Commissione Tributaria Regionale Toscana, sez. XXXII, sentenza 28/09/2005, n. 56

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.

Segnala un errore nella sintesi

Massime1

Il contribuente puo' conseguire, sotto condizione di verifica positiva dei presupposti configurati dall'art. 1283, CC, e nei limiti consentiti da tale disposizione, la condanna dell'Amministrazione al pagamento di interessi anatocistici per il ritardato rimborso del credito Iva, senza che l'applicabilit\ dell'istituto dell'anatocismo trovi ostacolo nel disposto dell'art. 38 bis, DPR 26.10.1972, n. 633, ne', in linea generale, nelle disposizioni che regolano il rimborso delle imposte pagate in eccedenza rispetto al dovuto o nelle particolari caratteristiche strutturali del processo tributario.

Sul provvedimento

Citazione :
Commissione Tributaria Regionale Toscana, sez. XXXII, sentenza 28/09/2005, n. 56
Giurisdizione : Comm. Trib. Reg. per la Toscana
Numero : 56
Data del deposito : 28 settembre 2005
Fonte ufficiale :

Testo completo

L'Agenzia delle Entrate - Ufficio 3 appellava la sentenza n. 71/17/2003 con
cui la Commissione Provinciale di Firenze aveva accolto - in parte e nei
limiti di cui alla motivazione della decisione medesima - il ricorso
proposto dalla Filati B. s.p.a. in Amministrazione Straordinaria, quale
incorporante della L. s.p.a., avverso il silenzio rifiuto sulla domanda di
rimborso degli interessi dovuti per la tardiva restituzione del credito IVA
dell'anno 1986, oltre le maggiorazioni degli ulteriori interessi di mora ai
sensi dell'art. 1286 c.c.
L'Ufficio lamentava che erroneamente la C.P. aveva valutato la circostanza
che, sino alla data del 28.3.1990, la documentazione offerta dalla societa'
ricorrente, nonostante i solleciti, era rimasta incompleta rispetto a quanto
previsto dalla normativa all'epoca vigente, per cui essa amministrazione
s'era trovata nell'impossibilita' di liquidare il rimborso per ben 994
giorni;
che in particolare, rimanendo incerta la via ed il civico della sede
in Prato della ditta L. in Prato, l'Ufficio aveva potuto erogare solo in
data 19.11.1990 la sorte capitale (lire 333.044.000) ed il 13,8.1999 gli
interessi (lire 24.225.000), come dovuti dall'integrazione della
documentazione;
che inoltre erronea era altresi' la ritenuta
irretroattivita' dell'art. 38 bis DPR 633/72, come mod. dal D.L. n. 1O del
1990, (disposizione questa che tra l'altro esclude la decorrenza degli
interessi tra la notifica della richiesta di documenti e la data della loro
consegna, ove detto periodo superi i gg. 15), stante la natura "procedurale"
e non "sostanziale" della norma.
Resisteva all'impugnazione la societa' Filati B. interponendo altresi'
appello incidentale, onde ottenere altresi' - in conformita' al costante
indirizzo giurisprudenziale della Suprema Corte - il riconoscimento degli
interessi anatostici.
In particolare, la societa' appellata deduceva che nell'atto d'impugnazione,
la stessa Agenzia delle Entrate ammetteva d'aver ricevuto la documentazione
offerta nel 1987;
che, a prescindere dall'irretroattivita' dell'art. 38 bis
DPR 633/72 (come rettamente ritenuto dai primi giudici), del tutto
irrilevante era la divergenza dell'ubicazione della sede legale - come
riportata nella certificazione del Tribunale gia' consegnata all'ufficio nel
1987 - e l'ubicazione nella stessa citta' dell'unita' operativa, stante
peraltro che tale disguido sarebbe dipeso comunque da un'erronea
trasmissione i dati dall'ufficio IVA all'anagrafe tributaria non certo
imputabile alla parte contribuente;
che viceversa la C.T.P. aveva
ingiustamente escluso il riconoscimento degli interessi ex arti 286 c.c.
senza idoneamente motivare tale capo della sentenza, in contrasto con
l'indirizzo costante della Corte di Cassazione.
All'odierna udienza la Commissione decideva come da infrascritto dispositivo.
L'impugnazione dell'Agenzia delle Entrate appare destituita di fondamento.
Invero, rettamente i giudici di prime cure hanno ritenuto non controverso
che i documenti richiesti dall'Amministrazione furono consegnati dalla
societa' ricorrente il 13.8 ed il 7.9.1987 (cfr. narrativa atto di appello
principale e nota 28.4.2002 dell'Agenzia delle Entrate sub doc. n. 4
