TAR Catania, sez. II, sentenza 2023-06-26, n. 202302007

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catania, sez. II, sentenza 2023-06-26, n. 202302007
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catania
Numero : 202302007
Data del deposito : 26 giugno 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 26/06/2023

N. 02007/2023 REG.PROV.COLL.

N. 00356/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 356 del 2014, proposto da
Damir S.r.l., rappresentata e difesa dall'avvocato C B, con domicilio presso la Segreteria del T.A.R. di Catania;

contro

Comune di Messina, rappresentato e difeso dall'avvocato A G, con domicilio eletto presso lo studio Daniele Aiello in Catania, Via Aloi 54/A;

per l'annullamento

delle ordinanze del Comune di Messina n. 283731, n. 284617 e n. 284623 in data 2 e 3 marzo 2013, nonché delle ordinanze n. 111867 e n. 112171 in data 7 maggio 2013 e dell’ordinanza n. 20081 in data 29 agosto 2013, con cui l’Amministrazione, sul presupposto del mancato pagamento della COSAP e dell’assenza di concessione per l’occupazione di suolo pubblico, ha ordinato la rimozione di nove impianti pubblicitari, irrogando al contempo una complessiva sanzione pecuniaria di € 18.603,36.

Visti tutti gli atti della causa e le difese delle parti, come in atti o da verbale;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 giugno 2023 il dott. D B;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO

La ricorrente ha impugnato le ordinanze del Comune di Messina n. 283731, n. 284617 e n. 284623 in data 2 e 3 marzo 2013, nonché le ordinanze n. 111867 e n. 112171 in data 7 maggio 2013 e l’ordinanza n. 20081 in data 29 agosto 2013, con cui l’Amministrazione, sul presupposto del mancato pagamento della COSAP e dell’assenza di concessione per l’occupazione di suolo pubblico, ha ordinato la rimozione di nove impianti pubblicitari, irrogando al contempo una complessiva sanzione pecuniaria di € 18.603,36.

Nel ricorso, per quanto in questa sede interessa, si rappresenta in punto di fatto quanto segue: a) la ricorrente, con atto in data 10 luglio 20212, ha acquisito dalla SPAS S.r.l. un ramo d’azienda, che ricomprendeva anche la cessione degli impianti pubblicitari di cui si tratta;
b) la società cedente ha espressamente garantito la regolarità, sotto ogni profilo, degli impianti ceduti, consegnando i provvedimenti di assenso rilasciati dal Comune di Messina;
c) la ricorrente non era a conoscenza che gli impianti pubblicitari fossero sottoposti, nel territorio del Comune di Messina, all’imposta sulla pubblicità e al canone concessorio e solo in forza delle impugnate ordinanze ha avuto contezza della disposizione regolamentare secondo cui i proprietari di impianti pubblicitari erano anche tenuti a conseguire la concessione per l’occupazione di suolo pubblico, versando il relativo canone;
d) il Comune, tra l'altro, ha fatto riferimento ad una disposizione regolamentare non più in vigore, in quanto annullata dal T.A.R. di Catania con sentenza n. 1963/2013;
e) la società ha chiesto al Comune di regolarizzare la propria posizione, ma l’Amministrazione, in spregio ad ogni più elementare regola di correttezza e buona fede, ha adottato i provvedimenti in questa sede impugnati.

Il contenuto dei motivi di gravame può sintetizzarsi come segue: a) come già è stato indicato, il regolamento COSAP cui il Comune ha fatto riferimento è stato annullato in parte qua dal Tribunale Amministrativo;
b) gli impianti in questione sono stati regolarmente assentiti dall’Amministrazione ed è stata corrisposta l’imposta sulla pubblicità;
c) l’Amministrazione, in ossequio ai principi di correttezza e buona fede, avrebbe dovuto previamente verificare la possibilità di assentire l’istanza di regolarizzazione presentata dalla ricorrente;
d) è stato violato l’art. 3 della legge n. 689/1981, in quanto nella specie la ricorrente ha operato in buona fede, difettando, pertanto, il requisito della volontarietà e della colpevolezza della condotta.

