Commissione Tributaria Regionale Campania, sez. XVI, sentenza 13/11/2019, n. 8506
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In ipotesi di operazioni inesistenti è a carico dell'ufficio finanziario la prova della connivenza del cessionario, intendendo come tale la prova che quest'ultimo, al momento in cui ha acquistato il bene o servizio, sapeva o avrebbe potuto sapere, utilizzando l'ordinaria diligenza, di partecipare ad un'operazione fraudolenta posta in essere da altri soggetti. Tale prova può essere data anche con presunzioni semplici purché gravi, precise e concordanti.
Pres. Giovanni Giacalone, Est. Adriano del Bene
Sul provvedimento
Testo completo
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con ricorso depositato presso gli uffici dell'Agenzia delle Entrate il 29 .3.2013 ed iscritto a ruolo 1'8.4.2013 espose che: a) era stato dipendente dell'Istituto San Paolo/Banco Napoli, già Banco di Napoli, fino al 2008;b) era stato titolare di n. 18.004,605 quote del Fondo di Previdenza Complementare istituito per il personale del Banco di Napoli;c) che a seguito della richiesta di pensionamento avanzata il 30.11.2008 gli era stato liquidato il controvalore di tali quote in 153.388,43 ?, al netto d'imposte, tasse e anticipazioni;d) all'atto dell'erogazione, il Fondo, nella qualità di sostituto di imposta, aveva errato nel calcolo dell 'Irpef, trattenendo la cifra complessiva di 65.664,57 ?;e) in data 24.09.2012 aveva inoltrato all'Agenzia delle Entrate di Napoli, Dir. Prov. 1, istanza di rimborso ex artt. 37 e 38 d.P.R. 602/1973 della complessiva somma di 29.376,05 ?;f) l'Ufficio non aveva reso alcuna risposta, sicché intendeva impugnare il relativo silenzio rifiuto. Aggiunse che dal 1895 e fino al 1.1.1991 le prestazioni previdenziali relative al rapporto di lavoro dipendente intrattenuto del già Banco di Napoli avevano fatto carico esclusivamente al Banco medesimo, che aveva a tal fine creato un apposito fondo, i cui accantonamenti erano stati, nel rispetto della I. 486 del 1895, esattamente riportati nel bilancio dell'istituto di credito. Precisò, inoltre, che "dal 1.1.1991, i dipendenti del Banco di Napoli efra essi il ricorrente, sono stati trasferiti, ai fini previdenziali, in una gestione speciale presso l'INPS Con tale passaggio all'INPS della previdenza obbligatoria (AGO), il fondo, già accantonato presso il banco di Napoli, si è trasformato in FIP (Fondo previdenza integrativa) e tutti i dipendenti in servizio hanno acquisito il diritto alla percezione sia della pensione INPS, che della pensione integrativa.
Tutto ciò si è concretizzato in virtù della L. 21811990 recante disposizioni in materia di ristrutturazione degli istituti di credito di diritto pubblico e del relativo decreto n. 35711990, comprovato dalla circolare del Banco di Napoli, dove si dà atto dell'esistenza del duplice regime pensionistico. In data 30-07-2001, a seguito del D.lgs. n. 12411993, istitutivo dei Fondi Pensione, è stato costituito. in prosecuzione del vecchio fondo di previdenza integrativa del banco (F1P), il Fondo di Previdenza Complementare per il personale del Banco di Napoli - FPCPBN -, al quale è stato trasferito, dal F1P, un importo di 2. 12 3 miliardi di Lire, dato dalla riserva matematica che il F1P aveva accantonato al fine di assicurare, agli aventi diritto, la pensione integrativa da esso precedentemente gestita. (artt. 1 e 5 atto costitutivo FPCPBN). Ora, dopo aver fatto questa breve cronistoria, come si legge dal prospetto riepilogativo rilasciato dal Fondo (allegato A) aifini dell'applicazione di una corretta tassazione IRPEF, i contributi previdenziali maturati dal ricorrente sono stati suddivisi in tre fasce temporali diverse, obbediente, ognuna di esse, in ossequio ai dettati legislativi che si sono susseguiti in materia, a una diversa modalità di tassazione. La tassazione Irpef è infatti differente secondo che si tratti di:
1. contributi maturati fino al 3111212000 2. contributi maturati dal 0110112001 al 31112/2006 3. contributi maturati dal 0110112007 in poi. Tecnicamente, il montante maturato fino al 3111212000 è soggetto all'aliquota del TFR, al netto della quota corrispondente ai contributi versati dal lavoratore dipendente. Per il montante maturato durante il periodo di cui al punto 2, la tassazione lrpef è quella separata, con applicazione della c.d. aliquota interna. Per calcolare l'aliquota interna, occorre dapprima individuare il c.d. reddito di riferimento.
