TAR Venezia, sez. I, sentenza breve 2023-03-24, n. 202300368

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Venezia, sez. I, sentenza breve 2023-03-24, n. 202300368
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Venezia
Numero : 202300368
Data del deposito : 24 marzo 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 24/03/2023

N. 00368/2023 REG.PROV.COLL.

N. 01358/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 1358 del 2022, proposto da
Associazione Global Campus of Human Rights, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati A C, E F e R B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Regione del Veneto, in persona del Presidente pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati G Q, C D e C Z, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Venezia, domiciliataria ex lege , con sede in Venezia, San Marco 63;

per l'annullamento

- dell'atto della Direzione servizi sociali della Regione Veneto del 15 settembre 2022 (trasmesso alla ricorrente in pari data), con cui è stato comunicato l'annullamento dell'istanza di iscrizione (codice pratica n. 564208) al R.U.N.T.S., Registro unico nazionale del Terzo settore, presentata dall'Associazione Global Campus of Human Rights E.T.S. in data 21 luglio 2022 tramite il notaio Elena Bressan;

- dell'atto prot. n. 478031 del 13 ottobre 2022 (notificato alla ricorrente in pari data) emesso dalla stessa Direzione, recante “riscontro alle osservazioni presentate in merito all'annullamento dell'istanza di iscrizione al

RUNTS

Associazione global campus of human rights ETS”, con cui sono state ulteriormente illustrate le ragioni per cui è stata rigettata la richiesta di iscrizione dell'Associazione al R.U.N.T.S.;

e per la condanna della Regione al risarcimento dei danni subiti e subendi dalla ricorrente per effetto dell'illegittimità degli atti qui impugnati.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione del Veneto e del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 14 dicembre 2022 il dott. Nicola Bardino e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;


1. L’Associazione ricorrente impugna il provvedimento con il quale la Regione del Veneto ha negato l’iscrizione nel Registro Unico Nazionale del Terzo Settore (in seguito, RUNTS), presentata con modalità telematica il 21 luglio 2022, tramite il notaio Elena Bressan.

Quest’ultima aveva dava atto, ai sensi dell’art. 22 del decreto legislativo n. 117 del 2007 (Codice del Terzo settore), della sussistenza delle condizioni previste per l’iscrizione e allegato la documentazione necessaria.

La Regione riteneva tuttavia che tali condizioni non fossero sussistenti. Interloquiva col notaio richiedente, che, deducendo nel merito, segnalava come l’Associazione fosse titolare dei requisiti richiesti per l’iscrizione, circostanza che, del resto, sarebbe stata certificata nella relativa domanda e che la Regione, a fronte dell’attestazione notarile, non avrebbe potuto contestare, specie in fase di mera iscrizione al registro.

2. Disattendendo tali rilievi, la Regione non dava corso alla richiesta di iscrizione sulla base di un duplice ordine di considerazioni (parzialmente anticipate nel corso dell’interlocuzione procedimentale).

Sotto un primo profilo, osservava che l’Associazione non possiederebbe il carattere aperto, proprio degli enti del terzo settore: sarebbero infatti legittimati ad aderire ad essa soltanto le università e gli istituti di istruzione superiore.

Sotto un secondo profilo, veniva sottolineato che la formulazione dell’art. 4, comma 2, d. lgs. n. 117 del 2017 (“ non sono enti del terzo settore le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 […] nonché gli enti sottoposti a direzione e coordinamento o controllati dai suddetti enti ”) porterebbe a dubitare della possibilità di qualificare come ente appartenente al Terzo settore la compagine associativa, dal momento che essa, comprendendo università ed istituti di istruzione superiore, sarebbe sottoposta al controllo di tali soggetti e si verrebbe così a posizionare nella sfera delle amministrazioni pubbliche escluse dalla normativa.

3. L’Associazione contesta in questa sede le argomentazioni sottese al diniego di iscrizione.

Lamenta, in primo luogo, l’invasione, da parte della Regione, dello spazio valutativo riservato dalla legge al notaio in violazione dell’art. 22, d.lgs. 117 del 2017 e degli artt. 16 e 17 del regolamento ministeriale di attuazione n. 106 del 2020. Sostiene che l’Ufficio regionale preposto alla tenuta del RUNTS, una volta ricevuta la domanda di iscrizione e la correlata attestazione dal notaio, è deputato a svolgere un controllo limitato alla regolarità formale della richiesta, senza poter tuttavia svolgere alcun sindacato in merito alla sussistenza dei requisiti, essendo questi ultimi oggetto della suddetta attestazione notarile (1° motivo).

