TAR Brescia, sez. I, sentenza 2016-07-12, n. 201600976

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Brescia, sez. I, sentenza 2016-07-12, n. 201600976
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Brescia
Numero : 201600976
Data del deposito : 12 luglio 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01843/2015 REG.RIC.

N. 00976/2016 REG.PROV.COLL.

N. 01843/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1843 del 2015, proposto da:
Azienda Agricola Arrigoni Giorgio e Vittorio Società Agricola S.S., Azienda Agricola Guastaldi Andrea, Azienda agricola Società Agricola Midali Erminio e Figli S.S., Azienda Agricola Vanoli Valerio e Francesco S.S., tutte rappresentate e difese dall'avv. F T, con domicilio eletto in Brescia presso lo studio dello stesso, Via Carlo Zima, 5;

contro

Agea-Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura e Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato e domiciliati in Brescia, Via S. Caterina, 6;

nei confronti di

Italatte S.p.A., non costituita in giudizio;

per l'annullamento

- della comunicazione AGEA prot. n. AGEA.AGA.2015.45583 del 29 luglio 2015, notificata all’azienda agricola Arrigoni Giorgio e Vittorio s.s. il 10 agosto 2015;

- della comunicazione AGEA prot. n. AGEA.AGA.2015.47247 del 29 luglio 2015, notificata all’azienda agricola Guastaldi Andrea il 10 agosto 2015;

- della comunicazione AGEA prot. n. AGEA.AGA.2015.49083 del 29 luglio 2015, notificata all’azienda agricola Midali Erminio e Figli S.S., il 10 agosto 2015.

- della comunicazione AGEA prot. n. AGEA.AGA.2015.45205 del 29 luglio 2015, notificata all’azienda agricola Vanoli Valerio e Francesco S.S., l’11 agosto 2015.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Agea-Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura e del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 giugno 2016 la dott.ssa Mara Bertagnolli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Le aziende ricorrenti svolgono attività di coltivazione dei terreni e allevamento del bestiame e, in particolare vacche da latte per la produzione di latte vaccino per cui sono state sottoposte, fino al 31.03.2015, al regime del prelievo supplementare.

Le stesse, nell'annata lattiero-casearia 2014/2015 hanno conferito il latte prodotto ai primi acquirenti, i quali, ai sensi dell'articolo 5 della Legge 119/2003, hanno provveduto a trattenere alle ricorrenti le somme asseritamente corrispondenti all'esubero rispetto alla quota consegne individuale assegnata.

Più precisamente, per l'annata 2014/2015 è stato loro imputato un prelievo supplementare rispettivamente pari, per l'azienda agricola ARRIGONI, ad euro 39.241,13, per l'azienda agricola GUASTALDI, ad euro 126.742,55, per l'azienda agricola MIDALI, ad euro 43.727,05 e per l'azienda agricola VANOLI, ad euro 312.766,62.

In mancanza di rateizzazione e quindi del deposito di fideiussione bancaria pari ai predetti importi entro il 10 settembre 2015, il Caseificio primo acquirente, avrebbe dovuto provvedere a versare ad AGEA le somme trattenute, nonostante la grave illegittimità della comunicazione e della conseguente imputazione del prelievo supplementare, sostenuta dalle ricorrenti nel ricorso notificato avverso tali provvedimenti e, proprio per scongiurare tale pericolo, hanno anche chiesto, nelle more della decisione sulla disapplicazione degli articoli 1 e 2 del decreto legge 5 maggio 2015, n. 51, coordinato con la legge di conversione 2 luglio 2015, n. 91, la sospensione, anche in sede monocratica, dei provvedimenti impugnati.

A tal fine essi hanno dedotto:

1. Eccesso di potere, sviamento e irragionevolezza, nonché violazione del Regolamento CE n. 595/2004, artt. 16 e 17, del Regolamento (CE) n. 1788 / 2003, art. 4 e del Regolamento CE n. 72/2009, nonché dell’art. 40, secondo comma, n. 3 del Trattato CE (ora art. 34, n. 2, secondo comma) .

