Commissione Tributaria Regionale Lombardia, sez. XVII, sentenza 21/03/2018, n. 1232

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Nell'ipotesi di riduzione, a seguito di specifici atti di sgravio da parte dell'Amministrazione Finanziaria, della somma iscritta a ruolo, il giudice tributario può, con sentenza, ridurre ovvero ordinare alla Pubblica Amministrazione l'attivazione di un procedimento di riduzione o restrizione dell'ipoteca così come espressamente previsto dall'art. 2877 c.c., e ciò senza che il contribuente attivi, prima della proposizione del ricorso, apposito procedimento amministrativo.

Sul provvedimento

Citazione :
Commissione Tributaria Regionale Lombardia, sez. XVII, sentenza 21/03/2018, n. 1232
Giurisdizione : Comm. Trib. Reg. per la Lombardia
Numero : 1232
Data del deposito : 21 marzo 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

Con atto di appello depositato il 9.11.2017 D. M. impugna va la sentenza in epigrafe con cui il Giudice di prime cure rigettava il ricorso introduttivo presentato dal contribuente avverso l'atto di iscrizione ipotecaria operata dall'agente per la riscossione in relazione a diverse cartelle di pagamento riportanti svariati addebiti tributari relativi al periodo 2004-2012. Il giudice di prime cure rilevava che il ricorrente non aveva attivato un procedimento di riduzione o restrizione dell'ipoteca impugnata ''provando e documentando analiticamente con precisi conteggi e con idonea documentazione le ragioni della richiesta''. Con l'odierno atto di appello il contribuente evidenzia il potere del giudice di ridurre o restringere una ipoteca, cx. art. 2872 c.c. e DL n. 223/2006;
la riduzione, nel ca.so di specie, da parte di Agenzia delle Entrate, della somma inizialmente iscritta ruolo di 752617,99 e lo scomputo delle cartelle dì pagamento, da parte di Equitalia, di euro 915203,11 con conseguente attuale riduzione dell'importo a debito, in entrambe le ipotesi, di più della metà di quello inizialmente iscritto a ruolo;
la specifica richiesta, nel ricorso introduttivo e nella successiva memoria, della riduzione dell'ipoteca in oggetto;
la carenza motivazionale della sentenza che non esaminava gli ulteriori motivi dedotti in ricorso;
l'avvenuto annullamento, per il 2006, dell'avviso di accertamento n. T9XXXXXXX99, sotteso all'iscrizione ipotecaria impugnata, da parte della Commissione Tributaria regionale di Milano con sentenza n. 4456/2015;
la nullità delle cartelle di pagamento emesse sulla base di tale titolo in quanto non assistite da un valido titolo esecutivo, per un valore complessivo di euro 915203,11;
la non conformità degli importi sgravati e ridotti dagli enti appellati con quanto disposto dalla citata sentenza;
la mancata notifica, da parte di Equitalia, di una nuova cartella con l'indicazione dell'importo rettificato e la mancata modifica dell'ipoteca in oggetto;
la mancata notifica, da parte dell'Agenzia delle Entrate, di nuovo avviso di accertamento del reddito contestato per il 2006;
l'indimostrata sottoscrizione degli avvisi di accertamento emessi da Agenzia delle Entrate per gli anni 2004,2005 e 2007 da parte di personale con qualifica dirigenziale o di dipendente ritualmente delegato alla firma, avuto specifico riguardo ai poteri a tal fine detenuti da C. D. e A. M.;
la conseguente nullità delle cartelle impugnate in quanto fondate su avvisi di accertamento nulli;
l'applicabilità della iscrizione di ipoteca, ai sensi del DPR n. 602/1973, esclusivamente ai debiti di natura tributaria con conseguente inammissibilità della parte di iscrizione ipotecaria relativa a sanzioni amministrative previste dal codice della strada;
la procedura di rottamazione del debito dovuto a omessi versamenti delle tasse nell'anno di imposta 2010, pari a euro 9458,96;
la definizione amministrativa delle tasse automobilistiche contestate al ricorrente, per un debito di euro 488,03;
l'avvenuta iscrizione dell'ipoteca su tutti gli immobili dell'appellante senza indicazione del loro valore catastale e senza possibilità della parte dì verificare la congruità del valore iscritto;
la mancata considerazione, da parte dei verbali di accertamenti e delle conseguenti cartelle di pagamento, dei costi dell'attività di impresa sostenuti dall'appellante. Con atto di controdeduzioni depositato il 28.12.2017 si costituiva in giudizio Agenzia delle Entrate eccependo l'inammissibilità dell'atto di appello nei confronti di atti già oggetto di altri procedimenti;
il mancato passaggio in giudicato del contenziosi proposti dall'appellante avverso gli avvisi dì accertamento emessi dall'ufficio, fatta eccezione di quello relativo all'anno di imposta 2004, conclusosi in senso favorevole all'ufficio;
