TAR Roma, sez. 3T, sentenza 2023-01-10, n. 202300405

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 3T, sentenza 2023-01-10, n. 202300405
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202300405
Data del deposito : 10 gennaio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 10/01/2023

N. 00405/2023 REG.PROV.COLL.

N. 16788/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 16788 del 2014, proposto da Repower Renewable S.p.A. (già Elettrostudio Energia S.p.A.), Solis S.r.l. (già Ese Castelguglielmo S.r.l.), Soc Ict S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentati e difesi dagli avvocati A M, A V, F O, E M, con domicilio eletto presso lo studio A M in Roma, via Alberico II, 33;

contro

Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dello Sviluppo Economico, Ministero dell'Economia e delle Finanze, Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio del Mare, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Gestore dei Servizi Elettrici - Gse S.P.A, non costituito in giudizio;

per l'annullamento

del D.M. 16 ottobre 2014, recante Approvazione delle modalità operative per l’erogazione da parte del Gestore Servizi Energetici s.p.a. delle tariffe incentivanti per l’energia elettrica prodotta da impianti fotovoltaici in attuazione dell’articolo 26, comma 2, del decreto legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116;- del D.M. 17 ottobre 2014, recante Modalità per la rimodulazione delle tariffe incentivanti per l’energia elettrica prodotta da impianti fotovoltaici, in attuazione dell’articolo 26, comma 3, lett. b), del Decreto legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116;
delle istruzioni operative per gli interventi sulle tariffe incentivanti relative agli impianti fotovoltaici emanate dal GSE ai sensi dell’art. 26 L. 116/2014;
atti non conosciuti del GSE di decurtazione delle tariffe, altri atti connessi, presupposti o consequenziali;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero dello Sviluppo Economico, del Ministero dell'Economia e delle Finanze, del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 dicembre 2022 il dott. F B e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con il ricorso introduttivo le società ricorrenti, esercenti impianti fotovoltaici, censurano quanto previsto dal D.L. 91/2014, dai relativi decreti ministeriali di attuazione e dagli atti esecutivi di tali disposizioni adottati dal G.S.E.

Va premesso che le ricorrenti avevano stipulato con il Gestore una convenzione pluriennale per il riconoscimento della tariffa incentivante per l'energia elettrica prodotta da conversione fotovoltaica.

Una volta ammesse al beneficio e in costanza del rapporto di incentivazione, il Decreto legge n. 91 del 2014, convertito dalla legge n. 116 del 2014, ha previsto, all'art. 26, comma 3 che, a decorrere dal l° gennaio 2015, la tariffa incentivante per l'energia prodotta dagli impianti di potenza nominale superiore a 200 kW fosse rimodulata secondo percentuali di riduzione prestabilite ed erogata per un periodo di 24 anni dall'entrata in esercizio degli impianti, anziché per i 20 anni già stabiliti nella convenzione, salvo che i titolari dell'impianto non avessero optato per una riduzione dell'8 per cento dell'incentivo in atto, per la durata residua del periodo di incentivazione.

Le ricorrenti il 17 dicembre 2014 hanno, quindi, notificato gravame, depositato il 31 dicembre 2014, articolato nei seguenti motivi di diritto.

Con il primo motivo si deduce violazione dei principi di irretroattività, tutela del legittimo affidamento, certezza del diritto, ragionevolezza, tutela delle iniziative economiche private, degli artt. 3 e 41 Cost.

Con il secondo motivo si allega violazione dell'articolo 77 della Costituzione sulla decretazione d'urgenza, per asserita mancanza dei relativi presupposti.

Con il terzo motivo ci si duole della violazione del principio della “parità delle armi”, dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, interpretato alla luce dell'articolo 6 della Cedu, violazione degli articoli 10 e 117 comma 1 Cost..

Anche sotto il profilo delle richiamate norme eurounitarie e euroconvenzionali interposte, l'illegittimità dei decreti impugnati, viene dedotta sotto il profilo della violazione del legittimo affidamento e del principio di irretroattività.