Il Comune intimato, costituitosi in giudizio, ha chiesto il rigetto del ricorso, osservando, in sintesi, quanto segue: a) la ricorrente non è in possesso di alcuna concessione per gli impianti pubblicitari di cui si tratta;
b) con atto n. 177433 in data 27 giugno 2011 il Comune ha concesso alla dante causa delle ricorrente un termine di giorni sessanta per la rimozione degli impianti, ovvero per la loro regolarizzazione, qualora possibile;
c) la dante causa della ricorrente non ha ottemperato al provvedimento del Comune e sono stati elevati appositi verbali di contravvenzione, cui hanno fatto seguito le ordinanze impugnate in questa sede dalla ricorrente, subentrata nella posizione della dante causa;
d) la ricorrente difetta di legittimazione attiva, posto che la dante causa non ha mai presentato al Comune di Messina domanda di concessione di suolo pubblico;
e) sulla controversia in esame sussiste la giurisdizione del giudice ordinario ai sensi dell’art. 23 del decreto legislativo n. 285/1992;
f) la ricorrente non ha interesse a contestare la circostanza che il regolamento COSAP del Comune sia stato annullato in parte qua;
g) è irrilevante la circostanza che sia stata corrisposta l’imposta comunale sulla pubblicità;
h) la posizione della ricorrente non può essere sanata, costituendo la condotta in esame un abuso penalmente rilevante ai sensi dell’art. 633 c.p.;
i) il comportamento della società è contraddistinto da colpevole negligenza.

Con memoria in data 22 maggio 2023 la ricorrente ha ribadito e ulteriormente illustrato le proprie difese, richiamando, in particolare, la sentenza del T.A.R. n. 1963/2013, l’ordinanza del T.A.R. n. 550/2013, le sentenze del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana n. 541/2014, n. 845/2020 e n. 595/2018 e la sentenza della Corte di Appello di Messina n. 350/2022.

Con memoria in data 26 maggio 2023 il Comune ha replicato alla memoria conclusiva della ricorrente.

Nella pubblica udienza in data odierna la causa è stata trattenuta in decisione.

Per quanto attiene alla giurisdizione, il Tribunale osserva quanto segue: a) è stata affermata la giurisdizione del giudice ordinario con riferimento alla previsione di cui all’art. 23, comma 13-quater, del decreto legislativo n. 285/1992, il quale prevede che, nel caso in cui l'installazione di cartelli insegne di esercizio o altri mezzi pubblicitari sia realizzata (in difetto di autorizzazione) su suolo demaniale, ovvero rientrante nel patrimonio degli Enti proprietari delle strade, o nel caso in cui la loro ubicazione lungo le strade e le fasce di pertinenza costituisca pericolo per la circolazione, in quanto in contrasto con le disposizioni contenute nel regolamento, l'Ente proprietario esegue senza indugio la rimozione del mezzo pubblicitario (sul punto, cfr., ad esempio, Cassazione, Sezioni Unite, n. 27334/2008 e n. 563/2009);
b) tuttavia, nel caso in esame vengono in rilievo provvedimenti che l’Amministrazione ha adottato, non per difetto di autorizzazione, ma per assenza della concessione per l’occupazione di suolo pubblico;
c) come affermato dalla giurisprudenza (sul punto, cfr., ad esempio, Consiglio di Stato, V, n. 4857/2015: - la realizzazione o l'installazione di qualsiasi manufatto sul suolo pubblico è consentita solo se è stato preventivamente rilasciato un atto concessorio;
- qualsiasi atto dell'Amministrazione di gestione di un proprio bene pubblico, demaniale o patrimoniale indisponibile, ha natura pubblicistica e provvedimentale;
- la regola della necessità del rilascio di una concessione (purché vi sia un qualsiasi manufatto incidente sullo stato dei luoghi) si applica anche quando si tratti della collocazione di cartelli pubblicitari (la cui disciplina non è regolata soltanto dalle disposizioni del codice della strada, ma anche dagli artt. 3 e 12 del decreto legislativo n. 507/ 1993), per effettuare la quale non è sufficiente la presentazione della relativa domanda, dovendosi, al riguardo, pienamente esplicare da parte dell'Amministrazione un'attività valutativa e discrezionale, che si manifesta con atti incidenti su posizioni di interesse legittimo, con conseguente giurisdizione del giudice amministrativo;
- specularmente, anche l'esercizio del potere di ritiro dell'atto che dispone la rimozione di cartelloni pubblicitari o il provvedimento con cui si ingiunga la rimozione degli impianti abusivi attiene a posizioni di interesse legittimo (sul punto, cfr. anche Cons. Stato, Sez. V, 17 giugno 2015, n. 3066).

Sulla scorta di tali rilievi il Collegio ritiene sussistente nella specie la giurisdizione del giudice amministrativo, non venendo in rilievo la sanzione accessoria contemplata dal citato art. 23, comma 13-quater, del decreto legislativo n. 285/1985, ma provvedimenti amministrativi adottati in ragione dell’assenza di un titolo concessorio.

Non può, inoltre, dubitarsi, ad avviso della Sezione, della legittimazione attiva di parte ricorrente, essendo la società subentrata alla SPAS S.r.l. nel ramo d’azienda e, pertanto, nella titolarità degli impianti pubblicitari di cui si discute.

