TAR Roma, sez. 1S, sentenza 2024-04-15, n. 202407322
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Pubblicato il 15/04/2024
N. 07322/2024 REG.PROV.COLL.
N. 03089/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Stralcio)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3089 del 2017, integrato da motivi aggiunti, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati A M, S S, con domicilio eletto presso lo studio S S in Roma, viale Regina Margherita 1;
contro
Ministero dell'Interno - Dipartimento di Pubblica Sicurezza -, non costituito in giudizio;
Ministero dell'Economia e delle Finanze, Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
Per quanto riguarda il ricorso introduttivo:
del diritto del ricorrente di percepire la retribuzione corrispondente alla qualifica di dirigente generale di pubblica sicurezza riconosciutagli il giorno 31 gennaio 2017 (giorno antecedente la data del collocamento a riposo), in forza dell''art. 1, comma 260, lett. b), della legge 23 dicembre 2005, n. 266, nonché il conseguente trattamento di pensione e la liquidazione del trattamento di fine rapporto corrispondenti alla predetta qualifica di dirigente generale di pubblica sicurezza a decorrere dalla data del collocamento in quiescenza (1° febbraio 2017);
in conseguenza, per la caducazione e/o l'annullamento, in parte qua
del decreto prefettizio prot. n. 274 in data 10 marzo 2017, avente ad oggetto il collocamento a riposo del ricorrente con decorrenza 1° febbraio 2017, nella parte in cui certamente è stata omessa l''indicazione al competente Ente di previdenza (già INPDAP, ora INPS) delle norme di legge, dei presupposti giuridici, nonché dei dati necessari (entità e decorrenza) sulla base dei quali l''Ente anzidetto (con attività vincolata) doveva quantificare il complessivo trattamento di pensione commisurato alla qualifica di dirigente generale della Polizia di Stato che spetta al ricorrente dal 1° febbraio 2017 ai sensi del citato art. 1, comma 260, lett. b), della legge 23 dicembre 2005 n. 266;
nonché per la conseguente caducazione e/o annullamento
dei provvedimenti ad oggi non conosciuti dal ricorrente, con i quali il Ministero dell''Interno ha trasmesso al Prefetto ovvero all''Ente di previdenza dati incompleti ed erronei (omettendo, in ogni caso, di adottare e trasmettere il provvedimento del Capo della Polizia, concernente la promozione del ricorrente alla vigilia del suo pensionamento) sulla base dei quali, con attività meramente esecutiva, l''Ente anzidetto ha quantificato il complessivo trattamento di pensione (ratei di pensione e TFR) commisurato alla qualifica di dirigente superiore e non già a quella di dirigente generale che spetta al ricorrente dal 1° febbraio 2017 ai sensi del citato art. 1, comma 260, lett. b), della legge 23 dicembre 2005 n. 266;
ovvero, in subordine,
per la rimessione dinanzi alla Consulta della questione di legittimità costituzionale concernente l’art. 1, comma 258, della legge di stabilità 23 dicembre 2014 n. 190 - nella parte in cui abroga l’art. 1, comma 260, lett. b), della legge 23 dicembre 2005, n. 266, senza fare salva la posizione dei dirigenti superiori della Polizia di Stato che abbiano maturato entro il 31 dicembre 2014 (data di abrogazione del citato art. 1, comma 260, della legge 266 del 2005), il requisito di cinque anni di anzianità nella qualifica e siano stati collocati in quiescenza;
Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati dal ricorrente il 13\2\2018:
per l'accertamento
del diritto del ricorrente di percepire il trattamento economico, previdenziale e pensionistico corrispondente alla qualifica di dirigente generale di pubblica sicurezza riconosciutagli (erroneamente quanto a decorrenza temporale, soltanto) dal giorno successivo alla data del collocamento a riposo (avvenuto in data 1° febbraio 2017), in forza dell''art. 45, comma 21, del decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95 recante “Disposizioni in materia di revisione dei ruoli delle Forze di polizia, ai sensi dell''articolo 8, comma 1, lettera a), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche”;