A tale scopo, si considera il montante maturato in tale periodo, al netto dei contributi versati dal lavoratore dipendente e dei rendimenti, già tassati. Tale importo va diviso per il numero degli anni di iscrizione al Fondo, a decorrere dal 1/01/2007 ed il risultato va moltiplicato per 12. Applicando al reddito di riferimento così ottenuto le aliquote lrpef, diversificate per scaglioni di reddito e riferite all'anno di maturazione del diritto alla prestazione pensionistica, si ottiene un'aliquota media che coincide con la menzionata aliquota interna. Al montante maturato invece dal 01/01/2007 in poi si applica un'aliquota fissa che ai sensi dell'art. 11 del D.lgs. 25212005 è pari al 15% dedotto lo 0,30% per ogni anno di anzianità di partecipazione al Fondo, con un limite massimo di riduzione di 6 punti percentuali. Chiarito ciò, al sig. XXX, nel periodo considerato fino al 31/12/2000, gli sono stati accreditati contributi per E. 194.208,20. La siffatta operazione è errata, in quanto da un estratto conto della sua posizione individuale nel Fondo che si allega al n. 4, di tali E. 194.208,20, E. 188.335,00 sono effettivamente maturati in data 31/03/2008. Ergo, quegli E. 188.335,00 andavano indicati nella colonna 3 (CONTRIBUTI RICONOSCIUTI DAL 01/0112007). La svista non è di poco conto atteso che lo spostamento da quella che doveva essere la colonna naturale e cioè la terza, alla prima, ha comportato una modalità di tassazione differente, sfavorevole al ricorrente. La differenza è dell' 11,26% (aliquota 25,96% della prima colonna a fronte del 14, 70% della terza). Tradotta in cifre, la somma conteggiata e trattenuta in più per imposte è di E. 21.203,57 che vanno restituiti al reclamante (E. 188.355,00 al 25,96% fanno E. 48.891,76, mentre tassati al 14, 70% sommano E. 27.688,18;per differenza si ottiene la cifra prima indicata). Oltre al suddetto importo, il sig. XXX rivendica la riconsegna delle somme ingiustamente trattenute a titolo di Irpef, perché frutto della illegittima (principio di divieto delle doppie imposizioni) tassazione operata sui contributi previdenziali volontari, a totale carico del lavoratore dipendente che, come si legge dal prospetto di liquidazione nella parte intitolata "Dettaglio posizione individuale" al rigo 1, sono stati per il periodo 01101/2001-31/1212006 E. 8.092,21 e per il periodo dal 0110112007 E. 3.581, 19. Quindi atteso che sugli E. 8.092,21 la tassazione è avvenuta con aliquota del 30,09%, (si legga, nel prospetto di liquidazione, il riquadro intitolato "Dati fiscali per la determinazione dell'imposta Irpef" colonna 2 per il complessivo importo di E. 23.260,67 dati dalla somma dei contributi previdenziali a carico del lavoratore per E. 8.092,21 +E. 15.168,45 come contribuzione a carico dell'azienda), mentre sugli E. 3.581, 19 la trattenuta è stata del 14,70% (stesso riquadro di prima, colonna 3), E. 2.434,94 (30,09% su E. 8.092,21) +E. 526,43 (14, 70% su E. 3.581, 19), ingiustamente detratti alla fonte dal sostituto di imposta, vanno rimborsati al lamentante". Sulla base di questi assunti il D M concluse per la restituzione della complessiva somma di 24.164,94 ?, oltre interessi maturati, maturandi e svalutazione