Commissione Tributaria Regionale Lombardia, sez. I, sentenza 31/08/2015, n. 3699

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L'atto impositivo tributario non soggiace al principio di "non annullabilità", sancito dall'art. 21-octies comma 2 della legge 241/1990 perché possiede le caratteristiche tipiche sia dell'atto amministrativo vincolato (la cui motivazione consiste semplicemente nella mera enunciazione dei presupposti richiesti dalla legge, riconosciuti nel caso concreto), sia dell'atto discrezionale (la cui motivazione va articolata a chiarimento della scelta operata, tra più comportamenti in astratto possibili e consentiti, di quello più adeguato al caso concreto).

L'atto tributario non sottoscritto o illegittimamente sottoscritto è affetto da una giuridica inesistenza che ne impedisce la produzione di effetti (quod nullum est nullum producit effectum) e, quindi, la relativa tutela giudiziaria potrebbe essere utilmente esperita anche nel ricorso contro l'atto "successivo", ad esempio, contro la cartella di pagamento - c.d. "impugnazione congiunta" - insieme ai vizi dell'atto "presupposto". Comunque, quand'anche tale vizio di sottoscrizione fosse motivo di nullità/inesistenza dell'atto, l'Amministrazione finanziaria potrebbe emanare, entro i termini decadenziali previsti ed anche in pendenza del giudizio, un nuovo provvedimento - c.d. autotutela sostitutiva - regolarmente sottoscritto dal dirigente, capo dell'ufficio impositore o da questi delegato impersonalmente: ratione officii, o da un dirigente/funzionario direttivo delegato individualmente: ad personam.

Nel riparto dell'onere probatorio di cui all'art. 2697 c.c., si deve tener conto del principio giurisprudenziale di prossimità della prova. Qualora la prova sia di difficile accesso (se non inaccessibile) per un comportamento ascrivibile alla controparte, l'onere probatorio è posto a carico della parte prossima alla fonte di prova e ciò come espressione del principio costituzionale del giusto processo ed in adempimento dei doveri di lealtà e probità di cui all'art. 88 c.p.c..

I poteri istruttori di cui all'art. 7 del d.lgs. 546/1992 per il giudice tributario sono integrativi dell'onere probatorio principale e funzionali al principio costituzionale della parità delle parti nel processo; inoltre il principio di non contestazione di cui all'art. 115 c.p.c., in virtù del rinvio dinamico dell'art. 1, comma 2, del d.lgs. 546/1992, è applicabile anche al processo tributario ed impone al giudice l'obbligo di considerare "come veri" i fatti non specificatamente contestati dalle parti costituite.

Sul provvedimento

Citazione :
Commissione Tributaria Regionale Lombardia, sez. I, sentenza 31/08/2015, n. 3699
Giurisdizione : Comm. Trib. Reg. per la Lombardia
Numero : 3699
Data del deposito : 31 agosto 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

L'Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale I di Milano, ha appellato la sentenza in epigrafe che ha accolto i ricorsi riuniti avverso gli avvisi di accertamento n. T9XXXXXXXX e n. T9XXXXXXXX IRPEF-ALTRO - rispettivamente anni di imposta 2007 e 2008 - chiedendone la riforma. Controdeduce la parte privata, sig. C. R., che chiede la conferma della sentenza de qua, eccependo verbalmente in pubblica udienza la nullità degli impugnati accertamenti anche alla luce della sentenza Corte cost. n°37/2015.