Il Regolamento CE n. 72/2009 del 19 gennaio 2009 e la Legge 09 aprile 2009, n. 33 dell’11 aprile 2009, denominata "Conversione in legge con modificazioni, del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, recante misure urgenti a sostegno dei settori industriali in crisi", hanno innovato il c.d. regime delle “quote latte”.

Come si legge nell’ottavo considerando del Regolamento Ce n. 72/2009, " il regime delle quote latte, concepito come risposta ad una situazione di sovrapproduzione, è diventato, nell'attuale situazione opposta di forte domanda interna ed esterna, un fattore limitativo dell'espansione della produzione. E in una simile situazione di mercato, falsando la risposta dei produttori ai segnali di prezzo, impediscono al settore di acquisire maggiore efficienza in quanto rallentano il processo di ristrutturazione. La fine del regime è programmata per il 2018 ”.

In tale ottica, secondo parte ricorrente, dall'annata 2009-2010 l'Italia non ha più addebitato ad alcun produttore qualsivoglia prelievo supplementare ed a titolo esemplificativo,

AGEA

Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura, con le comunicazioni rispettivamente CPR65-0390067-A del 22 giugno 2012 per l'annata lattiero casearia 2011-2012, n. CPR65-03956572-A del 25 luglio 2013 per l'annata lattiero casearia 2012-2013 e n. 46210377985 del 21 luglio 2014 per l'annata lattiero casearia 2013-2014 ha diffidato i primi acquirenti ad effettuare il pagamento di tutte le somme dovute ai produttori e a svincolare le fideiussioni prestate sul presupposto che " non essendo stato superato il quantitativo di riferimento, nessun prelievo poteva essere imputato ai singoli produttori” .

Pertanto, per tali annate, indipendentemente dall'eventuale esubero produttivo da parte di ciascun produttore, il Ministero per le Politiche Agricole ha ritenuto inattuabile l'imputazione del prelievo supplementare, con la conseguenza che sarebbe giunta del tutto inaspettata la scelta del legislatore di operare la pesante trattenuta di cui al D.L. 51/2015.

Per meglio chiarire i confini della controversia portata all’attenzione di questo Tribunale, peraltro, appare opportuno ricordare che, come si precisa nel ricorso: <<il prelievo supplementare non è rappresentato dall'esubero produttivo da parte di ciascun produttore del proprio quantitativo di riferimento individuale ma dall'esubero produttivo da parte dello Stato Italiano rispetto al proprio Quantitativo Globale Garantito suddiviso poi tra tutti i produttori che hanno determinato l'esubero previa compensazione tra le maggiori e le minori produzioni in maniera tale che ai sensi dell'articolo 4 del Regolamento CE n. 1788/2003 " il prelievo sia interamente ripartito tra i produttori che hanno contribuito a ciascun superamento dei quantitativi nazionali di riferimento ".>>.

Con riferimento ai produttori eccedentari, inoltre, i ricorrenti ricordano come il Regolamento Comunitario abbia consentito di operare una ulteriore compensazione ovvero prevedere che talune categorie di produttori, pur avendo prodotto e consegnato latte in eccesso rispetto al proprio quantitativo di riferimento individuale, possano evitare il versamento di alcun importo a titolo di prelievo supplementare in presenza di determinate condizioni, elencando (nell’art. 16 del regolamento 595/2004) un preciso ordine di priorità, basato su criteri oggettivi per un’equa esclusione dall’imputazione degli esuberi. E che la volontà fosse di non lasciare agli Stati membri la scelta nella definizione delle categorie prioritarie parrebbe confermato, secondo i medesimi, dal fatto che il regolamento comunitario ha, in ogni caso, subordinato l’introduzione di nuovi criteri per il rimborso alla " previa consultazione della Commissione ".

