Commissione Tributaria Regionale Toscana, sez. I, sentenza 28/10/2002, n. 102

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La normativa che regola le fondazioni bancarie non consente di inquadrare l'attivita' di gestione delle partecipazioni nella categoria dell'attivita' commerciale, ed il rapporto tra la gestione delle partecipazioni ed i fini di utilita' sociale non e' un rapporto tra attivita' principali ed attivita' accessorie, ma tra attivita' strumentali ed attivita' essenziali. Ne consegue che alle fondazioni bancarie (ove queste abbiano finalita' di interesse pubblico e di utilita' sociale e si limitino ad amministrare le partecipazioni derivanti dal conferimento della propria azienda bancaria ad una societa' per azioni, destinando i relativi dividendi agli scopi statutari senza fini di lucro) deve essere riconosciuta l'agevolazione di cui all'art. 6, DPR 29.09.1973, n. 601 (CAS, Sen 20.11.2001, n. 14754).

Sul provvedimento

Citazione :
Commissione Tributaria Regionale Toscana, sez. I, sentenza 28/10/2002, n. 102
Giurisdizione : Comm. Trib. Reg. per la Toscana
Numero : 102
Data del deposito : 28 ottobre 2002
Fonte ufficiale :

Testo completo

 SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E CONCLUSIONI DELLE PARTI
L'ACCERTAMENTO. Il secondo Ufficio delle imposte dirette di Firenze rilevava
dal mod. 770/94 relativo al periodo di imposta 1993 che la xxxxx di Firenze
Spa (d'ora in poi xxxx) non aveva operato la ritenuta a titolo di acconto
IRPEG del 10% stabilita dall'art. 27 DPR 600/73 sugli utili corrisposti
all'Ente xxxxx di Firenze (d'ora in poi xxxx) ritenendo che essa potesse
godere della esenzione in favore delle persone giuridiche pubbliche o
fondazioni che hanno esclusivamente scopo di beneficenza, educazione,
istruzione, studio e ricerca scientifica. E' opportuno ricordare che
l'Ispettorato Compartimentale delle imposte dirette di Firenze per la
Toscana il 5.5.93 prot. 93/6986 aveva comunicato che l'xxxx aveva diritto
all'esonero in parola.
L'Ufficio, fondandosi sulla Circolare n.238/96 del Ministero delle Finanze,
la quale recepiva il parere del Consiglio di Stato Sez. III in data 24.10.95.
negava pero' che dell'esonero di cui all'art.6 DPR 600/73 potesse
beneficiare l'xxxx e di conseguenza negava il richiesto certificato di
esonero emettendo poi l'avviso di accertamento, per non aver la xxxx operato
la ritenuta IRPEG del 10% in sede di distribuzione degli utili nel 1993, per
L.

2.780.807.000 per ritenute non versate e L.

4.171.210.000 per sanzioni.
Nella motivazione l'Ufficio si riportava al parere del Cons. di Stato cit.,
secondo il quale l'elencazione degli enti beneficiari dell'esonero di cui
all'art.6 cit., fra i quali non sono menzionate le Fondazioni xxxxx, e' di
stretta interpretazione e non vi e' luogo per alcuna lettura in via
estensiva o analogica.
Il RICORSO ALLA CTP. xxxx e xxxx (pacificamente quali litisconsorti
necessari) il 24.11.99 presentavano ricorso alla CTP per ottenere la
declaratoria della illegittimita' dell'accertamento in questione per i
seguenti gradati motivi.
1) Nullita' dell'accertamento per carenza di potere, in quanto la DRE non
poteva negare l'esonero gia' riconosciuto dall'Ispettorato compartimentale.
2) Applicabilita' anche all'xxxx dell'esonero di cui all'art.6 DPR 601/73
perche' ne e' consentita l'interpretazione estensiva, considerati i fini
istituzionali dell'Ente e i settori in cui esso ha operato senza fini di
lucro.
3) Applicabilita' anche in via autonoma della agevolazione di cui all'alt.
10 bis L. n. 1745/62.
4) Disapplicazione delle sanzioni in quanto l'eventuale errore era stato
ingenerato dal concesso certificato di esonero 5.5.93.
5) Riduzione delle sanzioni per effetto del concorso di violazioni (art. 12
D.Lg.vo 472/97).
L'Ufficio si costituiva con una comparsa in cui non discuteva gli argomenti
dei ricorrenti limitandosi a chiedere il rigetto del ricorso.
I ricorrenti depositavano memoria illustrativa 1.6.2000 nella quale
ulteriormente insistevano sulle proprie difese e contrastavano le tesi
fondanti la Circolare 238/96 che consideravano erronea in quanto:
a) negava la possibilita' di interpretazione estensiva dell'art. 6 cit;
b) riteneva le Fondazioni come continuazione delle Casse e ne affermava la
natura commerciale.
All'udienza di discussione del 12.06.02 l'Ufficio precisava che la
certificazione dell'Ispettorato di per se' non fa sorgere il diritto
all'agevolazione (riportando in calce che "il rilascio del certificato non
pregiudica l'azione di recupero della ritenuta") e sosteneva la continuita'
fra Fondazione e Cassa, la non esclusivita' del suo scopo benefico e sociale
e l'esclusione dall'elenco dell'art. 6 cit. I ricorrenti argomentavano che
la nuova c.d. Legge Ciampi confermava il loro diritto alle agevolazioni e
che in calce al certificato non vi era la dizione menzionata dall'Ufficio.
La SENTENZA DELLA CTP DI FIRENZE Sez. 10 n. 181 in data 3 luglio 2000
(depositata il 31 luglio 2000) ACCOGLIEVA IL RICORSO.
La Commissione basava la sua decisione sui seguenti motivi.

