TRAINA BERTO AND OTHERS v. ITALY - [Italian Translation] by Anna Maria Mancaleoni

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Sul provvedimento

Citazione :
TRAINA BERTO AND OTHERS v. ITALY - [Italian Translation] by Anna Maria Mancaleoni
Giurisdizione : Corte Europea dei Diritti dell'Uomo
Numero : 001-224655
Data del deposito : 8 marzo 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

 

CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

SEZIONE I

DECISIONE

Ricorso n. 75505/12, TRAINA BERTO E ALTRI c. ITALIA

La Corte europea dei diritti dell’uomo (Sezione Prima), riunitasi l’8 marzo 2022 nella camera composta da:

 Krzysztof Wojtyczek, Presidente,
 Péter Paczolay,
 Alena Poláčková,
 Erik Wennerström,
 Raffaele Sabato,
 Lorraine Schembri Orland,
 Ioannis Ktistakis, giudici,
e Renata Degener, Cancelliere di sezione,

con riferimento al ricorso di cui sopra depositato il 16 novembre 2012,

con riferimento alle osservazioni presentate dal Governo convenuto e alle osservazioni di replica presentate dai ricorrenti,

Avendo deliberato, decide quanto segue:

FATTI

1.  La lista dei ricorrenti è riportata nella scheda allegata.

2.  Il Governo italiano (“il Governo”) era rappresentato dal suo precedente Agente, Sig. E. Spatafora, e dal suo precedente co-Agente, Sig. P. Accardo.

Le circostanze del caso

3.  I fatti del caso, secondo quanto allegato dalle parti, possono essere sintetizzati come segue.

Il contesto del caso



4. Il Sig. Giuseppe Traina Berto (da qui in avanti “il primo ricorrente”) esercitava attività di vendita al dettaglio di veicoli a motore, pezzi di ricambio e manutenzione della carrozzeria. Gli altri ricorrenti sono sua moglie e i loro due figli. L’attività aveva sede nel comune di Villa San Giovanni (in
 provincia di Reggio Calabria).

5.  Nell’ottobre 1996 le avverse condizioni metereologiche causarono diverse alluvioni in alcune aree dell’Italia, inclusa la regione della Calabria. I locali nei quali il primo ricorrente svolgeva la propria attività furono inondati e distrutti. Di conseguenza, le sue attività commerciali subirono un arresto e nel maggio 1997 il primo ricorrente cessò del tutto di esercitare la propria attività.

6. In seguito alle alluvioni dell’ottobre 1996, mediante provvedimento dell’11 ottobre 1996 l’allora Primo Ministro dichiarò lo stato di emergenza nazionale nella regione della Calabria.

7. Il Decreto legge no. 576 del 12 Novembre 1996, convertito con modifiche nella Legge no. 677 del 31 dicembre 1996, dispose misure urgenti a vantaggio delle aree colpite. Stabilì che le autorità di governo dovessero predisporre delle misure di urgenza per ripristinare le normali condizioni di vita nelle aree colpite, e allocò conseguentemente le risorse finanziarie.

8. Mediante Ordinanza della Protezione Civile no. 2478 del 19 novembre 1996, il Presidente della regione Calabria fu nominato commissario delegato per le misure urgenti e non differibili finalizzate ad assistere la popolazione e salvaguardare la sicurezza pubblica e privata. Fu istituito un fondo di emergenza di 600,000,000 lire per promuovere l’immediata ripresa delle attività produttive che erano state gravemente colpite dalle alluvioni.

9. Mediante ordinanza 3 febbraio 1997 il commissario delegato affidò la raccolta delle richieste di accesso al fondo di emergenza alle province di Catanzaro, Cosenza, Crotone, Reggio di Calabria e Vibo Valentia. L’ordinanza stabilì che l’entità e l’articolazione del contributo sarebbero state determinate in una successiva ordinanza, sulla base del danno documentato e verificato e nei limiti delle risorse rese disponibili mediante il fondo di emergenza e mediante qualsiasi futura assegnazione ministeriale.

10. In seguito richiesta del primo ricorrente, la provincia di Reggio di Calabria iscrisse la sua impresa nella lista delle imprese che possedevano i requisiti per accedere al fondo di emergenza. Egli fu collocato al centoquindicesimo posto della graduatoria, per l’ammontare di 60,000,000 di lire italiane.

