TAR Firenze, sez. II, sentenza 2019-12-04, n. 201901638
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Testo completo
Pubblicato il 04/12/2019
N. 01638/2019 REG.PROV.COLL.
N. 00394/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 394 del 2019, proposto da
Cala Piccola Società Cooperativa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato D M T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Firenze, via A. La Marmora n. 14;
contro
Comune di Monte Argentario, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato L P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
Marina di C Societa Cooperativa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Simone Costanzo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l'annullamento
- del provvedimento del 18 gennaio 2019, notificato alla ricorrente il 22.01.2019, a firma del Dirigente Ufficio Demanio Area 1 del Comune di Monte Argentario, che:
1) ha disposto la “revoca parziale” della concessione demaniale marittima n. 17/2010 rilasciata a Cala Piccola Società Cooperativa “limitatamente alla parte sovrapposta individuata nella planimetria allegata alla concessione 895/1974” rilasciata al Sig. G B, dante causa di Marina di C Società Cooperativa a r.l.;
2) ha previsto, “per le restanti zone demaniali”, che debba essere presentata “una nuova istanza” “con l'esatta rappresentazione del legittimo stato dei luoghi finalizzata al rilascio di una nuova concessione demaniale marittima”;
- ogni altro atto preliminare, presupposto, connesso e/o conseguente a tale provvedimento.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Monte Argentario e di Marina di C Società Cooperativa;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 novembre 2019 il dott. Riccardo Giani e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1 - Con il ricorso introduttivo del giudizio la Cala Piccola Società Cooperativa impugna il provvedimento del Comune di Monte Argentario del 18 gennaio 2019 che ha disposto la revoca parziale della concessione demaniale di cui la società è intestataria, cioè “ revoca parziale di una parte della concessione demaniale marittima n. 17/2010, limitatamente alla parte sovrapposta all’area individuata nella planimetria allegata alla concessione 895/1974 ”, rilasciata al Sig. G B, dante causa di Marina di C Società Cooperativa a r.l. e che ha altresì previsto che sia presentata una nuova istanza per le restanti zone demaniali, con l’esatta rappresentazione dell’esatto stato dei luoghi.
2 - Secondo la tesi comunale l’area oggetto di revoca parziale, che è una porzione dell’area sulla quale è allestito lo stabilimento balneare della ricorrente e che è tuttora in suo possesso, risultava già data in concessione al Sig. G B, dante causa della Società Cooperativa Marina di C a r.l. l’ 11.11.1974 (con la concessione demaniale marittima n. 895/1974), mentre veniva poi data in concessione anche alla Società Fin-House, dante causa di Cala Piccola, ovvero il 8.11.1983, con la concessione demaniale marittima n. 986/1983. La circostanza secondo cui una medesima porzione di demanio risulterebbe data in concessione a due diversi soggetti giustificherebbe la revoca, in parte qua , del titolo successivamente rilasciato.
3 - La ricorrente, nel contrastare in sede di partecipazione procedimentale tale tesi, aveva rilevato che la concessione n. 60 del 2002, rilasciata a C, era scaduta, come rilevato dalla stessa Amministrazione in altri atti. Ma il Comune di Monte Argentario aveva poi adottato il provvedimento qui gravato, ribadendo che l’area in questione era stata prioritariamente affidata alla C con la concessione n. 895/74, divenuta poi la n. 60/2002.
4 – Nei confronti del provvedimento impugnato la parte ricorrente formula i seguenti motivi di gravame:
– “(sul capo del provvedimento impugnato che dispone la revoca parziale della concessione demaniale) Violazione degli artt. 42 e 44 r.d. 30.03.1942, n. 327;dell’art. 21 nonies l. 7.08.1990, n. 241. Eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto dei presupposti, difetto di istruttoria, violazione del principio di legittimo affidamento. Ingiustizia manifesta ”: parte ricorrente evidenzia come, nella specie, si è in presenza non già di <revoca>ma di <annullamento d’ufficio>, in quanto l’Amministrazione comunale ha “ritirato” la concessione demaniale rilasciata alla Cooperativa ricorrente nella convinzione che essa fosse illegittima, in quanto una porzione dell’area concessa a Cala Piccola era già stata assegnata alla controinteressata;ma dell’annullamento d’ufficio mancano tutti i requisiti (illegittimità, interesse pubblico, rispetto del termine);
– “(ancora sul capo del provvedimento impugnato che dispone la revoca parziale della concessione demaniale) in subordine;Violazione degli artt. 42 e 44 r.d. 30.03.1942, n. 327;dell’art. 21 quinquies l. 7.08.1990, n. 241. Violazione del principio di legittimo affidamento. Ingiustizia manifesta ”: l’atto è illegittimo anche se qualificato come <revoca>in senso proprio, mancando di adeguata motivazione sull’interesse pubblico che giustifichi il ritiro dell’atto;
