Commissione Tributaria Regionale Abruzzo, sez. IV, sentenza 12/11/2018, n. 1043
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In applicazione del principio processuale della "ragione più liquida", desumibile dagli artt. 24 e 111 della Costituzione, la causa può essere decisa sulla base della questione ritenuta di più agevole soluzione, anche se logicamente subordinata, senza che sia necessario esaminare previamente le altre, imponendosi, a tutela di esigenze di economia processuale e di celerità del giudizio, un approccio interpretativo che comporti la verifica delle soluzioni sul piano dell'impatto operativo piuttosto che su quello della coerenza logico sistematica e sostituisca il profilo dell'evidenza a quello dell'ordine delle questioni da trattare ai sensi dell'art. 276 c.p.c. (Suprema Corte di Cassazione Sezione Civile n. 11458/2018), senza che ne derivi la violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato ai sensi dell'art. 112 c.p.c.
Sul provvedimento
Testo completo
1.A seguito di avviso di processo verbale di constatazione eseguito nei confronti della E. s.r.l. la Direzione provinciale di Mantova della Agenzia delle entrate effettuava "segnalazione" ai sensi dell'art. in bis d.p.r. 600/1973, nei confronti della socia L.R., evidenziando che questa, analogamente alle altre socie R.B. e R.R. (entrambe figlie) nell'anno 2011 aveva prelevato importi mensili, a partire del febbraio 2011 e fino al novembre 2011, dal conto bancario della società per ? 2.500,00 , per un importo totale di ? 25.350,00, che tale prelievo non era stato deliberato prima dalla assemblea dei soci, ma solo successivamente il 12-12-2011, consentendo di attingere dalla "riserva straordinaria" disponibili a titolo di dividendo, che vi era stata violazione dell'art. 2433 bis c.c. che consentiva la distribuzione di "acconti" sui dividendi solo alle società il cui bilancio era soggetto per legge a revisione legale dei conti, oltre che dell'art. 2433 c.c. che attribuiva la facoltà di deliberare la distribuzione degli utili solo all'assemblea ma in sede di approvazione del bilancio di esercizio, vantando il socio solo una aspettativa alla distribuzione degli utili, ma non un diritto, ben potendo la società decidere di accantonarli, che, quindi, non si trattava di utili, ma solo di "auto compensi" che remuneravano di fatto il lavoro svolto dai soci nell'impresa, che le somme prelevate, allora, non potevano essere tassate quali dividendi e, quindi, nella percentuale ridotta del 49,72 % ai sensi dell'art. 59 d.p.r. 917/1986, che richiama l'art. 47, che, .invece, la somma di ? 25.350,00 doveva essere assoggettata a tassazione non per la percentuale ridotta del 49,72 %, ma per l'intero ammontare, sicchè doveva essere recuperato a tassazione l'importo di ? 12.746,00 quale "compenso illegittimamente percepito e non dichiarato ai sensi dell'art. 50 comma 1 c) bis d.p.r. 917/1986. 2.Veniva, quindi, emesso avviso di accertamento da parte della Agenzia delle entrate di Teramo, con un maggiore reddito accertato di ? 12.746,00. 2.1.La contribuente proponeva ricorso basato su cinque motivi formali e su un motivo di merito, rilevando che le somme non costituivano un compenso per attività di lavoro, ma erano anticipi su dividendi e che la violazione degli artt. 2433 bis e 2433 c.c. non poteva trasformare i dividendi in compenso ai soci per attività lavorativa.
3.La Commissione tributaria provinciale di Teramo, esaminando la questione di merito quale "ragione più liquida", accoglieva il ricorso proposto dalla contribuente, rilevando che la B. nella dichiarazione dei redditi relativa all'anno 2011 aveva dichiarato l'intero importo delle somme ricevute dalla società "tassandole come redditi di capitali", che non si verteva in tema di compensi illegittimamente percepiti e "non dichiarati", che non si poteva procedere ad "una doppia tassazione, che, infatti, tutte le somme percepite dalla contribuente erano già transitate nel conto economico dell'anno precedente (2010) ed erano state già assoggettate a tassazione per l'intero ammontare nel bilancio di esercizio della società, che le somme accantonate nel "socio conto anticipi"- dello stato patrimoniale erano state già tassate, in quanto "il suddetto fondo [era] alimentato da utili di esercizio degli anni precedenti già, come detto, tassati ex lege", che si trattava non di autocompensi illegittimamente non deliberati che remuneravano il lavoro svolto dai soci nell'impresa, ma solo di somme percepite mediante modalità non conformi alla legge e allo statuto, che però ciò non mutava il riparto dell'onere probatorio per cui non si poteva presumere, in assenza di prove e documenti, l'esistenza di una prestazione lavorativa in luogo di una percezione di somme a titolo di utili di esercizio regolarmente annotate nelle scritture contabili.
4.Proponeva appello l'Agenzia delle entrate.
5. All'udienza dell'il ottobre 2018 la