Eccepisce, in secondo luogo, la mancata comunicazione del preavviso di rigetto della richiesta di iscrizione, con conseguente violazione dell’art. 10 bis , l. n. 241 del 1990 (2° motivo).

Nel merito delle valutazioni della Regione, l’Associazione assume di essere in possesso del carattere aperto richiestole, evidenziando che a detta connotazione non si oppone la previsione, da parte dello statuto, di specifici requisiti di ammissione. La predeterminazione dei predetti criteri (che nel caso di specie risulterebbero non discriminatori e coerenti con le finalità riconducibili agli enti del terzo settore) consentirebbe soltanto di limitare validamente le adesioni, senza però compromettere la natura del sodalizio (3° motivo).

Infine, le università e gli istituti di istruzione superiore non potrebbero essere compresi nel concetto di pubblica amministrazione, desumibile dal comma 2 dell’art. 1, d.lgs. 165 del 2001, essenzialmente riferito alle sole amministrazioni pubbliche nazionali, nozione alla quale si riferirebbe il comma 2 dell’art. 4 del Codice, al fine di escludere tali soggetti dal novero degli enti del Terzo settore. In ogni caso, tra le università e gli istituti iscritti all’Associazione ricorrente, la maggior parte risulterebbe di provenienza estera, circostanza che pacificamente impedirebbe di qualificarle come pubbliche amministrazioni ai fini dell’applicazione della disposizione preclusiva, trattandosi infatti di soggetti che, a prescindere dalla qualificazione loro attribuita dal rispettivo ordinamento nazionale, gravitano, nell’ordinamento interno, esclusivamente nella sfera del diritto privato (4° motivo).

La ricorrente formula inoltre un’autonoma domanda risarcitoria, chiedendo di veder ristorati i pregiudizi sofferti in ragione della mancata iscrizione nel Registro Unico Nazionale del Terzo Settore.

4. Si sono costituiti in giudizio la Regione del Veneto e il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, che hanno entrambi resistito nel merito. Quest’ultimo ha inoltre eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva, chiedendo di essere estromesso da giudizio dal momento che l’impugnazione contemplerebbe esclusivamente il diniego di iscrizione nel RUNTS, deciso con provvedimento della Regione.

5. Nel corso della camera di consiglio del 14 dicembre 2022, l’Associazione ricorrente ha manifestato la disponibilità a rinunciare ai primi due motivi di ricorso (logicamente anteposti all’esame dei restanti) in funzione della decisione immediata del giudizio, con sentenza ai sensi dell’art. 60, cod. proc. amm.

Discussa dalle parti, la causa è stata quindi trattenuta in decisione.

6. Ritiene il Collegio che sussistano i presupposti per la definizione del giudizio con sentenza in forma semplificata, eventualità preannunciata alle parti come attestato nel relativo verbale, in ragione della manifesta fondatezza del terzo e del quarto motivo di impugnazione, mentre può prescindersi dall’esame del primo e del secondo, in quanto oggetto di espressa rinuncia della ricorrente (anch’essa attestata nel verbale) della quale deve essere dato atto in questa sede. Manifestamente infondata appare poi la domanda risarcitoria, proposta congiuntamente all’azione di annullamento.

L’esame del rilievo preliminare del Ministero – che eccepisce il proprio difetto di legittimazione passiva – può infine essere posposto rispetto all’esame del ricorso.

7. Si deve premettere che l’oggetto dell’impugnativa è costituito essenzialmente dalla comunicazione di annullamento della richiesta di iscrizione nel RUNTS (o, per meglio dire, di mancata conclusione della procedura), intervenuta nella c.d. fase di back office , motivata dalla Regione in relazione all’emersione di un duplice ordine di irregolarità sostanziali: il carattere non aperto dell’Associazione, da un lato;
la pertinenza al solo ambito delle pubbliche amministrazione dei soggetti ammessi a partecipare all’Associazione e la sottoposizione di questa a controlli di matrice pubblicistica, dall’altro. Ulteriori considerazioni esplicative sono state poi aggiunte dalla Regione nella nota del 13 ottobre 2022, anch’essa impugnata.

