TAR Roma, sez. 3B, sentenza 2012-09-25, n. 201208092
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N. 08092/2012 REG.PROV.COLL.
N. 14226/2001 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 14226 del 2001, proposto da:
D P, rappresentato e difeso dall’avv.to A M, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv.to A D A in Roma, alla via Portuense, 104;
contro
Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca Scientifica, in persona del Ministro p.t.;rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma Via dei Portoghesi, 12;
per l’annullamento
del provvedimento prot. N. 3819/17 – c del 24/7/2001 con il quale il Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica ha negato al ricorrente la corresponsione di una borsa di studio per la frequenza della Scuola di specializzazione in Chirurgia d’Urgenza e Pronto Soccorso dell’Università degli Studi di Genova, dell’anno accademico 1984/85 all’anno acca medico 1988/1989.
e per l’annullamento
nei limite dell’interesse del ricorrente, del Decreto 14 febbraio 2000 del Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica, nella parte in cui, in violazione delle direttive 82/76/CEE e 75/362/CEE (oggi trasfuse nella direttiva 93/16/CEE), dispone che:
-gli aventi diritto alla corresponsione di una borsa di studio, in qualità di medici ammessi alle scuole di specializzazione in medicina dall’anno accademico 1983/1984 all’anno accademico 1990/91, sono solo i destinatari di sentenze di questo TAR passate in giudicato;
e per l’annullamento
- dello stesso Decreto 14 febbraio 2000 del Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica, laddove stabilisce, che il diritto alla corresponsione di una borsa di studio spetta solo ai medici che non abbiano svolto attività libero professionale esterna, o attività lavorativa anche in regime di convenzione o di precarietà con il Servizio Sanitario Nazionale,
previa disapplicazione
delle disposizioni contenute nell’art. 11 della legge 19 ottobre 1999, n. 370 nelle parti contrastanti con le disposizioni di cui alle direttive 82/76/CEE e 75/363/CEE;
e per il riconoscimento
del diritto del ricorrente a percepire la somma di L. 13.ooo.ooo per ciascun anno accademico di frequenza della Scuola di Specializzazione in Chirurgia d’Urgenza e Pronto Soccorso, o comunque un adeguato compenso, ai sensi e per gli effetti delle direttive 82/76/CEE e 75/363/CEE (oggi trasfuse nella direttiva 93/16/CEE);
e in via gradata
per il caso disconoscimento della diretta esecuzione nell’ordinamento giuridico italiano delle disposizioni di cui alle direttive
per ottenere
il risarcimento del danno derivante per il ricorrente dalla tardiva ottemperanza da parte dello stato italiano all’obbligo, imposto a tutte le normative degli Stati membri della CEE, di prevedere entro e non oltre il 31 dicembre 1983 una remunerazione adeguata per i medici ammessi alle Scuole di Specializzazione
e ove occorra, in via di mera ulteriore subordinazione,
per la remissione alla Corte Costituzionale della questione di legittimità costituzionale dell’art. 11 della legge 19 ottobre 1999, n. 370, per violazione degli artt. 3, 10, 11, 35 e 97 della Costituzione.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Università e Ricerca Scientifica e Tecnologica;
Vista la memoria dello stesso Ministero;
Visti tutti gli atti della causa;
Udito alla pubblica udienza del 3 maggio 2012 il Cons. Restaino e, uditi per le parti i difensori, come da verbale di udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
Il ricorrente medico chirurgo, specialista in Chirurgia d’Urgenza e Pronto Soccorso, che ha frequentato dall’anno accademico 1984/85 a tempo pieno la scuola di speciazione di “Chirurgia d’Urgenza e Pronto Soccorso” istituita presso l’Università degli Studi di Genova (conseguendo il diploma post laurea nell’anno accademico 1988/89) rappresenta che:
- la materia dell’accesso e della formazione dei medici alle scuole di specializzazione medico – chirurgiche è stata disciplinata, in Italia, in conformità al nuovo ordinamento prescritto dalle norme di cui alle direttive 82/76/CEE e 75/363/CEE (oggi trasfuse nella direttiva 93/16/CEE), dal decreto legislativo 8 agosto 1991 n. 257, emanato in attuazione della delega contenute all’art. 6 della L. 29 dicembre 1990 n. 428, adottata però dallo Stato Italiano con grave ed ingiustificabile ritardo rispetto alle direttive comunitarie.
