CASE OF CIRINO AND RENNE v. ITALY - [Italian Translation] by the Italian Ministry of Justice
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CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO
PRIMA SEZIONE
CAUSA CIRINO E RENNE c. ITALIA
(Ricorsi nn. 2539/13 e 4705/13)
SENTENZA
STRASBURGO
26 ottobre 2017
La presente sentenza diverrà definitiva alla condizioni stabilite dall’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire modifiche di forma.
Nella causa Cirino e Renne c. Italia,
la Corte europea dei diritti dell’uomo (Prima Sezione), riunita in una Camera composta da:
Linos-Alexandre Sicilianos, Presidente,
Kristina Pardalos,
Guido Raimondi,
Krzysztof Wojtyczek,
Ksenija Turković,
Armen Harutyunyan,
Jovan Ilievski, giudici,
e Abel Campos, cancelliere di Sezione,
dopo aver deliberato in camera di consiglio in data 3 ottobre 2017,
pronuncia la seguente sentenza, adottata in tale data:
PROCEDURA
1. La causa trae origine da due ricorsi (nn. 2539/13 e 4705/13) proposti contro la Repubblica italiana con i quali due cittadini italiani, il Sig. Andrea Cirino (“il primo ricorrente”) e il Sig. Claudio Renne (“il secondo ricorrente”), hanno adito la Corte ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”), rispettivamente in data 14 e 21 dicembre 2012. Il secondo ricorrente è deceduto in data 10 gennaio 2017. Il 13 giugno 2017 la figlia del secondo ricorrente, Sig.ra G R, ha espresso il desiderio di proseguire il procedimento dinanzi alla Corte.
2. Il primo ricorrente è stato rappresentato dagli avvocati A. Ginesi e S. Filippi, che esercitano rispettivamente a Torino e a Roma. Il secondo ricorrente è stato rappresentato dagli avvocati M. Caliendo e A. Marchesi, che esercitano rispettivamente ad Asti e a Roma. La figlia del secondo ricorrente è stata rappresentata dall’avvocato M. Caliendo. Il Governo italiano (“il Governo”) è stato rappresentato dal suo agente, Sig.ra E. Spatafora.
3. Sono pervenute osservazioni scritte congiunte del Partito radicale nonviolento, transnazionale e transpartito, dell’associazione “Non c’è pace senza giustizia” e dei Radicali italiani (l’ex Partito radicale italiano), autorizzati dal Presidente di Sezione a intervenire nella procedura scritta (a norma dell’articolo 36 § 2 della Convenzione e dell’articolo 44 § 3 del Regolamento della Corte).
4. Invocando l’articolo 3 della Convenzione, i ricorrenti hanno lamentato che nel corso della detenzione erano stati sottoposti a violenze e maltrattamenti, che ritenevano equivalenti alla tortura. Hanno inoltre sostenuto che i responsabili delle condotte contestate non erano stati appropriatamente puniti in quanto nel corso del procedimento penale i reati contestati erano caduti in prescrizione. Hanno aggiunto, in particolare, che non avendo provveduto a qualificare gli atti di tortura come reato e a sanzionare adeguatamente quest’ultimo, lo Stato non aveva adottato le misure necessarie a prevenire e punire la violenza e gli altri tipi di maltrattamenti che essi lamentavano.
5. Il ricorso è stato comunicato al Governo in data 3 settembre 2015.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DEL CASO DI SPECIE
6. Il primo ricorrente è nato nel 1978 e vive a Torino. Il secondo ricorrente è nato nel 1975 ed è stato recluso a Torino fino alla data del suo decesso, avvenuto il 10 gennaio 2017.
A. I fatti avvenuti nel dicembre 2004
7. Nel 2004 i ricorrenti erano reclusi nella Casa circondariale di Asti.
8. Il 10 dicembre 2004 il secondo ricorrente intervenne in una lite scoppiata tra il primo ricorrente e un agente di custodia.