monetaria, di cui 21.203,57 ? per errata applicazione dell'aliquota lrpef del 30,09% anziché del 14,70% e 2.434,94 ? + 526,43 ?per errata tassazione lrpef sui contributi (E. 8.092,21 +E. 3.581,19) previdenziali, risultanti a totale carico del lavoratore dipendente. L'Agenzia delle Entrate si costituì, illustrando una propria ricostruzione del quadro normativo e giurisprudenziale di rilievo, e concludendo perché la Commissione Tributaria Provinciale di Napoli volesse "provvedere in forza della normativa vigente e della documentazione in atti". 2. Con sentenza n. 466 del 12.1.2015 i Giudici tributari di primo grado accolsero il ricorso, osservando che il ricorrente aveva documentato l'erroneità della tassazione Irpef e "la stessa Agenzia ha confermato il diritto alla tassazione agevolata del ricorrente". Contro questa pronuncia l'Agenzia delle Entrate ricorse in appello, lamentando:
a) il difetto di motivazione della decisione impugnata, per non essere state esplicitate le ragioni in base alle quali s'era ritenuto che il XXX avesse dimostrato l'erroneità della tassazione;
b) il travisamento della pretesa adesione dell'Agenzia alle tesi prospettate dal ricorrente, avendo invece l'Agenzia, nelle controdeduzioni di primo grado, chiaramente esplicitato che "ai sensi dell'art. 12, comma l, d. lgs. n. 47 del 2000, per i soggetti che risultano iscritti a forme pensionistiche complementari alla data del 1.1.200, le nuove disposizioni relative alle modalità di tassazione si rendono applicabili alle sole prestazioni riferibili agli importi maturati da tale data", sicché solo per un mero refuso, non colto dai Giudici provinciali, nella successiva frase "anche i soggetti cessarti dal servizio in epoca successiva al 31.12. 2000 ..... possono fruire della tassazione agevolata (base imponibile ridotta all '87,50%) sull'ammontare della prestazione periodica riferibile al montante maturato entro la predetta data" non era stato inserito, tra le parole "2000" e "possono", la parola "non".
Richiamava, infine, la giurisprudenza della Suprema Corte, che a suo giudizio costituiva sostegno della correttezza della tassazione operata. Il XXX resistette all'appello. Con sentenza n. 2734 del 29.3.2016 la Commissione Tributaria Regionale della Campania respinse l'appello, sul duplice rilievo che l'adesione/acquiescenza dell'Agenzia al ricorso del XXX v'era effettivamente stata e che i motivi di gravame, siccome volti a sostenere tesi ed argomenti giuridici diversi, costituivano domanda nuova e, dunque, inammissibile. L'Agenzia delle Entrate propose ricorso per cassazione contro questa sentenza. Con ordinanza n. 19949 del 10 agosto 2017 la Suprema Corte ha accolto il primo dei tre motivi posti a base del ricorso, dichiarando assorbiti i restanti due. I Giudici di legittimità hanno deciso che "il primo motivo con il quale si lamenta, ai sensi dell'art. 360, comma primo, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 c.p.c. 2,37 e 57 d.lgs. 546/92, laddove la C.T.R. aveva rigettato l'appello siccome fondato su una questione nuova di segno opposto a quella sostenuta in primo grado, è fondato con assorbimento dei restanti motivi vertenti sul merito della vicenda processuale.