TAR Roma, sez. I, sentenza 2015-01-21, n. 201500994
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N. 00994/2015 REG.PROV.COLL.
N. 08527/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8527 del 2013, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Msc Crociere Spa, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avv.ti F M F e F P, elettivamente domiciliata in Roma, corso Trieste, 37, presso lo studio dell’avv. F M F;
contro
L’Autorità Garante della concorrenza e del mercato, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale domicilia in Roma, Via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento,
quanto al ricorso introduttivo,
- del provvedimento n. 24422 deliberato dalla Autorità Garante della concorrenza e del mercato in data 26 giugno 2013, pubblicato sul Bollettino n. 27 del 15 luglio 2013 e comunicato via posta alla ricorrente in data 16 luglio 2013, con il quale la AGCM ha contestato alla MSC Crociere SpA l'attuazione di una pratica commerciale scorretta ai sensi degli articoli 20, comma 2, 21, comma 1, lettere d) e g) e 22, commi 1 e 2, del Codice del Consumo vietandone la diffusione o continuazione e le ha comminato una sanzione amministrativa pecuniaria di Euro 150.000,00.
- del parere reso dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni in data 11 giugno 2013;
- del provvedimento del 19 marzo 2013 con il quale l’AGCM ha comunicato alla ricorrente il rigetto degli impegni dalla stessa presentati;
- del provvedimento del 22 marzo 2013 con il quale I'AGCM ha disposto la proroga del procedimento per “ particolari esigenze istruttorie ”;
- della comunicazione dell'AGCM di estensione oggettiva del procedimento del 27 novembre 2012;
- della comunicazione di avvio del procedimento del 2 ottobre 2012;
- di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale in quanto lesivo degli interessi della ricorrente.
e
per il risarcimento del danno
ingiusto in forma specifica mediante pubblicazione della sentenza sul bollettino dell'AGCM nonché per equivalente nella misura che verrà stabilita in corso di causa.
quanto al primo ricorso per motivi aggiunti,
-delle operazioni valutative e/o decisionali svolte dall’Autorità Garante della concorrenza e del mercato, come risultanti dal verbale dell'Adunanza del 26 giugno 2013, solo parzialmente conosciuto dalla ricorrente in data 28 ottobre 2013, in seguito ad accesso agli atti;
- di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale;
e
per il risarcimento del danno
quanto al secondo ricorso per motivi aggiunti,
del provvedimento n- 25014 relativo alla conclusione del procedimento IP198/dpse/1b assunto dall’Autorità Garante della concorrenza e del mercato nell’adunanza del 2 luglio 2014 con il quale l’Autorità ha contestato alla MSC Crociere s.p.a. l’inottemperanza alla lettera a) della delibera n. 24422 del 26 giugno 2013 ed ha comminato la sanzione amministrativa di € 250.000,00;
della corrispondente comunicazione di avvio del procedimento;
di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale;
e
per il risarcimento del danno.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Autorità Garante della concorrenza e del mercato;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 dicembre 2014 la dott.ssa R C e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Sulla base di alcune segnalazioni, una delle quali inviata dalla Guardia di Finanza, Nucleo Speciale Mercati, e di rilevazioni d’ufficio, in data 2 ottobre 2012 l’Autorità Garante della concorrenza e del mercato (di seguito, “AGCM” o anche “Autorità”) comunicava alla MSC Crociere s.p.a. (di seguito anche “MSC” o “società”) l’avvio di un procedimento istruttorio (PS6410), avente ad oggetto pratiche commerciali scorrette da essa poste in essere, integranti la violazione degli artt. 20, 21 e 22 del Codice del Consumo.
I comportamenti contestati alla società consistevano nell’aver pubblicizzato, sul sito MSC Crociere e sul sito www.crocierissime.it, crociere a prezzi diversi da quelli in concreto praticati, fornendo, con modalità di scarsa accessibilità, chiarezza e trasparenza, informazioni rilevanti per il consumatore quanto agli oneri aggiuntivi richiesti al momento dell'acquisto di una crociera ed omettendo di informare il consumatore circa ulteriori aspetti concernenti il contenuto del pacchetto turistico.
In data 16 novembre 2012 il professionista produceva una memoria difensiva e forniva le informazioni richieste nella comunicazione di avvio del procedimento, nonché documentazione ai fini dell’assolvimento dell’onere della prova.
In data 27 novembre 2012, sulla base di evidenze raccolte nel corso dell’istruttoria, l’Autorità comunicava alla ricorrente l’estensione oggettiva del procedimento, contestando l’omissione di informazioni relative all’esercizio dei diritti contrattuali dei consumatori e idonee a determinare un ostacolo al diritto di recesso e di rimborso.
Il giorno 19 novembre 2012, la società sottoponeva all'attenzione dell’Autorità una proposta di impegni ai sensi dell'art. 27, comma 7, del Codice del Consumo, la cui versione definitiva, depositata in data 11 e 14 febbraio 2013, veniva rigettata dall’Autorità nell’adunanza del 13 marzo 2013.
In date 26 novembre 2012 e 14 gennaio 2013 veniva inviata una richiesta di informazioni alla Pigi Shipping &Consulting s.r.l., società che gestisce la piattaforma www.crocierissime.it.
Il procedimento veniva prorogato due volte, il 9 gennaio 2013, in coincidenza con l’estensione oggettiva del procedimento, e il 13 marzo 2013, per la sussistenza di esigenze istruttorie.
L’Autorità, tenuto conto del fatto che talune delle condotte oggetto del procedimento erano state diffuse attraverso internet, in data 17 dicembre 2013, ai sensi dell'articolo 27, comma 6, del Codice del Consumo, chiedeva all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni il prescritto parere.
Infine, sulla base delle risultanze istruttorie ed in conformità al parere acquisito, l’AGCM adottava il provvedimento n. 24422 del 26 giugno 2013, con cui deliberava che la pratica commerciale posta in essere da MSC doveva ritenersi scorretta ai sensi degli articoli 20, 21, comma 1, lettere d) e g), e 22 del Codice del Consumo, contraria alla diligenza professionale ed idonea a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico del consumatore medio cui era destinata, con riguardo alla reale portata e convenienza economica delle offerte pubblicizzate dal professionista, ne vietava l'ulteriore diffusione ed irrogava alla società la sanzione di € 150.000,00.
Avverso il suddetto provvedimento, e gli atti infraprocedimentali indicati in epigrafe, la società si è gravata con il ricorso introduttivo e ne ha chiesto l’annullamento, previa sospensione dell’esecuzione, deducendone l’illegittimità per i seguenti motivi:
In via preliminare:
I. Eccesso di potere per sviamento, comunicazione di avvio del procedimento del 2 ottobre 2012, contestazione ex art. 20, 21 e 22 anziché 22 bis del codice del consumo, applicabile al caso di specie.
Sostiene la ricorrente che la pratica commerciale oggetto del provvedimento ricadrebbe nella sfera di operatività della norma speciale di cui all’art. 22 bis del d.lgs. 206/2005.
II. Eccesso di potere, illegittima attribuzione a MSC delle informazioni diffuse sul sito www.crocierissime.it, di proprietà della Pigi Shipping s.r.l., violazione del principio del contraddittorio e di piena cognizione degli atti del procedimento di cui all’art. 27, comma 11, del codice del consumo, violazione degli articoli 1 e 10 della legge n. 241 del 1990, difetto di istruttoria e di motivazione.
La ricorrente sostiene che erroneamente è stata ritenuta ad essa addebitabile la condotta posta in essere dalla società che gestisce il sito www.crocierissime.it, lamentando pure di non aver avuto modo di contraddire pienamente sui profili da quest’ultima rappresentati.
III. Illegittimità, violazione e/o falsa applicazione degli artt. 5, 6 e 24 del regolamento sulle procedure istruttorie in materia di pubblicità ingannevole e comparativa, pratiche commerciali scorrette, clausole vessatorie (provvedimento n. 23788 del 2012), tardività, violazione dell’art. 6 della C.E.D.U.