11.  Il 7 ottobre 1997 la provincia di Reggio di Calabria inviò al commissario delegato l’elenco delle imprese aventi titolo al contributo.

12. Dal momento che la procedura amministrativa non era approdata ad alcun esito, il primo ricorrente avanzò diverse richieste per accelerare la distribuzione delle somme assegnate al fondo di emergenza.

13.  Con lettera del 5 settembre 2000, il commissario delegato riferì che i titolari delle attività commerciali in possesso dei requisiti avevano fatto richiesta per un ammontare complessivo di 19,873,726,000 lire italiane e che le somme assegnate al fondo di emergenza non erano state distribuite in quanto di gran lunga insufficienti a soddisfare le richieste. Il commissario delegato affermò anche di aver chiesto all’Autorità di protezione Civile di assegnare ulteriori risorse finanziarie. Una volta che tali somme ulteriori fossero state assegnate, egli avrebbe informato il primo ricorrente dei criteri per la distribuzione di tali somme.

14. Con lettera 14 novembre 2000, l’Autorità di Protezione Civile riferì che il commissario delegato non aveva trasmesso alcun programma di misure di supporto alle vittime delle alluvioni dell’ottobre 1996.

15. Con lettera 28 aprile 2004, il commissario delegato informò il primo ricorrente che, poichè il fondo di emergenza era di gran lunga insufficiente a soddisfare tutte le richieste e non erano state assegnate ulteriori risorse finanziarie, il fondo di emergenza finalizzato a dare supporto alle attività produttive era stato utilizzato per finanziare misure infrastrutturali.

16.  Dietro insistenza del primo ricorrente, e a seguito del risalto dato dai media al caso, con ordinanza del 4 ottobre 2004 il commissario delegato accolse parzialmente la richiesta del primo ricorrente e gli conferì 20,500 euro per il danno che la sua attività commerciale aveva subito in conseguenza delle alluvioni dell’ottobre 1996.

I procedimenti dinanzi alle corti nazionali

17. Nel 2006 i ricorrenti convenirono in giudizio l’Autorità per la protezione civile, il Ministro dell’Interno e il commissario delegato per ottenere il risarcimento del danno causato dal prolungato ritardo nell’erogazione del contributo di emergenza. Con sentenza 19 marzo 2010, il Tribunale di Reggio Calabria ritenne che dal quadro normativo di riferimento nel caso di specie “emerge chiaramente che l’assegnazione del contributo de quo non era rapportata a parametri direttamente fissati dalla legge ma era legata ad un’operazione valutativa da parte della pubblica amministrazione”, la cui “discrezionalità investiva non solo il quantum, ma anche l’an dell’erogazione”. Poichè i ricorrenti “svolgono censure quanto alle modalità di esercizio del potere amministrativo di carattere evidentemente discrezionale”, il Tribunale Civile dichiarò che la giurisdizione sulla controversia “appartiene[va] alla competenza del giudice amministrativo, cui spetta anche la cognizione della pretesa risarcitoria consequenziale, secondo quanto previsto dall’articolo 7 comma 3 della legge n. 1034 del 1971 (come modificato dalla legge n. 205/2000)”.

La sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale

18. A seguito della remissione del caso da parte del Tribunale Civile, con sentenza 25 febbraio 2011 il Tribunale Amministrativo Regionale ordinò al commissario delegato e al Ministro dell’Interno di pagare al primo ricorrente la somma di 100,000 euro a titolo di risarcimento. Rilevò che le autorità amministrative erano state gravemente negligenti per non avere prontamente iniziato e adeguatamente diretto, coordinato e monitorato le attività preliminari finalizzate a distribuire le somme assegnate al fondo di emergenza, soprattutto in considerazione della natura d’urgenza delle misure volte a favorire l’immediata ripresa delle attività produttive che erano state gravemente colpite dalle inondazioni dell’ottobre 1996.

19. Il Tribunale Amministrativo Regionale rilevò che le inondazioni dell’ottobre 1996 avevano lasciato i ricorrenti in una situazione molto difficile, determinando l’assoggettamento della loro abitazione alla procedura di pignoramento immobiliare. Inoltre, il terzo e il quarto ricorrente avevano sviluppato sintomi di depressione, da cui erano scaturiti il ricovero in ospedale del primo e il tentato suicidio del secondo.

