TAR Roma, sez. 1B, sentenza 2018-02-28, n. 201802194
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Pubblicato il 28/02/2018
N. 02194/2018 REG.PROV.COLL.
N. 12683/2004 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 12683 del 2004, proposto da:
A M, A A, C L, C M, Chirivì' Mauro, C F, D R F, D D, D R, G E, G M, G M, M D, M G, M M, M J, M G, M G, O P, O A, O A, R M, S A, T A, T R, V S, Z D, tutti rappresentati e difesi dall'avvocato A F T, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale delle Medaglie D'Oro, 266;
contro
Ministero della Difesa, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Stato Maggiore Aeronautica Militare, Scuola Sottufficiali dell'Aeronautica Militare di Caserta non costituiti in giudizio;
per l'annullamento
- dell’art.13 comma 2 del bando di concorso interno per esami e per titoli per l'ammissione al 3^ corso di n.60 allievi marescialli dell'aeronautica militare - attribuzione trattamento economico.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 2 febbraio 2018 il dott. A T e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
I ricorrenti, vincitori del concorso interno per l’ammissione al terzo corso per n. 60 Allievi marescialli dell’Aeronautica militare pubblicato in GU. 4° Serie Speciale n. 22 del 18.3.2003 ed ammessi, per l’effetto, a frequentare il relativo corso presso l’allora Scuola Sottufficiali dell’Aeronautica Militare in Caserta (attualmente esistente con diverse denominazioni e compiti) hanno rivendicato in sede giurisdizionale, le prerogative di stato giuridico ed economico possedute anteriormente alla cancellazione dai ruoli dei Primi Avieri Scelti e dei Sergenti in servizio permanente cui appartenevano, avvenuta “ipso iure” per effetto di quanto stabilito dalle leggi del tempo in materia di reclutamento, recepite nello specifico dall’avversato articolo 13, comma 2 del bando di concorso.
Si è costituita in giudizio l’Amministrazione resistente, deducendo la infondatezza del ricorso e chiedendone il rigetto.
Con decreto decisorio n. 5222 in data 29 aprile 2015, veniva dichiarata la perenzione del ricorso.
Con successivo decreto n. 359 in data 2 marzo 2016 veniva revocato il decreto di perenzione limitatamente al ricorrente R M e veniva, conseguentemente, disposta la reiscrizione del ricorso in epigrafe sul ruolo di merito.
Alla udienza straordinaria del 2 febbraio 2018, il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Il ricorso è infondato.
Osserva il Collegio come la pretesa del ricorrente di conservare lo stato giuridico, con il connesso trattamento economico, goduto nel ruolo di provenienza e di continuare a maturare promozioni anche nel periodo in cui ha acquisito il diverso stato di allievo maresciallo, risulta in contrasto con le opposte previsioni della normativa in materia che espressamente prevede, quali conseguenze dell’assunzione della qualità di allievo, la cancellazione dal ruolo di appartenenza e la perdita del grado posseduto.
L'art. 39, comma 15 bis , del D.Lgs. n. 196/1995 – come modificato dall’art. 21 del D.Lgs. n. 86/2001 – riproduce, per le specifiche categorie professionali dei ricorrenti, quanto era disposto per i sottufficiali dall’art. 60, comma 3 e 61, comma 2, L. n. 599/1954 (ora art. 864, lett. b e c, D.Lgs. n. 66/2010), che si applica ai volontari di truppa in servizio permanente come previsto dell’art. 30, comma 2, D.Lgs. n. 196/1995.
La disposizione in parola è stata poi trasfusa nell’art. 762 del D.Lgs. n. 66/2010, il quale definisce lo stato giuridico degli allievi marescialli nei seguenti termini: “ 1. Il personale dei ruoli sergenti e volontari in servizio permanente vincitore di concorso, ammesso a frequentare i corsi formativi previsti, è cancellato dai ruoli per assumere la qualità di allievo. Lo stesso personale, se perde la qualità di allievo, è reintegrato, ferme restando le dotazioni organiche stabilite dalla legge, nel grado e il tempo trascorso presso le scuole è computato nell'anzianità di grado. Il predetto personale, se in possesso di grado, lo perde all'atto dell'assunzione della qualità di allievo;se perde detta qualità è reintegrato nel grado precedentemente rivestito ”.