1.La giurisprudenza della Corte di Cassazione ha molte volte ripetuto che
anche per le norme eccezionali e' ammissibile l'interpretazione estensiva.
Il legislatore ha inteso agevolare gli enti che, dotati di personalita'
giuridica pubblica (come sono gli Enti Cassa) perseguono senza scopo e lucro
l'interesse pubblico attraverso iniziative rientranti nei settori indicati
dall'art. 6 cit. Nel caso specifico dal bilancio dell'Ente Cassa di
Risparmio si evince che esso su un totale di uscite di L.20.886.962.070 ha
effettuato erogazioni per L.18.712.996.846 nei settori specifici di cultura,
ricerca scientifica e sanita'.

2.Quanto al concetto di esclusivita', la Commissione ha richiamato e
condiviso la giurisprudenza della Suprema Corte (sentenze nn.2705/95 e
1633/95) che riconosce, con il richiamo all'art.2 del DPR 598/73 la
applicabilita' dell'esonero di cui all'art. 6 cit. anche a quegli enti che
svolgono un'attivita' commerciale in via non esclusiva ne prevalente, a
condizione che vi sia strumentalita' fra essa e lo scopo non lucrativo
dell'ente. In proposito ha anche rilevato che lo Statuto dell'Ente (artt. 3
e 4) stabilisce che esso persegue le finalita' di interesse pubblico
destinando i proventi del patrimonio a detti scopi.

3.Infine la Commissione ha ritenuto che la L.461/98 e il Dlgs. 153/98
confermassero le tesi dei ricorrenti avendo natura interpretativa quando
all'art. 12 L. 153/99 dispone che alle Fondazioni previste al primo comma
(attive nei settori rilevanti) si applica l'agevolazione in esame. Nel comma
1 si fa riferimento alle Fondazioni che hanno adeguato gli statuti alle
disposizioni del Titolo I e alla loro qualificazione come Enti non
commerciali. E nel titolo I, sia nel preambolo che nell'art.1 (definizioni)
si ha un espresso richiamo agli Enti conferenti le aziende bancarie di cui
alla L.218/90 e al Dlgs 356/90.
L'Ufficio il 25.09.01 depositava appello contro detta sentenza chiedendo che
fosse riformata statuendo la piena legittimita' della pretesa dell'Ufficio,
per i seguenti motivi.
La sentenza sarebbe nulla per incompatibilita' ex artt. 8 e 12 D.Lgs. 545/92
di uno dei giudicanti, il commercialista dr. xxxxx.
L'attivita' principale dell'xxxxx consiste nella gestione della
partecipazione in xxxxx, la quale dunque non e' strumentale, ed inoltre non
e' finalizzata a scopi esclusivamente culturali o di assistenza. Inoltre:

1.Non e' ammessa l'interpretazione estensiva dell'art. 6 DPR 601/73. Non e'
prevista la copertura della minor entrata, con violazione dell'art. 81 Cost.

2.Le agevolazioni in esame, che si vorrebbero applicare a un'attivita'
commerciale pur con il vincolo della etero-destinazione, violerebbero le
regole della concorrenza. I dividendi possono avere vane destinazioni e la
partecipazione e' un'attivita' esercitata dall'Ente in via principale, se
non esclusiva che ha natura commerciale.

3.La partecipazione azionaria e' di gran lunga piu' rilevante dell'attivita'
di assistenza.
L'Ente non ha provato che non vi sia tale prevalenza ed essa non e' smentita
dai bilanci dell'Ente "prudentemente equilibrati" ad hoc.

4.La Fondazione non e' un semplice rentier (CTP Firenze 216/97 e CTO Pesaro
356/98), ma una impresa holding che amministra con poteri di nomina dei
membri del comitato di gestione del CDA e del collegio sindacale per
massimizzare la redditivita'. In proposito la Direttiva 18.11.94 del
Ministero del Tesoro dichiara incompatibile e vieta ai componenti dei CDA
delle Fondazioni la presenza nei CDA delle Banche controllate.

5.La natura dell'attivita' in concreto esercitata (elemento oggettivo) deve
prevalere sul fine dichiarato (elemento soggettivo) (Cass. 2573/90). La
Fondazione, quale azionista, assume in assemblea decisioni di direzione e
governo dell'impresa Banca volte alla massima redditivita' quindi svolge
attivita' di impresa.

6.Riconoscendo l'agevolazione
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