La ricorrente lamenta l’eccessiva durata della fase preistruttoria, cui conseguirebbero la tardività del provvedimento o, quantomeno, l’erronea quantificazione della sanzione, che è stata commisurata (anche) ad una frazione di tempo in cui il professionista non era consapevole della ritenuta rilevanza della condotta ai fini del codice del consumo.
IV. Illegittimità del secondo provvedimento di proroga, violazione e/o falsa applicazione dell’art. 7 del regolamento sulle procedure istruttorie in materia di pubblicità ingannevole e comparativa, pratiche commerciali scorrette, clausole vessatorie (provvedimento n. 23788 del 2012), carenza dei presupposti di proroga, tardività del provvedimento.
L’illegittima adozione del secondo provvedimento di proroga, emesso in difformità dalla sequenza cronologica stabilita dall’art. 7 del regolamento e, comunque, con riferimento ad esigenze istruttorie che avrebbero dovuto essere note fin dall’inizio del procedimento, avrebbe determinato la tardività dell’adozione del provvedimento finale.
V. Eccesso di potere, contestazione di clausole vessatorie, necessità di applicazione dell’art. 37 bis del codice del consumo e degli artt. 20 e 21 del regolamento sulle procedure istruttorie in materia di pubblicità ingannevole e comparativa, pratiche commerciali scorrette, clausole vessatorie (provvedimento n. 23788 del 2012), violazione e falsa applicazione dell’art. 64 del codice del consumo e degli artt. 38 ss del codice del turismo.
A giudizio di MSC, nel contestare alla società l’introduzione di (presunte) limitazioni al diritto di recesso dei consumatori, l’Autorità avrebbe esteso il suo campo di indagine ad aspetti di ritenuta vessatorietà delle clausole contrattuali, la valutazione delle quali attiene a distinto e autonomo procedimento, radicalmente diverso, per struttura e finalità, da quello concernente le pratiche commerciali scorrette e del quale non ricorrerebbero i presupposti.
VI. Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 6 e 27 del regolamento sulle procedure istruttorie in materia di pubblicità ingannevole e comparativa, pratiche commerciali scorrette, clausole vessatorie (provvedimento n. 23788 dei 2012), profili non contestati nella comunicazione di avvio del procedimento ed estensione oggettiva, violazione delle garanzie partecipative, violazione degli artt. 7 e ss della legge n. 241/1990
Il provvedimento finale avrebbe sanzionato aspetti della pratica commerciale non contestati né con la comunicazione di avvio del procedimento, né con la comunicazione di estensione oggettiva, con conseguente violazione, sul punto, delle garanzie partecipative.
VII. Illegittimità, difetto e contraddittorietà di motivazione del provvedimento di rigetto degli impegni.
La dichiarazione di impegni presentata dalla società sarebbe stata respinta sulla base di una motivazione di stile ed erronea, non ricorrendo la pretesa inidoneità della proposta e rimuove “ del tutto ” i profili di criticità contestati.
Nel merito:
VIII. Insussistenza della presunta pratica commerciale di ingannevolezza del prezzo.
Le informazioni commerciali fornite dalla ricorrente non presenterebbero i pretesi profili di incompletezza ed ingannevolezza con riferimento al prezzo della crociera.
IX. Insussistenza della presunta pratica commerciale ingannevole e/o ostativa all’esercizio del diritto di recesso del consumatore ex art.. da 64 a 67 del codice del consumo.
Le contestazioni aventi ad oggetto la carenza di informazioni relative al diritto di recesso, atterrebbero, in realtà, alla disciplina delle ipotesi di scioglimento del vincolo contrattuale, e sarebbero di conseguenza estranee alla sfera di competenza dell’Autorità.
X. Illegittimità della determinazione di sanzione amministrativa pecuniaria, contraddittorietà, difetto di motivazione, violazione del principio di ragionevolezza e proporzionalità della sanzione
La determinazione della sanzione apparirebbe non correttamente correlata ai parametri di legge, con particolare riferimento alla gravità della pratica, alla durata della stessa e alla erronea attribuzione alla ricorrente della responsabilità di fatti addebitabili alla titolare del sito crocierissime.it, nella quantificazione, infine, l’Autorità avrebbe omesso di considerare l’atteggiamento estremamente collaborativo della ricorrente e le condizioni economiche della stessa.
Sulla base della ritenuta illegittimità dei provvedimenti impugnati, la società ha chiesto, infine, il risarcimento del danno, da riferirsi, oltre che all’entità della sanzione, alla entità degli obblighi di rimodulazione nascenti dal provvedimento sanzionatorio e del danno all’immagine ad essa arrecato.
Avendo acquisito, in sede di accesso agli atti, copia del verbale dell’Adunanza del 26 giugno 2013, nella quale è stato adottato il provvedimento sanzionatorio a suo carico, la ricorrente ha presentato il primo ricorso per motivi aggiunti con il quale, oltre agli atti già gravati con il ricorso introduttivo, ha impugnato “ le operazioni valutative e/o decisionali svolte dall’Autorità Garante della concorrenza e del mercato, come risultanti dal verbale dell'Adunanza del 26 giugno 2013, solo parzialmente conosciuto dalla ricorrente in data 28 ottobre 2013 ” .
Avverso i provvedimenti impugnati ha articolato la censura di eccesso di potere, violazione dell’istruttoria e del giusto procedimento amministrativo, violazione dei principi sostanziali in tema di competenza nell’adozione dei provvedimenti dell’Autorità.
La società ha rappresentato l’eccessiva brevità del tempo dedicato alla discussione e votazione del provvedimento sanzionatorio a suo carico, richiamando poi tutte le censure già articolate con il ricorso introduttivo.
Anche con tale gravame ha chiesto il risarcimento del danno.
In data 14 settembre 2013 MSC comunicava all’Autorità, per il tramite dei propri legali, l’avvenuta ottemperanza al provvedimento n. 24422.
Il successivo 24 ottobre l’AGCM inviava ad MSC una richiesta di informazioni relativa alla suddetta relazione di ottemperanza, chiedendo, altresì, chiarimenti in ordine a taluni aspetti di funzionamento del sito.
A tale richiesta la ricorrente rispondeva con lettera del 13 novembre 2013.
Il successivo 26 novembre aveva luogo l’audizione della ricorrente, all’esito della quale questa si impegnava ad integrare la relazione di ottemperanza entro il termine del 15 gennaio 2014, apportando, se del caso e senza prestare acquiescenza, ulteriori modifiche al sito e al T&C (termini e condizioni).
In data 12 febbraio 2014, con provvedimento 24792 l’Autorità deliberava di contestare a MSC la violazione dell’art. 27, comma 12, del codice del consumo per non avere il professionista ottemperato al provvedimento n. 24422, limitatamente alle omissioni informative in ordine al prezzo delle crociere reclamizzate.
Tale ultimo provvedimento veniva impugnato con il secondo ricorso per motivi aggiunti, affidato alle seguenti censure:
I. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 27 comma 12 del codice del consumo, violazione e/o falsa applicazione della legge n. 689/81, ottemperanza alla diffida di cui alla delibera n. 24422 del 26 giugno 2013, contestazione di fattispecie diverse da quella oggetto del provvedimento sanzionatorio di cui alla delibera n. 24422 del 26 giugno 2013, legittimità della modalità di presentazione del prezzo del prodotto scelto in forma disaggregata e con l’indicazione dell’importo finale dovuto dal consumatore.
II. Eccesso di potere, (ancora una volta) contestazione di fattispecie diverse da quella oggetto del provvedimento sanzionatorio di cui alla delibera n. 24422 del 26 giugno 2013, diffusione attraverso mezzi diversi, omessa richiesta del parere obbligatorio dell’AGCOM, violazione e/o falsa applicazione dell’art. 22 bis del codice del consumo.
