CASE OF CASARIN v. ITALY - [Italian Translation] by the Italian Ministry of Justice
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© Ministero della Giustizia, Direzione Generale degli Affari giuridici e legali, traduzione eseguita e rivista dalla sig.ra Rita Carnevali, assistente linguistico, e dalla dott.ssa Martina Scantamburlo, funzionario linguistico.
Permission to re-publish this translation has been granted by the Italian Ministry of Justice for the sole purpose of its inclusion in the Court’s database HUDOC
CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO
PRIMA SEZIONE
CAUSA CASARIN c. ITALIA
(Ricorso n. 4893/13)
SENTENZA
Art. 1 P1 • Rispetto dei beni • Ingerenza sproporzionata a seguito dell’azione delle autorità volta a ottenere il rimborso di somme versate per errore • Margine di apprezzamento più rigoroso quando l’errore è imputabile unicamente alle autorità statali • Principio di «buon governo» • Errore di valutazione da parte del datore di lavoro nel quale la dipendente poteva ragionevolmente avere fiducia • Ricorrente che ha dovuto sopportare l’errore dell’amministrazione
STRASBURGO
11 febbraio 2021
Nella causa Casarin c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo (prima sezione), riunita in una Camera composta da:
Ksenija Turković, presidente
Krzysztof Wojtyczek,
Linos-Alexandre Sicilianos,
Gilberto Felici,
Erik Wennerström,
Raffaele Sabato,
Lorraine Schembri Orland, giudici,
e da Renata Degener, cancelliere aggiunto di sezione,
Visti:
il ricorso (n. 4893/13) proposto contro la Repubblica italiana da una cittadina di questo Stato, la sig.ra Amelia Casarin («la ricorrente»), che il 24 dicembre 2012 ha adito la Corte ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali («la Convenzione»);
la decisione di portare a conoscenza del governo italiano («il Governo») le doglianze relative all’articolo 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione, separatamente e in combinato disposto con l’articolo 14 della Convenzione, e di dichiarare il ricorso irricevibile per il resto;
le osservazioni delle parti;
Dopo avere deliberato in camera di consiglio il 19 gennaio 2021,
Emette la seguente sentenza, adottata in tale data:
INTRODUZIONE
1. Il ricorso verte su un’ingerenza nel patrimonio della ricorrente, a seguito dell’azione delle autorità volta ad ottenere il rimborso di una parte delle somme corrisposte a titolo di garanzia stipendiale all’interessata.
IN FATTO
2. La ricorrente è nata nel 1950, risiede a Torino ed è stata rappresentata dall’avvocato M L, del foro di Torino.
3. Il Governo è stato rappresentato dal suo ex agente, E S, e dal suo ex co-agente, P A.
I. LA PROCEDURA DI MOBILITÀ
4. Da ottobre 1973 ad agosto 1998 la ricorrente lavorò come insegnante alle dipendenze del Ministero della Pubblica Istruzione, collocata, in base ai suoi titoli e alla sua qualifica funzionale, nel ruolo dell’amministrazione centrale dello Stato.
5. Nel 1998 il Ministero della Pubblica Istruzione, d’intesa con il Ministero della Funzione Pubblica e con l’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) avviò una procedura intercompartimentale di mobilità a seguito della disponibilità dell’INPS, l’ente amministrativo incaricato della gestione del sistema di pensione obbligatoria e degli altri servizi di previdenza sociale, ad integrare circa millecinquecento docenti in esubero.
6. La procedura di mobilità fu regolamentata dall’ordinanza del Ministero della Pubblica Istruzione n. 217 del 1998, dalla circolare dello stesso ministero n. 135 del 1998 e dal contratto collettivo nazionale decentrato dell’11 marzo 1998. In particolare, l’ordinanza ministeriale stabiliva che ogni candidato individuato in base alla graduatoria sarebbe stato «collocato nei ruoli dell’INPS alla VII qualifica funzionale, conservando l’anzianità maturata e il trattamento economico in godimento, all’atto del trasferimento, se più favorevole».
7. In tale contesto, la ricorrente, fornendo le informazioni pertinenti richieste, presentò una domanda di mobilità, che fu accettata, e la stessa fu trasferita all’INPS. Da settembre 1998 a febbraio 2004 l’interessata poté conservare il suo stipendio in godimento, in quanto le fu accordato a tal fine il beneficio di un assegno detto «di garanzia stipendio ad personam» (di seguito: «l’assegno ad personam») il cui importo era pari alla differenza tra l’ultimo stipendio percepito al Ministero della Pubblica Istruzione e quello previsto per il suo nuovo impiego presso l’INPS. A partire dal mese di marzo 2004 la ricorrente perse il beneficio dell’assegno ad personam.
