossione che avrebbe dovuto adottare la misura solo dopo pignoramento negativo o incapiente;
- sproporzione tra la pretesa ed il valore del bene;
- la violazione degli art. 76 e 77 del D.P.R. n. 602/1973.
L'Agenzia della Riscossione ribatteva: - la mancata allegazione di un documento all'atto impugnato non era motivo di nullità e nel caso di specie la pretesa tributaria era già a conoscenza della parte;
- la mancanza di motivazione era eventualmente imputabile all'ente impositore e non al concessionario (Cass. S.U. n. 11722/10) e comunque legittima dell'atto in sintonia con l'art. 86 del D.P.R. n. 602/1973 che non presuppone alcuna verifica di proporzionalità per procedere con l'atto di fermo tra consistenza del debito e valore del bene da sottoporre a procedimento cautelare.
La CTP rigettava il ricorso e compensava le spese.
In particolare assumeva che parte contribuente era a conoscenza tenuto conto degli atti precedentemente notificati;
- nell'atto erano indicati i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche all'origine del provvedimento, l'ammontare e la natura delle pretese tributarie, l'indicazione degli Enti creditori, le modalità, il termine e l'organo giurisdizionale presso il quale ricorrere;
- l'emanazione del provvedimento di fermo era svincolata da ogni accertamento in ordine all'esistenza di un pericolo di pregiudizio effettivo o potenziale per la realizzazione della pretesa tributaria;
- per procedere al fermo l'art. 86 del D.P.R. n. 602/1973 non richiedeva alcuna proporzionalità tra credito e valore del bene.
Parte contribuente proponeva appello, articolando i seguenti motivi di gravame.1. Motivo: violazione e/o falsa applicazione degli artt. 50 e/o 86 D.P.R. n.602/1973 e 7 L. n. 212/2000 per inesistente e/o invalida notifica e/o per mancata allegazione della cartella di pagamento.I primi giudici avrebbero dovuto statuire l'illegittimità (derivata) del preavviso di fermo amministrativo in virtù dell'invalida notifica della cartella di pagamento, trasmessa solo a mezzo P.E.C. con "file" formato "pdf", mancando la prova della presenza della firma digitale sul documento e l'attestazione di conformità ai corrispondenti originali analogici.
Per tali carenze, la cartella di pagamento non era "documento informatico" a norma di legge, l'art. 26 c. 2 del D.P.R. n. 602/1973 consentendo la notificazione delle cartelle per PEC soltanto con le modalità di cui al D.P.R. n. 68/2005 (cfr. C.T.R. della Campania n. 9464/11/2017, C.T.R. Liguria n. 745/03/2017, C.T.P. di Milano n. 1023/01/2017, C.T.P. di Treviso n. 93/01/2018);
incombeva sull'Ente di riscossione l'onere di provare che il documento notificato era un "documento informatico" (in carenza della cui prova quest'ultimo andava considerata inesistente), la conformità all'originale del documento inoltrato mediante P.E.C. nonché delle relative ricevute. E comunque la CTP avrebbe dovuto verificare se la notificazione della cartella di pagamento sotto il formato digitale ".pdf' era idonea a garantire la conformità del documento informatico notificato all'originale e, in particolare, se fosse valida la firma digitale dell'agente della riscossione.2. Motivo: violazione e/o falsa applicazione dell'art. 86 comma 4 del DPR n.602/1973: inesistenza e/o invalidità dell'atto impugnato per carenza assoluta di potere in capo all'agente della riscossione.In particolare, veniva dedotto che i primi giudici non avevano tenuto in conto il vizio di legittimità evidenziato sotto duplice ordine di ragioni.
In primo luogo, l'odierno appellante aveva rilevato che: (i) il fermo amministrativo era disciplinato dall'art. 86 del D.P.R. n. 602/1973, il cui comma 4 aveva devoluto la relativa intera disciplina ad un regolamento interministeriale con cui avrebbero dovuto essere stabiliti le "modalità, i termini e le procedure per l'attuazione di quanto previsto nelpresente articolo" ma, alla data odierna, mai emanato;(ii) l'art. 3, c. 41 del D. L. n. 203/2005 (convertito, con modificazioni, dalla L. n. 248/2005) aveva previsto che: "Le disposizionidell'art. 86 del D.P.R. n. 602/1973 si interpretano nel senso che, fino all'emanazione deldecreto previsto dal comma 4 dello stesso articolo, il fermo può essere eseguito dalconcessionario sui veicoli a motore nel rispetto delle disposizioni relative alle modalità diiscrizione e di cancellazione ed agli effetti dello stesso contenute nel Decreto del Ministro delleFinanze 07 settembre 1998 n. 503". La necessità del previo esperimento di un'esecuzione forzata e della sua infruttuosità (per giustificare il ricorso ad un conseguente preavviso di fermo amministrativo) era stata dedotta in base agli artt. 3 del D. M. n. 503/1998 e 79 del D.P.R. n. 43/1988;
in virtù di tali norme, l'ADR avrebbe dovuto procedere prima ad un pignoramento e, solo ove si fosse rivelato negativo o incapiente ovvero in caso di mancato reperimento dell'autoveicolo (a norma dell'art. 16 D. Lgs. n. 46/1999), si sarebbe giustificata una simile misura cautelare atipica (previa apposizione del prescritto "visto" come indicato nell'art. 3 del D. M. n. 503/1998): ciò che, nella fattispecie, non era mai avvenuto.