Con i due motivi di doglianza la ricorrente sostiene che il provvedimento di inottemperanza avrebbe ad oggetto anche condotte nuove, non oggetto del precedente provvedimento sanzionatorio, sia con riferimento alle attività contestate che al mezzo di diffusione della pratica commerciale. Le condotte, peraltro, sarebbero prive dei ritenuti profili di incompletezza e ingannevolezza, nonché oggetto di diversa e speciale normativa, non applicata in concreto.
III. Illegittimità, violazione dell’istruttoria e del giusto procedimento eccesso di potere.
Nell’adozione del provvedimento, il Consiglio avrebbe acriticamente accettato le conclusioni prospettate dalla struttura amministrativa, con ciò violando i principi di indipendenza sottesi al funzionamento dell’Autorità.
IV. Illegittimità della determinazione di sanzione amministrativa pecuniaria, contraddittorietà, difetto di motivazione, violazione del principio di ragionevolezza e proporzionalità della sanzione, violazione e/o falsa applicazione della legge n. 689/1981
La sanzione irrogata non sarebbe rispettosa dei principi normativi in materia, avendo l’AGCM erroneamente valutato, oltre che la sussistenza di una condotta sanzionabile, anche la gravità della pratica;l’Autorità, inoltre, non avrebbe correttamente considerato l’incidenza della condotta collaborativa del professionista, la durata della condotta e la difficile congiuntura economica.
Anche con tale gravame sono stati poi riproposti i motivi di doglianza articolati nel ricorso introduttivo ed è stato chiesto il risarcimento del danno.
L’Autorità Garante della concorrenza e del mercato, costituita in giudizio, ha chiesto il rigetto del gravame.
Alla pubblica udienza del 17 dicembre 2014 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
Con il ricorso introduttivo è impugnata la delibera del 26 giugno 2013, con la quale l’Autorità Garante della concorrenza e del mercato ha ritenuto la sussistenza di una pratica commerciale scorretta, ai sensi degli artt. 20, 21 comma 1, lett. d) e g), e 22, commi 1 e 2, del d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206, ne ha vietato la prosecuzione e ha comminato alla società la sanzione amministrativa pecuniaria di € 150.000,00.
Sono stati pure impugnati la comunicazione di avvio del procedimento, la comunicazione di estensione oggettiva, i due provvedimenti di proroga, il parere reso dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, il provvedimento di rigetto degli impegni.
La pratica commerciale considerata scorretta è consistita nella diffusione, tramite il sito internet del professionista e il catalogo estate autunno 2012, disponibile anche on line, “ di informazioni commerciali incomplete e contraddittorie riguardo al prezzo finale applicato per le crociere reclamizzate ed alle condizioni e ai limiti per l'esercizio dei diritti contrattuali dei consumatori”.
In particolare, a giudizio dell’AGCM, “- sui siti internet www.msccrociere.it e www.crocierissime.it il professionista avrebbe promosso i prezzi delle proprie crociere non includendo gli oneri accessori successivamente aggiunti nel corso della procedura di prenotazione, risultando notevoli difformità tra l'importo iniziale pubblicizzato nella home page e quello effettivamente richiesto ai passeggeri al momento dell'acquisto; - MSC avrebbe omesso talune informazioni, sostanziali per gli acquirenti delle crociere, riguardanti la possibilità di esercitare i propri diritti contrattuali, quali il diritto di recesso o di rimborso ”.
La normativa di riferimento della controversia è costituita dagli artt. 20, 21, comma 1, lett. d) e g), e 22 del codice del consumo, di cui al d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206.
Per quanto qui di interesse, l’art. 20 considera pratica commerciale scorretta, vietata dal comma 1, quella contraria alla diligenza professionale, ovvero falsa o idonea a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico, in relazione al prodotto, del consumatore medio che essa raggiunge o al quale è diretta.
Il comma 4 dello stesso articolo qualifica in ogni caso scorrette le pratiche commerciali di cui agli articoli 21, 22 e 23 (ingannevoli), e di cui agli articoli 24, 25 e 26 (aggressive).
Ai sensi dell’art. 21, comma 1, lett. d), è considerata ingannevole una pratica commerciale che contiene informazioni non rispondenti al vero o, seppure di fatto corretta, in qualsiasi modo, anche nella sua presentazione complessiva, induce o è idonea ad indurre in errore il consumatore medio riguardo – tra l’altro – il prezzo o il modo in cui questo è calcolato o l'esistenza di uno specifico vantaggio quanto al prezzo, ovvero i diritti del consumatore, incluso il diritto di sostituzione o di rimborso ai sensi dell'articolo 130 del presente Codice, e, in ogni caso, lo induce o è idonea a indurlo ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso.
L’art. 22 considera ingannevole, al comma 1, una pratica commerciale che, nella fattispecie concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, nonché dei limiti del mezzo di comunicazione impiegato, omette informazioni rilevanti di cui il consumatore medio ha bisogno in tale contesto per prendere una decisione consapevole di natura commerciale e induce o è idonea ad indurre in tal modo il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso.
Il comma 2 dell’art. 22 precisa che una pratica commerciale è altresì considerata un'omissione ingannevole quando un professionista occulta o presenta in modo oscuro, incomprensibile, ambiguo o intempestivo le informazioni rilevanti di cui al comma 1, tenendo conto degli aspetti di cui al detto comma, o non indica l'intento commerciale della pratica stessa qualora questi non risultino già evidenti dal contesto nonché quando, nell'uno o nell'altro caso, ciò induce o è idoneo a indurre il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso.
Con il primo motivo di doglianza del ricorso introduttivo, richiamato, come tutti i dieci motivi ivi articolati, nei due ricorsi per motivi aggiunti, parte ricorrente afferma la riconducibilità della pratica commerciale sanzionata dall’Autorità alla fattispecie disciplinata dall’art. 22 bis del codice del consumo, dedicato alla “ pubblicità ingannevole delle tariffe marittime ”.
A giudizio di MSC nel caso concreto non potrebbe trovare applicazione la disciplina generale richiamata dall’Autorità, ma solo la citata disciplina speciale, la cui violazione, tuttavia, non è stata ad essa contestata né in sede di comunicazione di avvio del procedimento, né in sede di provvedimento sanzionatorio.
Di qui l’eccesso di potere per sviamento che inficerebbe l’intero procedimento, attesa l’avvenuta valutazione della condotta sulla scorta di norme diverse da quelle applicabili.
Il provvedimento sarebbe pure illegittimo per tardività, non essendo stata contestata nei termini di legge l’unica violazione in astratto configurabile.
La censura deve essere respinta.
Non può infatti concordarsi con il presupposto da cui muove la doglianza, ovvero che l’offerta in parola atterrebbe alle attività riguardanti le tariffe marittime.
Il prodotto pubblicizzato e commercializzato dalla ricorrente non rientra affatto nella ipotesi descritta dall’art. 22 bis del codice del consumo, a norma del quale “ è considerata ingannevole la pubblicità che, riguardando le tariffe praticate da compagnie marittime che operano sul territorio italiano direttamente o in code-sharing, reclamizzi il prezzo del biglietto dovuto alla compagnia marittima separatamente dagli oneri accessori, dalle tasse portuali e da tutti gli oneri comunque destinati a gravare sul consumatore, dovendo la compagnia marittima pubblicizzare un unico prezzo che includa tutte queste voci ”.
Il prodotto pubblicizzato da MSC, per contro, consiste in un servizio di crociera, nel quale, all’attività di trasporto marittimo dell’utente, si aggiungono i servizi di vitto, alloggio ed eventuale trasporto aereo, nonché i servizi attinenti le operazioni a terra, dovendosi, di conseguenza, ritenere esclusa l’applicabilità della norma invocata.