7.1 Quanto al primo ordine di rilievi - contestati nel terzo motivo di ricorso -, l’art. 3, dello statuto dell’Associazione stabilisce che “ sono soci […] le Università e le altre Istituzioni di Istruzione Superiore che accedono al presente Statuto e sono ammesse dall’Assemblea ” (1° comma);
le Università partecipanti a uno qualsiasi dei sette Programmi di Master Regionali del Globale Campus hanno diritto di diventare soci […], accedendo al presente Statuto ” (3° comma);
l’Assemblea […] può ammettere quali soci aggiuntivi Università o altre Istituzioni di Istruzione Superiore che intendano collaborare al perseguimento delle finalità del Global Campus, a condizione che accettino le disposizioni del presente Statuto ” (4° comma);
le Università o le altre Istituzioni di Istruzione Superiore che intendono aderire […] devono rivolgere espressa richiesta al Consiglio […], recante la dichiarazione di condividere le finalità che il Global Campus si propone e l’impegno ad approvarne ed osservarne Statuto e regolamenti. È richiesta una lettera di sostegno da parte di almeno un socio del Global Campus per accedere […]. L’Assemblea, su proposta del Consiglio, delibera sulle richieste di ammissione […]” (5° comma).

Come traspare dal chiaro dato testuale, lo statuto dell’Associazione stabilisce che assumono la posizione di socio le università coordinatrici di ciascuno dei programmi di master (3° comma). Possono inoltre divenire soci le università e gli istituti di istruzione superiore, i quali, ancorché non coordinatori, partecipano a tali programmi (4° comma), nonché le università e gli istituti che desiderino collaborare per il perseguimento delle finalità associative (5° comma).

In altri termini, il coordinamento di almeno uno dei sette programmi dà diritto ad essere soci. Possono essere ammesse le università e gli istituti, come soci aggiuntivi , quando partecipino ai suddetti programmi, nonché, in via residuale, quando intendano aderire alle finalità statuarie e siano, nel contempo, muniti di una lettera di sostegno da parte di almeno un socio (di diritto).

A giudizio del Collegio, l’individuazione di specifici requisiti di ammissione non può essere ritenuta manifestamente irragionevole nel caso esaminato, in considerazione della connotazione altamente settoriale nonché dell’altissimo livello delle attività scientifiche e formative organizzate dall’Associazione. Non emerge, pertanto, alcuna evidente contraddizione con la regola - desumibile dagli artt. 23 e s. del Codice del Terzo settore e richiamata dalla Regione a sostegno dell’impugnato diniego - la quale esclude dal campo applicativo della disciplina in esame gli enti privi del c.d. “ carattere aperto ” al solo fine di garantire l’interesse legittimo del richiedente al rispetto delle condizioni (oggettive e non discriminatorie) di ammissione alla relativa procedura. Laddove con la locuzione “ carattere aperto ”, riferita alle associazioni, si fa essenzialmente riferimento all’attitudine di tali enti di accogliere nuovi membri, senza restrizioni o limiti ideologici, politici, religiosi o di qualsiasi altra natura, ossia senza alcuna discriminazione che ne comprometta la struttura democratica e partecipativa (restrizioni e limiti che si ritengono invece pacificamente ammissibili riguardo ad enti ad accesso strettamente sorvegliato, quali i circoli privati, “ comunque tutelati dal principio di costituzionale di libertà associativa e costituiti ai sensi dell’art. 36 del codice civile;
non per le associazioni del Terzo settore
”;
v. Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, nota direttoriale prot. n. 18244 del 30 novembre 2021). Ma ciò non significa affatto che tutti i membri debbano necessariamente vedersi attribuiti gli stessi poteri decisionali o che, come avviene nella fattispecie, non possano essere previste restrizioni alle modalità di adesione o alle attività dell'organizzazione. Dette restrizioni, infatti, sono sostanzialmente dirette ad assicurare la partecipazione di soggetti accumunati dall’essere tutti portatori di interessi omogenei con quelli perseguiti dell’Associazione;
in quanto tali, esse non precludono a qualsiasi università o istituto di istruzione superiore nazionale e ancor più estero (interessato alla formazione e allo studio in materia di diritti umani) di fare proprio il patrimonio valoriale condiviso all’interno della stessa Associazione e poterne quindi divenire parte. In questo senso, dunque, la disciplina dei requisiti di accesso non assume alcuna evidente valenza discriminatoria, essendo piuttosto orientata a garantire in termini del tutto ragionevoli la comunione e la conservazione tra gli associati degli alti scopi assegnati all’Ente, così da assicurare che le nuove adesioni si pongano in armonia con essi e favoriscano, piuttosto che compromettere, lo sviluppo delle attività di ricerca e formazione.