Tutto ciò premesso, ciò che si contesta con il ricorso in esame è la scelta operata dal Governo Italiano quando, per l'annata 2014-2015, con decreto-legge 05 maggio 2015, n. 51, convertito con la legge di conversione 02 luglio 2015, n. 91 - ad annata lattiero-casearia terminata dal 31 marzo 2015 (e quindi quando lo Stato Italiano era ormai perfettamente a conoscenza delle produzioni di ciascuna azienda agricola) – ha ritenuto opportuno introdurre, all'articolo 2, delle nuove categorie di priorità di compensazione, e quindi ha previsto che tali produttori, pur avendo prodotto e consegnato latte in esubero, non subissero alcun prelievo supplementare, con conseguente imputazione dell’esubero stesso ai produttori, come i ricorrenti, non rientranti in tali categorie.

In tal modo, secondo le aziende ricorrenti, si sarebbe, ottenuto il risultato aberrante che, nonostante la completa conoscenza da parte di AGEA delle produzioni di ciascuna azienda agricola, a regime quote latte cessato, sarebbero stati ingiustamente penalizzati i produttori a cui è stato addebitato il prelievo supplementare (tra cui le ricorrenti), i quali facevano affidamento sulle regole di compensazione in essere durante la campagna lattiero-casearia precedente e confidavano, dunque, di non avere addebitata alcuna somma a titolo di prelievo supplementare, ovvero in estremo subordine, di subire l'imputazione di una somma decisamente inferiore e sostenibile rispetto alla propria capacità patrimoniale.

Ulteriore danno deriverebbe dal fatto che, malgrado il superamento della quota nazionale sia risultato pari a 109.720,545 tonnellate, con un importo del prelievo da versare alla Comunità Europea pari a 30,53 milioni di euro, lo Stato Italiano, sempre a campagna lattiero casearia cessata, ha ritenuto di addebitare ai produttori eccedentari, l'ulteriore importo di 71,65 milioni di euro (già prelevati in via anticipata nel corso dell’anno) da destinare al Fondo per gli interventi nel settore lattiero-caseario istituito presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ai sensi della legge 33/2009, art. 8 bis, comma 1.

Il Governo, infatti, in data 5 maggio 2015, ha emanato il decreto-legge n. 51 (convertito poi con legge di conversione 02 luglio 2015, n.91) ove " al fine di fronteggiare la grave crisi del settore lattiero-caseario e di garantire un ordinato e sostenibile superamento del regime delle quote latte, all'articolo 9 del decreto-legge 28 marzo 2003, n. 49, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 maggio 2003, n. 119, dopo il comma 4-ter” ' ha inserito il comma: "4 quater" prevedendo espressamente che " Per l'ultimo periodo di applicazione del regime di contingentamento della produzione di cui al regolamento (CE) n. 1234/2007 del Consiglio del 22 ottobre 2007, compreso tra il 1° aprile 2014 e il 31 marzo 2015, qualora le restituzioni di cui al comma 3, non esauriscano le disponibilità dell'importo di cui al medesimo comma, il residuo viene ripartito tra le aziende produttrici che hanno versato il prelievo per la campagna 2014¬2015 secondo i seguenti criteri di priorità :

a) alle aziende che non hanno superato il livello produttivo conseguito nel periodo 2007-2008, purché non abbiano successivamente ceduto quota ai sensi dell'articolo 10, comma 10, tenendo conto dei mutamenti di conduzione di cui al medesimo articolo 10, comma 18;

b) alle aziende che non abbiano superato di oltre il 6 per cento il proprio quantitativo disponibile individuale;

c) alle aziende che abbiano superato di oltre il 6 per cento ma meno del 12 per cento il proprio quantitativo disponibile e comunque nel limite del 6 per cento del predetto quantitativo;

c-bis) alle aziende che abbiano superato di oltre il 12 per cento e fino al 30 per cento il proprio quantitativo disponibile e comunque nel limite del 6 per cento del predetto quantitativo;

c-ter) alle aziende che abbiano superato di oltre il 30 per cento e fino al 50 per cento il proprio quantitativo disponibile e comunque nel limite del 6 per cento del predetto quantitativo;

c-quater) alle aziende che abbiano superato di oltre il 50 per cento il proprio quantitativo disponibile e comunque nel limite del 6 per cento del predetto quantitativo” .