Con il secondo motivo di doglianza la ricorrente sostiene l’illegittimità del provvedimento nella parte in cui attribuisce ad MSC crociere l’attività di diffusione delle informazioni sul sito www.crocierissime.it, piattaforma che è invece di proprietà della Pigi Shipping s.r.l., rappresentando pure come le informazioni richieste dall’Autorità a tale società abbiano in sostanza integrato una richiesta di consulenza tecnica, ai sensi dell’art. 13 del Regolamento sulle procedure istruttorie in materia di pubblicità ingannevole e comparativa, pratiche commerciali scorrette, clausole vessatorie, consulenza disposta senza rispettare le procedure previste dalla norma in esame.
La prospettazione non può essere condivisa.
Quanto al primo aspetto il provvedimento gravato, al paragrafo 19, sulla base delle emergenze istruttorie, ha puntualizzato come:
- il sito www.crocierissime.it è un portale attraverso il quale sono pubblicate le proposte commerciali elaborate da numerosi operatori attivi nel comparto delle crociere;
- l'accordo tra Pigi Shipping ed MSC risale al 2008 e ha ad oggetto la pubblicazione su tale sito delle offerte MSC come predisposte dal professionista;tale accordo è integrato dalle specifiche tecniche "IT Development — MSC XML Interface Specification" redatte da MSC;
- Pigi Shipping retrocede l'intero prezzo pagato dal cliente a MSC, che a sua volta paga a Pigi Shipping una commissione per ogni pacchetto venduto;
- attraverso un web service è stata implementata l'interfaccia tra la piattaforma di Pigi Shipping e il sito di MSC (integrazione non prevista con altre compagnie di crociera) per l'interazione dei due sistemi ai fini della trasmissione dei contenuti promozionali e delle condizioni economiche di vendita dei servizi di crociera tramite la piattaforma www.crocierissime.it, predisposti direttamente da MSC.
Tali circostanze sono state poi sinteticamente riportate nel paragrafo 52 del provvedimento, in sede di valutazioni conclusive, al fine di ribadire la riconducibilità della condotta sanzionata alla società MSC Crociere.
Del tutto non condivisibile è, poi, la pretesa qualificazione di termini di consulenza delle informazioni richieste al gestore della piattaforma, al quale sono stati chiesti dati attinenti ai rapporti contrattuali con la ricorrente e non valutazioni tecniche.
La conoscenza della pendenza del procedimento, infine, consentiva alla ricorrente di accedere in qualunque momento agli atti dello stesso, senza che possa essere configurato un onere dell’amministrazione di continuo aggiornamento della parte in ordine alle acquisizioni disposte.
Con il terzo motivo di doglianza la ricorrente lamenta la violazione dei termini previsti per la durata della fase preistruttoria e per la fase istruttoria.
In particolare la ricorrente rappresenta come siano intercorsi più di ventiquattro mesi tra la prima segnalazione all’Autorità, ad opera della Guardia di Finanza, e la comunicazione di avvio del procedimento;quest’ultima, peraltro, in violazione di quanto prescritto dall’art. 24 del regolamento, non fornirebbe alcuna indicazione sulle ragioni per cui, nel caso in esame, vi sarebbero state ragioni di priorità nella trattazione del caso.
L’eccessiva durata della fase preistruttoria, poi, avrebbe leso la posizione di affidamento della ricorrente, che si è vista sanzionare anche per comportamenti posti in essere in tempo risalente, la contrarietà dei quali alle norme del codice del consumo non le era stata in alcun modo rappresentata.
La tempestiva comunicazione, per contro, le avrebbe consentito di esercitare nei tempi debiti il diritto di difesa e avrebbe influito sulla stessa determinazione della sanzione, commisurata, come noto, alla durata della pratica commerciale.
La doglianza va respinta.
Deve in primo luogo rilevarsi la non applicabilità, alla fattispecie in esame, del termine di 180 giorni dalla ricezione dell’istanza di intervento, atteso che tale termine è stabilito dall’ art. 6 del Regolamento sulle procedure istruttorie in materia di pubblicità ingannevole e comparativa, pratiche commerciali scorrette, pratiche vessatorie, pubblicato sul sito www.agcm.it il 10 settembre 2012, e quindi solo venti giorni prima dell’invio della comunica di avvio del procedimento.
Con riferimento al computo dei termini durante la fase preistruttoria va pertanto richiamato il costante orientamento giurisprudenziale, secondo cui “ l’arco di tempo entro il quale l’Autorità deve provvedere alla notifica della contestazione, ai sensi dell’art. 14 della l.n.689 del 1981 (invero richiamata di solito per la disciplina della sanzione pecuniaria e non già per l’istruttoria del procedimento) è collegato non già alla data di commissione della violazione, ma al tempo di accertamento dell’infrazione, da intendersi in una prospettiva teleologicamente orientata e quindi non già alla notizia del fatto sanzionabile nella sua materialità, ma all’acquisizione della piena conoscenza della condotta illecita, implicante il riscontro della esistenza e della consistenza della infrazione e dei suoi effetti ” (Cons. Stato, VI, 22 luglio 2014, n. 3896 e 3 dicembre 2009, n.2721)
Di conseguenza, i limiti temporali nei quali l’Autorità era tenuta a provvedere alla notifica della contestazione erano collegati al presupposto della effettiva e completa conclusione delle attività di accertamento.
In conclusione, quindi, l’avvenuto avvio del procedimento a distanza di vari mesi dalla segnalazione della possibile infrazione non può in alcun modo essere considerato come una violazione dei diritti delle imprese coinvolte, né un superamento dei termini procedimentali, in quanto la stessa valutazione della esigenza di avviare o meno l’istruttoria può presentarsi complessa e va comunque svolta in maniera da ponderare tutti gli elementi utili a valutare la sussistenza o meno dei presupposti per l’inizio del procedimento o per l’eventuale archiviazione (Tar Lazio, Roma, 15 febbraio 2012, n. 1569).
Sul possibile rilievo da assegnare alla circostanza in punto di valutazione della durata della pratica, si dirà nell’esame del decimo motivo di ricorso.
L’interesse alla definizione del procedimento, infine, emerge dalla stessa descrizione e dalla gravità dei fatti oggetto del procedimento.
Con il quarto motivo di doglianza, la ricorrente ha censurato il secondo provvedimento di proroga del procedimento adottato dall’Autorità il 13 marzo 2013, atteso che tale proroga, disposta per ragioni istruttorie, avrebbe seguito e non preceduto, come previsto dall’art. 7, comma 3, del regolamento, una prima proroga stabilita per valutare gli impegni presentati dalla ricorrente.
La necessaria adozione della proroga per ragioni istruttorie prime di altri eventuali provvedimenti di analogo contenuto, inoltre, sarebbe confermata dal fatto che le esigenze istruttorie possono apprezzarsi solo nella fase iniziale del procedimento o, al più, in sede di estensione della contestazione.
All’illegittimità della disposta proroga conseguirebbe la tardività del provvedimento finale.
Il motivo è infondato.
Ed infatti il citato articolo 7 non pone alcuna necessaria successione cronologica tra le tipologie di ragioni che possono determinare l’adozione di un provvedimento di proroga, richiedendo semplicemente, cosa che puntualmente è stata fatta nel caso in esame, che le esigenze istruttorie che hanno determinato il provvedimento di proroga siano esplicitate nell’atto medesimo.
Neppure può essere condiviso l’assunto secondo cui i chiarimenti istruttori richiesti nella fase di proroga fossero relativi ad aspetti già indagati dall’Autorità, considerato che la richiesta istruttoria dell’ 8 aprile 2013 richiede nuove informazioni, anche su aspetti parzialmente già indagati, proprio sulla base della produzione di parte fino a quel momento avvenuta (cfr. in particolare, la nota 1).
Inoltre l’attività istruttoria dell’Autorità non si esaurisce, come noto, nella richiesta d informazioni alla parte.
La prospettata tardività del provvedimento finale, conseguente alla illegittimità del provvedimento di proroga, è quindi insussistente.
