CASE OF SCOPPOLA v. ITALY (No. 3) - [Italian Translation] by the Italian Ministry of Justice

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Sul provvedimento

Citazione :
CASE OF SCOPPOLA v. ITALY (No. 3) - [Italian Translation] by the Italian Ministry of Justice
Giurisdizione : Corte Europea dei Diritti dell'Uomo
Numero : 001-146320
Data del deposito : 22 maggio 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

Traduzione © a cura del Ministero della Giustizia, Direzione generale del contenzioso e dei diritti umani, eseguita da IN AM, Rita Pucci, funzionari linguistici e Rita Carnevali, assistente linguistico

Permission to re-publish this translation has been granted by the ALn Ministry of Justice for the sole purpose of its inclusion in the Court’s database HUDOC

CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO
GRANDE CAMERA
CAUSA PP c. ITALIA (N. 3)
(Ricorso no 126/05)
SENTENZA
STRASBURGO
22 maggio 2012


Questa sentenza è definitiva. Può subire modifiche di forma.

Nella causa OP c. AL (n. 3),
La Corte europea dei diritti dell’uomo, riunita in una Grande Camera composta da:
AS ZA, presidente,
N- CO,
SE SA,
NA AJ,
DE SP,
EE NZ,
EL IE,
EC AR,
ID HÓ JÖ,
TA ZI,
RK IG,
RG CO,
IL RA,
MI GI,
UI ON,
EN A. de AN,
HE LL, giudici,
e da Erik Fribergh, cancelliere,
Dopo aver deliberato in camera di consiglio il 2 novembre 2011 e il 28 marzo 2012,
Emette la seguente sentenza, adottata in tale ultima data:

PROCEDURA



1.All’origine della causa vi è un ricorso (no 126/05) proposto contro
la Repubblica italiana con cui un cittadino di questo Stato, il sig. NC OP ("il ricorrente"), ha adito la Corte il 16 dicembre 2004 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali ("la Convenzione").

2. Innanzi alla Corte, il ricorrente è stato rappresentato dagli avvocati N. Paoletti e C. Sartori, del foro di Roma. Il governo italiano ("il Governo") è stato rappresentato dal suo agente, sig.ra E. Spatafora, e dai suoi cogenti, sig.re P. Accardo e S. Coppari.



3. Nel suo ricorso il ricorrente sosteneva che l’interdizione dal diritto di voto impostagli a seguito della condanna penale violava l’articolo 3 del protocollo n
o 1.



4. Il ricorso è stato assegnato alla seconda sezione della Corte (articolo 52 § 1 del regolamento). Il 24 marzo 2009 è stato dichiarato ricevibile da una camera di tale sezione composta dai giudici: AN LK, RE AB BA, MI KY, UT NĖ, András JÓ, Nona RI, IL RA, e da LL OL, cancelliere di sezione.



5. Il 18 gennaio 2011, una camera della seconda sezione, composta dai giudici AN LK, RE AB BA, MI KY, UT NĖ, Dragoljub PO, András JÓ, Nona RI, e da NL Naismith, cancelliere di sezione, ha emesso una sentenza nella quale dichiarava, all’unanimità, che vi era stata violazione dell’articolo 3 del Protocollo n
o 1 alla Convenzione.



6. Il 15 aprile 2011, il Governo ha chiesto il rinvio della causa innanzi alla Grande Camera in virtù degli articoli 43 della Convenzione e 73 del regolamento. Il 20 giugno 2011, un collegio della Grande Camera ha accolto questa domanda.



7. La composizione della Grande Camera è stata decretata conformemente agli articoli 26 §§ 4 e 5 della Convenzione e 24 del regolamento. Il 3 novembre 2011 è scaduto il mandato di N- CO in qualità di presidente della Corte. A decorrere da questa data, il suo successore, AS ZA, in tale qualità ha assunto la presidenza della Grande Camera nel caso di specie (articolo 9 § 2 del regolamento). N- CO ha continuato a partecipare alle sedute anche dopo la scadenza del suo mandato in virtù degli articoli 23 § 3 della Convenzione e 24 § 4 del regolamento.



8. Il ricorrente ed il Governo hanno entrambi depositato memorie sul merito della causa.



9. Sono state ricevute osservazioni anche dal governo del GN UN che aveva esercitato il suo diritto di intervenire (articoli 36 § 2 della Convenzione e 44 § 1 b) del regolamento).

10. Una udienza pubblica si è svolta nel Palazzo dei diritti dell’uomo, a Strasburgo, il 2 novembre 2011 (articolo 59 § 3 del regolamento).