9. Le modalità di svolgimento dei fatti contestati, così come esposte dai ricorrenti e secondo quanto emerge dalla deposizione resa dagli stessi nel corso dei procedimenti interni, possono essere sintetizzate come segue.
1. La versione del primo ricorrente
10. Il 10 dicembre 2004, a seguito di un alterco con un agente di custodia, il primo ricorrente fu convocato a un incontro con il comandante di reparto della polizia penitenziaria. Prima che raggiungesse l’ufficio del comandante, fu fermato da un gruppo di agenti di custodia, che lo picchiarono a turno. Successivamente all’incontro, fu spogliato degli indumenti e condotto in una cella della sezione isolamento.
11. L’unico mobile presente nella cella era un letto privo di materasso, biancheria da letto e coperte. Quanto ai servizi igienici, nella cella era presente un gabinetto alla turca privo di acqua corrente e la stessa non era dotata di lavabo. La finestra della cella era priva di vetri e l’unica fonte di riscaldamento era costituita da un piccolo radiatore, che funzionava male e forniva poca protezione dal freddo di dicembre. Per diversi giorni, che non è possibile quantificare con esattezza, fu lasciato nudo.
12. Nel corso della prima settimana di detenzione in regime di isolamento non gli fu fornito vitto e ricevette soltanto un’insufficiente quantità di acqua. Successivamente gli furono date quantità di vitto razionato.
13. Fu picchiato tutti i giorni, diverse volte al giorno. Fu ripetutamente preso a pugni, a calci e fu picchiato al capo da parte di agenti di custodia, che lo aggredirono in gruppi di dimensioni mutevoli.
14. Fu anche sottoposto alla privazione del sonno, in quanto i pestaggi avvenivano spesso di notte e gli agenti di custodia abusavano di lui verbalmente per tenerlo sveglio.
15. Durante la detenzione in regime di isolamento il ricorrente non ricevette visite del suo difensore o della sua famiglia.
2. La versione del secondo ricorrente
16. Il 10 dicembre 2004, successivamente allo stesso alterco con l’agente di custodia, il secondo ricorrente fu spogliato degli indumenti e condotto in una cella della sezione isolamento della Casa circondariale. Il letto presente nella cella era privo di materasso, lenzuola e coperte, e la cella non era dotata di lavabo. Inizialmente le finestre erano prive di vetri, ed esse furono successivamente chiuse con del cellophane dopo un imprecisato numero di giorni. Per diversi giorni, che non è possibile quantificare con esattezza, fu lasciato nudo. Gli fu successivamente fornito del vestiario leggero.
17. Il vitto del ricorrente era razionato, e talvolta gli furono dati soltanto pane e acqua. Per alcuni giorni non ricevette alcun tipo di vitto.
18. Il ricorrente fu picchiato dagli agenti di custodia, spesso più di una volta al giorno. Fu sottoposto a varie forme di violenza fisica, fu preso ripetutamente a pugni, calci e schiaffi, e a un certo punto un agente di custodia gli immobilizzò la testa a terra per mezzo degli stivali. I pestaggi avvenivano sia durante il giorno che di notte. Il ricorrente fu picchiato da quattro o cinque agenti per volta. Un agente di custodia gli strappò parecchi capelli.
19. Il 16 dicembre 2004 fu ricoverato in ospedale.
20. Durante il periodo trascorso in regime di isolamento gli fu permesso di uscire dalla cella soltanto due volte, una volta per farsi una doccia e un’altra per trascorrere del tempo all’aperto.
B. Il procedimento penale a carico degli agenti di custodia
21. Nel 2005 fu avviata un’indagine penale sul trattamento contestato. Essa iniziò quando emerse, nell’ambito di intercettazioni relative a un’operazione finalizzata a indagare su un traffico di sostanze stupefacenti all’interno della Casa circondariale di Asti, che diversi agenti di custodia avevano discusso delle sevizie inflitte ai ricorrenti.