Con il quinto motivo di doglianza la ricorrente sostene che l’Autorità, nell’estendere l’oggetto della contestazione, abbia in sostanza voluto sanzionare solo profili di vessatorietà ritenuti sussistenti nella disciplina contrattuale del diritto di recesso, così che mancherebbe, con riferimento a tale parte di contestazione, la puntuale individuazione di una pratica commerciale scorretta, unica condotta che legittima l’adozione del provvedimento in concreto assunto.
La prospettazione è erronea.
Diversamente da quanto sostenuto in ricorso e come emerge chiaramente dalla contestazione effettuata in sede di integrazione oggettiva, ciò che viene contestato alla società è MSC l’aver sottaciuto, nelle comunicazioni commerciali, “ informazioni sostanziali per gli acquirenti delle crociere utili per ponderare le proprie scelte economiche riguardanti la generale possibilità di esercitare il diritto di recesso, previsto per i contratti e per le proposte contrattuali a distanza … senza specificarne il motivo, come stabilito negli articoli 6 ss del Codice del Consumo ”.
Ciò trova puntuale conferma nel provvedimento finale, nel quale la pratica è descritta come “ informazioni omissive in ordine ai diritti contrattuali dei consumatori (recesso e rimborso) e altri elementi informativi non di prezzo ”.
Né vi è stato, come pure prospettato in ricorso, un mutamento dell’oggetto della contestazione successivo all’audizione della parte, atteso che l’Autorità ha posto in essere una mera attività di specificazione della condotta, già in precedenza più sinteticamente descritta.
Neppure può essere condivisa, essendo all’uopo prevista un’ipotesi di tacita definizione, la tesi secondo cui occorreva un provvedimento espresso di archiviazione in ordine alla contestazione relativa alla violazione degli artt. 24 e 25, lettera d), del Codice del Consumo, presente solo in sede di avvio del procedimento e oggetto del provvedimento sanzionatorio.
Con il sesto motivo di doglianza la ricorrente sostiene che non vi sarebbe coincidenza tra le pratiche oggetto di contestazione nelle due comunicazioni di avvio del procedimento e i fatti sanzionati con il provvedimento finale.
In particolare, a giudizio della ricorrente, il provvedimento n. 24422, assoggetterebbe a sanzione “ aspetti del tutto nuovi ” della pratica commerciale in parola quali, ad esempio, la “(presunta)” carenza informativa in merito ai porti di partenza ed arrivo (punto 58 del provvedimento finale), all'entità delle quote di servizio (punto 61), nonché alla mancanza di ipotesi esemplificative di applicazione del calcolo nella formulazione dell’articolo 3.1. (punto 64).
Altra differenza tra la comunicazione di avvio del procedimento e il provvedimento sanzionatorio finale riguarderebbe il mezzo di diffusione della pratica commerciale, atteso che nella comunicazione di avvio del procedimento si sarebbe fatto riferimento ai siti internet www.msccrociere.it e www.crocierissime.it, mentre nel provvedimento definitivo sarebbe comparso anche il riferimento al catalogo estate autunno 2012, disponibile anche on line .
La ricorrente lamenta, infine, il fatto che la decisione sia avvenuta sulla base di atti istruttori da essa conosciuti solo in sede di provvedimento finale.
La censura è infondata.
Da un raffronto tra le contestazioni iniziali e il provvedimento finale emerge la sostanziale coincidenza dei fatti, che nel provvedimento finale, come è nella logica della sequenza procedimentale, sono descritti in maniera più dettagliata, alla luce dei risultati dell’istruttoria e al fine di evidenziare in maniera più puntuale la ricorrenza dei presupposti di scorrettezza della pratica commerciale.
Tale maggior analiticità, tuttavia, non solo non si traduce in una non coincidenza, ma non neppure ha determinato, né è invero in questo senso pare articolata la doglianza, alcuna lesione della garanzia delle esigenze del contraddittorio, alla tutela delle quali è volto l’invio della comunicazione di avvio del procedimento.
La giurisprudenza ha infatti da tempo condivisibilmente affermato come “ nei procedimenti in materia di pratiche scorrette, è sufficiente che l'avvio riporti gli elementi essenziali utili a consentire al professionista l'individuazione delle pratiche commerciali scorrette oggetto di accertamento, con riguardo sia ai possibili elementi costitutivi fattuali, sia al richiamo ai parametri normativi alla cui violazione essi sono astrattamente ascrivibili” (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 3 luglio 2012, n. 6032, 21 gennaio 2010, nn. 645- 646;9 agosto 2010, n. 30421;10 novembre 2010, n. 33354;21 gennaio 2010, n. 647;19 maggio 2010, n. 12281;3 giugno 2010, n. 14857).
La conoscenza infraprocedimentale degli esiti istruttori, infine, è sempre acquisibile dal professionista in sede di accesso.
Con il settimo motivo di doglianza, la ricorrente contesta il provvedimento di rigetto degli impegni, la cui illegittimità, derivante dall’utilizzo di una motivazione, a suo giudizio, stereotipa e inconferente, si riverberebbe sull’adozione del provvedimento finale.
Anche tale doglianza va disattesa.
Il provvedimento di rigetto degli impegni è motivato con riferimento al fatto che le pratiche commerciali oggetto di contestazione concernono fatti “ relativi a condotte che, ove accertate, potrebbero integrare una fattispecie di pratiche commerciali connotate da “manifesta scorrettezza e gravità” , per le quali l’art. 27, comma 7, del codice del consumo non può trovare applicazione. Tali condotte, infatti, appaiono caratterizzate da un elevato grado di offensività in quanto suscettibili di alterare le scelte economiche dei potenziali acquirenti delle crociere reclamizzate tanto in merito al prezzo finale dei servizi turistici in offerta, quanto in ordine alle sostanziali omissioni informative circa le informazioni riportate nel sito internet www.msccrociere.it , sui diritti contrattuali spettanti ai consumatori con particolare riferimento all'esercizio del diritto di recesso. Le misure presentate, inoltre, non risultano idonee a rimuovere i profili contestati nell'avvio dell'istruttoria, in quanto non superano del tutto le sostanziali carenze informative non solo circa le componenti del prezzo finale delle crociere pubblicizzate, ma anche sui diritti contrattuali spettanti ai consumatori, potenziali acquirenti delle crociere reclamizzate, con riferimento particolare all'esercizio del diritto di recesso ”.
Dalla lettura del provvedimento emergono chiaramente i profili di interesse dell’Autorità a procedere nell’accertamento, dovendosene di conseguenza dedurre che ciò che la ricorrente in concreto censura è proprio la valutazione di merito operata, censura che, tuttavia, non appare ancorata a puntuali difetti logici e argomentativi del provvedimento gravato.
Ed infatti l’inidoneità degli impegni proposti a rimuovere tutti i profili di contestazione emerge per tabulas dal raffronto tra gli impegni e la contestazione iniziale, atteso che le modifiche proposte dal professionista lasciavano permanere le censurate carenze informative in relazione alle componenti del prezzo finale e dei diritti contrattuali dei consumatori.
L’Autorità, nell’esercizio dell’ampio potere discrezionale di cui è titolare in materia, ha pure correlato l’esistenza di un pubblico interesse all'ulteriore prosieguo del procedimento, all’elevato grado di offensività della pratica, facendo così emergere l’opportunità di definire il procedimento con un provvedimento espresso a mezzo del quale conseguire la finalità istituzionale di accertamento degli elementi dell’illecito, al fine di disporne, con misure afflittive e/o ripristinatorie, la cessazione (sull’ampia discrezionalità della quale l’AGCM è titolare in materia, cfr., da ultimo, Tar Lazio, Roma, sez. I, 16 luglio 2014 n. 10236).
Il fatto che il catalogo fosse disponibile on line , peraltro, rende la condotta particolarmente omogenea alla diffusione del messaggio pubblicitario sul sito della società.