Pertanto l’Amministrazione era vincolata, in applicazione della normativa soprarichiamata, a disporre la cancellazione del ricorrente dal ruolo di provenienza e la perdita del grado posseduto, a seguito dell’assunzione, da parte del ricorrente dello status di allievo maresciallo e di, conseguenza, ad annullare l’atto di avanzamento conseguito in un ruolo in cui esso non appartiene più e che costituisce l’indefettibile presupposto per la promozione ed il mantenimento nel grado superiore.
D’altronde, deve altresì essere richiamato l’articolo 13, comma 2 del bando, il quale - proprio ad espressa tutela della posizione maturata dal personale già in servizio come i ricorrenti - prevedeva, all’ultimo periodo, che “ Durante la frequenza del corso al personale allievo competono, qualora più favorevoli, gli assegni del grado rivestito all’atto dell’immissione al corso ”.
Il ricorrente, dunque, durante il corso ha regolarmente fruito del trattamento economico di base (stipendio tabellare) precedentemente lui spettante, in quanto più favorevole.
E’ di tutta evidenza, tuttavia, che non poteva beneficiare anche di un trattamento accessorio “privilegiato” (ad es, inerente gli straordinari, le licenze, gli obblighi dei corsisti, la permanenza nella Scuola di formazione ecc.) legato alle mansioni ed allo “status” non più posseduto con l’accesso al corso di che trattasi e non preservato da alcuna disposizione normativa.
Le garanzie di coloro che appartenevano al servizio permanente effettivo, come il ricorrente, infatti, si sostanziavano nelle previsioni di cui al citato art. 21 del DLg n. 8272001 e, in particolare, nella reintegrazione nel grado e nella percezione degli assegni.
Come già chiarito dalla Sezione, del resto, i volontari o sergenti che hanno acquisito la qualifica di allievo nel corso di formazione, non possono pretendere la valutazione per l'avanzamento al grado superiore previsto per un ruolo di cui non fanno più parte, risultando ininfluente la circostanza che questi avessero maturato precedentemente la necessaria anzianità, in quanto quel che rileva, a tal fine, è esclusivamente lo status posseduto al momento della valutazione, come espressamente stabilito dal D.Lgs. n. 196/1995, che individua quale personale da valutare esclusivamente quello appartenente al ruolo ivi indicato (T.A.R. Lazio-Roma, Sez. I bis, 19 gennaio 2009, n. 373).
In tale prospettiva è stata ritenuta priva di utilità per l'Amministrazione la valutazione di militari che non appartengono più al ruolo in relazione al quale sono previste posizioni superiori da conferire di cui non possa poi disporre. Sicchè, è stato ritenuto che “ non è possibile conferire un grado superiore a quei militari che hanno perduto il presupposto giuridico tassativamente richiesto a quei fini, atteso che anche gli avanzamenti di carriera sono preordinati comunque all’attività organizzatoria dell'Amministrazione, che si esplica anche attraverso la migliore utilizzazione del personale dipendente ” (T.A.R. Lazio-Roma, Sez. I bis, n. 373/2009;Cons. di Stato, Sez. III, n. 2015/03).
Risulta inconferente, del resto, la lamentata violazione della disciplina dell'articolazione dell’orario di lavoro e dei connessi istituti dettata dal D.P.R. n. 394/1995, nonché dell'art. 32 del D.Lgs. n. 195/1995, che non è applicabile al militare impegnato in attività di formazione, che, nel relativo periodo, è tenuto a seguire i corsi e le diverse attività didattiche e/o di addestramento secondo l’articolazione oraria ed il calendario stabilito dall’Istituto che organizza i corsi.