Infatti le direttive 82/76/CEE e 75/363/CEE, dettavano per gli Stati membri disposizioni vincolanti alle quali le normative nazionali avrebbero dovuto uniformarsi nel disciplinare l’accesso e la formazione dei medici nelle scuole di specializzazione sicché sin dal 31 dicembre 1983 era fatto obbligo alle normative degli Stati Membri di prevedere che i corsi di specializzazione fossero svolti con frequenza a tempo pieno e con diritto ad una remunerazione adeguata all’attività di studio e lavoro prestata.
Avendo lo Stato italiano riconosciuto il diritto alla corresponsione di una borsa di studio per l’attività svolta soltanto ai medici ammessi alla frequenza di scuole di specializzazione a partire dall’a.a. 1991/92, invece, a pena di ingiustificata discriminazione, il diritto alla remunerazione riguardava tutti i medici ammessi alla frequenza delle scuole di specializzazione ed era da riconoscersi a decorrere dall’a.a. 1983/84, rappresenta che in data 21/6/2000, ha inoltrato domanda di corresponsione di borsa di studio al MURST che non le è stata riconosciuta.
Il ricorrente intende perciò far valere il diritto ad una adeguata remunerazione che deriverebbe direttamente dalle normative comunitarie per la frequenza di una scuola di specializzazione in medicina e chirurgia in anni accademici ricompresi tra il 1983 ed il 1991, e deduce;
I) Violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 3 e 7 della direttiva75/363/CEE, cos’ come modificati dall’art. 10 e 12 della direttiva 82/76/CEE, anche alla luce di quanto sancito dalle sentenze della Corte di Giustizia Europea 25 febbraio 1999 – Causa C. 131/97 e 3 ottobre 2000 – Causa C. 371/97:
Eccesso di potere per disparità di trattamento.
Eccesso di potere per contraddittorietà, illogicità e manifesta ingiustizia.
Con tale motivo viene ribadito quanto già dallo stesso ricorrente evidenziato in narrativa in ordine alla possibilità per le scuole di specializzazione in medicina e chirurgia, di continuare ad applicare il vecchio ordinamento che prevedeva una formazione non retribuita, solo sino al 31 dicembre 1983, mentre ai sensi dell’allegato aggiunto alla direttiva 75/363/CEE dall’art. 13 della direttiva 82/76/CEE deve ritenersi che a partire dalla data del 31 dicembre 1983, imposta dalle predette norme comunitarie – la formazione specialistica dei medici chirurghi debba essere oggetto di una adeguata remunerazione.
Ritiene comunque ed in ogni caso prevalente il diritto alla corresponsione delle somme costituente un obbligo posto a capo del competente Ministero di diretta applicazione anche nell’ordinamento italiano.
II) Violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 3 e 7 della direttiva 75/363/CEE, così come modificati dall’art. 10 e 12 della direttiva 82/76/CEE, anche alla luce di quanto sancito dalla sentenza 25 febbrai 1999 – Causa C. 131/97.
Violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 3 e 4 della legge n. 241/90.
Violazione e falsa applicazione dell’art. 13 della direttiva 82/76/CEE e dell’allegato aggiunto alla direttiva 75/363/CEE. Eccesso di potere per erronea presupposizione di fatto.
Eccesso di potere per contraddittorietà, illogicità e manifesta ingiustizia.
Viene contestato anche il contrasto con le norme comunitarie del diniego alla corresponsione della borsa di studio a tutti i medici che si trovino nell’impossibilità di dichiarare di aver partecipato alla totalità delle attività mediche per tutta la settimana lavorativa e per tutto l’anno.