Né come preteso in ricorso vi era un obbligo dell’Autorità di fissare un termine per l’integrazione degli impegni, attività disciplinata in termini ampiamente discrezionali dall’art. 9 del regolamento vigente al momento dei fatti e comunque esclusa in presenza di “ grave e manifesta ingannevolezza/illiceità di una pubblicità o scorrettezza di una pratica commerciale ovvero in caso di inidoneità degli impegni a rimuovere i profili contestati nell’avvio dell’istruttoria .
Neppure è prevista, infine, la necessità di reiterare nel provvedimento finale l’adottato provvedimento di rigetto degli impegni.
Con l’ottavo motivo di doglianza la ricorrente sostiene l’insussistenza in fatto della pratica commerciale scorretta.
Tanto si desumerebbe:
dalla circostanza che la stessa segnalazione della Guardia di Finanza darebbe atto del fatto che, se si acquista una crociera per due persone, poiché la seconda usufruisce di uno sconto del 70%, dividendo il costo totale per due, si ottiene un prezzo per persona coincidente con quello pubblicizzato;
dal fatto che dalla risultanze istruttorie emergerebbe come le informazioni relative all’esistenza della assicurazione obbligatoria fossero accessibili dal sito al quinto step di determinazione del prezzo;
dalla circostanza che nel 2010, periodo a cui si riferisce la segnalazione della Guardia di Finanza, sul sito era possibile effettuare solo una simulazione di prezzo, ma non procedere all’acquisto della crociera, dovendosi il consumatore a tale fine recare in agenzia, dove l’acquisto di perfezionava alle condizioni previste dal sito, tant’è che non vi sarebbero, agli atti istruttori dell’Autorità, contestazioni relativi a discrasie tra il prezzo ottenuto in simulazione e quello praticato in agenzia.
La censura è infondata, concernendo la stessa aspetti marginali ed eventuali della contestazione, comunque tali da non contraddire efficacemente la dettagliata e puntuale ricostruzione della vicenda contenuta nel provvedimento gravato.
Ed infatti, non risulta smentita dalla ricorrente la circostanza che il prezzo pubblicizzato omettesse di riferire gli importi dovuti a spese di iscrizione e a quota di assicurazione.
L’omissione, peraltro, è riferita dall’Autorità ai singoli atti di acquisto, così che la prospettata possibilità che, in caso in acquisti plurimi contemporanei, venisse ad aversi coincidenza tra il prezzo pubblicizzato “ per biglietto ” e il prezzo effettivamente pagato, integra un evenienza di mero fatto, suscettibile di verificarsi o meno e comunque non oggetto del claim utilizzato e contestato.
La circostanza poi che i costi di assicurazione fossero conoscibili al quinto step del procedimento di simulazione è pacificamente confermativa della non immediata accessibilità dell’informazione.
Sul punto, peraltro, deve in ogni caso osservarsi come, nell’assetto di interessi disciplinato dal decreto legislativo n. 206/2005, le norme a tutela del consumo delineano una fattispecie di “ pericolo ”, “ essendo preordinate a prevenire le possibili distorsioni delle iniziative commerciali nella fase pubblicitaria, prodromica a quella negoziale, sicché non è richiesto all'autorità di dare contezza del maturarsi di un pregiudizio economico per i consumatori, essendo sufficiente la potenziale lesione della loro libera determinazione ” (cfr., ex multis, T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 04 febbraio 2013, n. 1177).
In nessun punto del provvedimento, infine, si afferma che l’ingannevolezza sia consistita in una discrasia tra il preventivo effettuabile su internet e il prezzo pagato in agenzia, consistendo la pratica commerciale omissiva, come più volte evidenziato, nella pubblicizzazione di un prezzo in concreto inferiore a quello dovuto, per mancata immediata esplicitazione delle ulteriori voci di costo.
Con il nono motivo di doglianza la ricorrente ha contestato la parte di procedimento in cui è stata ritenuta sussistente una pratica commerciale ingannevole in merito ai diritti contrattuali del consumatore, con particolare riferimento al diritto di recesso.
Richiamando argomentazioni in parte già spese nel quinto motivo di doglianza, la ricorrente lamenta il fatto che, sotto la dichiarata finalità di sanzionare l’omissione informativa in relazione ai diritti contrattuali, l’Autorità avrebbe inteso sanzionare le limitazioni stabilite dalla società all’esercizio del diritto di recesso dei consumatori.
L’assunto è smentito in fatto dalla lettura dei paragrafi da 63 a 69 del provvedimento impugnato, in cui l’opacità del messaggio pubbilcitario è letteralmente riferita alla “ difficoltà di verificare il calcolo dell'aumento del prezzo concordato a seguito di incrementi del carburante, alla informativa resa sulla possibilità di recedere o optare per altre soluzioni di viaggio, all'entità dei rimborsi connessi alle diverse opzioni nonché alle carenze che contraddistinguono ulteriori elementi informativi, resi noti solo successivamente alla conclusione del contratto ”.
In particolare, al paragrafo 64, sono state evidenziate le omissioni informative rinvenibili nell’articolo 3.1 T&C (termini e condizioni) nella versione originaria, nella quale l’informativa in ordine alla possibilità di recedere conseguente all'aumento del 10% del prezzo complessivo della crociera per aumento del costo del carburante risultava inadeguata, in considerazione delle modalità generiche e oscure di descrizione dei criteri di calcolo del rincaro. A tal proposito l’Autorità ha pure rilevato come, nella nuova versione dei T&C del febbraio 2013, sia stato sanato l’aspetto temporale, indicando con precisione l'intervallo di riferimento (data di stampa del catalogo e 20° giorno prima della partenza o data del saldo), mentre permane l’omessa esemplificazione delle modalità di applicazione concreta del calcolo, in modo da risultare ancora non sufficientemente chiaro tale aspetto per il consumatore.
Al successivo paragrafo 65, poi, si rileva la contraddittorietà delle informazioni relative alle somme da rimborsare ai viaggiatori, nel caso in cui optino per una crociera qualitativamente inferiore o esercitino il diritto di recesso nelle diverse ipotesi stabilite nei T&C (aumento del prezzo superiore al 10%, modifiche o cancellazioni del contratto da parte del professionista). Al riguardo il provvedimento rappresenta come, nelle varie versioni acquisite agli atti, i T&C facciano riferimento a importi definiti in modo diverso, parlando alternativamente di “ restituzione della differenza di prezzo ” o di “ rimborso delle somme già versate ”, tanto più che tale ultima dizione non consente di comprendere se le stesse includono in tutto o in parte gli oneri aggiuntivi, non ricompresi, invece, nel prezzo del pacchetto.
Il successivo paragrafo 66 evidenzia le carenze informative relative ai tempi entro i quali il professionista dovrebbe corrispondere il rimborso dovuto, sia con riferimento alla restituzione della differenza di prezzo in caso di diminuzione dello stesso, sia con riferimento ai casi di recesso, sia, infine, ai rimborsi parziali per tutte le altre ipotesi in cui essi sono stabiliti, dando pure atto il provvedimento della difformità dell’informativa fornita da quanto previsto dall’art. 42, comma 1, del Codice del Turismo.
A tale specifico proposito l’Autorità ha rilevato come “ sul punto … , anche a voler sostenere, come fa MSC, che non grava sul professionista l'onere di riprodurre nelle proprie condizioni generali di vendita tutte le regole giuridiche astrattamente applicabili ad un determinato rapporto contrattuale, l'operatore commerciale è tenuto, quanto meno, a non indicare solo parzialmente i propri doveri nei confronti dei consumatori, selezionando le informazioni contenute nella disciplina applicabile solo per la sua esclusiva finalità commerciale, Tale condotta può, infatti, risultare fuorviante per il consumatore, inducendolo a ritenere di potere esercitare i propri diritti contrattuali solo nei casi, alle condizioni e nei limiti prestabiliti dal professionista nelle proprie condizioni generali di vendita delle crociere che non contengono per lo meno un rinvio alla normativa di riferimento ”.
Il paragrafo 67, ancora, rileva la presenza di ulteriori carenze informative in ordine alla possibilità di esercizio dei diritti contrattuali dei passeggeri nell’articolo 10.2 dei T&C, laddove, nel riconoscere al passeggero i diritti di recesso e di rimborso in caso di modifiche della prenotazione apportate dalla società, lo stesso fa riferimento a " modifiche di portata considerevole ad uno o più elementi significativi del Contratto” senza che siano individuati gli elementi della crociera o del pacchetto e delle modifiche in grado di incidere in modo significativo sugli stessi elementi e, di conseguenza, sulla fruibilità della vacanza.
Il paragrafo 68 ravvisa la lacunosità, rinvenibile nelle fasi della procedura di prenotazione sul sito www.msccrociere.it, in ordine alle voci di costo sottratte al rimborso, quali la polizza assicurativa e il costo del biglietto aereo del volo eventualmente incluso nella crociera.
Il paragrafo 69, infine, evidenzia l’insufficienza delle informazioni relative al nome del vettore aereo e del tipo di velivolo o altro mezzo di trasporto utilizzato, anche essi rilevanti al fine di una consapevole scelta.
E’ utile, infine, riportare il contenuto delle “ conclusioni ”, nelle quali l’Autorità osserva come “ Per le suesposte motivazioni, le condotte di MSC, considerate nella loro unitarietà e riconducibili ad una unica pratica commerciale, sono da ritenersi ingannevoli e omissive in ordine alla prospettazione delle informazioni relative al prezzo - che deve essere immediatamente intelligibile e facilmente quantificabile ai fini di una corretta ed immediata cognizione da parte del consumatore del costo complessivo dei servizi di crociera pubblicizzati comprensivi degli oneri aggiuntivi - e all'esercizio dei diritti contrattuali dei viaggiatori. La pratica in esame è da ritenersi scorretta anche sotto il profilo della diligenza professionale ragionevolmente esigibile dal professionista. Al riguardo, va considerato che MSC svolge la propria attività turistica a livello internazionale in un settore, quale quello della vendita di crociere, caratterizzato da continui contatti con il pubblico e per il quale è richiesto uno standard di diligenza informativa elevato al fine di preservare i consumatori da fuorvianti informazioni in ordine ad un servizio che comporta esborsi significativi e la cui mancata fruizione, nei termini inizialmente prospettati, può determinare un serio pregiudizio economico per gli acquirenti. In conclusione, i comportamenti sopra esaminati, posti in essere dal professionista attraverso internet e catalogo disponibile anche on line, integrano una violazione degli alti. 20, comma 2, 21, comma I, lettera d) e g) e 22, commi 1 e 2, del Codice del Consumo, in quanto contrari alla diligenza professionale e idonei a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico dei destinatari relativamente alle modalità, limiti e condizioni economiche di fruibilità delle crociere reclamizzate sul sito di MSC ”.
Le ulteriori valutazioni espresse nella censura dalla ricorrente attengono ad aspetti privatistici della fattispecie, non rilevanti in questa sede.
Con il decimo motivo di doglianza, la ricorrente ha contestato l’attività di quantificazione della sanzione.
In particolare l’Autorità avrebbe errato:
nel considerare, ai fini del calcolo della durata della pratica, la condotta tenuta nella fase preistruttoria, durante la quale la MSC sarebbe stata inconsapevole della ritenuta violazione, tanto più che anche la fase istruttoria sarebbe stata, a sua volta, notevolmente lunga;
nell’aver considerato attribuibile a MSC la condotta ascrivibile a Pigi Shipping;
nel non aver detratto, dalla sanzione determinata, un quantum riconducibile ai comportamenti evidenziati nelle comunicazioni di avvio del procedimento, non tradotti poi in accertamento definitivo;
nel non aver considerato la condotta collaborativa del professionista, anche per come rappresentata nella dichiarazione di impegni.
La doglianza è infondata.
L’Autorità ha determinato la sanzione, il cui importo, per legge va da un minimo di 5.000,00 euro ad un massimo di 5.000.000,00 di euro, in 150.000,00 euro tenuto conto della gravità della violazione, rapportata alla “ notevole dimensione del professionista, del fatto che la pratica è suscettibile di avere un significativo impatto in ragione dell'avvenuta diffusione capillare dei messaggi pubblicitari attraverso la rete internet, dell'elevato livello di penetrazione delle stesse comunicazioni commerciali, capaci di raggiungere un numero significativo di consumatori, nonché del considerevole pregiudizio economico rappresentato dall'entità dei supplementi richiesti e dalle quote non rimborsabili ”.
Con riferimento alla durata, richiamato quanto già sopra osservato in tema di legittimità della durata della fase preistruttoria del procedimento, va anche considerato come, in materia di sanzioni amministrative, rileva la mera consapevolezza della condotta, non essendo pure richiesta la concreta dimostrazione del dolo o della colpa.
Né può trovare applicazione, nel caso in esame, il precedente giurisprudenziale invocato dalla ricorrente: in quella circostanza, infatti, il giudice ha ritenuto la sussistenza di un affidamento del professionista, ingenerato dalla inerzia dell’amministrazione seguita ad una richieste di informazioni, ipotesi qui non ricorrente.
Quanto alla corretta ascrizione alla MSC dell’intera condotta sanzionata, ci si richiama a quanto osservato in relazione al terzo motivo di doglianza, in ragione del puntuale contenuto dei rapporti contrattuali esistenti tra la MSC e la Pigi.
Assolutamente non condivisibile è il preteso rilievo da attribuire, in punto di determinazione della sanzione, alla mancata valutazione, in termini di scorrettezza e ingannevolezza, di pratiche commerciali oggetto di comunicazione di avvio del procedimento e non contemplate nel provvedimento definitivo.
Nel procedimento antitrust la fase di determinazione dell’importo segue, e non precede, da un punto di vista logico, la individuazione delle condotte rilevanti ai fini dell’irrogazione della sanzione, così che il computo è stato effettuato dopo aver individuato in via definitiva la pratica commerciale ritenuta scorretta.
Quanto alla pretesa condotta collaborativa, infine, deve ritenersi che la stessa, è insussistente in fatto.
Come puntualmente evidenziato dal rigetto degli impegni e come risulta dalla successiva attivazione di un procedimento per inottemperanza, infatti, gli aspetti di adeguamento alla criticità rilevate hanno riguardato solo profili marginali della contestazione.
Con il primo motivo di doglianza del primo ricorso per motivi aggiunti la ricorrente ha censurato il provvedimento sanzionatorio in considerazione dello scarso tempo dedicato alla decisione, tempo che, sulla base del verbale delle operazioni acquisito in sede di accesso, essa ha dedotto essere stato estremamente breve.
Sostiene in particolare la MSC che la durata complessiva della fase di esame e decisione sarebbe del tutto incongruente con la complessità dell’atto adottato, con l’altrettanto complesso contenuto dei provvedimenti approvati nella medesima seduta e con il funzionamento necessariamente collegiale dell’Autorità che, per espressa disposizione regolamentare, deve adottare il provvedimento finale sulla base degli elementi raccolti dalle direzioni dopo aver esaminato l’intera documentazione e in una separata riunione.
Anche tale doglianza deve essere respinta.
Ed infatti la necessaria collegialità della decisione non esclude, e semmai presuppone, che i singoli componenti prendano conoscenza delle risultanze istruttorie prima dell’adunanza in cui si delibera, tanto più che il provvedimento dà atto dell’avvenuta nomina di un relatore.
Peraltro la doglianza è articolata in modo sostanzialmente ipotetico, avendo parte ricorrente calcolato i tempi in maniera presuntiva e non avendo altrimenti dimostrato, anche alla luce di quanto sopra osservato, la sussistenza di profili di illegittimità della decisione consequenziali alla asserita insufficienza del tempo dedicato alla decisione (cfr., ancorché in tema di correzione delle prove scritte degli esami di abilitazione alla professione di avvocato, T.A.R. Campania, Salerno, sez. I, 9 maggio 2014, n. 899, T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. III, 11 ottobre 2013, n. 1812, T.A.R. Lombardia, Milano, sez. III, 16 ottobre 2012, n. 2536).