In sostanza – secondo la tesi di parte ricorrente - lo Stato Italiano ha ritenuto opportuno, anziché limitarsi a riscuotere dalle 10.879 aziende agricole con esubero il prelievo dovuto alla Comunità Europea di euro 30,53 milioni, richiedere alle aziende agricole il versamento di un prelievo complessivo di euro 103.711.000, imputandolo, però, solo a 2.040 aziende, reputando pertanto che queste, malgrado avessero regolarmente adempiuto alle previsioni di cui alla legge 119/2003, per le nuove regole di compensazione non solo dovessero pagare l'esubero delle 8.839 aziende inopinatamente "sanate", ma addirittura dovessero versare ben euro 71.650.000 nel Fondo per gli interventi nel settore lattiero-caseario istituito presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali di cui all'articolo 8 quater legge 33/2009 e di cui all'articolo 1, comma 214, della Legge 23 dicembre 2014, n. 190. Ciò anche mediante la possibilità, prevista all'articolo 1 del predetto decreto-legge 51/2015, di rateizzare l'importo dovuto in due anni ovvero in tre rate con scadenza al 30 settembre 2015, 30 settembre 2016 e 30 settembre 2017, imponendo però la prestazione di una garanzia fideiussoria pari al relativo importo come previsto all'articolo 1 decreto legge 5 maggio 2015, n. 51, coordinato con la legge di conversione 2 luglio 2015, n. 91.

L’applicazione di tali norme comporterebbe, sempre secondo parte ricorrente, un effetto diametralmente opposto a quello del fine indicato e cioè di fronteggiare la crisi del settore lattiero caseario e di garantire un ordinato e sostenibile superamento del regime delle quote latte. Il tutto in contrasto con il precetto legislativo comunitario dell'articolo 4 del Regolamento (CE) n. 1788 / 2003, intitolato " Contributo dei produttori al prelievo dovuto " (che, al comma 1, dispone espressamente che: “ Il prelievo è interamente ripartito, ai sensi degli articoli 10 e 12, tra i produttori che hanno contribuito a ciascun superamento dei quantitativi di riferimento nazionali di cui all'articolo 1, paragrafo 2 ") e con il relativo regolamento di attuazione e in particolare l'articolo 17 del Regolamento CE n. 595/2004 per cui "Gli Stati membri adottano tutte le norme necessarie affinché l'imposizione del prelievo avvenga equamente e si ripercuota sui produttori che hanno contribuito al superamento" ma anche, dell'articolo 16 comma 2 del Regolamento CE n. 595/2004, per cui lo Stato avrebbe potuto adottare altri criteri obiettivi di compensazione, ma, previa consultazione della Commissione e, in ogni caso, non certamente a campagna lattiero casearia chiusa pregiudicando irreparabilmente tutte le aziende che avevano fatto affidamento sulle norme in vigore durante il periodo di produzione.

In effetti, il citato articolo 13 del Reg. CE 1788/2003 si limiterebbe, secondo quanto dedotto dalle ricorrenti, a fare riferimento a criteri obiettivi che, a loro volta, sono stati specificati dall'articolo 16 del Regolamento CE n. 595/2004 del 30 marzo 2004, il quale ha indicato "i criteri di ridistribuzione del prelievo in eccesso" disponendo espressamente che gli Stati membri possano determinare le categorie prioritarie di produttori menzionate all'articolo 13, paragrafo 1, lettera b) del regolamento (CE) n. 1788/2003, fondandosi su uno o più dei criteri, oggettivi ed elencati in ordine di priorità. E cioè: la situazione geografica dell'azienda e in primo luogo le zone di montagna di cui all'articolo 18 del regolamento CE n. 1257/1999 del Consiglio, la densità massima degli animali nell'azienda, caratterizzante l'estensivazione della produzione zootecnica, il quantitativo di riferimento di cui dispone il produttore.