20.  Secondo il Tribunale Amministrativo Regionale, sebbene il danno grave subito dall’attività commerciale del primo ricorrente fosse stato immediatamente e direttamente causato dalle inondazioni dell’ottobre 1996, il pronto ed efficace intervento dello Stato avrebbe potuto prevenire la concatenazione di eventi negativi innestata dalla catastrofe naturale ed evitato l’improrogabile e irreversibile chiusura dell’attività.

21. Considerò inoltre che non vi fossero dubbi sul fatto che il primo ricorrente fosse in possesso dei requisiti di legge per accedere al fondo di emergenza. Per quanto riguarda l’ammontare del contributo, la corte nazionale considerò, prendendo in considerazione i limiti del fondo di emergenza, come non potesse ritenersi che il primo ricorrente avrebbe ottenuto l’ammontare complessivo della somma originariamente richiesta. Tuttavia, il Tribunale Amministrativo Regionale ritenne che, se la autorità amministrative avessero agito diligentemente, verosimilmente al primo ricorrente sarebbe stata attribuita una somma sufficiente ad effettuare gli iniziali lavori di manutenzione ed evitare la chiusura permanente dell’attività.

22. Vi era pertanto un nesso causale tra la condotta delle autorità amministrative e il danno allegato, e il risarcimento doveva essere calcolato sulla base delle legittime aspettative circa la pronta allocazione da parte delle autorità amministrative e delle chances che quel contributo consentisse al primo ricorrente di rimanere in attività.

Ricorso al Consiglio di Stato

23.  Le autorità amministrative impugnarono la decisione dinanzi al Consiglio di Stato. Con sentenza no. 1745 del 26 marzo 2012, il Consiglio di Stato ribaltò la sentenza di primo grado e rigettò la domanda del ricorrente

24.  Confermò che la condotta delle autorità amministrative era illegittima sotto due profili. In primo luogo, le somme assegnate al fondo di emergenza per favorire la ripresa delle attività commerciali erano state deviate per finanziare misure infrastrutturali, in violazione dell’Ordinanza no. 2478 del 19 novembre 1996 dell’Autorità per la protezione civile, che autorizzava tale uso soltanto con riferimento alle eventuali somme del fondo che residuassero. In secondo luogo, le autorità avevano illegittimamente causato un ritardo nello svolgimento delle procedure amministrative, e avevano omesso di informare i ricorrenti circa la loro conclusione, nonostante le reiterate richieste da parte di questi ultimi.

25.  Il Consiglio di Stato rilevò che negli anni successivi alla richiesta del primo ricorrente, le difficoltà economiche di quest’ultimo si erano aggravate ed egli era stato costretto ad interrompere l’attività commerciale, così andando incontro ad una situazione di crisi che aveva investito l’intera famiglia.

26.  Ciononostante, il Consiglio di Stato considerò che non vi erano prove che dimostrassero che la condotta delle autorità amministrative avesse contribuito al danno direttamente causato dalla catastrofe naturale. Nel raggiungere tale conclusione, evidenziò i limiti del fondo di emergenza e il numero complessivo di richieste presentate dai titolari delle attività commerciali interessate. Poiché durante le procedure amministrative le autorità nazionali non avevano stabilito dei criteri oggettivi in base ai quali dare priorità a certe attività rispetto ad altre, i ricorrenti avrebbero ricevuto un contributo di solo poche migliaia di euro, derivanti dalla distribuzione proporzionale delle risorse a favore di tutti coloro che avevano fatto richiesta. Stando così le cose, i ricorrenti non avevano fornito prove sufficienti per dimostrare che tale limitato ammontare, se attribuito prontamente, avrebbe avuto un impatto sulle chances che l’impresa si risollevasse dal grave danno sofferto in conseguenza delle inondazioni.

Quadro giuridico pertinente

27. L’Articolo 113 della Costituzione italiana recita come segue:

“Contro gli atti della pubblica amministrazione è sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria o amministrativa....”

28.  Nella sentenza Centro Europa 7 S.r.l. and Di Stefano v. Italy [GC], no. 38433/09, § 174,

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