per l''annullamento, in parte qua
- del Decreto del Capo della Polizia, Direttore Generale della Pubblica Sicurezza, in data 3 novembre 2017, notificato al ricorrente il successivo 30 novembre 2017, nella parte in cui prevede la nomina (id est, promozione) del ricorrente alla qualifica di dirigente generale di pubblica sicurezza soltanto a far tempo dal giorno successivo alla data del collocamento a riposo ed ancora nella parte in cui viene stabilito che tale promozione “non produce in nessun caso effetti sul trattamento economico, previdenziale e pensionistico”;
- ed ancora, di ogni ulteriore atto ad esso presupposto e/o conseguente, comunque connesso.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Economia e delle Finanze e del Ministero dell'Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;
Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 2 febbraio 2024 la dott.ssa Alessandra Vallefuoco e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con ricorso notificato il 17.03.17 e depositato il 4.04.2017 il ricorrente ha chiesto l’accertamento del diritto di percepire la retribuzione corrispondente alla qualifica di dirigente generale di pubblica sicurezza riconosciutagli il giorno 31.01.2017 (antecedente alla data del collocamento a riposo), in forza dell’art. 1, comma 260, lett. b), della legge 23 dicembre 2005 n. 266, nonché il conseguente trattamento di pensione e la liquidazione del trattamento di fine rapporto corrispondenti alla predetta qualifica a decorrere dalla data del collocamento in quiescenza. Ha chiesto, altresì, la caducazione e/o l’annullamento, in parte qua , del decreto prefettizio n. 274 in data 10 marzo 2017, avente ad oggetto il collocamento a riposo del ricorrente con decorrenza 1 febbraio 2017, nella parte in cui ha omesso di indicare all’ente di previdenza le norme di legge, i presupposti giuridici e i dati necessari sulla base dei quali l’ente avrebbe dovuto quantificare il complessivo trattamento di pensione commisurato alla qualifica di dirigente generale della Polizia di Stato. Ha chiesto, altresì, la conseguente caducazione e/o annullamento dei provvedimenti con i quali il Ministero dell’Interno ha trasmesso al Prefetto ovvero all’ente di previdenza dati incompleti ed erronei sulla base dei quali l’ente anzidetto ha quantificato il complessivo trattamento di pensione commisurato alla qualifica di dirigente superiore e non già a quella di dirigente generale, ovvero, in subordine, la rimessione dinanzi alla Corte Costituzionale della questione di legittimità dell’art. 1 comma 258 l. n. 190/14 nella parte in cui abroga l’art. 1 comma 260 lett. b) l. n. 266/05, senza fare salva la posizione dei dirigenti superiori della Polizia di Stato che abbiano maturato entro il 31 dicembre 2014 (data di abrogazione del citato art. 1 comma 260 l. n. 266/05) il requisito di cinque anni di anzianità nella qualifica e siano stati collocati in quiescenza in data successiva all’abrogazione della norma anzidetta.
2. In data 8.02.2017 si è costituito il Ministero dell’Interno.
3. Con ricorso per motivi aggiunti, notificato il 25.10.2028 e depositato il 13.02.2018, il ricorrente ha chiesto l’accertamento del diritto di percepire il trattamento economico, previdenziale e pensionistico corrispondente alla qualifica di dirigente generale di pubblica sicurezza riconosciutagli, quanto a decorrenza temporale, solo dal giorno successivo alla data del collocamento a riposo (avvenuto in data 1 febbraio 2017), in forza dell’art. 45 comma 21 d. lgs. n. 95/17, e l’annullamento, in parte qua, del decreto del Capo della Polizia - Direttore Generale della Pubblica Sicurezza del 3.12.2017 nella parte in cui prevede la nomina del ricorrente alla qualifica di dirigente generale di pubblica sicurezza soltanto a decorrere dal giorno successivo alla data del collocamento a riposo e nella parte in cui stabilisce che tale promozione “non produce in nessun caso effetti sul trattamento economico, previdenziale e pensionistico”.