Il Regolamento Comunitario, pertanto, non avrebbe lasciato discrezionalità allo Stato membro nell'individuare i criteri per la restituzione, avendo espressamente elencato gli stessi nel predetto articolo 16, inequivocabilmente seguendo un preciso ordine di priorità, lasciando la possibilità per lo Stato membro, qualora la ridistribuzione, conformemente ai suddetti criteri, non dovesse esaurire il prelievo in eccesso di cui all'articolo 13, paragrafo 1, del regolamento (CE), n. 1788/2003, disponibile per un determinato periodo, di esercitare la facoltà di adottare altri criteri obiettivi, previa consultazione della Commissione. Nel caso di specie, però, non risulterebbe esservi stata alcuna consultazione dello Stato membro con la Commissione e tanto meno la stessa risulterebbe essere stata preventiva rispetto all'introduzione del predetto criterio.

A ciò si aggiungerebbe, come si legge nel ricorso, la violazione del principio di parità di trattamento, più specificatamente sancito all'art. 40, n. 3, secondo comma, del Trattato CE (divenuti in seguito a modifica, art 34, n. 2, secondo comma CE), il quale prevede il divieto di discriminazioni nell'ambito della politica agricola comune, quale espressione specifica del principio generale di uguaglianza che impone che situazioni analoghe non siano trattate in modo dissimile e che situazioni diverse non siano trattate nello stesso modo, a meno che una differenziazione sia obiettivamente giustificata.

Per tutto ciò, i ricorrenti hanno richiesto la disapplicazione del diritto nazionale, confliggente con le norme del diritto comunitario cogente, così da assicurare la piena applicazione delle norme comunitarie, aventi un rango preminente rispetto a quelle del singoli Stati membri.

A tanto indurrebbe il principio di effettività, enunciato nell'art. 10 del Trattato CE, che comporta l'obbligo per il giudice nazionale di applicare il diritto comunitario in qualsiasi stato e grado del processo, senza che possano ostarvi preclusioni procedimentali o processuali (tra le altre Cassazione sentenza 23 maggio 2012, n. 8110).

Più precisamente, nella fattispecie, la Legge nazionale avrebbe introdotto delle categorie prioritarie diverse e del tutto incompatibili rispetto a quelle previste dalla normativa comunitaria di cui ai citati Regolamenti aventi portata generale, obbligatori in tutti i loro elementi e direttamente applicabili in ciascuno degli Stati membri.

In ogni caso, sarebbe stata violata la legittima aspettativa delle ricorrenti di vedersi imputato, al più, un prelievo secondo i criteri previgenti e, dunque, rapportato alle precedenti quote assegnate e non in ragione di criteri approvati solo a stagione lattiero-casearia conclusa;

2. eccesso di potere per violazione dell’art. 3 del D. L. 28 febbraio 2005, n. 22, lettera B), in relazione al Regolamento CE n. 595/ 2004.

L'art. 3 del Decreto Legge 28 febbraio 2005, n. 22, lettera b) prevede che, al termine dell'annata lattiero-casearia, l'AGEA " verifica se la somma a livello nazionale delle consegne rettificate a norma dell'articolo 10, paragrafo 2, del Regolamento CE n. 1788 del Consiglio del 29 settembre 2003, è inferiore alle consegne effettive ".

A tal fine, lo Stato deve predisporre i necessari controlli, mentre, nell'annata lattiero casearia 2014-2015, non vi sarebbe stato alcun controllo della produzione lattiera e il predetto regolamento comunitario, di immediata e diretta applicazione non sarebbe stato, dunque, minimamente attuato. Al proposito, inoltre, parte ricorrente ha ricordato come, con Decreto n. 6088 del 25 giugno 2009, il Ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali ha istituito una " Commissione di indagine amministrativa con il compito di accertare, ai fini della determinazione del contenuto della materia grassa del latte in base alla normativa, la correttezza del metodo di calcolo adottato dall'Amministrazione con riferimento in particolare ai dati utilizzati ”.