l'inammissibilità delle eccezioni sollevate dalla parte in merito al vizio del potere di delega sia perché censura proposta negli altri giudizi sia perché eccezione ritenuta infondata, con sentenza passata in giudicato, per l'anno di imposta 2004;
la configurabilità, in ogni caso, del vizio di attribuzione del potere solo nel caso in cui l'ufficio non risulti dotato del relativo potere e in cui l'atto sottoscritto non sia riferibile all'amministrazione di appartenenza;
la ritualità degli atti in esame in quanto sottoscritti sulla base di incarichi emessi da organi competenti e non travolti dalla pronuncia della Corte Costituzionale. Con memoria l'appellante ribadisce le proprie difese. All'udienza del 14.3.2018 il collegio tratteneva la causa in decisione. Ritiene il collegio la parziale fondatezza dell'atto di appello. Va infatti rilevato che nel caso di specie, rispetto all'originaria somma iscritta a ruolo, Agenzia delle Entrate ed Equitalia scomputavano una parte rilevante dell'originario credito attraverso specifici atti di sgravio adottati nel 2016 e che ai sensi degli artt. 77 Dpr n. 602/1973 e 2872 e 2877 c.c. in caso di iscrizione ipotecaria per valori superiori al credito esistente, la "riduzione delle ipoteche si opera riducendo la somma per la quale è stata presa l'iscrizione o restringendo l'iscrizione a una parte soltanto dei beni'' anche tramite sentenza. Non è pertanto sul punto condivisibile quanto accertato dei giudici di prime cure che, dopo aver correttamente affermato che il creditore ha ''unicamente il diritto a che sia conservata una garanzia sufficiente per soddisfare il debito residuo" in caso di superamento, in misura superiore a un terzo, del valore dell'ipoteca rispetto all'importo dei crediti iscritti sommato agli accessori , ex. art. 2875 c.c. riteneva l'impossibilità per il giudice di ordinare "un fare o non fare alla pubblica amministrazione e la mancata attivazione, da parte del ricorrente, di un procedimento di riduzione o restrizione dell'ipoteca impugnata. Quanto deciso sul punto dai primi giudici non è infatti fondato tenuto rispettivamente conto che lo stesso art. 2877 c.c. prevede la possibile riduzione dell'ipoteca attraverso sentenza e che la normati va di settore non prevede che il singolo contribuente attivi, prima della proposizione di conforme domanda giudiziale, apposito procedimento amministrativo di riduzione o restrizione dell'ipoteca;
che nel caso di specie parte ricorrente, nelle conclusioni del proprio ricorso introduttivo e nelle successive memorie difensive, insisteva espressamente nella riduzione della ipoteca in esame con conseguente ammissibilità della relativa domanda nel presente giudizio. Da quanto esposto Agenzia della riscossione è pertanto tenuta a ridurre il valore dell'iscrizione ipotecaria impugnata nei limiti degli atti di sgravio da lei adottati il 30/3/2016 (sub doc. 23 di parte appellante). Vanno invece dichiarate inammissibili nel presente giudizio le eccezioni sollevate dall'appellante in relazione agli avvisi di accertamento impugnati, comprese quelle relative al contestato potere di delega del soggetto sottoscrittore, in quanto questioni già pacificamente oggetto di altri procedimenti non ancora definiti (e, per l'anno di imposta 2004, di giudizio favorevole all'ufficio e divenuto nel frattempo definitivo) pena la violazione, in caso contrario, del principio del ''ne bis in idem''. Per quanto concerne il contestato difetto di attribuzione di potere va in ogni caso rilevato, per costante giurisprudenza, che tale vizio non è configurabile nei confronti di atti comunque provenienti dalla competente amministrazione, come verificatosi nel caso di specie, con conseguente insussistenza dell'ipotesi prevista dall'art. 21 septies L. n. 241/1990. Rispetto al vizio di motivazione dell'atto impugnalo va altresì evidenziato che il suo valore iniziale era di entità tale da giustificare la sua iscrizione nei confronti di tutti gli immobili dell'appellante, senza ulteriori specificazioni, tenuto conto che il loro complessivo valore, anche per quanto indicato nell'atto di appello, non era superiore al valore iniziale riportato nell'atto impugnato. Quanto fin qui esposto comporta pertanto il solo parziale accoglimento dell'atto di appello ed è assorbente rispetto all'esame delle restanti istanze ed eccezioni delle parti tenuto comunque conto che i primi giudici ritenevano assorbite le ulteriori questioni sollevate dall'appellante anche evidentemente in ragione della pendenza tra le parti di svariati procedimenti aventi ad oggetto le medesime eccezioni. Spese di lite compensate tra le parti stante la loro reciproca soccombenza e l'esigua durata del procedimento.

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