Tanto precisato, a giudizio del Collegio il ricorso è infondato per le ragioni di seguito indicate.

Come è stato indicato (Consiglio di Stato, V, n. 4857/2015), per la realizzazione o l'installazione di qualsiasi manufatto sul suolo pubblico (inclusi gli impianti pubblicitari) è necessario un preventivo atto concessorio dell’Amministrazione.

Nella decisione che è stata indicata si afferma, altresì, che l'applicazione dell'imposta sulla pubblicità non esclude l’applicazione della tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche, nonché il pagamento di canoni di locazione o di concessione, atteso il chiaro tenore letterale dell'art. 9, comma 7, del decreto legislativo n. 507/ 1993, in quanto l'imposta comunale sulla pubblicità ha presupposti diversi dalla tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche, come emerge dal confronto fra gli artt. 5 e 38 del decreto citato, i quali individuano il presupposto impositivo, rispettivamente, nel mezzo pubblicitario disponibile e nella sottrazione dell'area o dello spazio pubblico al sistema della viabilità e, quindi, all'uso generalizzato (sul punto, cfr. Cassazione Civile, Sez. Trib., 27 luglio 2012, n. 13476).

Non può, quindi, ritenersi che le autorizzazioni all’installazione degli impianti possano valere come titolo concessorio per l’occupazione di suolo pubblico.

Inoltre, nel caso di specie risulta adottato dall’Amministrazione Comunale un semplice parere favorevole ai fini dell’autorizzazione alla installazione degli impianti (nota n. 6701 in data 4 ottobre 1996 della Ripartizione Trasporti, Viabilità, Autoparco – Direzione Viabilità e Traffico) e non il vero e proprio titolo autorizzatorio.

Per quanto attiene alla giurisprudenza menzionata dalla parte ricorrente, il Collegio osserva, altresì, quanto segue: a) la risalente sentenza di questo Tribunale, Sezione III, n. 1963/2013 in data 2 luglio 2013, in cui si afferma che l’autorizzazione “include anche l’occupazione di suolo pubblico”, con i relativi corollari, non appare in parte qua condivisibile, alla luce delle (successive) affermazioni giurisprudenziali di cui si è dato conto (Consiglio di Stato, V, n. 4857/20);
b) la sentenza del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana n. 541/2014 in data 15 settembre 2014 concerne la diversa questione delle modalità di applicazione del canone COSAP agli impianti pubblicitari;
c) l’ordinanza cautelare n. 550/2012 in data 13 giugno 2013 è stata seguita dalla sentenza n. 2796/2015 in data 2 dicembre 2015, con cui il ricorso n. 1130/2013 è stato respinto;
d) nella sentenza del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana n. 845/2020 in data 1 ottobre 2020 si afferma che, nel caso di specie, non era dato “comprendere se le ragioni poste a base del provvedimento” risiedevano “nel mancato pagamento dei canoni per i periodi pregressi… ovvero nel mancato adeguamento degli stessi” e che, “in ogni caso l’occupazione degli spazi era stata regolarmente autorizzata, circostanza non contestata”;
e) nel caso in esame, invece, viene in rilievo un’ipotesi di occupazione di suolo pubblico in difetto del prescritto titolo concessorio;
f) nella citata sentenza n. 845/2020 in data 1 ottobre 2020 si afferma, altresì, che “prima ancora di emettere un provvedimento afflittivo il Comune avrebbe dovuto valutare l’eventuale sanabilità o non sanabilità dell’occupazione”;
g) tale rilievo appare al Collegio perfettamente condivisibile quando riferito, come nel caso all’attenzione del giudice di appello, all’ipotesi in cui l’occupazione di suolo pubblico sia stata previamente assentita dall’Amministrazione e sorgano criticità relative alla corresponsione del canone, ma non può essere trasposta sic et simpliciter, per ragioni intuitive, all’ipotesi di occupazione abusiva;
h) la sentenza della Corte di Appello di Messina n. 350/22 in data 6 giugno 2022 si riferisce al metodo di calcolo del canone COSAP;
i) anche la sentenza n. 595/2015 in data 29 ottobre 2019 del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana si riferisce al metodo di determinazione del canone.

Ne consegue che il provvedimento impugnato sfugge alle censure che sono state sollevate, in quanto giustificato dal condivisibile rilievo che l’occupazione degli spazi era avvenuta in difetto del prescritto titolo concessorio.

Deve, infine, osservarsi che era onere della parte interessata attivarsi diligentemente al fine di accertare la puntuale disciplina relativa alla installazione degli impianti pubblicitario e di provvedere ai relativi adempimenti.

Per le considerazioni che precedono il ricorso va rigettato, mentre, tenuto conto del complessivo svolgimento della vicenda, le spese di lite possono essere compensate.

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