TAR Firenze, sez. II, sentenza 2009-04-03, n. 200900562

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Firenze, sez. II, sentenza 2009-04-03, n. 200900562
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Firenze
Numero : 200900562
Data del deposito : 3 aprile 2009
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 04010/1993 REG.RIC.

N. 00562/2009 REG.SEN.

N. 04010/1993 REG.RIC.

N. 02252/2004 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 4010 del 1993, proposto da:
Reali M M e Reali A M, e riassunto da C C e C F quali eredi di quest’ultima, rappresentati e difesi dall'avv. P M, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Bruno Fondelli in Firenze, via Masaccio 192;

contro

Comune di Prato, in persona del Sindaco "pro tempore", rappresentato e difeso dagli avv.ti E B e P T, con domicilio eletto presso lo studio legale Stancanelli-Cecchi in Firenze, via Masaccio 172;



Sul ricorso numero di registro generale 2252 del 2004, proposto da:
Reali M M, C C e C F, rappresentati e difesi dagli avv.ti P M e Giulia Romanelli, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Bruno Fondelli in Firenze, via degli Artisti 35;

contro

Comune di Prato, in persona del Sindaco "pro tempore", rappresentato e difeso dagli avv.ti E B, P T e Stefania Logli, con domicilio eletto presso lo studio legale Stancanelli-Cecchi in Firenze, via Masaccio 172;

per l'annullamento

previa sospensione dell'efficacia,

quanto al ricorso n. 4010 del 1993:

del provvedimento di determinazione del contributo di concessione n. 43055 P.G. (relativo alla istanza di condono 9379 del 29/03/1986 prot. 23244), emesso dal Sindaco del Comune di Prato e comunicato alle ricorrenti con lettera datata 14/9/1993.

Quanto al ricorso n. 2252 del 2004:

per l'accertamento della mancata notifica alla signora Reali Maria Grazie del provvedimento del Comune di Prato prot. 23244 n. 9379 del 29.3.1986 di determinazione del contributo di concessione in relazione alla istanza di concessione edilizia in sanatoria;

per l'accertamento della illegittimità della pretesa del Comune al pagamento di un contributo di concessione in totale assenza della notifica del provvedimento di determinazione, nonché in mancanza di qualsiasi indicazione dei criteri di quantificazione dello stesso:

per l'accertamento della minor somma dovuta a titolo di contributo di concessione e per la consequenziale condanna del Comune di Prato alla restituzione della differenza fra quanto pagato e quanto dovuto, oltre interessi e rivalutazione;

per l'accertamento della illegittimità della ingiunzione prot. 13439 dell'11.3.1996, notificata il 14.6.1996 a Reali Michela e Reali A M, con la quale il Comune di Prato ha ingiunto il pagamento del contributo di concessione oltre a sanzioni ed interessi, nonché della ingiunzione prot. 33940 dell'8.5.1997 notificata a Reali Michela e Reali A M il 16.5.1997, con la quale il Comune di Prato ha revocato la precedente ingiunzione ed ingiunto il pagamento dei soli interessi e sanzioni per il ritardato pagamento;

per l'accertamento della non debenza di interessi e sanzioni amministrative per ritardato pagamento.


Visti i ricorsi con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Prato;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti delle cause riunite;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 04/02/2009 il dott. P G e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO

Con un primo ricorso, notificato l’11 novembre 1993 e depositato il successivo 3 dicembre, iscritto al n. 4010 R.G. 1993, M M ed A M R esponevano che, con istanza del 29 marzo 1986, la loro comune dante causa M G R aveva chiesto al Comune di Prato il rilascio della concessione edilizia in sanatoria (“condono”) relativamente ad alcuni fabbricati ad uso industriale realizzati abusivamente, ed aveva altresì provveduto a corrispondere, nei modi e termini di lege, le somme dovute a titolo di oblazione. Con comunicazione del 14 settembre 1993, proseguivano le ricorrenti, il Comune di Prato aveva peraltro chiesto loro, frattanto subentrate “iure successionis” nella proprietà degli immobili oggetto di sanatoria, il versamento della somma di lire 114.323.000 a titolo di contributo di concessione per oneri di urbanizzazione, somma che lo stesso Comune asseriva di avere già richiesto alla Reali Maria Grazia sin dal 1 marzo 1989, e che pertanto avrebbe dovuto essere maggiorata della penale del 100% e degli interessi al tasso legale.