7.2 Quanto al quarto motivo di gravame – riferibile all’ulteriore contestazione della Regione, secondo la quale la connotazione pubblicistica degli associati impedirebbe di ammettere la ricorrente al novero degli entri del Terzo settore - si deve ricordare che l’Associazione Global Campus of Human Rights, in precedenza denominata Centro Interuniversitario Europeo per i Diritti Umani e la Democratizzazione (EIUC), attiva in Africa, Medio Oriente, Asia-Pacifico, Caucaso, Europa, America Latina e Caraibi e Sud-Est Europa, svolge, con il sostegno principale dell’Unione europea, attività di studio, ricerca e promozione dei diritti umani e della democratizzazione, mediante una rete di Università aderenti, di cui tre italiane e in numero prevalente straniere. Costituisce, spiega la ricorrente, la maggiore rete globale di studio post-universitario dei diritti umani e dei processi di democratizzazione, con sede principale, ma non esclusiva, a Venezia.

Va immediatamente osservato che le tre università italiane socie dell’Associazione (Università Ca’ Foscari di Venezia;
Università degli Studi di Padova;
Università degli Studi di Bologna) si trovano in una posizione di assoluta minoranza (sono ben settantuno le istituzioni straniere) e che ciò impedisce alle medesime (prive di particolari diritti di voto o di ingerenza nella gestione) di esercitare poteri pubblicistici di controllo o di direzione su di essa.

Ne consegue che - anche a prescindere dalla indiscussa soggettività privatistica dell’Associazione e dall’altrettanto indiscussa soggettività pubblicistica pertinente alle tre università italiane – la ricorrente non risulta sottoposta (né in via di fatto né per previsione statutaria) ad un potere pubblicistico di direzione, coordinamento e controllo esercitato dai soci fondatori (e, in particolare, dai tre atenei pubblici italiani), ovvero dagli ulteriori soggetti ammessi a partecipare alla vita associativa dell’ente in un momento successivo alla sua costituzione (università e le altre istituzioni di istruzione superiore), con la conseguenza che non si realizza la fattispecie preclusiva indicata dall’art. 4, comma 2, del Codice del Terzo settore, richiamata dalla Regione a fondamento del diniego di iscrizione nel RUNTS.

Anche tale profilo di censura è dunque fondato.

6.3 Deve essere invece disattesa la domanda risarcitoria, perché carente di prova in relazione alla sussistenza e alla dimensione del lamentato pregiudizio, prova che la ricorrente ha in definitiva rinunciato ad allegare, allorché ha richiesto che il Collegio si pronunciasse con sentenza in forma semplificata - all’esito dell’esame dell’istanza cautelare – rinunciando altresì, come già ricordato, al primo e al secondo motivo di impugnazione.

8. È fondata, da ultimo, l’eccezione della difesa erariale che ha contestato la sussistenza della legittimazione passiva dell’intimato Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, che risulta estraneo al gravame e ai suoi effetti diretti.

Da un lato, infatti, non risultano impugnati provvedimenti, decisioni ovvero atti regolamentari e circolari esplicative emessi dal predetto Ministero;
dall’altro lato, l’adozione dei provvedimenti di iscrizione e cancellazione nel RUNTS risultano assegnati alla sola competenza delle Regioni, tramite i rispettivi uffici, sulla base di un criterio esclusivamente territoriale senza alcun coinvolgimento del Ministero e delle sue articolazioni territoriali.

9. Per quanto precede, il ricorso deve essere dunque accolto relativamente alla domanda caducatoria in relazione dei motivi esaminati, con conseguente annullamento dell’impugnato provvedimento di diniego di iscrizione dell’Associazione nel Registro Unico Nazionale del Terzo Settore. Va invece respinta la domanda di risarcimento.

Infine, in accoglimento dell’eccezione formulata dalla difesa erariale, deve essere disposta l’estromissione dal giudizio del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

Le spese vanno compensate, in ragione della particolarità e della novità delle questioni esaminate.

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