Con il quarto motivo si deduce la violazione dell'articolo 1 Protocollo 1 della Cedu, artt. 10 e 117 Cost., sotto il profilo della violazione del diritto di proprietà privata.

Con il quinto e sesto motivo si afferma violazione dei principi della stabilità dei regimi di sostegno e della salvaguardia degli investimenti, violazione dell’art. 10 del Trattato sulla Carta dell'Energia, violazione degli articoli 10, 117 comma 1 della Costituzione, violazione della direttiva 2009/28 e dell'articolo 194 del TFUE, sulla promozione delle fonti rinnovabili.

Con i motivi settimo, ottavo, nono e decimo si allega violazione degli articoli 2, 3, e 41 della Costituzione, si deduce disparità di trattamento, violazione dell'art. 11 della legge 241 del 90, violazione dei principi del contraddittorio e della partecipazione al procedimento.

Il 24 febbraio 2015 si costituivano per resistere le Amministrazioni in epigrafe indicate.

All’udienza del 5 dicembre 2022 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Il mezzo di gravame non merita accoglimento per le seguenti ragioni.

Le doglianze recate dai plurimi motivi di ricorso possono essere congiuntamente affrontate, quanto ai profili inerenti la compatibilità costituzionale (anche con riferimento alle interposte norme euro convenzionali richiamate) ed euro unitaria degli atti impugnati, rimandando infra la trattazione di quelle inerenti la loro compatibilità con la Legge 241/1990.

Quanto ai primi profili, in sostanza le censure dedotte recano in sé l’assunto che le tariffe in origine accordate dovessero considerarsi diritti intangibili definitivamente entrati nel patrimonio delle ricorrenti e che l’operato del Gestore fosse “anticomunitario”. Le censure con essi introdotte non meritano accoglimento.

Come già posto in evidenza da questa Sezione (sent. 3 novembre 2021, n. 11276) tali critiche “ non possono che essere esaminate alla luce degli arresti della Corte Costituzione e della Corte di Giustizia che, su ordinanze di remissione di questa Sezione assunte in separate cause di identico petitum, hanno già vagliato le dette questioni, escludendo l’illegittimità delle disposizioni di legge invocate per la parte in cui hanno inciso su incentivi già stabiliti dalle convenzioni con il GSE.

La Corte Costituzionale infatti, dapprima interessata da plurime ordinanze di questa stessa Sezione, ha ritenuto che l’esame della ratio e del contenuto delle norme contestate e sopra richiamate esclude che queste abbiano “inciso all’interno dei rapporti di durata, riconducibili alle convenzioni stipulate dai fruitori degli incentivi di che trattasi con il GSE, in modo irragionevole, arbitrario e imprevedibile” (cfr. Corte Costituzionale n. 16/2017);
va dunque escluso, ad avviso della Corte, che sia stato leso il principio dell’affidamento in quanto il legislatore del 2014 è intervenuto “in un contesto congiunturale nel quale – a fronte della remuneratività delle tariffe incentivanti per l’energia solare prodotta da fonte fotovoltaica, rivelatasi progressivamente più accentuata, sia rispetto anche ai costi di produzione (in ragione del repentino sviluppo tecnologico del settore), sia rispetto al quadro complessivo europeo – era venuto specularmente in rilievo il crescente peso economico di tali incentivi sui consumatori finali di energia elettrica”. Non vi sarebbe poi una lesione del principio di ragionevolezza posto che l’intervento “risponde ad un interesse pubblico, in termini di equo bilanciamento degli opposti interessi in gioco, volto a coniugare la politica di supporto alla produzione di energia da fonte rinnovabile con la maggiore sostenibilità dei costi correlativi a carico degli utenti finali dell’energia elettrica”.

Gli investimenti “restano quindi salvaguardati dalla gradualità della rimodulazione, dalle varietà delle opzioni previste dalla legge e dalle misure compensative (che consentono di attenuare l’incidenza economica della riduzione dell’incentivazione), restandone, pertanto, assicurata l’equa remunerazione”.