III) In via gradata il ricorrente fa valere il diritto di ottenere il risarcimento dei danni patiti a causa della mancata tempestiva attuazione delle direttive comunitarie n. 82/76 n. 75/372, atteso che le disposizioni di diretta derivazione da normativa comunitaria che si assumono violate hanno avuto lo scopo di attribuire un diritto ad una retribuzione adeguata in favore dello specializzando e che inoltre è ravvisabile anche la esistenza di un nesso di diretta causalità tra la violazione dell’obbligo imposto allo Stato italiano ed il danno subito dal ricorrente in quanto soggetto leso.
IV) Illegittimità costituzionale dell’art. 11 della legge n. 370/1999 nonché del decreto ministeriale 14 febbraio 2000. pubblicato in G.U. 27 marzo 2000, in relazione con gli artt. 3, 10, 11, 35 e 97 della costituzione.
Nella ipotesi in cu dovesse ritenersi che la normativa dettata dal legislatore italiano in esecuzione delle direttive comunitarie n. 82/76 e n. 93/16 sia ostativa alla diretta efficacia delle disposizioni comunitarie, viene formulata richiesta di rimessione della questione alla Corte Costituzionale, stante la palese violazione dell’art. 3 della Costituzione e degli artt. 10 e 11 statuenti l’obbligo dell’ordinamento giuridico italiano di conformarsi alle norme di diritto internazionale generalmente riconosciute e dell’art. 97 stessa Costituzione per risultare non garantito il buon andamento e l’imparzialità della Pubblica Amministrazione.
Il contraddittorio è stato istituito nei confronti del Ministero dell’Istruzione, Università e della Ricerca, costituitosi in giudizio tramite l’Avvocatura Generale dello Stato che nella propria memoria difensiva formula una serie di eccezioni tra cui “in primis” quella di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.
Tanto premesso rileva il collegio quanto segue.
Posto che la pretesa del ricorrente ad ottenere il compenso per l’attività svolta come medico specializzando viene prospettata come derivante dalla normativa comunitaria di immediata e diretta applicazione a decorrere dall’ano accademico 1983/1984 ovvero come diritto al risarcimento del danno riconducibile al ritardo dello Stato italiano nella attuazione delle stesse direttive comunitarie, vanno rammentati non remoti orientamenti delle SS.UU. della Corte di Cassazione in ordine alla natura e consistenza della pretesa del laureato in medicina e chirurgia ammesso ad una scuola di specializzazione.
Ripudiata la tesi della devoluzione alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di servizi pubblici a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 204 del 2004, è stata ritenuta la pretesa azionata in giudizio, avente natura e consistenza di diritto soggettivo con conseguente devoluzione della controversia alla giurisdizione del giudice ordinario (cfr. SS.UU. 28/11/2007 n. 24665;cfr. anche Cassazione SS.UU. 25.2.2010, n. 4547).
L’appartenenza alla giurisdizione del giudice ordinario resta peraltro ferma sia nella ipotesi in cui il richiedente compenso per la espletata attività di medico ammesso al corso di specializzazione intende far valere come pretesa derivante dalla diretta applicazione della normativa comunitaria a decorrere dall’anno accademico 1983/84, sia come domanda di risarcimento del danno riconducibile al ritardo dello Stato italiano nell’attuazione delle stesse direttive comunitarie n. 75/362/CEE e n. 82/76 CEE, poiché in entrambi i casi la pretesa azionata ha natura e consistenza di diritto soggettivo.
Va pertanto ritenuta la giurisdizione del giudice ordinario in ordine alla controversia di cui trattasi. Alla dichiarazione di difetto di giurisdizione segue il rinvio della causa al giudice ordinario, con salvezza degli effetti sostanziali e processuali della domanda proposta davanti al giudice privo di giurisdizione, tenuto conto del disposto di cui all’art. 11 secondo comma del c.p.a. ex D.Lgs 2/7/2010 n. 104 che “fa salvi gli effetti processuali e sostanziali della domanda se il processo è riproposto innanzi al giudice indicato entro il termine perentorio di tre mesi dal passaggio in giudicato della sentenza che declina la giurisdizione.
Sussistono giustificati motivi per disporre la compensazione tra le parti delle spese di lite.