TAR Napoli, sez. VI, sentenza 2022-12-28, n. 202208089

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. VI, sentenza 2022-12-28, n. 202208089
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 202208089
Data del deposito : 28 dicembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 28/12/2022

N. 08089/2022 REG.PROV.COLL.

N. 00256/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 256 del 2018, proposto da
R A, rappresentato e difeso dall'avvocato N A, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Casamarciano, corso Italia 64;

contro

Ministero dell'Interno, Questura Napoli, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale Napoli, domiciliataria ex lege in Napoli, via Armando Diaz, 11;

per l'annullamento

per l'annullamento

del provvedimento adottato dalla Questura di Napoli in data 1 Agosto 2017 e notificato in data 25 Ottobre 2017, con il quale è stato annullato il permesso di soggiorno nr. I10062336 perché conseguito fraudolentemente e disposta la revoca del successivo titolo n. I10276591 poiché conseguito con presupposti assolutamente infondati;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno e di Questura Napoli;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 13 dicembre 2022 il dott. Paolo Passoni e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

In data 15.10.2012, veniva presentata allo Sportello Unico dell’Immigrazione dell’UTG di Napoli, a nome della sig.ra Annamaria E, domanda di emersione di lavoro irregolare a favore dell’odierno ricorrente, cittadino del Bangladesh.

In data 01.12.2014 il ricorrente inoltrava presso gli sportelli della Questura di Napoli istanza volta a conseguire il rilascio del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato — attesa occupazione, ai sensi del decreto legislativo 109/2012 —"Emersione dal Lavoro Irregolare".

Il predetto, infatti, il 16 luglio 2012 in sede di convocazione presso lo Sportello Unico per l'Immigrazione di Napoli, otteneva il nulla osta ad inoltrare tale richiesta, avendo asserito di aver prestato attività lavorativa, poi interrotta, in qualità di collaboratore domestico, alle dipendenze della sig.ra E Anna Maria.

Proprio in ragione di tale nullaosta, quindi, allo stesso veniva poi consegnato in data 27.1.2015 il titolo di soggiorno richiesto, valido fino al 01/12/2015.

Di detto titolo, tra l'altro, veniva anche decretato il rinnovo fino al 03/11/2017, in ragione della nuova attestata attività lavorativa subordinata alle dipendenze del signor

HOWLANDER

Salim, titolare dell'omonima attività di "confezione in serie di abbigliamento".

Riferisce la Questura che una comunicazione dell'A.G.O., del 2016 con cui si richiedeva di espletare alcune indagini su questa vicenda, faceva emergere che la sig.ra

ESPOSITO

Anna Maria fin dal 4.12.2012, successivamente alla ricezione di una missiva inviata dalla sede INPS di Nola per il pagamento dei contributi previdenziali collegati alla richiesta di emersione del signor

AMIN

Ruhul, aveva sporto denuncia/querela, presso la Stazione Carabinieri di Saviano, poiché ignoti avrebbero utilizzato le proprie generalità, al fine di assumere il predetto cittadino straniero, dichiarando inoltre di non averlo mai richiesto o avuto alle proprie dipendenze.

Acquisite tali notizie, la Questura compulsava il personale della Polizia Municipale del Comune di Palma Campania, per accertamenti sul domicilio dichiarato in sede di formalizzazione dell'istanza di rinnovo del titolo di soggiorno, al fine di notificare allo stesso l'avviso di avvio di procedimento di annullamento del primo permesso e di revoca del successivo titolo;
quanto sopra, anche in relazione ad un pregresso diniego di emersione adottato dalla Prefettura di Napoli in data 30.9.2014 (evidentemente non conosciuto dagli uffici della Questura al momento del rilascio dei titoli di soggiorno poi revocati) proprio in relazione alla sopravvenuta conoscenza di fittizietà del rapporto di lavoro segnalata dalla sig.ra E.