Osserva la Commissione che, nella fattispecie, sussiste un difetto assoluto di attribuzione dei necessari poteri e funzioni dirigenziali al sottoscrittore, atteso che gli avvisi di accertamento risultano firmati dal sig. S. T. F., nella qualità dirigenziale - presupposta e necessaria - per l'asserita funzione di Capo Ufficio Controlli della Direzione Provinciale I di Milano, su delega ratione officii conferitagli dal dott. M. C., Direttore Provinciale di Milano I. Il sig. S. T. F. risulta tuttavia assente (sia per la qualifica dirigenziale, sia per la funzione di preposti ai rispettivi uffici) negli organigrammi e nei ruoli ufficiali on-line dell'Agenzia delle Entrate, pagina "trasparenza amministrativa" del relativo sito ufficiale web. In vero, un elenco dettagliato di tutti gli incarichi dirigenziali coinvolti nella dichiarazione di illegittimità costituzionale de qua (con nomi e magari anche curricula completi di retribuzione, come prevede la legge), non solo non era stato approntato, ma anzi l'Agenzia delle Entrate aveva inopinatamente cancellato i nomi di tali pseudo-dirigenti dalla pagina "trasparenza amministrativa" del proprio sito al solo fine di ostacolare la ricerca della prova ai sempre più numerosi ricorrenti. Per tali soggetti, con nota prot 85460 del 30/12/2005 la Dre Lombardia aveva già ritenuto necessario emanare alcune direttive ad oggetto: "Incaricati di funzioni dirigenziali. Firma atti." per ricordare che:" i funzionari incaricati di funzioni dirigenziali restano sempre funzionari di III Area e, come tali, non possono utilizzare la qualifica di dirigente, tenuto conto che nelle amministrazioni statali, anche ad ordinamento autonomo, oltreché negli enti pubblici non economici per accedere a tale qualifica occorre essere vincitori di concorso per esami o per titoli ed esami, indetto dalle singole amministrazioni, ovvero di corsoconcorso selettivo di formazione bandito dalla Scuola superiore della pubblica amministrazione (art. 28 comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e succ. modif.). A corredo di quanto indicato, giova rammentare che la qualifica rivestita (dirigente, ovvero funzionario di III Area) non va confusa con la funzione svolta (capo ufficio, capo area, ecc.). In tal senso va ribadito che, nella sottoscrizione degli atti, un funzionario incaricato di funzioni dirigenziali dovrà sempre indicare la funzione svolta, ma non dovrà indicare una qualifica non spettante.". La Commissione, seguendo la giurisprudenza lombarda, considera e ritiene che l'actio nullitatis di parte privata circa l'asserito vizio invalidante dell'atto impositivo impugnato, sanzionato con la nullità dall' art. 42, c. 1 e 3 del d.P.R. 600/73, - in quanto sottoscritto da soggetto non legittimato - è preliminare e dirimente. Premesso che non può trovare qui applicazione l'art. 156 c.p.c.: "Rilevanza della nullità" (nonostante il rinvio dinamico di cui all'art.1, c.2 d. lgs.546/92) perché gli atti impositivi impugnati non sono atti processuali (Cass. 3040/2008), trattandosi in ipotesi di una nullità assoluta ex art. 21 septies, L. 241/90 (c.d. inesistenza giuridica), tale actio nullitatis può essere eccepita in ogni stato e grado del giudizio, anche d'ufficio (Cass. sent. 12104/2003), e ciò che per legge è rilevabile d'ufficio, in ogni stato e grado del giudizio, viene sottratto alla disponibilità delle parti per un superiore senso di giustizia che deve essere presidiato dal giudice a tutela delle parti processuali più deboli. Non è, pertanto, applicabile l'art 345 c.p.c.: "Domande ed eccezioni nuove", in considerazione anche del fatto che la sentenza della Corte costituzionale è sopravvenuta agli atti introduttivi del presente giudizio (contra non valentem non currit praescriptio). Rileva, inoltre, la Commissione, che il riparto dell'onere probatorio di cui all'art. 2697 c.c. deve tenere conto del principio giurisprudenziale di prossimità della prova (Cass. 13542/2012, 17874/2007, 2308/2007 e 13533/2001);
nelle ipotesi in cui la prova sia di difficile accesso, o addirittura inaccessibile, per un comportamento ascrivibile alla stessa controparte (come il callido oscuramento degli elenchi degli pseudo-dirigenti e relativi curricula, nella stessa solita pagina "trasparenza amministrativa" del sito ufficiale web dell'Agenzia delle Entrate), in deroga alla regola generale, l'"onus probandi" viene posto a carico della parte prossima alla fonte di prova, non solo in adempimento dei doveri di correttezza e buona fede nell'adempimento delle obbligazioni ma anche, come espressione del principio costituzionale del "giusto processo", in adempimento dei doveri di lealtà e probità di cui all'art. 88 c.p.c., nonché del principio generale di cui all'art. 116, c.2, c.p.c. ("Il giudice puo' desumere argomenti di prova , in generale, dal contegno delle parti stesse nel processo");
