CASE OF VARELA GEIS v. SPAIN - [Italian Translation] by the Italian Ministry of Justice
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Testo completo
© Ministero della Giustizia, Direzione generale del contenzioso e dei diritti umani, traduzione effettuata da Rita Carnevali, assistente linguistico.
Permission to re-publish this translation has been granted by the Italian Ministry of Justice for the sole purpose of its inclusion in the Court’s database HUDOC
CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO
TERZA SEZIONE
CAUSA VARELA GEIS c. SPAGNA
(Ricorso n. 61005/09)
SENTENZA
STRASBURGO
5 marzo 2013
Questa sentenza diverrà definitiva alle condizioni definite nell’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire modifiche di forma.
Nella causa Varela Geis c. Spagna,
La Corte europea dei diritti dell’uomo (terza sezione), riunita in una camera composta da:
Josep Casadevall, presidente,
Alvina Gyulumyan,
Corneliu Bîrsan,
Ján Šikuta,
Luis López Guerra,
Nona Tsotsoria,
Valeriu Griţco, giudici,
e da Santiago Quesada, cancelliere di sezione,
Dopo aver deliberato in camera di consiglio il 12 febbraio 2013,
Rende la seguente sentenza, adottata in tale data:
PROCEDURA
1. All’origine della causa vi è un ricorso (n. 61005/09) proposto contro il Regno di Spagna, con il quale un cittadino di tale Stato, il sig. P V G («il ricorrente»), ha adito la Corte il 5 novembre 2009 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali («la Convenzione»).
2. Il ricorrente è rappresentato dall’avvocato J.-M. Ruiz Puerta, del foro di Madrid. Il governo spagnolo («il Governo») è stato rappresentato dal suo agente, F I M, avvocato dello Stato.
3. Il ricorrente lamenta di essere stato condannato in appello per un delitto - la divulgazione di idee o di dottrine volte a giustificare atti di genocidio - che non era l’oggetto dell’accusa né della sua condanna in primo grado;
ritiene che tale condanna leda i suoi diritti alla libertà di pensiero e alla libertà di espressione. Invoca gli articoli 6 §§ 1 e 3 a) e b), 9 e 10 della Convenzione.
4. Il 20 settembre 2011 sono stati comunicati al Governo i motivi di ricorso relativi alla sua condanna per un delitto di cui non era stato accusato e quelli relativi ai diritti alla libertà di pensiero e di espressione. Il ricorso è stato dichiarato irricevibile per il resto. Come consentito dall’articolo 29 § 1 della Convenzione, è stato inoltre deciso che la camera si sarebbe pronunciata contestualmente sulla ricevibilità e sul merito della causa.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DEL CASO DI SPECIE
5. Il ricorrente è nato nel 1957 e risiede a Barcellona, dove era anche proprietario e direttore di una libreria specializzata che vendeva soprattutto opere sull’Olocausto.
A. Il procedimento penale
6. L’11 dicembre 1996 il procuratore generale della Catalogna chiese al giudice di Barcellona di aprire una indagine penale a carico del ricorrente per diversi reati fra cui un presunto delitto di «genocidio». Con decisione in pari data, il giudice istruttore n. 4 di Barcellona ordinò di perquisire il domicilio e la libreria del ricorrente.
7. In base a una parte del materiale sequestrato nel corso delle perquisizioni, il pubblico ministero depositò un atto provvisorio di accusa con cui chiedeva la condanna del ricorrente per il delitto continuato di "genocidio", ascrivendogli la negazione dell’esistenza dell’Olocausto, sul fondamento dell’articolo 607 § 2 del codice penale, e per il diritto continuato di "istigazione alla discriminazione per motivi razziali", secondo l’articolo 510 § 1 del codice penale. In qualità di accusatore privato, la Comunità israelitica di Barcellona (Comunidad israelita de Barcelona) nel suo atto di accusa provvisorio chiese la condanna del ricorrente per il delitto continuato previsto dall’articolo 607 § 2 del codice penale, ritenendo che i fatti costituissero una "negazione del genocidio subìto dal popolo ebraico e un tentativo di riabilitazione del regime nazista", e per il delitto continuato previsto dall’articolo 510 § 1 del codice penale, ritenendo che i fatti costituissero anche una "istigazione alla discriminazione di gruppi per motivi razziali e/o antisemiti". L’altro accusatore privato, ATID-SOS Racisme Catalunya, nel suo atto d’accusa provvisorio chiese la condanna del ricorrente, tra l’altro, per il delitto previsto dall’articolo 607 § 2 del codice penale dal momento che «i numerosi libri e video sequestrati negano direttamente l’Olocausto o fanno apologia del genocidio» e «negano la verità storica del genocidio», e per il delitto previsto dall’articolo 510 § 1 e 2 del codice penale. Dopo l’assunzione delle prove, questi atti d’accusa provvisori furono trasformati così com’erano in atti d’accusa definitivi.
8. Con sentenza del 16 novembre 1998 del giudice penale n. 3 di Barcellona, emessa dopo un’udienza pubblica, il ricorrente fu condannato alla pena di due anni di reclusione per il delitto continuato «di genocidio» ai sensi dell’articolo 607 § 2 del codice penale, e a tre anni di reclusione e a una multa per il delitto continuato di istigazione alla discriminazione, all’odio e alla violenza contro gruppi o associazioni per motivi razzisti e antisemiti, in virtù dell’articolo 510 § 1 dello stesso codice. Il giudice considerò che la maggior parte del materiale venduto nella libreria di proprietà del ricorrente verteva sull’Olocausto ebraico, la Germania nazista e il Terzo Reich, che egli esaltava il regime nazionalsocialista e negava la persecuzione del popolo ebraico, e che la libreria tendeva a convincere i suoi clienti che l’Olocausto «era ed è ancora una grande menzogna». I fatti considerati provati dalla sentenza in causa erano descritti come segue:
«1. [Il ricorrente] (...), nella sua qualità di proprietario e direttore della libreria Europa, situata a Barcellona in via Seneca 12, ha proceduto in maniera abituale e continuata, dopo il mese di giugno 1996 e in piena consapevolezza dell’entrata in vigore in Spagna della attuale legislazione penale in materia, alla distribuzione e alla vendita di materiali sotto forma di supporti documentali e videografici, libri, pubblicazioni, lettere e manifesti, ecc., nei quali, in maniera reiterata e vessatoria nei confronti del gruppo sociale formato dalla comunità ebraica, venivano negati la persecuzione e il genocidio subìto da questo popolo durante la Seconda Guerra mondiale, massacro collettivo programmato ed eseguito dai responsabili della Germania nazista all’epoca del IIIo Reich. Una parte molto consistente di queste pubblicazioni conteneva testi che istigavano alla discriminazione e all’odio nei confronti della razza ebraica, considerando gli Ebrei come esseri inferiori che devono essere sterminati come "topi".
2. [Nel corso della perquisizione all’interno della libreria] sono stati sequestrati 20.972 libri,