– “(sul capo del provvedimento impugnato che richiede la presentazione di una nuova concessione demaniale per le aree che non risultano comprese nella concessione demaniale rilasciata a C). Violazione dell’art. 3 l. n. 241 del 7.08.1990 e dell’art. 42 r.d. 30.03.1942 n. 327. Eccesso di potere per difetto di motivazione, illogicità, contraddittorietà, violazione del principio di proporzionalità. Ingiustizia manifesta ”: chiedendo la presentazione di nuova istanza per la parte pur legittima, il provvedimento gravato finisce per ritirare la concessione in titolarità della ricorrente nella sua interezza, anche nella parte legittima, violando il principio di proporzionalità e l’art. 42, comma 3, r.d. n. 327/1942, che disciplina espressamente la revoca parziale, prevedendo che essa non produca effetti sulla parte non ritirata, che rimane efficace;
– “(ancora sul capo del provvedimento impugnato che richiede la presentazione di una nuova concessione demaniale per le aree che non risultano comprese nella concessione demaniale rilasciata a C). Violazione dell’art. 7 l. 7.08.1990, n. 241. Eccesso di potere per violazione del principio del giusto procedimento ”: il profilo in esame non era menzionato nella comunicazione di avvio;
– “(ancora sul capo del provvedimento impugnato che dispone la revoca parziale della concessione demaniale) Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3, 10 l. 7 agosto 1990 n. 241. Eccesso di potere per violazione dei principi del giusto procedimento ”: mancanza di presa in esame delle osservazioni di parte ricorrente in sede procedimentale.
5 - Si è costituita in giudizio, per resistere al ricorso, Società Cooperativa a r.l. Marina di C.
6 - Con ordinanza n. 257 del 2019 la Sezione disponeva istruttoria, ordinando al Comune di Monte Argentario di produrre una relazione sui fatti di causa. L’Amministrazione ottemperava all’ordine istruttorio con il deposito del 17 maggio 2019.
7 - Il Comune di Monte Argentario si è quindi costituito in giudizio per resistere al ricorso.
8 – Chiamata la causa alla pubblica udienza del giorno 19 novembre 2019, e sentiti i difensori comparsi, come da verbale, la stessa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.
9 – Il provvedimento gravato dispone la “ revoca parziale di una parte della concessione demaniale marittima n. 17/2010, limitatamente alla parte sovrapposta all’area individuata nella planimetria allegata alla concessione 895/1974 ”. È preliminare, ai fini di individuare la disciplina applicabile, procedere alla corretta qualificazione dell’atto impugnato, stabilendo se è corretto il nomen iuris allo stesso attribuito dall’Amministrazione (<revoca>) oppure no. La revoca è disciplinata dall’art. 21 quinquies della legge n. 241 del 1990, a mente del quale “ per sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto non prevedibile al momento dell'adozione del provvedimento o, salvo che per i provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, di nuova valutazione dell'interesse pubblico originario, il provvedimento amministrativo ad efficacia durevole può essere revocato da parte dell'organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge ”. La norma (introdotta dalla legge n. 15 del 2005) collega dunque la revoca, secondo una consolidata tradizione interpretativa, ad una valutazione di opportunità, correlata cioè ad una nuova valutazione circa l’interesse pubblico che l’atto oggetto di ritiro è chiamato a perseguire. Nella specie, come già evidenziato, il Comune di Monte Argentario ha agito in autotutela su concessione demaniale precedentemente emessa, ritirandola nella parte in cui essa aveva ad oggetto una porzione di demanio già in precedenza concessa ad altro operatore economico. Alla base dell’atto di ritiro vi è quindi una considerazione comunale circa la invalidità parziale della concessione demaniale rilasciata alla ricorrente, cioè con riferimento alla parte in cui essa ha ad oggetto la porzione di demanio già data in concessione alla controinteressata. Tale invalidità non pare qualificarsi come nullità parziale della concessione in considerazione;infatti l’art. 21 septies della legge n. 241 del 1990 (introdotto dalla legge n. 15 del 2005) ricomprende nella nullità, per quel che qui rileva, solo l’atto “ che è viziato da difetto assoluto di attribuzione ”, cioè connotato da una carenza di potere in astratto, non già quello che sia frutto di una ipotizzata carenza di potere in concreto (come potrebbe essere nella specie, non potendo lo stesso bene essere concesso ad un operatore economico quando è già stato attribuito ad altro operatore sulla base di atto precedente). Dunque la invalidità individuata dall’Amministrazione nei confronti della concessione n. 17 del 2010 è da qualificarsi come illegittimità/annullabilità;di conseguenza lo strumento di autotutela utilizzato dall’Amministrazione per procedere al ritiro di detto atto (per far fronte alla sua illegittimità) è un <annullamento d’ufficio>, disciplinato dall’art. 21 nonies della legge n. 241 del 1990 (anch’esso introdotto dalla legge n. 15 del 2005), a mente del quale “ il provvedimento amministrativo illegittimo ai sensi dell'articolo 21-octies, esclusi i casi di cui al medesimo articolo 21-octies, comma 2, può essere annullato d'ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole, comunque non superiore a diciotto mesi (128) dal momento dell'adozione dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, inclusi i casi in cui il provvedimento si sia formato ai sensi dell'articolo 20, e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall'organo che lo ha emanato, ovvero da altro organo previsto dalla legge ”. Si è dunque nel caso in esame in presenza di un atto di annullamento d’ufficio, come tale sottoposto al regime giuridico del citato art. 21 nonies.