Il citato personale riferiva dell'irreperibilità dello straniero presso il domicilio ricadente nel territorio civico di Palma Campania, luogo indicato in sede di rinnovo del titolo di soggiorno e a pari concludenze giungeva anche il personale del Commissariato della P.S. di Nola, incaricato dall'A.G.O..

Nel contempo un ulteriore accertamento presso l'ufficio anagrafe del comune di Palma Campania rivelava che il richiedente era stato cancellato dai registri dei residenti per irreperibilità.

In seguito a tali risultanze, la Questura di Napoli ha adottato il provvedimento in data 1 Agosto 2017, con il quale è stato annullato il primo permesso di soggiorno perché conseguito fraudolentemente e disposta la revoca del successivo titolo ancora in vigore, poiché conseguito con presupposti infondati.

Il ricorrente impugna tale provvedimento unitamente al decreto di di respingimento alla frontiera aerea Napoli-Capodichino, emesso e notificato in data 25 Ottobre 2017, a norma dell’art. 10, co 1 D. L.vo 286/98 “in quanto soggetto segnalato, ai fini della non ammissione, nel registro nazionale”.

Egli deduce in questa sede vizi di istruttoria e di motivazione, per aver la PA intimata basato le sue decisioni su fatti e circostanze mai provati, frutto di mere ipotesi di reato rimaste prive di qualsiasi riscontro di effettività. Anche l’asserita irreperibilità dello straniero sarebbe stata dichiarata senza aver effettuato ricerche più aggiornate sul suo attuale luogo di residenza. Infine si segnala la tardività dell’impugnata autotutela rispetto ai termini massimi stabiliti dall’articolo 21 nonies della legge 241/90.

Si è costituita in giudizio l’amministrazione intimata che ha allegato relazione sui fatti di causa della Questura di Napoli;
in tale relazione si è peraltro insistito sul fatto che la locale Prefettura, appresa la falsità del rapporto di lavoro dichiarato dallo straniero, aveva con proprio provvedimento del 30.09.2014, decretato il rigetto della domanda di emersione (di cui non risulta alcuna impugnativa).

Con ordinanza n. 201/2018 in data 8.2.2018 la Sezione ha respinto l’istanza incidentale di sospensiva con la seguente motivazione:

“il provvedimento di annullamento/revoca dei permessi di soggiorno rilasciati sembra, ad un primo sommario esame, sufficientemente motivato con riferimento, da un lato, alla fittizietà del rapporto di lavoro dichiarato in sede di emersione, dall’altro, allo stato di irreperibilità del ricorrente;
quanto a tale ultimo profilo, l’interessato, all’esito degli accertamenti effettuati anche dal Comune di Palma Campania alla via Ciccarelli n. 53, è risultato irreperibile e, pertanto, è stato cancellato dall’anagrafe della popolazione residente di quel Comune”;

Successivamente a tale ordinanza, nessun atto processuale risulta depositato, sia da parte del ricorrente che dell’amministrazione.

All’udienza di smaltimento del 13.12.22 la causa è passata in decisione in assenza dei rispettivi patroni, con la verbalizzata avvertenza del collegio, relativa a possibili profili di inammissibilità del ricorso.

DIRITTO

In primo luogo va rilevato il difetto di giurisdizione sull’impugnativa avverso il decreto di respingimento alla frontiera, trattandosi di vertenza riservata al vaglio del giudice ordinario, secondo il rito sommario di cognizione ex art. 18 D.Leg.vo 150/2011 (cfr. sul punto Cassazione SSUU sentenza 17.6.2013 n. 15115 e ord. 10.6.2013 n. 14502, Consiglio di Stato III sez. sent. 4543 del 13.9.2013).

Quanto al provvedimento di (doppia) autotutela oggetto di gravame, il collegio dichiara l’inammissibilità del ricorso per mancata impugnazione di un atto presupposto, la cui permanenza è in grado di recidere qualsiasi utilità collegata all’eventuale accoglimento delle censure.