Tanto premesso, negando di essere tenute al pagamento del’importo richiesto, le ricorrenti impugnavano il provvedimento di determinazione del contributo di concessione asseritamente notificato alla propria dante causa, nonché la successiva comunicazione del 14 settembre 1993 loro indirizzata, e concludevano per l’annullamento degli atti impugnati, previa sospensiva.

Costituitasi in giudizio l’amministrazione procedente, che resisteva al gravame, con ordinanza del 3 marzo 1994 il collegio respingeva la domanda cautelare. In esito all’udienza pubblica del 30 novembre 2006, fissata per la discussione del merito, il ricorso veniva dichiarato interrotto a causa del sopravvenuto decesso della ricorrente A M R.

Nelle more, con separato ricorso notificato il 9 e depositato il 25 novembre 2004, iscritto al n. 2252 R.G. 2004, M M Reali insieme a Carlo e Filippo Citi, eredi di A M R, avevano nuovamente agito dinanzi a questo tribunale per l’accertamento: della mancata notifica a M G R dell’atto di determinazione del contributo di concessione risalente al 29 marzo 1986;
dell’illegittimità della pretesa del Comune di Prato al pagamento del contributo stesso, e comunque della minor somma dovuta a tale titolo;
dell’illegittimità delle ingiunzioni comunali in data 11 marzo 1996 e 8 maggio 1997, relative al pagamento del contributo in questione.

Riassunto ad opera degli eredi di A M R il giudizio iscritto al n. R.G. 4010/93, le due cause – delle quali i ricorrenti avevano formalmente sollecitato la riunione – venivano discusse e trattenute per la decisione all’udienza del 4 febbraio 2009, preceduta dal deposito di documenti e memorie difensive.

DIRITTO

1. Il ricorso iscritto al n. 4010 R.G. 1993 è rivolto contro l’atto di determinazione del contributo di concessione emesso dal Comune di Prato nei confronti di M G R relativamente all’istanza di condono edilizio da costei presentata il 29 marzo 1986, nonché contro la richiesta di pagamento degli importi così determinati che il medesimo Comune di Prato ha successivamente rivolto nei confronti delle originarie ricorrenti, M M ed A M R, quali eredi di G R, a sua volta erede della predetta M G R. Sostengono gli odierni ricorrenti – il giudizio, come riferito in narrativa, è stato riassunto dagli eredi di A M R, deceduta in corso di causa – che nulla sarebbe da loro dovuto per il titolo invocato dall’amministrazione, giacché tutte le opere di urbanizzazione sarebbero state realizzate dalla proprietaria dei fondi interessati dalle opere abusive prima ancora che fossero realizzati gli immobili oggetto dell’istanza di condono. Inoltre, l’atto di determinazione del contributo sarebbe privo di qualsiasi motivazione o indicazione contabile, e dunque non consentirebbe di verificare l’esattezza dell’importo preteso.

1.1. Più articolata la materia del ricorso iscritto al n. 2252 R.G. 2004, mediante il quale al tribunale si chiede di accertare l’illegittimità del contributo di concessione preteso dal Comune di Prato con riferimento all’istanza di condono del 29 marzo 1986, e comunque di accertare che l’atto di determinazione del contributo in questione non è mai stato notificato all’interessata M G R. I ricorrenti chiedono inoltre dichiararsi l’illegittimità dell’ingiunzione in data 11 marzo 1996, con cui il Comune di Prato si è attivato nei confronti di A M e M M Reali per la riscossione della somma di lire 359.318.548 comprensiva del contributo in linea capitale, maggiorato di sanzioni ed interessi, e della successiva ingiunzione dell’8 maggio 1997, contenente la revoca della precedente a seguito dell’avvenuto versamento, da parte di M M Reali, di quanto dovuto per capitale, e relativa pertanto ai soli sanzioni ed interessi, per complessive lire 256.897.875.

I ricorrenti insistono altresì per la condanna del Comune di Prato al rimborso degli importi indebitamente percepiti e comunque, in subordine, chiedono dichiararsi la tempestiva estinzione del debito relativo al contributo di concessione, in mancanza di rituale notifica dell’atto di determinazione, e la conseguente infondatezza delle pretese avanzate dal Comune a titolo di sanzioni ed interessi.