Sul piano della compatibilità con il diritto dell’Unione si è pronunciata poi, dopo la dichiarazione di non fondatezza della questione di costituzionalità, la Corte di Giustizia, sempre su rimessione di questa Sezione (cause riunite C-798/18 e C-799/18, sentenza del 15 aprile 2021);
la Corte di Giustizia in argomento osserva che “il diritto, fatto valere dai gestori di impianti fotovoltaici interessati, di beneficiare degli incentivi di cui ai procedimenti principali in modo immutato per l’intera durata delle convenzioni da essi concluse con il GSE non costituisce una posizione giuridica acquisita e non rientra nella tutela prevista all’articolo 17 della Carta [dei diritti fondamentali UE], ragion per cui la modifica degli importi di tali incentivi o delle modalità della loro erogazione, effettuata da una disposizione nazionale quale l’articolo 26 del decreto-legge n. 91/2014, non può essere assimilata a un pregiudizio del diritto di proprietà come riconosciuto al suddetto articolo 17”;
va quindi esclusa, ad avviso della Corte europea la configurabilità di una lesione dei principi della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento a causa delle modifiche apportate a tale normativa, lesione che non potrebbe essere validamente lamentata da un modello di operatore “prudente e accorto”.

Sul piano poi della pretesa violazione della libertà d’impresa la Corte osserva che non si incide illegittimamente sul diritto dei gestori di utilizzare liberamente risorse di cui dispongono “dal momento che le tariffe incentivanti, quali assegnate dagli atti amministrativi e fissate nelle convenzioni concluse tra i gestori stessi e il GSE, non possono essere considerate risorse di tal genere, in quanto, come risulta sostanzialmente dai punti da 51 a 53 supra, si tratta solo di incentivi previsti ma non ancora dovuti, e tali gestori non possono far valere un legittimo affidamento sul fatto che essi beneficeranno di tali incentivi in modo invariato”.

Viene dichiarata la non applicabilità del Trattato sulla Carta dell’energia (stipulato a Lisbona il 17 dicembre 1994) in quanto non risulta che uno o più investitori interessati siano investitori di altre parti contraenti (cioè di altro Stato o di un'organizzazione regionale di integrazione economica) – come previsto dall’articolo 10 della stessa Carta dell’energia - o che sia dedotta una violazione in qualità di investitore.

Alla luce di tali principi enunciati chiaramente dalla Corte di Giustizia, il Collegio, anche per la parte in cui la pronuncia rimanda ad eventuali verifiche del giudice del rinvio, ritiene di dover aderire alla descritta ricostruzione giuridica;
non possono quindi essere accolte le doglianze proposte in quanto nel quadro regolatorio delineato dalle Corti superiori - quadro in cui si inseriscono le pretese a mantenere immutata l’incentivazione - non vi è spazio per imputare al legislatore una lesione antigiuridica dell’affidamento degli operatori o un’indebita ingerenza nell’attività di impresa.

La modifica delle condizioni di incentivazione, come stabilita dal legislatore nazionale e recepita e attuata nei decreti oggetto di gravame, non appare dunque illegittima”.

Le conclusioni testé riportate non mutano nel caso in cui la convenzione con il GSE sia stata sottoscritta prima del 31 dicembre 2012, cioè prima che il Gestore inserisse nelle convenzioni il diritto a rimodularne i contenuti in funzione dell’evoluzione normativa. Infatti come si legge al punto n. 49 della citata sentenza Cgue del 15 aprile 2021 (confermata dalla più recente sentenza Cgue del 1/3/2022) “ le convenzioni concluse con i proprietari degli impianti fotovoltaici interessati entrati in esercizio prima del 31 dicembre 2012 si limitavano a prevedere le condizioni pratiche dell'erogazione degli incentivi, assegnati sotto forma di una precedente decisione amministrativa adottata dal GSE”. E’ allora evidente che se tali convenzioni erano meramente esecutive di provvedimenti amministrativi, di cui fissavano dettagli “pratici”, ben potevano (e dovevano ) essere modificate in funzione della modifica del quadro normativo intervenuta (e giudicata legittima dalle supreme Corti), a cui ha fatto seguito la modifica dei provvedimenti amministrativi ampliativi in precedenza emanati.

