TAR Roma, sez. I, sentenza 2016-04-05, n. 201604115

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. I, sentenza 2016-04-05, n. 201604115
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201604115
Data del deposito : 5 aprile 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 14049/2014 REG.RIC.

N. 04115/2016 REG.PROV.COLL.

N. 14049/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 14049 del 2014, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Avv.ti E Fchera, anche in proprio, nonché N A, A B, A B, D B, R B, A B, D C, D C, A C, V C D, M F, M F, D G, M R L L, L L, S M, D M, M M, M P, A P, S P, G P, G R, E S, S S, S T, M T, G T, M E Z e L M V, rappresentati e difesi dagli avv.ti E Fchera e Giambattista Biava, con domicilio eletto presso il secondo in Roma, Via A. Bevignani, 9;



contro

Ministero della Giustizia e Ministero dello Sviluppo Economico, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso cui domiciliano in Roma, Via dei Portoghesi, 12;



per l'annullamento

1) quanto al ricorso e previa misura cautelare:

- degli artt. 6 e 9, nel limite dell'interesse, del decreto del Ministro della Giustizia, adottato di concerto con il Ministro per lo Sviluppo Economico, n. 139 del 4 agosto 2014 (pubblicato sulla GU serie Generale n. 221 del 23-9-2014) avente ad oggetto “Regolamento recante modifica al decreto del Ministro della giustizia 18 ottobre 2010, n. 180, sulla determinazione dei criteri e delle modalità di iscrizione e tenuta del registro degli organismi di mediazione e dell’elenco dei formatori per la mediazione nonché sull’approvazione delle indennità spettanti agli organismi, ai sensi dell’articolo 16 del decreto legislativo n. 28 del 2010”;

2) quanto ai motivi aggiunti:

della Circolare 14 luglio 2015 – Avente ad oggetto “incompatibilità e conflitti di interesse mediatore e avvocato” emanata dal Dipartimento per gli affari di giustizia – Ufficio III – Reparto mediazione a firma del Direttore Generale della giustizia civile dott. Marco Mancinetti.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia e del Ministero dello Sviluppo Economico, con la relativa documentazione;

Visto il decreto presidenziale monocratico n. 5836/2014 del 18.11.2014;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del 9 marzo 2016 il dott. Ivo Correale e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.




FATTO

Con ricorso a questo Tribunale, ritualmente notificato e depositato, i soggetti in epigrafe, tutti avvocati svolgenti attività nel Foro di Verona, tranne uno, nonché mediatori operanti presso diversi Organismi di mediazione iscritti nel relativo Registro tenuto dal Ministero della Giustizia, chiedevano l’annullamento, previe misure cautelari, nel limite dell’interesse che andavano a precisare, degli artt. 6 e 9 del d.m. Giustizia (di concerto con Sviluppo Economico) n. 139 del 4 agosto 2014, laddove introducevano al previgente d.m. n. 180/2010 l’art. 14 bis (art. 6) e individuavano un termine dilatorio per consentire l’adeguamento alle nuove prescrizioni sia da parte degli Organismi sia da parte dei mediatori che in passato non avevano ottemperato al prescritto obbligo formativo del tirocinio assistito di adempiere acquisendo un numero prescritto di procedure (art. 9).

In particolare i ricorrenti, riportando in sintesi i punti salienti della normativa sulla mediazione, a partire dall’art. 60 l. n. 69/2009 fino al d. lgs. 4 marzo 2010, n. 28 e al d.l. n. 69/2013, conv. in l. n. 98/2013, lamentavano, in sintesi, quanto segue.

A – con riferimento all’art. 6 DM 139/2014

Quanto alla introduzione dell’art. 14 bis del DM 180/2010 di cui all’art. 6 DM 139/2014

Primo Motivo

Nullità del regolamento di cui al DM 139/2014 o comunque illegittimità dello stesso per violazione di legge per omessa o errata applicazione dell’art. 17 Legge 23.08.1988 n. 400. Violazione di legge per omessa o errata applicazione dell’art. 3 Legge 07.08.1990 n. 241. Illegittimità altresì sotto il profilo dell’eccesso di potere per carenza e/o insufficienza di motivazione” .

Evidenziando che il d.m. impugnato recava la corretta denominazione di “regolamento” e, nelle premesse, il riferimento all’art. 17, comma 3, l. n. 400/1988, nonché l’intercorsa assunzione del parere della competente sezione del Consiglio di Stato, i ricorrenti ponevano in risalto che quasi tutte le osservazioni dell’organo consultivo avevano trovato adeguato accoglimento, tranne quella relativa proprio all’inserimento dell’art. 14 bis, di cui si chiedeva l’espunzione del primo e terzo comma, non risultando appropriata la sede normativa in questione e trattandosi semmai di questione che poteva presentare interconnessioni con l’ordinamento forense, come tale necessitante di apposita, diversa, previsione normativa.