1.2. Come emerge chiaramente dalla ricostruzione dei rispettivi oggetti, le due cause si pongono in rapporto di continenza, sussistendo identità di soggetti e di titolo, ed una differenza soltanto quantitativa dell'oggetto, nel senso che l’oggetto della prima causa – costituito, al di là della domanda di annullamento dell’atto di determinazione del contributo di concessione, dall’accertamento negativo della spettanza del contributo medesimo al Comune di Prato – è integralmente contenuto nell’oggetto della seconda, che lo fa proprio. Ne consegue la necessità di disporre la riunione dei giudizi.

2. Nel merito, la questione di fondo da risolvere attiene alla legittimità della pretesa avanzata dal Comune resistente nei riguardi di M G R, iniziale dante causa degli attuali ricorrenti, per il pagamento del contributo di concessione connesso al rilascio della concessione in sanatoria da costei richiesta relativamente ad alcuni fabbricati ad uso industriale, edificati senza concessione. Il contributo preteso si riferisce, in particolare, ad oneri di urbanizzazione che i ricorrenti affermano non essere dovuti, poiché tutte le opere di urbanizzazione sarebbero state a suo tempo realizzate da M G R prima ancora che fossero edificati i fabbricati abusivi;
in ogni caso, tali fabbricati insisterebbero su aree distanti dalla pubblica via, alla quale sarebbero collegate da vialetti interni, anch’essi realizzati a spese della proprietaria.

L’art. 37 della legge n. 47/85 stabilisce, ai fini del rilascio del condono edilizio, che il versamento dell'oblazione non esime i beneficiari della sanatoria dalla corresponsione al comune del contributo previsto dall'art. 3 della legge n. 10/77, vale a dire il contributo per il rilascio della concessione, commisurato all’incidenza delle spese di urbanizzazione ed al costo di costruzione. Si riconosce peraltro la facoltà delle singole Regioni di modificare con proprie norme la quantificazione del contributo stesso, intervenendo sulla determinazione delle sue componenti, fermo restando che la misura del contributo di concessione, in relazione alla tipologia delle costruzioni, alla loro destinazione d'uso ed alla loro localizzazione in riferimento all'ampiezza e all'andamento demografico dei comuni, nonché alle loro caratteristiche geografiche, non può risultare inferiore al 50 per cento di quello determinato secondo le disposizioni vigenti all'entrata in vigore della legge n. 47/85.

Il terzo comma dell’art. 37 cit. riconosce inoltre alle Regioni la possibilità di prevedere la corresponsione di un contributo ai fini del rilascio della concessione in sanatoria per opere realizzate dopo il 1° settembre 1967 e prima del 30 gennaio 1977, in misura non superiore, comunque, a quello previsto per le opere di urbanizzazione, sempre che tali opere non siano state già eseguite a cura e spese degli interessati. Correlativamente, la legge regionale toscana n. 51/85, di attuazione della predetta legge n. 47/85, all’art. 2 stabilisce che, per le opere realizzate dopo il 1 settembre 1967 e prima del 30 gennaio 1977, ai fini del rilascio della concessione in sanatoria è dovuto un contributo per opere di urbanizzazione in misura pari a quello determinato dai comuni in applicazione della legge regionale n. 41/84, sempre che tali opere non siano già state eseguite a cura e spese degli interessati.

Tanto premesso, per giurisprudenza oramai assolutamente costante il contributo relativo agli oneri di urbanizzazione costituisce un corrispettivo di diritto pubblico posto a carico del costruttore, connesso al rilascio della concessione edilizia, a titolo di partecipazione del concessionario ai costi delle opere di urbanizzazione in proporzione all'insieme dei benefici che la nuova costruzione ne ritrae. Esso ha carattere generale e prescinde totalmente dall'esistenza, o meno, delle singole opere di urbanizzazione, nel senso che viene determinato indipendentemente sia dall'utilità che il concessionario ritrae dal titolo edificatorio sia dalle spese effettivamente occorrenti per realizzare dette opere (fra le molte, cfr. Cons. Stato, sez. V, 15 dicembre 2005, n. 7140).