In tale periodo, tutti gli allievi sono posti in posizione di parità, fruendo le festività e dei riposi nei periodi indicati dall’Istituto.
Pertanto, essendo il militare, nel periodo formativo, esonerato dai compiti di istituto, non trova applicazione la disciplina dell'orario di servizio ordinario espletato nell’ambito dell’organizzazione militare, in particolare per quanto riguarda i riposi compensativi, i compensi aggiuntivi e le indennità operative strettamente correlate all’applicazione ai servizi d’istituto.
Vanno disattese anche le censure contenute nel secondo, terzo, quarto e sesto motivo di ricorso (non risulta proposta una quinta censura), con cui si lamenta che al ricorrente non venga corrisposta l’indennità di prima sistemazione, l’indennità mensile di cui all’art. 1 L. n. 86/2001, l’indennità supplementare di marcia e prontezza operativa e che, in ogni caso, venga corrisposto un trattamento stipendiale deteriore rispetto a quello in precedenza corrisposto nel grado cui appartenevano in contrasto con l'art. 202 del D.P.R. n. 3/1957.
Osserva il Collegio, sotto tali profili, che lo status del volontario e di vincitore del concorso interno per l’ammissione al corso di allievo maresciallo trova la sua compiuta disciplina nelle disposizioni richiamate, che prevedono espressamente la perdita del grado già acquisito e, conseguentemente, delle relative indennità e, più in generale, del trattamento economico ad esso connesso, e ciò per effetto dell’assunzione della qualità di allievo maresciallo.
Come già chiarito dalla Sezione, il principio della conservazione del trattamento economico e dell'anzianità pregressa nel passaggio da un ruolo ad un altro non può trovare applicazione nel caso in cui l’interessato sia cancellato dal ruolo precedente (T.A.R. Lazio-Roma, Sez. I bis, n. 958/2014, che richiama Cons. Stato, Sez. IV, n. 115/1982) e nessuna lesione della propria sfera giuridica può lamentare chi abbia liberamente scelto di partecipare a procedura riservata per l'immissione in ruolo diverso, che, ove superata, determini la modificazione della posizione precedentemente detenuta (T.A.R. Lazio Roma Sez. I bis, 19 gennaio 2009, n. 373).
Del resto occorre anche osservare come il divieto di reformatio in peius trova applicazione al solo personale civile dello Stato e non è estensibile, in via analogica, al personale militare per gli aspetti dello stato giuridico ed in particolare dell’avanzamento in carriera con il correlativo trattamento economico, che sono già disciplinati da una normativa speciale.
Da ultimo, vanno perciò disattesi anche i dubbi sulla legittimità costituzionale dell'art. 21 del D.Lgs n. 82/2001 - che ha operato la modifica dell'art. 39, D.Lgs. 12 maggio 1995, n. 196 introducendo la previsione di cui al comma 15 bis oggetto di contestazione - per violazione degli art. 3, 36 e 97 Cost., prospettati con il settimo mezzo di gravame.
È, infatti, manifestamente infondata la questione dell’illegittimità della norma in contestazione, per violazione dei principi di uguaglianza e di ragionevolezza di cui all'art. 3 della Costituzione: si tratta di norma comune anche ad altre categorie di impiegati pubblici e che trova una sua sufficiente giustificazione nell’esigenza di tutela dell’ordine di ruolo e delle posizioni già acquisite dei dipendenti già ivi inseriti.
La perdita del grado prevista dalla norma in questione costituisce la conseguenza dell’articolazione dell’ordinamento militare in carriere diverse e separate tra loro, anziché in un ruolo unico con mobilità tra le diverse figure professionali, come previsto dall’art. 790, D.Lgs. n. 66/2010 per cui “ Tutti i militari, a eccezione di quelli in congedo assoluto, sono inquadrati in distinti ruoli, all’interno dei quali sono inseriti nell’ordine determinato dall’anzianità assoluta e dall’anzianità relativa. Per ciascuna Forza armata o Corpo armato sono definiti i ruoli che raggruppano i singoli appartenenti ”.