Secondo la tesi dei ricorrenti, quindi, se il parere del Consiglio di Stato era da considerarsi obbligatorio e vincolante, ne conseguiva la nullità dell’atto regolamentare assunto in contrasto; se, invece, era da considerarsi obbligatorio ma non vincolante, ne conseguiva l’illegittimità di tale fonte, in quanto priva di motivazione a giustificazione della deroga alle conclusioni ivi evidenziate, non operando nel caso di specie la norma generale di cui all’art. 3, comma 2, l. n. 241/90.

“Secondo motivo

Violazione di legge – Violazione art. 3 D.lgs. 28/10 – Erronea interpretazione – Eccesso di potere – Difetto di presupposto – Illogicità – Arbitrarietà” .

Sulla base dell’impianto della normativa primaria, di cui all’art. 60, comma 3, lett. r), l. n. 69/09 e al d.lgs. n. 28/10, i ricorrenti ricordavano che la scelta del governo era stata quella di delegare ai regolamenti degli Organismi di mediazione l’individuazione delle condizioni di incompatibilità e ciò anche ai sensi della normativa comunitaria di cui alla Direttiva 2008/52/CEE.

Nel testo del regolamento impugnato, invece, risultava introdotto un caso di incompatibilità del tutto sproporzionato ed ingiustificato nonché estraneo al quadro normativo disciplinante la professione forense.

Terzo motivo

Eccesso di potere per violazione del principio del clare loqui. Violazione del principio del giusto procedimento. Violazione di legge per errata e/o omessa applicazione del disposto di cui all’art. 97 Costituzione”.

I ricorrenti ricordavano gli aspetti principali contestati, laddove: a) risultava preclusa a chi svolgeva il proprio mandato di mediatore la libera scelta di un organismo al quale rivolgersi personalmente per una propria controversia o di condurvi un proprio cliente, se avvocato; b) tale incompatibilità si estendeva a chi, pur non essendo mediatore, condividesse, in quanto socio, associato o mero coinquilino, i medesimi locali per lo svolgimento dell’attività professionale; c) si vietava l’assunzione di incarico di mediatore nel caso in cui il professionista o un suo socio o associato o coinquilino avesse intrattenuto rapporti professionali in qualsivoglia ambito negli ultimi due anni; d) analogo divieto era introdotto anche all’ipotesi di futura assunzione di nuovi incarichi professionali da parte del mediatore o dei professionisti che con questi operassero nei medesimi locali.

I ricorrenti quindi evidenziavano la peculiarità del profilo, anche sotto gli aspetti professionali, dell’avvocato-mediatore, a cui - in applicazione della norma contestata - si applicavano limiti e prescrizioni esorbitanti da quelle genericamente riconducibili all’esercizio delle funzioni di mediatore e che non tenevano in alcun conto la potestà regolamentare riconosciuta dalla stessa normativa delegata agli organismi di mediazione per la determinazione di prescrizione a garanzia della terza età e di imparzialità certamente imponibili anche a chi svolge l’attività di mediatore.

A ciò si aggiungeva che tale normativa regolamentare non aveva tenuto in minimo conto quanto previsto dal medesimo Codice deontologico che disciplina la professione forense, di cui attualmente al relativo art. 62. Tale Codice, infatti, ben prevedendo delle limitazioni sia all’avvocato-mediatore che ai suoi “colleghi di studio”, limitava comunque in misura razionale la cautela di delimitare dette preclusioni al caso in cui l’eventuale nuovo incarico ricadesse nella stessa materia che era stata oggetto di pregresso rapporto professionale o di mediazione.

Nella sua previsione generalizzata, invece, il regolamento impugnato non teneva conto di tale previgente e specifica delimitazione prevista per gli avvocati-mediatori, dando luogo a una complessa attività di coordinamento senza indicare con precisione le effettive ragioni che avevano portato a tale inasprimento di incompatibilità per gli avvocati-mediatori.

“Quarto motivo

Violazione di legge per errata e/o omessa applicazione della normativa in materia di tutela del diritto di riservatezza. Violazione di legge per errata e/o omessa applicazione del disposto di cui all’art. 8 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Violazione degli artt. 7 e 8 della Carta fondamentale dei diritti fondamentali dell’unione europea di Nizza 07.12.2000”.

Tra le disposizioni contestate vi era anche l’obbligo di comunicare ai “colleghi di studio” i nominativi dei nuovi clienti dell’avvocato-mediatore, con evidente violazione delle norme in materia di “privacy” e delle norme disciplinari in materia di riservatezza, in collegamento con quanto previsto dalla CEDU e dalla Carta fondamentale UE richiamata in rubrica.

Quinto motivo

Violazione di legge per errata e/o

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