22. Il 7 luglio 2011 furono rinviati a giudizio cinque agenti di custodia, ovvero C.B., D.B., M.S., A.D., e G.S. Furono accusati di maltrattamenti nei confronti dei ricorrenti ai sensi dell’articolo 572 del codice penale (“il codice penale”), con l’aggravante prevista dall’articolo 61 comma 9 del codice penale, disposizione che stabilisce che il reato commesso con abuso dei poteri inerenti a una pubblica funzione costituisca una circostanza aggravante.
23. In pari data i ricorrenti si costituirono parti civili nel procedimento.
1. Il procedimento dinanzi al Tribunale di Asti
24. La sentenza del Tribunale di Asti fu pronunciata in data 30 gennaio 2012. Le sue conclusioni possono essere sintetizzate come segue.
25. In ordine all’accertamento dei fatti relativi ai maltrattamenti, il Tribunale ritenne che prove raccolte nel corso delle indagini e prodotte al processo dimostrassero che i fatti si erano svolti nelle modalità descritte dalle vittime nelle osservazioni formulate dalle stesse nel corso del processo. Il Tribunale si basò sulle dichiarazioni che affermavano che i ricorrenti erano stati sottoposti ad abusi fisici e verbali, accompagnati dalla privazione del cibo, dell’acqua, del sonno e del vestiario, e che erano stati reclusi in celle prive di adeguato accesso a servizi igienici, riscaldamento, e biancheria da letto.
26. Il Tribunale ritenne accertato oltre il ragionevole dubbio che i ricorrenti non fossero stati sottoposti soltanto a isolati atti di vessazione e abuso, ma a ripetuti maltrattamenti, posti in essere in modo sistematico.
27. Più specificamente, il Tribunale ritenne accertato oltre il ragionevole dubbio che il primo e il secondo ricorrente fossero stati sottoposti a ripetute violenze fisiche, rispettivamente dal 10 al 29 dicembre 2004 e dal 10 al 16 dicembre 2004. Il Tribunale ritenne che i pestaggi fossero avvenuti regolarmente a tutte le ore del giorno, e in particolare di notte.
28. Il Tribunale osservò che in data 16 dicembre 2004 il secondo ricorrente era stato ricoverato nel Pronto Soccorso dell’Ospedale civile di Asti con lesioni da trauma. In ordine al primo ricorrente, il Tribunale prese atto del suo ricovero in ospedale successivamente ai fatti, senza citare una data o una specifica documentazione medica in tal senso.
29. Il Tribunale ritenne inoltre accertato oltre il ragionevole dubbio che negli anni 2004 e 2005 fosse stato posto in essere all’interno della Casa circondariale di Asti un comportamento che esso ha definito una “prassi generalizzata di maltrattamenti”, che erano stati inflitti in modo sistematico ai detenuti considerati problematici. Erano adottate regolarmente, per punire e intimorire i detenuti problematici e dissuadere da altri comportamenti turbolenti, misure che il Tribunale definisce eccedenti i limiti dei provvedimenti disciplinari o cautelari consentiti. Tale prassi comprendeva che un detenuto fosse condotto in una cella della sezione isolamento, in cui veniva sottoposto a ripetute vessazioni e abusi da parte degli agenti di custodia. Gli abusi consistevano principalmente in violenze fisiche, in quanto i detenuti erano picchiati da gruppi di agenti di custodia, spesso durante la notte. I detenuti erano inoltre sottoposti regolarmente alla privazione del sonno, del vitto e dell’acqua, ed era loro negato anche l’accesso ai servizi igienici.
30. Il Tribunale ritenne inoltre ampiamente provato che gli agenti di custodia operassero in un clima di impunità. Secondo il Tribunale ciò era dovuto all’acquiescenza della Direzione del carcere e alla complicità esistente tra gli agenti di custodia.
31. Emerge che nel corso del processo il Tribunale abbia disposto un’ispezione della Casa circondariale, compreso della Sezione isolamento. Il Tribunale riscontrò che diverse celle della Sezione isolamento della Casa circondariale di Asti non erano idonee a ospitare detenuti. Alcune erano prive di biancheria da letto, materassi, servizi igienici o riscaldamento. Benché le finestre di alcune celle fossero prive di vetri e altre avessero finestre rivestite di lastre metalliche sulle quali erano presenti piccole perforazioni, le celle erano comunque utilizzate nel corso dei mesi invernali. Alcune celle erano dotate di letto e di gabinetto alla turca, ma non erano dotate di altri mobili né di servizi igienici.