Ciò implica che, in caso di passaggio ad un diverso ruolo, il militare perde la “posizione” rivestita ed il grado acquisito nell’ambito di provenienza e viene inserito nelle qualifiche iniziali del nuovo ruolo all’evidente fine di tutelare le posizioni dei militari che già appartengono a quella Forza o a quel ruolo.
Non si tratta, d’altronde, di una perdita irreversibile delle posizioni conseguite in quanto, in caso di rientro nel ruolo o nella Forza Armata di provenienza, il militare recupera la posizione già ivi in precedente occupata, come previsto dall’art. 62, comma 1, n. 2, L. n. 599/1954 ed ora 860 862 del D.Lgs. n. 66/2010, nonché, con specifico riferimento alla categoria di militari in questione, dall’art. 762 del predetto decreto legislativo.
Si tratta di norme comuni anche a diversi settori del pubblico impiego non privatizzato, come, ad esempio, quello del personale di magistratura, appartenente a diversi ordini giurisdizionali (magistratura ordinaria, amministrativa, contabile, militare), che, ove scelga di passare a diversa giurisdizione, perde la posizione di ruolo acquisita nella magistratura di provenienza e viene iscritto nelle posizioni iniziali del ruolo della magistratura di destinazione.
Né la predetta norma può essere ritenuta arbitrariamente discriminatoria e violativa del principio in esame con riguardo all’eventuale diversità di trattamento giuridico per i volontari di truppa dell'Arma dei Carabinieri, in quanto come ripetutamente sancito dalla Corte Costituzionale, non può considerarsi illegittima qualsiasi differenza di trattamento giuridico o retributivo delle diverse figure professionali, richiedendosi, a tal fine, una valutazione complessiva dell’intera disciplina delle rispettive carriere e delle funzioni professionali – che nel caso del Maresciallo dei Carabinieri sono diverse rispetto a quelle del Maresciallo dell’Esercito, secondo valutazioni che rientrano nella discrezionalità del legislatore.
La questione di legittimità costituzionale sollevata risulta manifestamente infondata anche con riferimento ai principi di sufficienza e di proporzionalità della retribuzione in relazione alla qualità ed alla quantità del lavoro svolto di cui all'art. 36 Cost., e dei principi di razionalità e di ragionevolezza di cui all'art. 97 Cost.
Tali principi, infatti, non sono pertinenti alla disciplina del periodo di formazione degli allievi marescialli, in cui l’attività svolta non ha natura lavorativa - per cui viene meno, in radice, il presupposto della retribuzione come controprestazione del servizio reso nei confronti dell’amministrazione – bensì di formazione essendo finalizzata alla crescita professionale nell’interesse dello stesso allievo e sulla base della scelta volontaria dello stesso.
In conclusione, il ricorso risulta infondato alla luce delle considerazioni svolte e delle posizioni già assunte dalla giurisprudenza, anche del giudice d’appello, sul tema.
Queste non sono smentite dall’affermazione, in sede consultiva, dall’unica pronuncia invocata dal ricorrente in merito all’interpretazione dell’art. 21 D.Lgs. n. 82/2001 ai fini dell'indennità di trasferimento (che si riteneva non spettante in quanto “ non si può ravvisare una soluzione di continuità tra il precedente e il nuovo servizio, attribuendo valore soltanto sul piano meramente formale della cancellazione del ruolo ”, non potendosi riconoscere carattere novativo del rapporto che nel caso in cui la nuova nomina avvenga per il superamento del concorso pubblico, Consiglio di Stato, Sez. III, parere n. 2432/2002) che non sono del tutto pertinenti al caso di specie.
Il ricorso va, pertanto, respinto.
Le spese del giudizio possono tuttavia essere compensate tra le parti, data la complessità interpretativa della controversia.