Nella Relazione finale della Commissione, depositata presso il competente Ministero per le Politiche agricole alimentari e forestali il 26 gennaio 2010, è stata messa in rilievo (in sintesi) l'inattendibilità dei dati relativi alle produzioni autocertificate dagli acquirenti e dai produttori nei modelli Ll, e posti da AGEA alla base della quantificazione sia del superamento delle produzioni nazionali con il quantitativo globale garantito assegnato allo stato italiano, sia dei prelievi supplementari imputati ai singoli allevatori e, analogamente, nella Relazione finale del Comando dei Carabinieri, si legge che “ i dati provenienti dalla banca dati SIAN di AGEA non sono altro che il risultato di auto-dichiarazioni fornite da soggetti privati (primi acquirenti e produttori) sui quali i controlli sono per lo più di carattere documentale, come già rilevato nella relazione conclusiva dalla Commissione di indagine amministrativa istituita con Decreto ministeriale del 25 giugno 2009 n. 6501 ”, per cui “ non vi è piena coerenza tra le banche dati ufficiali acquisite né possibilità di completo raffronto dei dati di ciascuna di esse” e ciò comporta “una ulteriore difficoltà nell'incrocio dei dati ”, la quale “ favorisce fenomeni fraudolenti o elusivi ed ostacola la possibilità di investigazioni per prevenire e reprimere eventuali comportamenti illeciti” .

La suddetta attività di indagine, peraltro, ha condotto all’archiviazione del procedimento per la responsabilità penale, ma nell’ordinanza di archiviazione emessa dal Giudice delle Indagini Preliminari del Tribunale di Roma, in data 14 novembre 2013, n. 33058/2010 R.G.N.R., con riferimento alla questione di cui è causa, l'autorità giudicante ha precisato testualmente che " quanto alla non corretta quantificazione delle quote latte che ha cagionato ingenti danni sia ai produttori che allo Stato italiano a causa della comminazione di sanzioni per avere sforato la singola quota latte attribuita, si concorda con il P.M. nella parte argomentativa in ordine ad un mero errore di natura contabile " che, però, " determina significative differenze nel calcolo della produzione nazionale di latte sulla scorta di tali criteri rispetto ai criteri che tengano conto del reale potenziale di produttività di latte dell'animale. Tale dato non rispondente alla realtà, il cui inserimento è stato fortemente voluto dai funzionari di AGEA, che non potevano certo ignorare la sua inverosimiglianza, comporta calcoli non rispondenti al vero, calcoli che vengono inseriti in atti il cui contenuto deve pertanto ritenersi ideologicamente falso. Pertanto, se è vero che non può ipotizzarsi il reato di truffa, non altrettanto può dirsi in ordine al reato di falso ".

Pertanto, secondo parte ricorrente, le richieste di versamento del prelievo supplementare sarebbero state formate senza alcun concreto accertamento, circostanza che parrebbe confermata dalla stessa Amministrazione, attraverso la nomina della Commissione di indagine suddetta e soprattutto dall'azione penale sopra ricordata.

Si è costituita in giudizio AGEA, evidenziando, in punto di fatto, come, dopo le ultime campagne lattiere che hanno visto il rispetto delle quote lattiere assegnate all’Italia, l’ultima ha determinato, a livello nazionale, un esubero produttivo e, conseguentemente, l’applicazione di un prelievo supplementare, da recuperare a carico dei produttori lattieri che non hanno rispettato la quota loro assegnata.

Per l’imputazione di tale prelievo, il legislatore ha integrato i criteri di cui all’art. 9 della legge 119/2013, mediante quanto previsto all’art. 2 della legge 2 luglio 2015, n. 91, individuando quelli già elencati nel ricorso e con esso censurati, che hanno portato alla restituzione integrale del prelievo a 8839 aziende e all’imputazione del prelievo alle 2040 aziende che, secondo la difesa erariale, avrebbero “scommesso” sul fatto che la stragrande maggioranza delle altre aziende avrebbero contenuto la produzione entro i limiti a ciascuna assegnati, evitando che l’Italia superasse il quantitativo di riferimento nazionale: proprio in ragione di ciò non si potrebbe configurare alcuna “aspettativa” legittima e giuridicamente tutelata in ordine all’esonero dall’applicazione del prelievo supplementare.