8. Nell’ottobre 2004, alla ricorrente fu diagnosticata una grave malattia invalidante. Nell’aprile 2005 una commissione per l’accertamento dell’invalidità civile emise a suo favore un parere di inabilità totale e permanente al lavoro, che offriva all’interessata il diritto di andare in pensione anticipatamente. La ricorrente andò in pensione il 30 dicembre 2005.
9. In una data non precisata, la ricorrente presentò un ricorso dinanzi al tribunale di Pinerolo al fine di contestare la decisione dell’INPS di interrompere i versamenti operati a titolo di assegno ad personam. Il 24 luglio 2007 il tribunale respinse il suo ricorso (sentenza n. 501/2007) ritenendo che il sistema nazionale non prevedesse il diritto al mantenimento dell’assegno riconosciuto agli insegnanti nel quadro della procedura di mobilità intercompartimentale qualora questi ultimi fruissero di un aumento di stipendio. Il giudice nazionale concluse che la ricorrente non aveva quindi diritto a mantenere il beneficio dell’assegno e che il principio del riassorbimento (si veda la parte «Il quadro giuridico e la prassi interni pertinenti» infra) era quindi applicabile nel caso di specie.
10. La ricorrente non interpose appello avverso questa decisione.
II. IL PROCEDIMENTO CIVILE CONTRO LA DECISIONE DI RIPETIZIONE DELL’INDEBITO DELL’ISITITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (INPS)
11. Il 13 maggio 2008 la direzione centrale «Sviluppo e gestione risorse umane» dell’INPS inviò una lettera alla ricorrente informandola della sua decisione di ripetere le somme versate a titolo di garanzia stipendio per il periodo compreso tra settembre 1998 e febbraio 2004, basandosi sulla giurisprudenza della Corte di cassazione nel frattempo consolidatasi in materia (sentenze nn. 8543/2006, 9567/2006, 8693/2006, 55/2007). Secondo l’INPS, la ricorrente era stata avvisata di questa eventualità con una e-mail inviata nel febbraio 2004, fatto che l’interessata contestò successivamente.
12. Nella sua lettera, l’INPS indicava che «(...) Successivamente, con indirizzo uniforme la Corte di cassazione (...), ha confermato le ragioni esposte dall’Amministrazione in cause instaurate da dipendenti transitati in mobilità dal comparto scuola (...);l’Amministrazione quindi, in via di autotutela deve recuperare quei conguagli già determinati e accantonati, sulla scorta dei principi giurisprudenziali affermati dalla Suprema Corte».
13. L’INPS invitava quindi la ricorrente a procedere al rimborso volontario della somma richiesta entro il termine di trenta giorni, in mancanza del quale avrebbe avviato un’azione di ripetizione dell’indebito.
14. Secondo l’INPS, la somma contestata ammontava a 14.727,45 euro (EUR), e risultava dalla differenza tra gli importi percepiti a titolo di assegno ad personam e la somma che avrebbe dovuto essere versata alla ricorrente una volta applicato il riassorbimento.
15. Il 9 giugno 2008 la ricorrente inviò una lettera all’INPS con la quale contestò la legittimità di tale richiesta invitandola a soprassedere sull’esecuzione della sua decisione. Il 17 giugno 2008 l’INPS confermò la sua decisione e indicò che la stessa sarebbe stata messa in esecuzione nel luglio 2008.
16. Il 18 settembre 2008 la ricorrente presentò una domanda di conciliazione alla competente direzione provinciale del lavoro.
17. In assenza di una convocazione da parte della commissione di conciliazione, il 14 gennaio 2009 la ricorrente presentò al tribunale di primo grado di Pinerolo una richiesta di annullamento dell’azione dell’INPS.
18. Con sentenza del 27 aprile 2009, il tribunale accolse la richiesta della ricorrente (sentenza n. 10004/09). Pur richiamando la giurisprudenza della Corte di cassazione sull’applicabilità del principio di riassorbimento agli assegni ad personam, ritenne illegittima l’azione di ripetizione intentata dall’INPS. Secondo il tribunale, le modalità di versamento delle somme contestate potevano solo aver ingenerato nella ricorrente un legittimo affidamento circa il carattere dovuto dei versamenti. Il tribunale rilevò anche che, per dare fondamento alla sua azione di ripetizione dell’indebito, l’INPS aveva fatto riferimento a una e-mail inviata nel 2004 alla ricorrente, ma mai prodotta in udienza. Infine, ritenne che la nuova giurisprudenza della Corte di cassazione non potesse avere un’incidenza sui diritti acquisiti, tenuto conto in particolare della «buona fede» della ricorrente.
19. L’INPS interpose appello avverso questa sentenza dinanzi alla corte d’appello di Torino. Il 20 luglio 2010 la corte d’appello annullò la decisione emessa in primo grado.
