CASE OF A.I. v. ITALY - [Italian Translation] by the Italian Ministry of Justice

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Sul provvedimento

Citazione :
CASE OF A.I. v. ITALY - [Italian Translation] by the Italian Ministry of Justice
Giurisdizione : Corte Europea dei Diritti dell'Uomo
Numero : 001-212900
Data del deposito : 1 aprile 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

© Ministero della Giustizia, Direzione Generale degli Affari giuridici e legali, traduzione eseguita e rivista dalla sig.ra Rita Carnevali, assistente linguistico, e dalla dott.ssa Martina Scantamburlo, funzionario linguistico.

Permission to re-publish this translation has been granted by the Italian Ministry of Justice for the sole purpose of its inclusion in the Court's database HUDOC

 

CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL'UOMO

PRIMA SEZIONE
CAUSA A.I. c. ITALIA
(Ricorso n. 70896/17)

SENTENZA

Art. 8 • Vita familiare • Vittima di tratta, di origine nigeriana, privata di qualsiasi contatto con le sue figlie nonostante le raccomandazioni degli esperti e addirittura prima della decisione definitiva sulla loro adottabilità • Procedura sull’adottabilità delle minori pendente da più di tre anni • Interessi superiori delle minori non considerati preminenti • Mancata considerazione della vulnerabilità della madre vittima di tratta • Valutazione delle capacità genitoriali della madre senza considerare la sua origine nigeriana né il diverso attaccamento tra genitori e figli nella cultura africana.

STRASBURGO

1° aprile 2021

Questa sentenza diverrà definitiva alle condizioni definite dall'articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire modifiche di forma.

Nella causa A.I. c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell'uomo (prima sezione), riunita in una Camera composta da:
Ksenija Turković, presidente,
Krzysztof Wojtyczek,
Alena Poláčková,
Gilberto Felici,
Erik Wennerström,
Raffaele Sabato,
Lorraine Schembri Orland, giudici,
e da Renata Degener, cancelliere di sezione,
Visto il ricorso (n. 70896/17) proposto contro la Repubblica italiana da una cittadina nigeriana, la sig.ra A.I. («la ricorrente»), che il 13 ottobre 2017 ha adito la Corte ai sensi dell'articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali («la Convenzione»),
Vista la decisione di portare il ricorso a conoscenza del governo italiano («il Governo»),
Viste le osservazioni delle parti,
Vista la decisione con la quale la Corte ha deciso di non divulgare l’identità della ricorrente,
Dopo avere deliberato in camera di consiglio il 9 marzo 2021,
Emette la seguente sentenza, adottata in tale data:

INTRODUZIONE



1. La causa verte sull'impossibilità per la ricorrente, madre di due figlie, di esercitare un diritto di visita a causa del divieto di contatti disposto dal tribunale nella sua decisione sullo stato di adottabilità, mentre la procedura sull’adottabilità delle figlie è ancora pendente da più di tre anni.

IN FATTO



2. La ricorrente è nata nel 1981 e risiede a Roma. È rappresentata dall’avvocato S F.



3. Il Governo è stato rappresentato dal suo ex agente alla Corte europea dei diritti dell’uomo, E S, e dal suo ex co-agente, MG. Civinini.



4. La ricorrente, una cittadina nigeriana, arrivò in Italia in una data non precisata in quanto vittima di tratta di esseri umani. È madre di due figlie, J e M, nate rispettivamente il 17 gennaio 2012 e il 20 maggio 2014.



5. A partire da aprile 2014, la ricorrente e sua figlia, J, furono ospitate presso il centro di accoglienza di «Via Staderini» di Roma.



6. Il 19 giugno 2014 M fu ricoverata in ospedale a Roma a causa di una varicella. I medici le diagnosticarono un'infezione da HIV. Secondo le informazioni dell'ospedale, la ricorrente si era opposta all'avvio di un percorso terapeutico, peraltro necessario per la minore che presentava un quadro clinico serio.



7. Il 25 giugno 2014 il procuratore presso il tribunale per i minorenni (di seguito «il tribunale») presentò al tribunale una richiesta di sospensione della responsabilità genitoriale della ricorrente nei confronti di sua figlia M



8. Il 2 luglio 2014 il tribunale accolse la richiesta del procuratore, nominò il sindaco di Roma tutore della minore e ordinò a quest’ultimo di collocarla – una volta dimessa dall'ospedale – in una casa di accoglienza con divieto di andarla a prendere o di allontanarla senza l’autorizzazione del tribunale. Chiese alla procura di verificare se l'altra figlia della ricorrente, J, si trovasse in situazione di pericolo.