Come si è visto, la normativa statale sul c.d. primo condono edilizio, e la normativa regionale di attuazione, nel prevedere la corresponsione di un contributo per oneri di urbanizzazione a carico degli autori di opere abusive oggetto della richiesta di sanatoria, escludono la debenza del contributo laddove le opere di urbanizzazione siano state già eseguite dagli interessati. Ai fini dell’esclusione, invocata dagli odierni ricorrenti, occorre tuttavia che siano adeguatamente dimostrate la natura e la consistenza delle opere di urbanizzazione che si assumono realizzate direttamente, in difetto non potendosi esimere l’autore degli abusi da una contribuzione inscindibilmente legata al rilascio del titolo edificatorio ed ai benefici che si presume ne derivino;
al contrario, nella fattispecie in esame neppure viene allegato quali opere di urbanizzazione sarebbero state realizzate da M G R, fatta eccezione per non meglio descritti “vialetti privati interni di accesso”, dei quali non è nota l’estensione, e che certo non assorbono certo il peso insediativo degli immobili in questione: essi non possono, pertanto, esaurire la partecipazione dell’autore delle opere abusive ai costi dell’urbanizzazione primaria (nella quale ricadono, com’è noto, strade residenziali, spazi di sosta o di parcheggio, fognature, rete idrica, rete di distribuzione dell'energia elettrica e del gas, pubblica illuminazione, spazi di verde attrezzato).

2.1. Con riferimento invece all’asserito difetto di motivazione dell’atto – paritetico, e non provvedimentale – di determinazione del contributo in questione, è sufficiente osservare come la liquidazione degli oneri di urbanizzazione non necessiti di alcuna specifica motivazione, poiché essa consiste nell'applicazione rigida di parametri determinati da norme legislative o regolamentari, quantomeno conoscibili all'onerato (giurisprudenza pacifica, cfr. Cons. Stato, sez. V, 9 febbraio 2001, n. 584). Le doglianze svolte dai ricorrenti sul punto risultano, peraltro, quanto mai generiche, prive come sono di qualsivoglia indicazione di possibili deviazioni dell’amministrazione procedente dai criteri normativi preposti alla determinazione del contributo;
la documentazione in atti, ed, in particolare, lo schema prot. n. 401/06 prodotto dal Comune, confermano invece, pur “a posteriori”, come il calcolo del contributo stesso nella misura di lire 114.323.131 si sia fondato sul pedissequo utilizzo dei dati delle superfici abusive come riportati nelle istanze di condono.

3. Gli odierni ricorrenti in riassunzione affermano che né l’originaria responsabile dell’abuso, M G R, né gli aventi causa di costei, avrebbero mai avuto notizia della liquidazione del contributo per oneri di urbanizzazione prima del settembre 1993, a seguito di una informale richiesta di attestazione dell’avvenuto pagamento rivolta dal Comune di Prato ad A M e M M Reali, in veste di eredi di G R;
e deducono l’inesistenza e comunque l’invalidità della notifica dell’atto di determinazione del contributo eseguita dal Comune di Prato nei confronti della predetta M G R, il 1 marzo 1989, presso l’indirizzo di via Galcianese 42, ove la destinataria della notificazione non avrebbe avuto recapiti (essendo anagraficamente residente in via Galcianese 44).

La tesi non può essere condivisa.

La notifica del 1 marzo 1989 risulta eseguita nelle mani di certa A C, qualificatasi come “impiegata, addetta”. Ora, secondo i principi generali ricavabili dall’art. 139 c.p.c. in tema di notificazioni nella residenza, dimora o domicilio, presso la casi di abitazione o l’ufficio, a fronte del comportamento e delle dichiarazioni rese dal consegnatario materiale dell’atto, la cui veridicità si presume, grava sul destinatario della notificazione l’onere di provare l’inesistenza del rapporto in forza del quale deve ulteriormente presumersi che il primo porti a conoscenza del secondo l’atto ricevuto;
e tale prova non può essere fornita mediante il semplice ricorso alle risultanze anagrafiche, sulle quali le dichiarazioni del consegnatario prevalgono, così come non rileva che il consegnatario presti la propria attività di lavoro alle dipendenze esclusive di altro soggetto, trattandosi di circostanza di per sé non incompatibile con la coesistenza di un incarico alla ricezione di atti per conto o nell’interesse del destinatario (fra le altre, cfr. Cass. 13 giugno 2008, n. 15938 e 17 dicembre 2007, n. 26572). In difetto di adeguata prova contraria nei termini appena chiariti, non può che concludersi per la piena ritualità della notifica dell’atto recante la liquidazione del contributo di concessione eseguita il 1 marzo 1989, senza necessità di fare ricorso alle prove testimoniali assunte nel giudizio fra le parti tenutosi dinanzi al giudice ordinario (dalle quali, per inciso, emerge che A C, consegnataria dell’atto indirizzato a M G R, era solita ricevere la posta personale di quest’ultima), e la conclusione è a maggior ragione rafforzata se si considera che l’indirizzo di via Galcianese 42, presso il quale la notifica stessa venne effettuata, è il medesimo indicato dalla Reali Maria Grazia nelle istanze di condono.

4. L’acclarata validità della notifica dell’atto di liquidazione del contributo, eseguita nei confronti di M G R il 1 marzo 1989, produce l’infondatezza delle censure con cui i ricorrenti deducono la violazione, da parte del Comune di Prato, dei principi di correttezza e buona fede. Posto infatti che l’iniziale ritardo nella originaria liquidazione non ha comportato alcun aggravio a carico degli interessati, di talché nessun rilievo può ascriversi alla pretesa violazione, il successivo maturare degli interessi di mora rappresenta un effetto legale del mancato versamento del contributo ad opera della medesima M G R, regolarmente costituita in mora mediante la richiesta comunale do versamento del contributo, e nella cui posizione debitoria sono quindi subentrati in quanto eredi prima G, poi A M e M R. Per il periodo successivo al settembre 1993, la maturazione di ulteriori interessi moratori dipende dalla persistente condotta inadempiente di A M e M R, destinatarie della rinnovata richiesta di pagamento del Comune di Prato.

4.1. A diverse conclusioni deve pervenirsi, invece, per la sanzione applicata dal Comune di Prato nella misura del 100% del contributo, ai sensi dell’art. 3 co. 2 lett. c) della legge n. 47/85, che i ricorrenti sostengono essere inesigibile perché non trasmissibile agli eredi del trasgressore. Sul punto, va peraltro evidenziato come la difesa resistente affermi l’inammissibilità della questione, dedotta per la prima volta solo dinanzi al T.A.R. nel giudizio iscritto al n. 2252 R.G. 2004, e mai affrontata in precedenza, neppure dinanzi al giudice ordinario inizialmente adito per l’annullamento delle ingiunzioni di pagamento.

Ora, è pressoché pacifico in giurisprudenza che l’opposizione all’ingiunzione emessa ai sensi del R.D. n. 639/10 per la riscossione delle entrate patrimoniali degli enti pubblici dà luogo ad un procedimento di cognizione volto a contestare il diritto dell’amministrazione di procedere all'esecuzione forzata, e ad ottenere un accertamento negativo della pretesa fatta valere (fra le molte, cfr. Cass. civ., sez. I, 11 giugno 2003, n. 9421). In altri termini, l’opposizione all’ingiunzione, cumulando in sé le caratteristiche di forma ed efficacia di titolo esecutivo e di precetto, si traduce in una opposizione di merito all’esecuzione, con cui il privato può far valere tutte le eccezioni e contestazioni relative al credito azionato dalla P.A., senza preclusioni legate all’epoca della formazione del titolo, stante l’origine stragiudiziale dello stesso. Coerentemente con la natura del giudizio, l’art. 3 del citato R.D. n. 639/10, che assegna al debitore trenta giorni per promuovere l’opposizione, viene costantemente interpretato nel senso che detto termine, in assenza di una previsione legale di perentorietà, deve essere osservato solo ove si intenda chiedere la sospensione dell'efficacia esecutiva dell'ingiunzione, altrimenti l'opposizione è esperibile senza limiti di tempo, sino a quando il processo esecutivo non è concluso (da ultimo, Cass. civ., sez. III, 20 marzo 2007, n. 6670).

Non essendovi ragione di discostarsi dai principi consolidati in materia, deve escludersi che i ricorrenti siano incorsi in alcuna decadenza nell’eccepire soltanto con il secondo ricorso dinanzi al T.A.R. l’intrasmissibilità della sanzione. Se, per un verso, la lettera raccomandata del 14 settembre 1993 non è qualificabile come atto sanzionatorio, ma come semplice comunicazione, quel che più conta è che, in via generale, l’obbligo di pagamento delle sanzioni per il ritardato versamento del contributo discende direttamente dall’art. 3 della legge n. 47/85, e non necessita di alcuna iniziativa dell’amministrazione comunale, cui la norma demanda unicamente l’onere di provvedere alla riscossione coattiva del credito complessivo, costituito dal contributo aumentato della sanzione;
vale a dire che la stessa attività di determinazione della sanzione, svolgendosi sul medesimo piano paritetico della determinazione del contributo, al pari di quest’ultima è censurabile entro il termine di prescrizione del credito, e non nel più ristretto termine decadenziale proprio dell’impugnativa di provvedimenti.

Né, lo si è già detto, ad alcun termine di decadenza può considerarsi soggetta nel merito l’opposizione all’ingiunzione “ex” art. 3 R.D. n. 639/10, giudizio a struttura non impugnatoria, il cui oggetto è rappresentato (non tanto dall’illegittimità dell’ingiunzione, quanto) dall’accertamento negativo del credito vantato dalla pubblica amministrazione;
di talché, in assenza di giudicato di merito sull’opposizione, deve escludersi la configurabilità di preclusioni a carico degli odierni ricorrenti, i quali, nel riassumere il giudizio dinanzi al T.A.R. a seguito della declaratoria di difetto di giurisdizione da parte del tribunale ordinario di Prato, legittimamente hanno esteso il “thema decidendi” alla questione della intrasmissibilità della sanzione agli eredi (l’oggetto della domanda proposta davanti al giudice ordinario era espressamente circoscritto ai vizi propri del procedimento esecutivo, essendosi gli interessati riservati di proporre dinanzi al G.A. le domande relative alla fondatezza della pretesa creditoria;
ma nel momento in cui l’intera controversia è stata devoluta al G.A. perché munito di giurisdizione esclusiva ai sensi dell’art. 16 l. 10/77, e non operando meccanismi decadenziali, solo un giudicato di merito avrebbe potuto essere di ostacolo all’introduzione – non importa se mediante riassunzione, ovvero mediante autonomo giudizio – di una nuova “causa petendi”, in virtù del principio secondo cui il giudicato copre il dedotto e il deducibile).

4.2. Superati gli sbarramenti processuali, la questione relativa alla trasmissibilità o meno della sanzione pecuniaria non può che essere risolta nel senso auspicato dai ricorrenti, in applicazione dell’art. 7 della legge n. 689/81, espressione di un principio di personalità valevole per tutte le sanzioni amministrative, ed al quale può ritenersi facciano eccezione le sole sanzioni cui il legislatore abbia assegnato, accanto alla funzione afflittiva, anche una finalità ripristinatoria (è a sanzioni siffatte che si riferisce la giurisprudenza invocata dalla difesa del Comune). Non ricadono nell’eccezione alla regola le sanzioni per cui è causa, le quali, essendo collegate in via automatica al mero ritardo nel pagamento del contributo di concessione, e non alla commissione di abusi edilizi cui mettere riparo, non svolgono altra funzione se non quella punitiva. Ne discende che, degli importi richiesti dal Comune di Prato con l’ingiunzione dell’8 maggio 1997, debbono considerarsi non dovuti quelli pretesi a titolo di aumento del contributo di concessione e relativi interessi, mentre rimane dovuta dai ricorrenti la somma di lire 65.696.573, pari ad euro 33.929,45, per interessi maturati sul contributo di concessione fino al 14 marzo 1996, data dell’avvenuto pagamento del contributo stesso.

5. In forza di tutte le considerazioni che precedono, le domande proposte con i ricorsi riuniti possono trovare accoglimento limitatamente all’accertamento dell’infondatezza della pretesa avanzata dal Comune di Prato – mediante l’ingiunzione n. 33940 dell’8 maggio 1997 – a titolo di sanzione per ritardato pagamento del contributo di concessione relativo alle istanze di condono edilizio a suo tempo presentate da M G R, nonché dei relativi interessi. Ne deriva l’annullamento dell’ingiunzione predetta, fermo restando che i ricorrenti rimangono tenuti alla corresponsione degli interessi di mora maturati fino al momento del pagamento del contributo di concessione, per complessivi euro 33.929,45. La reciproca soccombenza giustifica la compensazione delle spese di lite.

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