20. La corte d’appello ritenne che, in materia di ripetizione dell’indebito di somme versate a titolo di stipendio dall’amministrazione, una volta provata l’assenza di base legale del versamento, la ripetizione non potesse essere esclusa in ragione del «legittimo affidamento» e della «buona fede» del dipendente. Inoltre, la corte d’appello affermò che la ricorrente non poteva far valere i diritti acquisiti sulle somme ricevute a titolo di garanzia stipendio, tenuto conto dell’evoluzione giurisprudenziale in materia, la quale aveva avuto un impatto sulla base legale del diritto rivendicato da quest’ultima.
21. Con ordinanza del 26 giugno 2012, la Corte di cassazione, basandosi sugli stessi principi sopra menzionati, rigettò il ricorso presentato dalla ricorrente e condannò quest’ultima anche al pagamento della somma di 2.030 EUR per le spese sostenute dall’INPS. Con lettera del 19 luglio 2012 l’INPS richiese il versamento di questa somma alla ricorrente. Quest’ultima rispose che, tenuto conto della sua situazione economica, che qualificava precaria (poiché la sua unica fonte di reddito era la sua pensione che ammontava a 1.200 EUR al mese), avrebbe provveduto ai versamenti della suddetta somma mediante rate mensili di 500 EUR.
22. Il 12 settembre 2012 l’INPS chiese alla ricorrente il versamento della somma dovuta a titolo dell’azione di ripetizione, il cui importo attualizzato era di 13.288,39 EUR, entro il termine di 30 giorni. Il 30 ottobre 2012 la ricorrente informò l’INPS di non essere in grado di versare la somma richiesta in un’unica soluzione e offrì quindi di provvedervi mediante rate di 200 EUR mensili, proposta che l’INPS accettò. La ricorrente indicò anche che i versamenti erano effettuati con riserva di ripetizione.
IL QUADRO GIURIDICO E LA PRASSI INTERNI PERTINENTI
I. LA PROCEDURA DI MOBILITÀ
23. L’articolo 202 del decreto del Presidente della Repubblica n. 3 del 10 gennaio 1957 (intitolato «Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato»), che disciplina, nell’ambito dei passaggi di carriera, il mantenimento del trattamento economico del dipendente, è così formulato:
«Nel caso di passaggio di carriera presso la stessa o diversa amministrazione agli impiegati con stipendio superiore a quello spettante nella nuova qualifica è attribuito un assegno personale, (...) [di un ammontare] pari alla differenza fra lo stipendio già goduto ed il nuovo, salvo riassorbimento nei successivi aumenti di stipendio per la progressione di carriera anche se semplicemente economica.»
24. L’articolo 3, comma 57, della legge n. 537 del 1993 (legge finanziaria 1994), prevede quanto segue:
«Nei casi di passaggio di carriera di cui all’articolo 202 del citato testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, ed alle altre analoghe disposizioni, al personale con stipendio o retribuzione pensionabile superiore a quello spettante nella nuova posizione è attribuito un assegno personale pensionabile, non riassorbibile e non rivalutabile, pari alla differenza fra lo stipendio o retribuzione pensionabile in godimento all’atto del passaggio e quello spettante nella nuova posizione.»
25. L’articolo 34 del decreto legislativo n. 29 del 1993 regolamenta i casi di trasferimento di attività, indicando che i dipendenti hanno diritto al mantenimento del loro trattamento giuridico in godimento, in applicazione dell’articolo 2112 del codice civile.
26. La circolare ministeriale n. 218 del 6 maggio 1998, nella formulazione in vigore all’epoca dei fatti, nelle sue parti pertinenti al caso di specie recita:
«L’ordinanza che si allega [di seguito l’ordinanza n. 217 del 1998] inviata ai prescritti controlli e redatta secondo i criteri contenuti nel C.C.D.N. [il contratto collettivo nazionale decentrato] stipulato il 20 aprile 1998, disciplina la presentazione della domanda di trasferimento nei ruoli dell’INPS – VII qualifica funzionale, da parte del personale docente (...).»
27. L’ordinanza del Ministero della Pubblica Istruzione n. 217 del 6 maggio 1998 disciplina la procedura di mobilità intercompartimentale tra detto Ministero e l’INPS. Le sue disposizioni pertinenti nel caso di specie sono così formulate:
«Articolo 2
Il personale interessato al trasferimento presso una delle sedi dell’INPS presenta, entro il termine perentorio di 30 giorni dalla data di emanazione della presente Ordinanza, domanda in carta semplice al Provveditore agli Studi della provincia presso cui presta servizio.
(...)
Articolo 4
Nella domanda gli aspiranti (...) devono indicare:
a) l’appartenenza a classe di concorso in esubero;
b) la complessiva anzianità di servizio;
(...)
d) i titoli culturali posseduti.
(...)
Articolo 6
6.1 (...) il Provveditore agli Studi, individua, sulla base della graduatoria, il docente destinatario del contratto da stipularsi con l’INPS (...).