In secondo luogo, non essendo ancora stato emanato il regolamento attuativo previsto dall'art. 86 comma 4 del D.P.R. n. 602/1973, i primi giudici avrebbero dovuto riconoscere la carenza di potere dell'ADR di utilizzare il fermo amministrativo così come posto in essere con la diretta emissione dell'impugnato preavviso.3. Motivo: contrasto con l'art. 7 L. n. 212/2000 per difetto di motivazione. La pronuncia di primo grado era errata poiché non aveva riconosciuto il palese difetto di motivazione proprio dell'impugnato preavviso di fermo amministrativo risultato del tutto privo dell'indicazione delle ragioni "cautelari" (in virtù della natura giuridica propria del fermo amministrativo) alla base dell'adozione di una simile misura.4. Motivo: eccesso di potere in virtù della manifesta sproporzione tra la somma pretesa ed il valore del bene oggetto del già menzionato preavviso di fermo.Secondo il maggioritario orientamento giurisprudenziale il fermo amministrativo non poteva essere adottato su un bene di valore notevolmente superiore rispetto al credito che con esso si intendeva garantire, alla luce della previsione dell'art. 77 del D.P.R. n. 602/1973 in materia di iscrizione ipotecaria per crediti di VALORE inferiore ad Euro 20.000,00.5. Motivo: violazione e/o falsa applicazione degli artt. 76 e/o 77 del DPR n.602/1973.Infine, l'odierno appellante adduceva che il fermo amministrativo rappresentava una misura cautelare atipica, preordinata alla successiva espropriazione forzata di cui condivideva le regole operative (C.T.P. di Roma, n. 112/11/2012;
C.T.P. di Napoli, n. 241/17/2012). La parificazione tra i due strumenti (ipoteca e fermo), il loro inquadramento congiunto nell'ambito dell'espropriazione ed il fatto che i due predetti istituti venivano disciplinati dalle medesime norme (di cui al Capo III° del D.P.R. n. 602/1973) non poteva che condurre alle medesime conclusioni.
Conclusivamente, parte appellante chiedeva l'annullamento e/o la riforma della sentenza impugnata con il riconoscimento e la statuizione che il preavviso di fermo amministrativo nonché la correlativa precedente cartella di pagamento (quanto al periodo d'imposta 2012 a titolo di imposte dirette) erano invalidi con conseguente inesigibilità, in ogni caso, della somma complessivamente reclamata (così come indicata nel predetto preavviso relativamente alla pretesa tributaria);
con vittoria di spese e compensi del doppio grado di giudizio, ovvero, in ipotesi, del presente grado di giudizio oltre al rimborso forfettario delle spese generali (15%), agli accessori secondo legge, al rimborso delle spese documentate esenti I.V.A. e con distrazione, ex art. 93 c.p.c., delle predette spese e compensi a favore del procuratore antistatario.
L'Agenzia delle Entrate- Riscossione (d'ora in poi ADR) si costituiva in giudizio e presentava le controdeduzioni di seguito illustrate.1. controdeduzione: inammissibilità delle contestazioni relative alla carenza di sottoscrizione digitale nonché alla mancanza dell'attestazione di conformità.Tali eccezioni erano state formulate da controparte con le memorie illustrative ex art. 32 d.lgs. n. 546/1992 e non nelle forme ex art. 24, c.2, d.lgs. 546/92. In base a quest'ultima previsione, l'integrazione dei motivi di ricorso, resa necessaria dal deposito di documenti non conosciuti ad opera delle altre parti o per ordine della commissione, era ammessa entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla data in cui l'interessato ha notizia di tale deposito.
Nel caso di specie, le contestazioni di parte contribuente in merito all'invalidità della notifica pec erano motivi aggiunti, integranti i motivi di ricorso in dipendenza dell'esame della documentazione depositata dall'Agenzia, in origine essendo stata addotta l'inesistenza della notifica. La contestazione dei presunti vizi della notifica eseguita a mezzo pec costituiva mutamento della causa petendi formalizzata nell'atto introduttivo e implicava il rispetto della previsione

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