TAR Roma, sez. 1B, sentenza 2010-12-03, n. 201035286

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 1B, sentenza 2010-12-03, n. 201035286
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201035286
Data del deposito : 3 dicembre 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 05097/1993 REG.RIC.

N. 35286/2010 REG.SEN.

N. 05097/1993 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5097 del 1993, proposto da:
M R, rappresentato e difeso dall'avv. G. S A, con domicilio eletto presso G. S A in Roma, via C. Poma, 2;

contro

Usl Rm/11, rappresentato e difeso dagli avv. G F, L P, con domicilio eletto presso Ufficio Legale Usl Rm/11 in Roma, borgo S Spirito, 3;

per

RICONOSCIMENTO INFERMITA' DIPENDENTE DA CAUSA DI SERVIZIO.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Usl Rm/11;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 novembre 2010 il cons. Giuseppe Rotondo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con il ricorso in esame, la ricorrente, in qualità di vedova di T. G., ha impugnato la deliberazione n. 912 datata 25 maggio 1992, comunicatale con nota 3 febbraio 1993, con la quale “non è stata riconosciuta - in conformità ai concordi pareri espressi dal comitato per le pensioni privilegiate ordinarie e dall’ufficio medico legale del ministero della sanità – come contratta in servizio e per causa di servizio, l’infermità “infarto del miocardio – shock cardiogeno – collasso cardiocircolatorio” che ha determinato il decesso del proprio marito.

Come seguono le censure dedotte in ricorso:

a)l’amministrazione si è limitata a comunicare all’interessata solo il contenuto della deliberazione n. 912/1992;

b)la comunicazione inviatale menziona i pareri espressi dal CPPO e dall’ufficio medico legale del ministero della sanità ma non riporta, neppure per estratto, il contenuto di tali pareri e, quindi, i motivi medico legali sulla base dei quali è stata affermata la non dipendenza da causa di servizio;

c)il lavoro svolto dal T.G. è stato stressante dal punto di vista psichico per i frequenti contatti con il pubblico per la consegna dei certificati di degenza e del rilascio delle certificazioni di morte;

d)il 23 ottobre 1972 il T.G. venne ricoverato per glomerulonefrite, malattia riconosciuta come contratta in servizio e per causa di servizio;
successivamente, egli fu soggetto a frequenti crisi di ipertensione tali da determinare alterazioni vascolari sino ad interessare i vasi coronarici determinando necrosi miocardica: dalla glomerulonefrite cronica è dipesa l’ipertensione arteriosa a sua volta concausa preponderante e necessaria nella insorgenza della cardiopatia ischemica.

Il ricorrente ha depositato memoria conclusiva insistendo per l’accoglimento del gravame.

Il ricorso è infondato.

Dalla documentazione versata in atti risulta che la USL RM/11 (per essa, il capo servizio AA.GG. e Personale) ha manifestato la volontà (assolvendo così ob relationem all’onere motivazionale) di fare proprie le ragioni esplicitate dal C.P.P.O. e dall’ufficio medico legale del ministero.

Le ragioni del diniego risultano ben esplicitate nel parere reso dal capo dell’ufficio medico legale (cfr documento in atti) che ha confermato, all’0esito di un autonomo giudizio scientifico, quello espresso dal C.P.P.O..

Come segue la motivazione del diniego: “l’affezione che ha condotto all’exitus il sig. T.G. non (può) essere posta in relazione col servizio prestato in quanto nello stesso, svolto con le mansioni suddette, non si ravvisano particolari fattori di rischio (quali stress ripetuti da responsabilità diretta, surmenage psico-fisico) in grado di influire sul determinismo della patologia in questione che, nel caso specifico, si ritiene legata a fatti di natura degenerativa, aterosclerotica, su base costituzionale”.

Cadono, pertanto, le prime censure con le quali la ricorrente ha dedotto difetto di motivazione. L’interessata è stata adeguatamente resa edotta sulle ragioni per le quali l’amministrazione ha escluso ogni nesso eziologico, diretto o concausale, tra patologia e servizio.

Si tratta, a questo punto, di verificare se sussistono un deficit istruttorio e/o un travisamento dei fatti tali da avere indotto l’amministrazione ad una errata percezione o rappresentazione della realtà sotto il profilo della ritenuta assenza di ogni nesso eziologico.

Il Collegio esclude una siffatta ipotesi.

Va premesso, che il giudizio medico legale circa la dipendenza di infermità da cause o concause di servizio ha carattere tecnico-discrezionale e pertanto è soggetto al sindacato di legittimità del giudice amministrativo nei limiti in cui si ravvisi irragionevolezza manifesta o palese travisamento dei fatti ovvero quando non sia stata presa in considerazione la sussistenza di circostanze di fatto tali da poter incidere sul giudizio medico finale.

Nel caso di specie, l’amministrazione ha tenuto conto del servizio svolto dal T.G. e delle modalità esplicative del medesimo. Il sig. T.G. era addetto all’archivio ed il suo compito era quello di rilasciare meri certificati.

Sennonché, parte ricorrente assume che questa attività sarebbe stressante psichicamente. Ma l’affermazione è del tutto apodittica e tautologica, affatto non comprovata con eventi (neppure uno) di particolare natura stressante subiti dal T..

D’altro canto, fatica il Collegio a considerare stressante psichicamente una simile attività che anzi viene percepita, dall’uomo medio, come del tutto riposante e tranquilla.

In casi simili, la giurisprudenza amministrativa ha affermato che è legittimo il diniego di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio dell’infermità quando non siano stati offerti, dal ricorrente–richiedente, convincenti elementi di valutazione intesi a far rilevare l’avvenuto svolgimento della prestazione lavorativa in condizioni particolarmente disagevoli. Infatti, nella nozione di concausa efficiente e determinante di servizio da considerarsi come concorrente fattore degenerativo della malattia, possono farsi rientrare soltanto fatti ed eventi eccedenti le ordinarie condizioni di lavoro, con esclusione delle circostanze e condizioni del tutto generiche, quali inevitabili disagi, fatiche e momenti di stress (peraltro neppure questi allegati e comprovati) che costituiscono fattore di rischio ordinario (cfr. T.A.R. Lazio, Sez. I, 23 giugno 2003, n. 5513;
Tar Lazio, Roma, sez, I, 3 aprile 2008 n. 2828).

Parte ricorrente sostiene che la ferale patologia sarebbe dipeso dalla glomerulonefrite cronica contratta in servizio, ed allega relazione medica di parte.

Sennonché, questa è una deduzione di parte ricorrente che non ha trovato, però, sufficiente plausibilità, in termini di rapporto causale tra infermità originaria ed exitus, alla luce delle (sopra illustrate) caratteristiche e modalità del servizio infra tempora svolto dal T.G..

D’altro conto, la giurisprudenza amministrativa ha anche chiarito che affinché i prospettati errori e/o lacune dell’impugnato diniego di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio dell’infermità determinino un vizio del relativo giudizio, o di contraddittorietà con altre certificazioni mediche, è necessario che siano riscontrabili carenze o deficienze diagnostiche, o affermazioni illogiche o scientificamente errate nella diagnosi resa dalla commissione medico-legale, e non già semplici difformità tra la valutazione del medico di parte, circa l'entità e l'incidenza del dato patologico, e quella accertata dall’organo tecnico deputato all’accertamento.

In conclusione, il ricorso in esame non è meritevole di accoglimento mentre può disporsi la compensazione delle spese di giudizio e processuali tra le parti costituite in assenza di concreta attività difensiva da parte dell’intimata amministrazione.

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