Ne deriverebbe l’infondatezza del ricorso, atteso che la disciplina così innovata sarebbe comunque conforme ai regolamenti comunitari invocati da parte ricorrente.

L’istanza cautelare è stata (con ordinanza n. 1897/2015) accolta, limitatamente alla sospensione del versamento della quota del 70% dell’importo, essendo la quota pari al restante 30% corrispondente (con arrotondamento) all’obbligazione verso l’Unione Europea (30,53 milioni di euro) ed essendosi ritenuto che, non potendovi essere dilazioni su questo versante, ai produttori esclusi (in tutto o in parte) dai criteri prioritari di restituzione, potesse essere chiesto di farsi carico integralmente della relativa spesa.

In vista della pubblica udienza, entrambe le parti costituite hanno depositato memorie nelle quali hanno sostenuto le rispettive posizioni, di cui si è sin qui dato conto, precisandosi, peraltro, nella memoria delle ricorrenti come, ad oggi, il Fondo per gli interventi nel settore lattiero-caseario non sia ancora stato istituito, anche in ragione del fatto che non è stata raggiunta un’intesa nell’ambito della prevista conferenza Stato-Regioni.

Alla pubblica udienza del 22 giugno 2016, la causa, su conforme richiesta dei procuratori delle parti, è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

I. Con il ricorso in esame si censura la legittimità dei provvedimenti adottati da AGEA nel luglio 2015, in applicazione delle disposizioni nazionali di una disciplina, quella delle c.d. “quote latte”, di cui il Regolamento CE 72/2009 ha previsto l’abbandono.

Tale regime, come si desume dalla lettura dell’ottavo “considerando” del Regolamento stesso, aveva messo in crisi l’intero sistema di produzione lattiero/casearia e proprio per la ripresa del settore, ne è stato disposto il superamento.

Secondo parte ricorrente, proprio in tale ottica, il legislatore italiano avrebbe sollecitato, dal 2011 e in vista del definitivo venir meno del sistema, preventivato per il 2015, i “primi acquirenti” a restituire tutte le somme prelevate in via anticipata ai produttori.

Al contrario, l’obiettiva ragione di ciò sta nel fatto che dal 2010 e fino al 2014 non risulta esservi stato il superamento del quantitativo di riferimento nazionale.

Nessuna scelta discrezionale e di natura prettamente politica risulta essere, dunque, sottesa alla restituzione del prelievo anticipato operata in quegli anni, legata viceversa al fatto storico che non vi sono stati, nel suddetto periodo, esuberi sanzionati dalla Comunità europea e, pertanto, ai sensi del Regolamento 1788/2003, nessun prelievo poteva essere trattenuto.

II. Ciò premesso, la cornice normativa con cui è necessario confrontarsi per dirimere la controversia in esame, è quella generata dal decreto legge 5 maggio 2015, n. 51, con il quale il Governo (come evidenziato in ricorso, ad annata lattiero-casearia chiusa e, quindi, in un momento in cui AGEA era a conoscenza degli effettivi quantitativi prodotti da ciascun produttore) ha introdotto nuovi criteri per la restituzione del prelievo, facendo, secondo quanto sostenuto da parte ricorrente, gravare conseguentemente l’intero esubero su una platea ridotta di produttori eccedentari, tra cui i ricorrenti.

Ciò di cui si controverte è, dunque, la restituzione della differenza tra la somma degli esuberi individuali dei produttori che hanno sforato la propria quota, trattenuta in via preventiva dai primi acquirenti (e corrispondente a 721.213,48 tonnellate di prodotto) e la somma equivalente al reale esubero nazionale, così come riscontrato a fine anno (pari 115.206,57 tonnellate).

