CASE OF A.T. v. ITALY - [Italian Translation] by the Italian Ministry of Justice
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Testo completo
© Ministero della Giustizia, Direzione Generale degli Affari giuridici e legali, traduzione eseguita e rivista dalla sig.ra Rita Carnevali, assistente linguistico, e dalla dott.ssa Martina Scantamburlo, funzionario linguistico.
Permission to re-publish this translation has been granted by the Italian Ministry of Justice for the sole purpose of its inclusion in the Court's database HUDOC
CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL'UOMO
PRIMA SEZIONE
CAUSA A.T. c. ITALIA
(Ricorso n. 40910/19)
SENTENZA
Art 8 -Vita familiare - Assenza di sforzi adeguati, sufficienti e rapidi da parte delle autorità nazionali per far rispettare il diritto di visita del ricorrente pronunciato per via giudiziaria - Opposizione della madre del bambino
STRASBURGO
24 giugno 2021
Questa sentenza diverrà definitiva alle condizioni definite dall'articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire modifiche di forma.
Nella causa A.T. c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell'uomo (prima sezione), riunita in una Camera composta da:
- Ksenija Turković, presidente,
- Krzysztof Wojtyczek,
- Alena Poláčková,
- Péter Paczolay,
- Raffaele Sabato,
- Lorraine Schembri Orland,
- Ioannis Ktistakis, giudici,
- e da Renata Degener, cancelliere di sezione,
Visti:
il ricorso (n. 40910/19) proposto contro la Repubblica italiana da un cittadino di questo Stato, il sig. A.T. («il ricorrente»), che il 23 luglio 2019 ha adito la Corte ai sensi dell'articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali («la Convenzione»),
la decisione di portare il ricorso a conoscenza del governo italiano («il Governo»),
la decisione di non divulgare l’identità del ricorrente,
le osservazioni delle parti,
Dopo avere deliberato in camera di consiglio il 18 maggio 2021,
Emette la seguente sentenza, adottata in tale data:
INTRODUZIONE
- Il ricorso riguarda la dedotta impossibilità per il ricorrente di esercitare il suo diritto di visita nei confronti di suo figlio e di vederlo nelle condizioni stabilite dai tribunali. L'interessato lamenta una violazione del suo diritto al rispetto della vita familiare.
IN FATTO
- Il ricorrente è nato nel 1969 e risiede a Z.B., in Italia. È stato rappresentato degli avvocati M P e E N, del foro di Udine.
- Il Governo è stato rappresentato dal suo agente, L. D’Ascia, dell’Avvocatura dello Stato.
- Dall’unione tra il ricorrente e L.R nacque un figlio, M.T., il 12 febbraio 2014. Il 19 aprile 2014, L.R lasciò la casa familiare con suo figlio, senza il consenso del ricorrente.
- Il 17 ottobre 2014 il ricorrente sporse denuncia
contro
L.R per sottrazione di minore. - Il 29 gennaio 2015 il ricorrente adì il tribunale di Treviso in base agli articoli 315 e 317bis del codice civile lamentando delle difficoltà nell’esercizio del suo diritto di visita.
- Il 1° maggio 2015 il ricorrente sporse un’altra denuncia in quanto L.R gli impediva di vedere il figlio.
- Il 29 marzo 2016 fu depositata in cancelleria la relazione redatta a seguito di una perizia che era stata effettuata sul minore e sui genitori. Secondo l'esperto, il bambino subiva le conseguenze deleterie di una privazione di contatto con suo padre durante i primi tre anni della sua vita, periodo considerato importante per la formazione di legami di attaccamento tra un genitore e suo figlio. L.R non era favorevole ad un riavvicinamento tra il ricorrente e suo figlio. La perizia dava una valutazione positiva delle capacità genitoriali del ricorrente.
- Il 25 luglio 2016 il tribunale, basandosi sulla perizia effettuata sul bambino e su entrambi i genitori, affidò M.T. alle cure dei servizi sociali del comune di Mogliano Veneto e stabilì la residenza principale del bambino presso L.R Definì il diritto di visita del ricorrente e ordinò un percorso di sostegno psicologico per L.R
- L.R presentò reclamo avverso tale decisione.
- Il 27 dicembre 2016, senza aver preventivamente ottenuto il consenso del ricorrente né l’autorizzazione del tribunale, L.R si trasferì e si stabilì a Roma, a circa seicento chilometri dal domicilio del ricorrente.
- A partire da questo momento, il ricorrente non fu più in grado di vedere suo figlio a causa dell'opposizione di L.R
- Il 30 gennaio 2017 la corte d'appello di Venezia rigettò il reclamo presentato da L.R e stabilì che la residenza del bambino si trovava a Z. B. La suddetta corte confermò che la custodia del bambino era affidata ai servizi sociali di Mogliano Veneto e smentì che il trasferimento e l'insediamento a Roma fossero stati autorizzati, in quanto l’allontanamento in questione era di natura tale da impedire l'esercizio della bigenitorialità da parte del ricorrente.
- Nonostante la decisione del tribunale, L.R si rifiutò di ritornare a vivere a Z. B.
- Il 10 aprile 2017 i servizi sociali di Mogliano Veneto chiesero a L.R di conformarsi alla decisione della corte d'appello.
- Il 3 maggio 2017 il ricorrente presentò una denuncia penale per il reato di mancato rispetto di un provvedimento del giudice (articolo 388 del codice penale).
- In data non precisata, L.R propose un ricorso presso il tribunale di Roma per ottenere la custodia esclusiva del minore, nonostante le precedenti decisioni del tribunale e della corte d'appello di Treviso.
- Il 10 luglio 2017 il ricorrente adì il tribunale per i minorenni di Venezia (di seguito «il tribunale»), sostenendo che L.R si era trasferita senza il suo consenso e che, per questo motivo, gli era impossibile vedere suo figlio. Il ricorrente invitò il tribunale a pronunciarsi con urgenza e chiese che L.R fosse dichiarata decaduta dalla sua responsabilità genitoriale.
- L'11 luglio 2017 la procura della Repubblica chiese al tribunale di adottare le misure di cui agli articoli 330 e 333 del codice civile. La procura si basò sulle relazioni redatte dai servizi sociali che indicavano che L.R non collaborava e denigrava il ricorrente. Inoltre, il bambino, che presentava un ritardo di linguaggio, non era seguito da un logopedista, nonostante le istruzioni che erano state impartite a L.R
- Il 22 agosto 2017, sapendo che il bambino era stato ricoverato, il ricorrente si recò a Roma ma gli fu impedito di vederlo nonostante l'intervento della polizia.
- Il 6 gennaio 2018 il ricorrente si recò a Roma per vedere il bambino, come previsto, ma al suo arrivo non trovò nessuno. Fece constatare questa situazione dai carabinieri e sporse denuncia.
- Durante il 2018, il ricorrente fu in grado di vedere suo figlio qualche volta durante i ricoveri del bambino a Roma, ma in presenza di L.R e dei genitori di quest’ultima.
- Nonostante i numerosi solleciti del ricorrente, il tribunale di Venezia si pronunciò solo due anni dopo. Con decreto del 25 febbraio 2019, il tribunale, chiamato a valutare se il comportamento di L.R, che si era trasferita a Roma senza il consenso del ricorrente e del giudice, fosse stato pregiudizievole per il minore, si espresse come segue:
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