allegato al ricorso in primo grado): l'unica inesattezza rappresentata
dall'ufficio consisterebbe in concreto nella diversa ubicazione della sede
legale e dell'unita' operativa della societa' richiedente il rimborso, il
che appare effettivamente di scarsa rilevanza ed inidonea di per se' a
differire l'erogazione del rimborso, essendo stata peraltro garantita - come
giustamente sottolineato dalla parte privata - la ripetizione d'indebito
mediante la fideiussione prestata.
Ne - ritiene questa Commissione Regionale - che siffatta presunta
difficolta' ad accogliere l'istanza di rimborso fosse imputabile alla
societa', trattandosi verosimilmente d'una erronea registrazione di dati tra
uffici finanziari all'epoca non unificati.
Ad ogni buon conto, appare senz'altro condivisibile la tesi esposta dalla
societa' ed accolta dai giudici di prime cure secondo cui trattandosi di
rimborso IVA maturato nell'anno 1986 non avrebbe potuto avere valenza
retroattiva la normativa di cui all'art. 38 bis DPR 633/72, come modificato
dal dall'art. 4 del D.L. 27.4.1990 n. 90: invero, l'art. 14 del cit. D.L. n.
90/1990, come modificato dalla Legge 26.6.1990 n. 165, non individua alcuna
decorrenza delle modifiche apportate al primo comma dell'art. 38 bis del
citato DPR 633/72 e - pertanto - non puo' comunque configurarsene
un'applicazione retroattiva per un rimborso gia' richiesto e maturato
(quantunque non ancora liquidato dall'amministrazione).
Ne d'altra parte appare consentito invocare, nella fattispecie, il principio
generale "tempus regit actum", applicabile alle norme di natura processuale,
con riguardo ad una disposizione che - ove cosi' interpretata con effetto
retroattivo - andrebbe ad incidere in modo sostanziale sull'esigibilita' di
accessori, da reputarsi comunque gia' spettanti in base alla normativa
previgente, sul credito richiesto a rimborso: appare evidente - come
rettamente osservato dall'appellante incidentale - che tale attribuzione di
effetti al novellato 1 comma dell'art. 38 bis DPR 633/72, oltre a porsi in
conflitto con il disposto di cui all'art. 3 comma 2 della L. 27.7.2002 n.
212 (Statuto del Contribuente), potrebbe far ipotizzare vizi di
costituzionalita' della disposizione medesima (per diseguali trattamenti tra
contribuenti "ritardatari" nel completamento della documentazione, ma
comunque beneficiati dalla liquidazione del rimborso con relativi accessori
anteriormente alla novella, ed altri che, pur avendo chiesto il rimborso
nello stesso periodo dei primi sono rimasti "ritardatari" anche
successivamente al DL n. 90/1990).
L'appello incidentale va invece accolto, con riconoscimento degli invocati
interessi prodotti sugli interessi scaduti, trattandosi infatti di interessi
scaduti da oltre sei mesi ed a far tempo dalla giudiziale domanda.
Sul punto effettivamente - come lamentato dalla societa' contribuente - i
primi giudici non hanno tenuto conto delle numerose pronunce della Corte di
Cassazione ne hanno offerto una motivazione, adeguata per discostarsene.
La Suprema Corte ha invero ripetutamente sancito che "...il contribuente
puo' conseguire, sotto - condizione di verifica positiva dei presupposti
configurati dall'art. 1283 c.c. e nei limiti consentiti da tale
disposizione, la condanna dell'amministrazione al pagamento degli interessi
anatocistici per il ritardato rimborso di un credito Iva, senza che
l'applicabilita' dell'istituto dell'anatocismo trovi ostacolo nel disposto
dell'art. 38 bis del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, ne, in linea generale,
nelle disposizioni che regolano il rimborso delle imposte pagate in
eccedenza rispetto al dovuto o nelle particolari caratteristiche strutturali
del processo tributario...." (cfr. - da ultimo - Cass. civ., sez. V,
22/09/2003, n. 14002, Cass. Civ., sez. Trib., 16.12.2003 n. 19421 e Cass.
civ., sez. V, 01/07/2004, n. 12043).
Le spese del presente grado di giudizio - in mancanza di specifica
impugnazione della pronuncia sulle spese emessa dai primi giudici - fanno
carico all'Amministrazione in ragione della soccombenza e sono liquidate
come appresso in difetto di notula.
Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi