TAR L'Aquila, sez. I, sentenza 2016-02-11, n. 201600040
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N. 00040/2016 REG.PROV.COLL.
N. 00003/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3 del 2015, proposto da:
O B, rappresentata e difesa dall'avv. M P, con domicilio eletto presso l’Avv. Ernesto Venta in L'Aquila, v.le della Croce Rossa 237/E (N.I.);
contro
Comune di Capistrello;
nei confronti di
L P, A P, rappresentate e difese dall'avv. G M D C, con domicilio eletto presso Tar Segreteria in L'Aquila, Via Salaria Antica Est;
per l'annullamento del provvedimento n. 4622 del 2014 del Comune di Capistrello
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di L P e di A P;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 gennaio 2016 la dott.ssa Lucia Gizzi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso ritualmente notificato, O B impugnava il provvedimento n. 4622 del 2014, con cui il Comune di Capistrello rigettava il permesso di costruire in sanatoria, relativo al rifacimento del tetto dell’immobile sito in via Roma n. 268, indicato al catasto al fg. 48, part. 33.
Parte ricorrente deduceva che: in data 9.10.2013, il proprio dante causa Carmine Stati presentava al Comune una SCIA per l’esecuzione di lavori di integrale sostituzione del tetto della porzione di edificio di sua proprietà;questi lavori consistevano nella realizzazione di un tetto termoventilato ed erano eseguiti in conformità con il DM 14.1.2008 e la l.r. n. 52 del 1989;in data 10.6.2014, il Comune emetteva l’ordine di demolizione delle opere eseguite;di conseguenza il sig. Stati presentava istanza di sanatoria, che veniva rigettata con il provvedimento n. 4622 del 3.11.2014.
Avverso questo atto, insorgeva la ricorrente – cui era stato, medio tempore, donato dal proprietario il diritto di usufrutto sull’edificio in esame – deducendo : A) difetto di motivazione, in quanto l’atto gravato non specificherebbe né l’entità dell’aumento di volumetria contestato né le modalità di modifica del profilo riscontrata;B) difetto di istruttoria, in quanto l’Amministrazione comunale non avrebbe compiuto le verifiche necessarie per accertare la conformità dell’intervento edilizio alle vigenti norme edilizie;C) violazione dell’art. 7 della l.r. n. 52 del 1989 e dell’art. 11, comma 2, del d.lgs. n. 115 del 2008, in quanto la ristrutturazione in questione ha comportato un aumento di soli 20 cm di altezza della linea di gronda, senza aumento di piani e con aumento di volume e superficie inferiore ai limiti di tolleranza di cui alla legge regionale e comunque si tratta di un intervento di riqualificazione energetica.
Si costituiva in giudizio il Comune di Capistrello, insistendo per l’infondatezza del ricorso.
Con ordinanza n. 30 del 2015, il Tribunale accoglieva la domanda cautelare, ritenendo “fondati i motivi di censura relativa all’art. 7 l.r. n. 52 del 1989, in quanto l’innalzamento del tetto, come risulta dalla nota comunale n. 1335 del 18.3.2014, è di pochi centimetri e precisamente, come risulta dalla relazione del tecnico di parte ricorrente, è di soli 20 cm, quindi inferiore alle tolleranze di cantiere del 3%;nonché relativi all’art. 14, comma 7, del d.lgs. n. 102 del 2014, in quanto, come risulta dalla relazione del tecnico di parte ricorrente, è stato realizzato un tetto termoventilato per il contenimento dei consumi energetici”.
Alla pubblica udienza del 27.1.2016, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Il ricorso è fondato e, pertanto, merita accoglimento.
Oggetto di gravame è il provvedimento n. 4622 del 2014, con cui il Comune di Capistrello ha rigettato l’istanza di permesso di costruire in sanatoria, relativo al rifacimento del tetto dell’immobile sito in via Roma n. 268, indicato al catasto al fg. 48, part. 33.
Il diniego della sanatoria si fonda sul presupposto che la modifica della copertura dell’edificio ha determinato un aumento della volumetria originaria e del profilo del fabbricato, in contrasto con quanto previsto dalle NTA del PRG, perché la particella ricade in zona di ristrutturazione edilizia ed urbanistica, dove sono possibili solamente interventi di sostituzione edilizia con l’abbattimento dell’esistente.
Il provvedimento gravato fa altresì riferimento alla circostanza che la presunta sopraelevazione lederebbe i diritti dei proprietari finitimi, in quanto modificherebbe la forma originaria della copertura senza il loro consenso.
Dal rapporto informativo dell’area di vigilanza del Comune di Capistrillo si evince che il tetto, al cui rifacimento si riferisce l’istanza di sanatoria presentata dal dante causa dell’odierna ricorrente e rigettata dal provvedimento impugnato, presenta “un’altezza maggiore di alcuni centimetri rispetto alla porzione del tetto posto a confine” (nota n. 1335 del 18.3.2014).
Peraltro, lo stesso tecnico incaricato della progettazione della direzione dei lavori di ristrutturazione in esame, ha dichiarato che essi hanno comportato, mediante l’apposizione di un cordolo sopra quello esistente, un innalzamento di circa 10 cm rispetto al tetto preesistente (cfr verbale di sommarie informazioni rese l’11.3.2014 all’area di vigilanza del Comune di Capistrello).
È evidente, pertanto, che l’abuso contestato dal Comune resistente sarebbe consistito nell’aumento dell’altezza del tetto, che ha determinato una sopraelevazione, aumentando il volume dell’edificio.
Tanto premesso, osserva il Collegio che le censure relative alla violazione dell’art. 7 della l.r. n. 52 del 1989 e dell’art. 11, comma 2, del d.lgs. n. 115 del 2008 sono fondate.
Ed invero, ai sensi dell’art. 5 della l.r. n. 52 del 1989, “Sono da considerarsi eseguiti in variazione essenziale rispetto al progetto approvato gli interventi edilizi che comportino, distintamente: (…) e) aumento dell'altezza dell'edificio in misura non inferiore a metri 1,5 e non superiore a metri 2,5 purché non si abbia variazione del numero dei piani”. Il successivo art. 7 prevede che “Sono da considerare eseguite in parziale difformità dal progetto approvato le opere che non rientrino nelle definizioni di cui ai precedenti artt. 4 (variazioni essenziali) e 5 (totale difformità), nonché quelle che siano inferiori ai limiti ivi stabiliti. In ogni caso non realizzano le fattispecie di parziale difformità le variazioni ai parametri edilizi che non superino, per ciascuno di essi, la tolleranza di cantiere del 3%”.
Nel caso di specie, l’innalzamento del tetto, ossia l’aumento della linea di gronda, come risulta dalla stessa nota comunale n. 1335 del 18.3.2014, è di pochi centimetri. In particolare, dalla relazione del tecnico incaricato della progettazione e della direzione dei lavori di ristrutturazione in esame, detto aumento è di circa 20 cm.
Si tratta, insomma, di una variazione, rispetto all’altezza precedente, inferiore al 3%, rientrante quindi nelle tolleranze di cantiere di cui al citato art. 7 della l.r. n. 51 del 1989, come tali consentite anche nella zona di piano in cui ricade l’immobile di cui trattasi.
Inoltre, come risulta dalla relazione del tecnico incaricato della progettazione e della direzione dei lavori di ristrutturazione in esame, in occasione di detti lavori, è stato realizzato un tetto termoventilato per il contenimento dei consumi energetici. In proposito, l’art. 11, comma 2, del d.lgs. n. 115 del 2008, in vigore al momento della realizzazione dell’intervento edilizio cui si riferisce la domanda di sanatoria, prevedeva che “Nel caso di interventi di riqualificazione energetica di edifici esistenti che comportino maggiori spessori delle murature esterne e degli elementi di copertura necessari ad ottenere una riduzione minima del 10 per cento dei limiti di trasmittanza previsti dal decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, e successive modificazioni, certificata con le modalità di cui al medesimo decreto legislativo, è permesso derogare, nell'ambito delle pertinenti procedure di rilascio dei titoli abitativi di cui al titolo II del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, a quanto previsto dalle normative nazionali, regionali o dai regolamenti edilizi comunali, in merito alle distanze minime tra edifici alle distanze minime dai confini di proprietà e alle distanze minime di protezione del nastro stradale, nella misura massima di 20 centimetri per il maggiore spessore delle pareti verticali esterne, nonché alle altezze massime degli edifici, nella misura massima di 25 centimetri, per il maggior spessore degli elementi di copertura. La deroga può essere esercitata nella misura massima da entrambi gli edifici confinanti”.
La disposizione in esame è stata abrogata dall’art. 18 del d.lgs. n. 102 del 2014, che però, all’art. 14, ha introdotto il seguente principio, in vigore al momento dell’istanza di sanatoria, “7. Nel caso di interventi di riqualificazione energetica di edifici esistenti che comportino maggiori spessori delle murature esterne e degli elementi di chiusura superiori ed inferiori necessari ad ottenere una riduzione minima del 10 per cento dei limiti di trasmittanza previsti dal decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, e successive modificazioni, certificata con le modalità di cui al medesimo decreto legislativo, è permesso derogare, nell'ambito delle pertinenti procedure di rilascio dei titoli abitativi di cui al titolo II del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, a quanto previsto dalle normative nazionali, regionali o dai regolamenti edilizi comunali, in merito alle distanze minime tra edifici, alle distanze minime dai confini di proprietà e alle distanze minime di protezione del nastro stradale, nella misura massima di 25 centimetri per il maggiore spessore delle pareti verticali esterne, nonché alle altezze massime degli edifici, nella misura massima di 30 centimetri, per il maggior spessore degli elementi di copertura. La deroga può essere esercitata nella misura massima da entrambi gli edifici confinanti. Le deroghe vanno esercitate nel rispetto delle distanze minime riportate nel codice civile”.
Alla luce della normativa vigente sia al momento della realizzazione del presunto abuso edilizio sia al momento dell’istanza di sanatoria, quindi, l’aumento dell’altezza del tetto dell’edificio di 20 cm era da considerare consentito, in quanto si è trattato di un intervento di riqualificazione energetica di un edificio esistente.
Peraltro, trattandosi, alla luce delle considerazioni svolte, di un intervento legittimo – sia perché l’aumento della linea di gronda di 20 cm rientra nelle tolleranze di cantiere ai sensi della l.r. n. 52 del 1989, sia perché questa maggiore altezza era consentita trattandosi di intervento di riqualificazione energetica – nessun consenso da parte di altri condomini o di proprietari finitimi era necessario.
Il ricorso va pertanto accolto e l’atto gravato annullato.
Atteso l’oggetto del contendere e la complessità delle questioni trattate, possono compensarsi le spese di lite.