4. Con ordinanze n. 4895/2022 e n. 5666/2023, è stato ordinato all’Amministrazione di depositare una dettagliata relazione sulla vicenda dedotta in contenzioso nonché ogni altro atto e/o documentato chiarimento ritenuto utile ai fini del presente giudizio. L’Amministrazione ha adempito al predetto incombente con deposito documentale del 13.11.2023, chiedendo la reiezione del gravame.
5. All’udienza di smaltimento dell’arretrato del 2 febbraio 2024, in vista della quale la parte ricorrente ha depositato ulteriore memoria, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Il ricorso è, in parte, inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo e, per il resto, infondato.
2. Il ricorso è inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo (come da avviso dato alle parti in udienza e di cui è a verbale) nella parte in cui viene chiesta la riliquidazione del trattamento pensionistico del ricorrente. La giurisdizione in ordine a tale domanda, infatti, spetta alla Corte dei Conti secondo quanto previsto dall’art. 1 comma 2 d. lgs. n. 174/16.
3. Per il resto, il ricorso è infondato.
3.1. Con il ricorso principale il ricorrente chiede, tra l’altro, l’accertamento del diritto di percepire la retribuzione corrispondente alla qualifica di dirigente generale di pubblica sicurezza riconosciutagli il giorno 31.01.2017 (antecedente alla data del collocamento a riposo), in forza dell’art. 1, comma 260, lett. b), della legge 23 dicembre 2005 n. 266, nonché il conseguente trattamento di pensione e la liquidazione del trattamento di fine rapporto corrispondenti alla predetta qualifica a decorrere dalla data del collocamento in quiescenza, la caducazione e/o l’annullamento, in parte qua, del decreto prefettizio n. 274/2017.
Con una serie di censure, tra loro connesse, il ricorrente prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1 comma 258 l. n. 190/14, 9 comma 21 d.l. n. 78/10 e 1 comma 260 lett. b) l. n. 266/05 ed eccesso di potere sotto vari profili deducendo che:
- il beneficio della promozione alla vigilia, previsto dall’art. 1 comma 260 lettera b) l. n. 266/05, sarebbe destinato a favorire i dirigenti superiori della Polizia di Stato rimasti per un periodo non inferiore a cinque anni in un grado che è stato soppresso per tutta la pubblica amministrazione dal d. lgs. n. 165/01 e che, considerato l’anticipato collocamento a riposo, si sono trovati nell’impossibilità di ottenere in servizio, con il concorso degli altri elementi richiesti, il naturale avanzamento alla qualifica superiore. Costoro, pertanto, sarebbero stati ritenuti meritevoli di ottenere un ristoro economico costituito dal trattamento pensionistico commisurato al grado di dirigente generale;
- pertanto, il beneficio perseguirebbe fini compensativi e sarebbe ispirato dall’esigenza di apportare un correttivo a fronte della disparità conseguente alla riforma della dirigenza del pubblico impiego di cui al d. lgs. n. 165/01 che aveva eliminato la qualifica intermedia tra primo dirigente e dirigente generale, rimasta in vita per la sola dirigenza della Polizia di Stato;
- in senso ostativo all’accoglimento delle domande del ricorrente non potrebbe essere utilmente invocato l’art. 1 comma 258 l. n. 190/14 il quale, nell’abrogare l’istituto della “promozione alla vigilia” disciplinato dall’art. 1 comma 260 lett. b) l. n. 266/05, non avrebbe previsto un regime transitorio e, pertanto, non riguarderebbe fatti e rapporti compiuti, così come posizioni soggettive definitivamente acquisite, come quelle di cui sarebbe titolare parte ricorrente, che assume che i presupposti necessari e sufficienti per l’attribuzione del beneficio dovrebbero essere individuati nella presenza in servizio alla data del 1 gennaio 2006 e nell’anzianità di cinque anni nella qualifica, requisiti entrambi posseduti dal ricorrente alla data del 31/12/14 in cui è stato abrogato l’art. 1 comma 260 lettera b) l. n. 266/05;
- la ricostruzione della norma effettuata dall’amministrazione sarebbe incoerente con le esigenze compensative che avrebbero ispirato l’istituto della “promozione alla vigilia” che non sarebbero venute meno alla data del 31.12.14 e produrrebbe un’ingiustificata disparità di trattamento tra i dirigenti andati in pensione entro la suddetta data e quelli andati in pensione successivamente;
- una corretta lettura delle norme esaminate dovrebbe, secondo parte ricorrnete, indurre a ritenere che l’abrogazione dell’art 1 comma 260 lett. b) l. n. 266/06, operata dall’art. 1 comma 258 l. n. 190/14, riguarderebbe esclusivamente i dirigenti superiori che alla data del 31 dicembre 2014 non avevano maturato il requisito di cinque anni nella qualifica.