9. Il 17 luglio 2014 M fu collocata nella casa di accoglienza «Gruppo Appartamento Il Girotondo».

10. Il 18 luglio 2014 il procuratore chiese al giudice di ordinare una misura di protezione nei confronti della figlia maggiore della ricorrente, J

11. Il 30 ottobre 2014 il tribunale constatò che la madre rifiutava che la figlia maggiore, J, fosse sottoposta a degli esami diagnostici, che la minore viveva in un centro di prima accoglienza inadatto alle sue esigenze e che la madre rifiutava che fosse trasferita in una casa di accoglienza.

12. Con una decisione del 27 novembre 2014, il tribunale decise di sospendere la responsabilità genitoriale della ricorrente sulla figlia maggiore, J Nominò il sindaco di Roma pro tempore tutore provvisorio della minore e lo incaricò di collocarla, insieme alla madre, se quest’ultima acconsentiva, in una struttura di accoglienza adeguata con divieto per chiunque di ritirarla senza l’autorizzazione del tribunale. Ordinò di verificare lo stato di salute di J e incaricò il centro di assistenza per l'infanzia maltrattata (di seguito il «centro») di effettuare una valutazione urgente della personalità e delle capacità genitoriali della ricorrente, dell'esistenza di risorse necessarie per occuparsi delle figlie e del livello psicofisico della minore J

13. La ricorrente e J furono trasferite in un'altra struttura di accoglienza.

14. Il tutore informò il centro che la ricorrente delegava spesso la sorveglianza della figlia per poter uscire, che la affidava a persone non autorizzate, e che non si preoccupava delle condizioni di salute della bambina, poiché non ritirava i risultati degli esami effettuati.

15. J fu ricoverata in ospedale dal 27 febbraio al 10 marzo 2015.

16. Il 10 marzo 2015 la casa di accoglienza e il centro che seguiva la famiglia sottoposero al tribunale una relazione sulla situazione delle minori e sull'evoluzione dei rapporti con la ricorrente.

17. Il 14 maggio 2015 il tutore chiese al tribunale di poter continuare a osservare la relazione tra la minore, J, e la ricorrente per verificarne i progressi, di permettere alla madre di uscire liberamente con la bambina, e di mantenere la frequenza delle visite con J, limitata a una a settimana. Il procuratore chiese che la ricorrente e le due figlie fossero collocate nella stessa struttura.

18. Con una decisione dell'11 giugno 2015, il tribunale incaricò il tutore di collocare le minori insieme, con la loro madre, in una struttura adeguata e gli ordinò di concedere alla madre brevi uscite dalla struttura di accoglienza in funzione degli eventuali progressi fatti da quest'ultima nel modo di prendersi cura delle figlie.

19. Il 26 giugno 2015 M fu collocata nella stessa casa di accoglienza insieme a sua madre e a sua sorella.

20. Il 27 ottobre 2015 il centro presentò un rapporto in cui si menzionava che la ricorrente si prendeva cura delle figlie, ma aveva ancora grandi difficoltà a stabilire delle relazioni interpersonali con gli operatori della struttura di accoglienza.

21. Il 4 novembre 2015 l'avvocato della ricorrente chiese che l'interessata potesse beneficiare di un percorso di autonomia in una casa presa in affitto o messa a sua disposizione, e di revocare la sospensione della responsabilità genitoriale. Affermò che il padre di M era titolare di un permesso di soggiorno di protezione internazionale, che lavorava a Malta, che aveva ripreso il rapporto con la ricorrente, e che intendeva riconoscere M e sostenere le spese dell'interessata e delle due figlie.

22. Il 21 dicembre 2015 il tribunale respinse la domanda della ricorrente;
chiese all'ospedale di redigere una relazione sulle attuali condizioni di salute della ricorrente e convocò il tutore, il responsabile della struttura di accoglienza e il responsabile del centro per riesaminare la situazione.

23. Il 29 febbraio 2016 il centro presentò al tribunale e al tutore una relazione in cui si affermava che era difficile avere contatti regolari con la ricorrente, la quale manifestava irritazione per la sua presenza permanente nella struttura di accoglienza. Secondo la relazione, la ricorrente era incapace di rendere concreto il suo progetto di autonomizzazione, e si limitava a nutrire e a giocare con le bambine senza rispettare gli orari della scuola.

24. Il 14 marzo 2016 il procuratore chiese al tribunale di verificare se le minori si trovassero in uno stato di abbandono,

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