Il collegio ritiene che i sopra richiamati principi di diritto espressi sia dalla Corte costituzionale, sia dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea, siano applicabili al caso alla sua attenzione con l’odierno ricorso. Essi, d’altra parte, ben si attagliano ad atti ad efficacia durevole che, proprio perché si protraggono nel tempo, pongono il problema dell’adattamento manutentivo alle sopravvenienze di fatto e di diritto. Viene qui, infatti, in rilievo il potere di riforma dell’atto amministrativo, generalmente dalla dottrina ricondotto nel novero dei poteri di secondo grado riconosciuti all’amministrazione pubblica, al di là di quelli espressamente normati agli articoli 21 quinques e 21 nonies L. 241/1990 (sulla riforma dell’atto amministrativo cfr. ad es. T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. III, 23 giugno 2005, n. 1068;
T.A.R. Lazio, Latina, Sez. I, 24 maggio 2013, nn. 492 e 493;
T.A.R. Umbria, Sez. I, 13 aprile 2016, n. 336).

Quanto, invece, ai profili inerenti le violazioni procedimentali.

Va rilevato che ai sensi dell’art. 21 octies , comma 2, primo periodo, essendo stati gli atti adottati dal GSE, esecutivi delle norme sopra ordinate, sostanzialmente vincolati e palesemente non diversamente configurabili quanto a contenuto dispositivo, eventuali violazioni procedimentali non assumono, comunque, carattere invalidante.

Infine, non è condivisibile la tesi di parti ricorrenti secondo cui vi sarebbe nel caso di specie, violazione dell'art. 11 della legge 241 del 1990, in quanto le convenzioni negoziali sottoscritte con il GSE avrebbero asseritamente valenza sostitutiva dell'esercizio di poteri amministrativi.

Come sopra visto, le convezioni non sostituiscono affatto i provvedimenti del Gestore, bensì dettagliano aspetti tecnici derivanti dagli atti amministrativi ampliativi a monte.

L’art. 24 c. 2 lett. d) del decreto legislativo n. 28 del 2011 le definisce “ contratti di diritto privato fra il GSE e il soggetto responsabile dell'impianto, sulla base di un contratto-tipo definito dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas ”.

L’art. 21 c. 8 D.M. 6 luglio 2012 prevede che “ Per ogni singolo impianto, a valle del conseguimento del diritto di accesso ai meccanismi di incentivazione di cui al presente decreto, il soggetto responsabile è tenuto a stipulare un contratto di diritto privato con il GSE. Il GSE fornisce all’Autorità per l’energia elettrica e il gas gli elementi per la definizione da parte della stessa, entro tre mesi dall’entrata in vigore del presente decreto, del contratto-tipo di cui all’articolo 24, comma 2, lettera d), del decreto legislativo n. 28 del 2011”.

La suprema Corte di Cassazione ha definito tali convenzioni quali “ negozi privatistici con funzione pubblicistica regolativa dell'obiettivo incentivante” e ha anche ricordato che “ La Corte costituzionale, con la sentenza n. 16 del 2017, ha evidenziato che le "convenzioni stipulate con il Gestore" si palesano come "negozi di diritto privato" accessori ai provvedimenti di concessione degli incentivi ma altresì "costituiscono strumenti di regolazione, volti a raggiungere l'obiettivo dell'incentivazione di certe fonti energetiche nell'equilibrio con le altre fonti di energia rinnovabili, e con il minimo sacrificio per gli utenti che pure ne sopportano l'onere economico", (Sezioni unite civili, n. 15572/2021).

I negozi in discorso hanno, quindi, disciplina e funzioni proprie e distinte rispetto agli accordi integrativi o sostitutivi del provvedimento ex art. 11 L. 241/90, con i quali non condividono nemmeno la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (cfr. Cass. S.U. n. 15572/2021 cit.).

In conclusione, per le ragioni illustrate il ricorso va respinto per essere infondate le censure proposte.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo, tenuto conto della minima attività difensiva svolta dalle resistenti costituite.

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