Sono comparsi:

per il governo convenuto
SIG.RA P. ACCARDO coagente;

per il ricorrente
AVV. N. PAOLETTI, legale;
AVV. C. SARTORI,legale;

per il governo del GN UN
SIG. D. WALTON agente;
SIG.RA A. SORNARAJAH, agente;
SIG. D. GRIEVE, QC, Attorney General;
SIG. J. EADIE, QC, legale;
SIG.RA J. HALL, consigliere;
SIG.RA P. BAKER, consigliere;

La Corte ha ascoltato le dichiarazioni degli avvocati N. Paoletti e C. Sartori, della sig.ra P. Accardo e del sig. D. Grieve.

IN FATTO

I. LE CIRCOSTANZE DEL CASO DI SPECIE

11. Il ricorrente è nato nel 1940. Attualmente è agli arresti presso l’ospedale di San Secondo – Fidenza (Parma).

A. La procedura penale a carico del ricorrente

12. Il 2 settembre 1999, dopo una violenta lite familiare, il ricorrente uccise sua moglie e ferì uno dei suoi figli. Fu arrestato il giorno successivo.

13. Al termine delle indagini, la procura di Roma chiese il rinvio a giudizio per omicidio, tentato omicidio, maltrattamenti in famiglia e detenzione abusiva di arma da fuoco.

14. Il 24 novembre 2000, al termine del giudizio abbreviato di cui il ricorrente aveva chiesto l’applicazione, il giudice dell’udienza preliminare di Roma (di seguito "il GUP") lo dichiarò colpevole di tutti i capi d’accusa a suo carico e constatò che doveva essere condannato all’ergastolo. Tuttavia, in ragione dell’adozione del giudizio abbreviato, fissò la pena in 30 anni di reclusione e pronunciò a carico dell’interessato l’interdizione perpetua dai pubblici uffici in applicazione dell’articolo 29 del codice penale ("il CP" - paragrafo 36 infra).

15. Il giudice rilevò che il ricorrente aveva dapprima tentato di strangolare sua moglie con il cavo del telefono che questa aveva utilizzato per chiamare la polizia poi, mentre lei fuggiva dall’appartamento con i suoi figli correndo per le scale dello stabile, aveva sparato più volte su sua moglie a breve distanza, nonché su uno dei suoi figli che era risalito per aiutare sua madre dopo averla preceduta.

16. Per fissare la pena il GUP ritenne le circostanze aggravanti, rilevando a questo titolo che il comportamento delittuoso del ricorrente aveva riguardato i membri della sua famiglia ed era stato innescato da futili motivi, ossia dalla convinzione dell’interessato che i suoi figli fossero responsabili del guasto del suo cellulare.

17. Il GUP non tenne conto del fatto che il casellario giudiziale dell’interessato fosse vergine, elemento invocato da quest’ultimo come circostanza attenuante. Rilevò che il comportamento del ricorrente, che negava parte dei fatti e tendeva ad attribuire la responsabilità ai familiari, ai quali rimproverava di essersi ribellati alla sua autorità, era di natura tale da escludere qualsiasi volontà di pentimento.

18. Infine constatò che, secondo le testimonianze raccolte, il ricorrente si era reso responsabile di altri episodi di violenza - ingiurie, percosse, minacce con arma - nei confronti di sua moglie e dei suoi figli nel corso dei venti anni precedenti.

19. Il procuratore generale e il ricorrente interposero appello avverso questa sentenza e la corte d’assise d’appello di Roma, con sentenza del 10 gennaio 2002, condannò l’interessato all’ergastolo confermando le conclusioni del GUP per quanto riguardava le circostanze aggravanti e attenuanti da tenere in conto nella causa.

20. Con sentenza depositata in cancelleria il 20 gennaio 2003, la Corte di cassazione rigettò il ricorso presentato dal ricorrente.

21. In applicazione dell’articolo 29 del CP, la condanna del ricorrente all’ergastolo importava la pena accessoria dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici, di conseguenza l’interessato fu privato definitivamente del suo diritto di voto, conformemente all’articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica no 223 del 20 marzo 1967 ("il D.P.R. no 223 del 20 marzo 1967" – paragrafo 33 infra).

22. Le sentenze con le quali il ricorrente veniva condannato non menzionarono che quest’ultimo era stato privato del suo diritto di voto.

B. La procedura introdotta dal ricorrente per riacquistare il suo diritto di voto

23. Il 2 aprile 2003, la commissione elettorale competente cancellò il nome del ricorrente dalle liste elettorali, in applicazione dell’articolo 32 del D.P.R. no 223/1967 (paragrafo 35 infra).

24. Il 30 giugno 2004, l’interessato presentò ricorso alla commissione elettorale. Basandosi, tra altre, sulla sentenza RS c. GN UN (no 2) (no 74025/01, 30 marzo 2004), sosteneva che la privazione del suo diritto di voto era incompatibile con l’articolo 3 del Protocollo no 1.

25. Il ricorso fu rigettato ed il 16 luglio 2004 il ricorrente si rivolse alla corte d’appello di Roma lamentando che la radiazione del suo nome dalle liste elettorali, eseguita d’ufficio a seguito della sua condanna all’ergastolo e dell’interdizione perpetua

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