quindi," in caso di contestazione, incombe all'Agenzia delle Entrate l'onere di dimostrare il corretto esercizio del potere sostitutivo [sostituzione del dirigente in caso di assenza/impedimento o reggenza dell'ufficio in attesa della nomina del dirigente titolare] da parte del sottoscrittore o la presenza di eventuale delega (impersonale: ratione officii o individuale: ad personam), trattandosi di un documento, se esistente, già in possesso dell'amministrazione finanziaria " (Cass. sent. nn. 14942/2013, 17400/2012 e 14626/2000), poichè " l'esistenza e la validità della delega possono essere contestate e verificate in sede giurisdizionale, implicando l'indagine e l'accertamento sul tema un controllo, non già sull'organizzazione interna della Pubblica Amministrazione ma sulla legittimità dell'esercizio della funzione amministrativa e degli atti integranti la relativa estrinsecazione" (Cass. sent. n. 14195/2000). Il giudice tributario, non è tenuto all'esercizio dei poteri istruttori di cui all'art. 7, d.lgs n.546/92 per acquisire d'ufficio le prove in caso di inerzia del soggetto onerato, sopperendo all'impossibilità di una parte di esibire documenti in possesso dell'altra parte, perché tali poteri sono meramente integrativi (e non esonerativi) dell'onere probatorio principale e funzionali al principio costituzionale della parità della parti nel processo;
(Cass. sent. nn. 10267/2005, 12262/2007, 2487/2006, 10513/2008). E poi, anche per i ricorsi tributari instaurati dal 4/7/2009 vale il "principio di non contestazione" previsto dall'art. 115 c.p.c., trattandosi di un principio generale applicabile anche al processo tributario in forza del più volte citato rinvio dinamico di cui all'art.1, c.2, d.lgs 546/ 1992. Ad una successiva verifica, la circostanza che ambedue i sottoscrittori non risultino legittimati alla sottoscrizione - né come titolari né come delegati - trova conferma in ulteriori elenchi (nonostante siano incompleti in quanto riferiti solamente alla giornata del 26 marzo 2015) ripubblicati, re melius perpensa, solo recentemente dalla medesima Agenzia, nella solita pagina "trasparenza amministrativa", atteso che entrambi i sunnominati risultano essere stati "officiati" dell'incarico per cooptazione, senza avere mai superato alcun concorso per la qualifica dirigenziale, né cooptati dall'esterno ai sensi art. 19, c.6 d.lgs. 165/2001, i cui "incarichi sono conferiti, fornendone esplicita motivazione, a persone di particolare e comprovata qualificazione professionale, non rinvenibile nei ruoli dell'Amministrazione, che abbiano svolto attività in organismi ed enti pubblici o privati ovvero aziende pubbliche o private con esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali " come da elenco ufficiale postato nella solita pagina "trasparenza amministrativa", contenente 36 soggetti - diversi dai sunnominati - portatori di "comprovata qualificazione professionale, non rinvenibile nei ruoli dell'Amministrazione". Con la sentenza dichiarativa n°37 del 2015, la Corte costituzionale:

1) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 8, comma 24, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16 (Disposizioni urgenti in materia di semplificazioni tributarie, di efficientamento e potenziamento delle procedure di accertamento), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 26 aprile 2012, n. 44;

2) dichiara, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l'illegittimità costituzionale dell'art. 1, comma 14, del decreto-legge 30 dicembre 2013, n. 150 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 27 febbraio 2014, n. 15;

3) dichiara, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l'illegittimità costituzionale dell'art 1, comma 8, del decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 192 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative);

e poi così continua:

1.2.? Ad avviso del giudice a quo, consentendo l'attribuzione di incarichi a funzionari privi della relativa qualifica, l'art. 8, comma 24, del d.l. n. 16 del 2012, come convertito, aggirerebbe la regola costituzionale di accesso ai pubblici uffici mediante concorso, in violazione degli artt. 3 e 97 Cost. Viene, a tal proposito, richiamata la giurisprudenza costituzionale che riconosce nel concorso pubblico la forma generale ed ordinaria di reclutamento per il pubblico impiego, quale procedura strumentale al canone di efficienza dell'amministrazione…. La norma censurata, sempre secondo il giudice a quo, consentirebbe invece a funzionari privi della relativa qualifica, di accedere,

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