Secondo i ricorrenti, la somma equivalente a tale differenza avrebbe dovuto essere restituita ai produttori applicando i criteri di priorità ex art. 9 comma 3 del DL 49/2003, con riferimento alle aziende in possesso dei relativi requisiti e applicando, poi, i criteri di priorità ex art. 9 comma 4- ter .1 del DL 49/2003 per le restanti tonnellate di esubero.

Per l’annata 2014/2015, l’applicazione della normativa sopravvenuta nel maggio 2015, ha imposto, invece, ad AGEA il compimento delle seguenti operazioni:

a) calcolo del quantitativo consegnato rettificato (in base al tenore della materia grassa, secondo l’apposita regolamentazione comunitaria), corrispondente al quantitativo utilizzato per il computo delle restituzioni, pari a 11.000.841,389 tonnellate;

b) calcolo dell’esubero nazionale confermato (escluso, dunque, dalla restituzione ai produttori), quale differenza tra il quantitativo consegnato rettificato e il quantitativo nazionale di riferimento per le consegne (pari a 10.891.120,844) e, dunque, corrispondente a 109.720,545, cui è stato aggiunto il 5 % da accantonare, così come previsto dalla legge 119/2003, per un totale complessivo di 115.206,57 tonnellate, equivalente a 30,53 milioni di euro da versare all’Unione Europea per il superamento della quota nazionale;

c) calcolo dell’esubero in eccesso, quale differenza tra il quantitativo globale prodotto in esubero dalle 10879 aziende che non hanno rispettato la propria quota individuale, pari a 721.213,48 tonnellate (e 200.713.711,484 euro) e l’esubero come quantificato al punto b): esso, pari a 606.006,91 tonnellate corrisponde al quantitativo massimo per cui “è possibile non confermare il pagamento del prelievo” (così l’ultimo capoverso di pag. 4 della Relazione illustrativa sull’esito dei calcoli di fine periodo 2014/2015 redatta da AGEA);

d) individuazione dei titolari di quota cui restituire i prelievi mensili operati sulla scorta dei criteri di cui all’art. 9, comma 3 della legge 119/03 (ubicati in zona montana o svantaggiata o che hanno subito il blocco della movimentazione da parte dell’autorità sanitaria), cui è stata restituito il prelievo corrispondente a 108.233,694 tonnellate (e 30.121.437,0402 euro);

e) restituzione del restante prelievo secondo le specifiche regole individuate dal comma 4 ter.1 del D.L. 49/2003 e, dunque, secondo l’ordine di preferenza indicato, nei confronti di coloro che:

- nell’annata 2014-15 hanno versato il prelievo, ma non hanno superato il livello produttivo del 2007-08 e non abbiano venduto quote dopo tale periodo;

- che non abbiano superato del 6 % la propria quota individuale;

- che abbiano superato in una percentuale compresa tra 6 e 12 % (nel limite del 6 %);

- che abbiano superato in una percentuale compresa tra 12 e 30 % (nel limite del 6 %);

- che abbiano superato in una percentuale compresa tra 30 e 50 % (nel limite del 6 %);

- che abbiano superato in una percentuale superiore al 50 % (nel limite del 6 %).

Applicando tali criteri è stata prevista la restituzione di prelievi per un importo totale di 66.881.126,9665 euro, corrispondente a 240.320,255 tonnellate in esubero.

Della differenza tra l’importo totale dei prelievi in eccesso e delle restituzioni di cui ai punti d) ed e), pari a 103.711.147,4773 euro, arrotondati a 103,71 è stato disposto il versamento dai “primi acquirenti” ad AGEA per destinarla, come già più volte anticipato, in parte (30,53 milioni di euro) all’assolvimento degli obblighi nei confronti dell’Unione Europea, in parte (1,53 milioni di euro all’accantonamento ai sensi dell’art. 9 comma 2 del DL 49/2003) e il restante (71,65 milioni di euro) al trasferimento nel fondo per gli interventi nel settore lattiero-caseario di cui all’art.

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