3.2. I motivi sono infondati.
L’art. 1 comma 260 lettera b) l. n. 266/05, secondo cui “ in conseguenza di quanto previsto dal comma 259, a decorrere dal 1° gennaio 2006, sono attribuiti:… b) ai dirigenti superiori della Polizia di Stato con almeno cinque anni di anzianità nella qualifica, la promozione alla qualifica di dirigente generale di pubblica sicurezza, a decorrere dal giorno precedente la cessazione dal servizio ”, è stato abrogato dall’art. 1 comma 258 l. n. 190/14 senza che tale ultima disposizione abbia previsto alcuna disciplina transitoria o clausola di salvaguardia per coloro che, cessando dal servizio successivamente a tale data, avrebbero potuto vantare il possesso dei requisiti per l'accesso alla qualifica di dirigente generale previsto dalla legge abrogata.
Come evidenziato in un caso sopvrapponibile a quello in esame “ L’impostazione di parte ricorrente, fondata sulla prospettata esistenza, al 31/12/14 (data di abrogazione dell’art. 1 comma 260 lett. b l. n. 266/05), di situazioni giuridiche acquisite in ragione del maturato possesso del requisito di cinque anni di anzianità nella qualifica di dirigente superiore, non tiene conto del fatto che il beneficio della c.d. “promozione alla vigilia” è dall’art. 1 comma 260 citato indefettibilmente ancorato ad una data specifica, ovvero il giorno antecedente alla cessazione del servizio, la quale non funge da mero parametro temporale di efficacia di un beneficio già maturato ma da necessario presupposto per la “promozione”, espressamente menzionata dalla norma attributiva del beneficio e costitutiva dei benefici economici rivendicati, che può intervenire solo in tale data e non prima.
In altri termini, il beneficio non è riconosciuto in conseguenza della mera permanenza nella qualifica di dirigente superiore per cinque anni perché tale presupposto, pur necessario, non è, comunque, a tal fine, sufficiente (in caso contrario la “promozione” sarebbe riconosciuta non appena maturati i cinque anni) ma in ragione di una vera e propria “promozione” che si perfeziona solo il giorno antecedente al pensionamento e che costituisce presupposto indispensabile per l’attribuzione della qualifica superiore.
Ne consegue che, contrariamente a quanto prospettato nel gravame, allorché è intervenuta l’abrogazione dell’art. 1 comma 260 lettera b) l. n. 266/05, non si erano perfezionati i requisiti per il riconoscimento del beneficio invocato dal ricorrente di talché l’abrogazione prevista dall’art. 1 comma 258 l. n. 190/14 non ha spiegato alcun effetto retroattivo proprio perché non ha interessato diritti e situazioni già giuridicamente perfezionatisi ed acquisiti. ” (Tar Roma, sez I stralcio, 17.07.2023, n. 11974).