Ci si riferisce in particolare al provvedimento di rigetto della domanda di emersione del 15.10.2012 adottato dalla Prefettura di Napoli in data 30.9.2014, proprio in relazione alle notizie acquisite dallo Sportello Unico sulla falsità del rapporto di lavoro dichiarato dallo straniero con la sig.ra Annamaria E (apparente firmataria della domanda stessa), che con denuncia del 4.12.2012 aveva dichiarato di non aver affatto proposto istanze di sorta e di non aver mai conosciuto il presunto lavoratore.

Più in particolare i titoli di soggiorno di cui il ricorrente lamenta il sopravvenuto autoannullamento/revoca risultavano (erroneamente) formalizzati già quando il procedimento di emersione era stato definito negativamente con il citato diniego prefettizio del 30.9.2014 proprio per le notizie rese dalla sig.ra E sulla falsità del rapporto di lavoro con il ricorrente;
quanto sopra, ,evidentemente, per un difetto di coordinamento fra gli uffici di polizia, visto che la Questura assume di aver saputo solo nel 2016 della denuncia resa dalla presunta datrice;
pertanto i permessi successivamente rilasciati –a quanto consta non coordinati con le risultanze da tempo a disposizione dello Sportello Unico- difettavano comunque ab origine di ogni effettività, poiché il loro presupposto fondante risultava essere per l’appunto la regolarizzazione e quindi il superamento della posizione di illegalità (non solo lavorativa) in cui versava lo straniero prima della procedura di sanatoria-emersione. Di contro, l’esito negativo di tale procedura ha da tempo privato il ricorrente –anche a prescindere dall’impugnata autotutela- della necessaria legittimazione a permanere nel territorio nazionale, fatta salva eventualmente la riproposizione di nuova istanza di emersione (se conforme e compatibile con la vigente legislazione) di cui tuttavia nella specie non si ha alcuna notizia. Non solo ma nello stesso avvio del procedimento di revoca, non recapitato per irreperibilità del ricorrente (ma anch’esso depositato in giudizio), la Questura aveva a chiare lettere preannunciato che proprio il decreto prefettizio di rigetto dell’istanza di emersione avrebbe postulato il ritiro dei titoli di soggiorno già rilasciati, così emergendo ancora una volta la centralità del provvedimento negativo della Prefettura del 30.9.2014 sulla sorte dei permessi di soggiorno caducati in autotutela;
nonostante ciò il patrono ricorrente nulla ha inteso replicare o giustificare alcunché nel corso del giudizio.

A tal riguardo, va precisato che la predetta causa di inammissibilità supera il vaglio di un’eventuale pronuncia di improcedibilità del gravame, altrimenti da delineare ai sensi dell’articolo 84 u.c. CPA (“…il giudice può desumere …dal comportamento delle parti argomenti di prova della sopravvenuta carenza di interesse alla decisione della causa”), vista l’inerzia delle parti nel dare qualsiasi aggiornamento sulla vicenda in giudizio. Più in particolare, il ricorrente patrono non ha prodotto alcuna memoria né alcun atto processuale anche dopo la ormai risalente (motivata) ordinanza di denegata sospensiva dell’8.2.2018, evitando quindi non solo di confutare, in vista del merito, le argomentazioni poste a base di quella pronuncia (ad esempio illustrando eventuali esiti favorevoli medio tempore sopravvenuti delle indagini penali a suo tempo attivate), ma anche di aggiornare il collegio sull’attuale permanenza o meno dello straniero sul territorio nazionale, e sul suo collegato interesse a coltivare il gravame, visto che il diniego cautelare sugli atti impugnati avrebbe dovuto da tempo postulare –per l’appunto fin dal 2018- l’espulsione dello straniero stesso.

In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile:

- in parte per difetto di giurisdizione a favore dell’AGO (con le regole di riassunzione del giudizio stabilite dall’art. 11 comma 2 CPA), con riguardo al decreto di espulsione;

-in parte per mancata impugnativa di atto presupposto, relativamente all’impugnativa del provvedimento di autotutela.

Data la reciproca inerzia processuale delle parti dal 6.2.2018, sussistono ragioni per compensare le spese di lite.

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