32. Successivamente all’accertamento dei fatti, il Tribunale passò a valutare la responsabilità in ordine alla condotta accertata. A tale riguardo G.S. fu prosciolto dall’accusa di partecipazione alle sevizie, e A.D. e D.B. furono prosciolti dall’accusa di partecipazione ai maltrattamenti di cui all’articolo 572 del codice penale. Il Tribunale ritenne tuttavia che, con la loro condotta, A.D. e D.B. avessero cagionato lesioni personali in violazione dell’articolo 582 del Codice penale. Dispose comunque che il procedimento a loro carico fosse archiviato per scadenza del termine di prescrizione applicabile.
33. In ordine a C.B. e M.S. il Tribunale ritenne che esistessero prove sufficienti per concludere che fossero responsabili della maggior parte, se non di tutti, gli atti di abuso fisico, psicologico e “materiale” in questione. Il Tribunale ritenne successivamente che gli atti in questione potessero essere qualificati come tortura a norma della definizione fornita dalla Convenzione delle Nazioni Unite (NU) contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti. Proseguì osservando che l’Italia non aveva previsto nella legislazione nazionale il reato di tortura, in violazione dei suoi obblighi internazionali. Fu pertanto costretto a concludere che, a norma della legislazione italiana, non esisteva alcuna disposizione di legge che permettesse di qualificare come atti di tortura la condotta contestata.
34. Avendo preso atto delle summenzionate considerazioni, il Tribunale procedette a valutare quale reato esistente fosse più idoneo a qualificare giuridicamente la condotta di C.B. e M.S. Per svolgere la sua valutazione il Tribunale fece affidamento sulla conclusione secondo la quale il trattamento contestato era finalizzato principalmente a punire i ricorrenti, a “mantenere l’ordine” nella Casa circondariale e a trasmettere un chiaro messaggio agli altri detenuti.
35. Il Tribunale ritenne che fosse più appropriato concludere che la condotta dei due agenti di custodia configurasse il reato previsto dall’articolo 608 del codice penale, concernente l’abuso di autorità contro arrestati o detenuti. Era tuttavia trascorso il tempo necessario a prescrivere tale reato, in quanto il Tribunale non aveva riscontrato alcun atto processuale che avesse l’effetto di interrompere il corso della prescrizione.
Il Tribunale dichiarò C.B. e M.S. responsabili del reato di lesioni personali, ma, dato che la prescrizione era applicabile anche a tale reato, tale conclusione non modificava la sostanza della decisione. Il Tribunale dispose pertanto l’archiviazione del procedimento a carico di C.B. e M.S., in quanto era trascorso il tempo necessario a prescrivere.
2. Il procedimento dinanzi alla Corte di Cassazione
36. In data 22 febbraio 2012 il pubblico ministero propose ricorso alla Corte di cassazione, deducendo l’erroneità della qualificazione giuridica del reato effettuata dal Tribunale di Asti in relazione a C.B. e M.S. Il pubblico ministero sostenne che il reato più appropriato ai fini della qualificazione giuridica della condotta in questione fosse il reato di maltrattamenti aggravati di cui all’articolo 572 del codice penale italiano ‒ individuato inizialmente nei capi di imputazione ‒ unitamente al reato di cui all’articolo 608 del codice penale.
37. Con sentenza pronunciata in data 21 maggio 2012, e depositata in cancelleria in data 27 luglio 2012, la Corte di cassazione dichiarò il ricorso del pubblico ministero inammissibile. La Corte convenne con il pubblico ministero per questione di principio, ma, dato che la prescrizione era applicabile anche al reato di maltrattamenti aggravati, una decisione favorevole all’accusa non avrebbe avuto alcun effetto pratico.