4. Con ricorso per motivi aggiunti, notificato il 25.01.2018 e depositato il 13.02.2018, il ricorrente chiede l’accertamento del diritto di percepire il trattamento economico, previdenziale e pensionistico corrispondente alla qualifica di dirigente generale di pubblica sicurezza riconosciutagli, quanto a decorrenza temporale, solo dal giorno successivo alla data del collocamento a riposo (avvenuto in data 1 febbraio 2017), in forza dell’art. 45 comma 21 d. lgs. n. 95/17, e l’annullamento, in parte qua, del decreto del Capo della Polizia - Direttore Generale della Pubblica Sicurezza del 3.11.2017 nella parte in cui prevede la nomina del ricorrente alla qualifica di dirigente generale di pubblica sicurezza soltanto a decorrere dal giorno successivo alla data del collocamento a riposo e nella parte in cui stabilisce che tale promozione “non produce in nessun caso effetti sul trattamento economico, previdenziale e pensionistico”.
Con il gravame in esame il ricorrente prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 6 della Cedu e 1 protocollo 1 addizionale alla Cedu, 1, 3, 4, 35 e 36 Cost., 45 comma 21 d. lgs. n. 95/17, 1 comma 258 l. n. 190/14, 9 comma 21 d.l. n. 78/10 e 1 comma 260 lettera b) l. n. 266/05 nonché eccesso di potere sotto vari profili in quanto il ricorrente, avendo maturato i requisiti di cinque anni di anzianità nella qualifica alla data del 31.12.2014, sarebbe sottratto all’ambito applicativo dell’art. 45 comma 21 d. lgs. n. 95/17 (che, per altro, non prevederebbe una promozione in senso tecnico mancando nella fattispecie un aumento retributivo) ed avrebbe diritto al beneficio di cui all’art. 1 comma 260 lettera b) l. n. 266/05. L’impugnato decreto di nomina, inoltre, si porrebbe in contrasto con la normativa Cedu in quanto interverrebbe retroattivamente su una situazione acquisita ed influirebbe indebitamente su una controversia in corso.
4.1. I motivi sono infondati.
L’impostazione di parte ricorrente si fonda sul presupposto della titolarità del diritto alla “promozione alla vigilia” che tuttavia appare esclusa dal chiaro tenore dell’art. 45 comma 21 d. lgs. n. 95/17, secondo cui “ a decorrere dal 1° gennaio 2015, al personale di cui al presente decreto che nell'ultimo quinquennio prima della cessazione dal servizio ha prestato servizio senza demerito è attribuita la promozione alla qualifica ovvero al grado superiore, ovvero l'attribuzione della denominazione di coordinatore e qualifiche corrispondenti, a decorrere dal giorno successivo alla predetta cessazione dal servizio al raggiungimento del limite di età, al collocamento a domanda in ausiliaria o riserva nei casi previsti dalla legislazione vigente, per infermità o per decesso anche non dipendenti da causa di servizio, ovvero in caso di rinuncia al transito per infermità nell'impiego civile, sempre che l’infermità risulti dipendente da causa di servizio…Le disposizioni di cui al presente comma non possono produrre in nessun caso effetti sul trattamento economico, previdenziale e pensionistico del personale medesimo ”.
Parte ricorrente, inoltre, prospetta l’illegittimità costituzionale degli artt. 1 comma 258 l. n. 190/14 e 9 comma 21 d.l. n. 78/10 per violazione degli artt. 1 protocollo 1 della Cedu nonché 3, 38 e 97 Cost. per la disparità di trattamento conseguente all’abrogazione operata dall’art. 1 comma 258 l. n. 190/14 che travolgerebbe diritti quesiti, con pregiudizio del relativo affidamento degli interessati.
La questione di costituzionalità, tuttavia, non sussiste nel caso di specie, in quanto la prospettazione del ricorrente si fonda sulla dedotta esistenza, nella fattispecie, di diritti quesiti che, invece, deve essere esclusa alla luce di quanto in precedenza evidenziato.
5. Per le ragioni sopraesposte, il ricorso è, in parte, inammissibile e, per il resto, infondato.
6. La novità delle questioni giuridiche oggetto di causa, riguardata con riferimento alla data di proposizione del gravame, giustifica la compensazione delle spese processuali sostenute dalle parti.