10 – Con il primo mezzo parte ricorrente censura il gravato provvedimento, sul rilievo che tale annullamento d’ufficio sarebbe stato adottato in carenza dei requisiti di cui all’art. 21 nonies cit.
La censura è fondata con riferimento al mancato rispetto del termine.
L’art. 21 octies cit. prevede che l’atto amministrativo illegittimo possa essere annullato d’ufficio “ entro un termine ragionevole ”, cui la legge 7 agosto 2015, n. 124 ha aggiunto l’ulteriore specificazione “ comunque non superiore a diciotto mesi ”. La giurisprudenza si è interrogata sulla applicabilità del termine rigido di 18 mesi, giungendo alla conclusione che esso non si applichi in relazione all’annullamento di atti emessi anteriormente all’entrata in vigore della legge n. 124 del 2015, i quali restano quindi assoggettati al regime di annullabilità “ entro un termine ragionevole ”, vigente anteriormente alla legge n. 124 cit. (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 8 maggio 2019, n. 2974). Nella specie, dunque, trattandosi dell’annullamento di concessione del 2010, il termine di 18 mesi non si applica, la legittimità delle tempestività dell’annullamento dovendo quindi essere valutata sulla base del parametro flessibile del “ termine ragionevole ”. Ritiene tuttavia il Collegio che, anche applicando tale più flessibile metro, l’annullamento d’ufficio in esame debba ritenersi tardivo e adottato quando, il termine ragionevole era ormai spirato. Sul punto appare decisiva la considerazione, in primo luogo e soprattutto, che viene annullata nel 2019 una concessione rilasciata nel 2010, ma anche il rilievo che il provvedimento di annullamento del 2019 giunge al termine di un procedimento amministrativo avviato con comunicazione di avvio prot. n. 2966 del 4 febbraio 2016, cioè tre anni prima della determinazione finale e che “ la sovrapposizione parziale dell’area richiesta con area già concessa ” (nei rapporti tra Cala Piccola e C) è menzionata già nella nota del Comune di Monte Argentario prot. n. 13312 del 22.05.2015 (con cui il Comune aveva comunicato a C “ l’avvio del procedimento di diniego al rilascio della concessione demaniale marittima ” chiesta il 10.10.2013), così che l’annullamento d’ufficio risulta adottato a quasi quattro anni dalla conoscenza del profilo di illegittimità. Quella evidenziata è certamente tempistica eccessiva e non compatibile con il parametro normativo del “ termine ragionevole ”.
11 – Stante il mancato rispetto del termine di legge l’atto di annullamento d’ufficio qui gravato risulta illegittimo e deve essere per ciò annullato, avendo l’Amministrazione esercitato un potere quando era ormai decaduta dall’utilizzo del potere stesso;l’annullamento giurisdizionale colpisce il provvedimento gravato nella sua interezza, potendosi quindi ritenere assorbite le ulteriori censure formulate nel ricorso. In termini più generali il disposto accoglimento significa che il Comune di Monte Argentario ha ormai irrimediabilmente perduto la potestà amministrativa di intervento in autotutela sui titoli concessori che sono in titolarità della ricorrente e della controinteressata, con l’effetto che gli stessi si sono consolidati anche nella parte in cui assegnano ai due titolari una porzione comune di demanio (quella in relazione alla quale è sorto il presente giudizio). La presente controversia, costruita nel ricorso introduttivo come giudizio sull’atto di annullamento d’ufficio, deve essere risolta con l’accoglimento del ricorso stesso, stante il mancato rispetto del termine di adozione dell’atto di autotutela. Ma l’accoglimento del ricorso in trattazione comporta che si avrà la compresenza di due titoli concessori in parte incompatibili ed entrambi validi;non rientra nell’oggetto di questo giudizio stabilire la prevalenza dell’uno o dell’altro titolo concessorio;quella che residua (consumato il potere amministrativo in materia) risulta invero controversia tra privati, sulla prevalenza dell’una o dell’altra concessione (in base alla priorità di rilascio o alla priorità di acquisizione del possesso ex 1380 cod. civ.), che appare fuoriuscire dalla giurisdizione del giudice amministrativo per rientrare nell’ambito di quella del giudice ordinario, come rapporto paritetico.
12 – Alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere accolto, con compensazione delle spese di giudizio, stante la complessità della fattispecie esaminata.