Quanto agli ulteriori motivi di ricorso ci si richiama alle valutazioni sopra espresse nell’esame del ricorso introduttivo.
Con il secondo ricorso per motivi aggiunti la ricorrente ha impugnato il provvedimento con il quale l’Autorità ha sanzionato la parziale inottemperanza al provvedimento impugnato con il ricorso introduttivo e le ha inflitto la sanzione di € 250.000.
Ha impugnato altresì l’avviso di avvio del procedimento per inottemperanza.
Ha pure chiesto il risarcimento del danno in forma specifica, mediante pubblicazione della eventuale sentenza di accoglimento sul bollettino dell’AGCM oltre alla restituzione di quanto ingiustamente pagato a titolo di sanzione e per equivalente nella misura che verrà stabilita in corso di causa e in via meramente subordinata la riduzione della sanzione.
In punto di fatto è utile precisare che i profili di inottemperanza contestati dall’Autorità attengono alla permanente incompletezza delle informazioni pubblicitarie fornite dal professionista anche nella nuova versione del sito.
Le carenze rilevate attengono:
a) al prezzo complessivo della crociera, atteso che le informazioni relative alla quota di iscrizione e alla quota di assicurazione, sono contenute in una finestra non immediatamente visibile, ma che si apre in modalità pop up;
b) al costo della quota di assicurazione, indicato in 25 euro per persona, che tuttavia costituisce il costo minimo addebitabile a passeggero e non è comprensivo delle corrispondenti tasse;
c) alla cosiddetta quota di servizio, la cui esistenza, natura ed importo risultano accessibili solo dopo vari passaggi dalla pagina iniziale.
La comunicazione ha pure considerato manifestazione di inottemperanza una campagna pubblicitaria trasmessa su più reti televisive tra il gennaio e il marzo 2014, in cui compariva un fotogramma che riportava a grandi caratteri la dicitura “ a partire da 390 euro per persona ” accompagnata da una voce fuori campo che recitava “ quota d’iscrizione e assicurazione escluse ” e dove l’asterisco dopo il prezzo rinviava ad un banner in sovrimpressione “ collocato per pochi secondi e a caratteri pressoché illeggibili alla fine dello spot che indica che è “esclusa quota d’iscrizione € 120 p.p e quota d’assicurazione € 25 p.p. ” .
Secondo l’Autorità tale comportamento costituirebbe inottemperanza al provvedimento n. 24422 in quanto presenterebbe i medesimi profili di scorrettezza contestati a MSC nel corso del procedimento n. PS6410, profili ravvisati pure in alcune pubblicità pubblicate su giornali quotidiani dove, ancora una volta, la quota di iscrizione e l’assicurazione obbligatoria sono stati indicati separatamente dalla quota crociera “ e con caratteri molto piccoli ” nella parte sottostante l’indicazione del prezzo di crociera.
Nelle valutazioni finali del provvedimento sanzionatorio, poi, l’Autorità evidenziava come le modifiche poste in essere dalla società non avessero fatto venire meno le criticità contestate con riferimento al prezzo delle crociere, non essendo “ ancora garantita ai consumatori una chiara percezione, sin dal contatto iniziale, del prezzo complessivo delle offerte dei servizi turistici disponibili ” ed avendo in sostanza il professionista “ in contrasto con l’orientamento consolidato dell’Autorità, nonché con quanto statuito ratione materiae dalla giurisprudenza amministrativa, .. continuato ad attuare una politica di price display che non consentiva al consumatore di conoscere sin dal primo contatto l’importo effettivo della transazione, ma solo quello di una delle componenti obbligatorie in cui era articolato il prezzo complessivo della crociera” e ancora che “la scelta di disaggregare il prezzo complessivo ed enfatizzare un prezzo base che non corrisponde al prezzo finale conferma infatti la continuazione della condotta ingannevole del professionista che persiste nel non indicare, contestualmente e con pari enfasi, le ulteriori voci di costo conoscibile ex ante che il consumatore deve prendere in considerazione per calcolare il prezzo finale ”.
Con il primo motivo di doglianza la ricorrente lamenta violazione e/o falsa applicazione dell’art. 27, comma 12, del codice del consumo, violazione e/o falsa applicazione della legge 689/81, ottemperanza alla diffida di cui alla delibera n. 24422 del 26 giugno 2013, contestazione di fattispecie diverse da quella oggetto del provvedimento sanzionatorio di cui alla delibera n. 24422 del 26 giugno 2013, legittimità della modalità di presentazione del prezzo del prodotto scelto in forma disaggregata e con l’indicazione dell’importo finale dovuto dal consumatore.
A giudizio della ricorrente le condotte sanzionate con il provvedimento di inottemperanza sono, con riferimento alla ritenuta insufficienza della predisposizione della finestra pop up e con riferimento alle informazioni relative alla quota di servizio alberghiero, estranee al provvedimento della cui ottemperanza si tratta.
In particolare, nel primo provvedimento, l’Autorità non avrebbe mai affermato la necessità di fornire un prezzo in cui la quota di iscrizione fosse già aggregata al costo della crociera ed avrebbe riferito la tardività delle indicazioni fornite con riferimento alla quota di servizi alberghieri alla circostanza che le medesime fossero fornite a bordo.
Peraltro, oltre che estranee alla originaria contestazione, e pertanto inidonee a costituire ipotesi di inottemperanza in senso tecnico, le condotte indicate sarebbero pure legittime.
Quanto al costo della crociera la ricorrente richiama il contenuto della decisione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, 12 maggio 2011, n. 122/10, formatosi in relazione all’utilizzo dell’espressione “ prezzi a partire da ”, mentre con riferimento alle informazioni relative alla quota alberghiera, la ricorrente rileva come l’Autorità pretenda di definire un contegno da tenersi dall’operatore a bordo della crociera e quindi in tempo successivo all’acquisto, peraltro in violazione del principio di extraterritorialità, atteso che, ai sensi dell’art. 5 del codice della navigazione gli atti compiuti a bordo sarebbero soggetti alla legge dello stato in cui si trova la nave.
La ricorrente rappresenta pure, con riferimento quota di servizio alberghiero, che la stessa consiste in un importo addebitato in via automatica per passeggero e per notte del quale il consumatore può chiedere lo storno, circostanza che gli viene ricordata la sera prima dello sbarco quando, unitamente al programma del giorno successivo, viene consegnata una comunicazione in cui il cliente viene invitato a controllare con attenzione, prima del check-out il conto di bordo, tutte le voci ivi presenti e quindi anche la quota di servizio alberghiero.
La ritenuta oscurità del linguaggio, infine, contrasterebbe con la nozione di consumatore medio fornita dalla giurisprudenza comunitaria, quale soggetto normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto.
La censura è infondata.
Quanto al costo della crociere deve rilevarsi come sia nel primo provvedimento sanzionatorio che nel provvedimento di inottemperanza ciò che viene imputato alla società ricorrente è l’aver fornito informazioni decettive in ordine al prezzo delle crociere, in quanto, nella prima come nella seconda versione del sito, veniva presentato un prezzo della crociera non coincidente con quello finale effettivamente richiesto al consumatore.
Ed infatti, in entrambe le versioni del sito, la “ quota crociera ” è indicata con significativa maggior evidenza grafica rispetto alle altre voci di costo.
La modalità per cui l’importo della quota di iscrizione e della quota di assicurazione, che sono parte integrante del prezzo finale, sono state poste, in sede di asserita ottemperanza, all’interno di una finestra pop-up a scomparsa, che appariva solamente scorrendo il cursore sulla scritta “ escluse tasse e servizi portuali e assicurazione ” e che era collocata al di sotto del prezzo corrispondente alla quota crociera, non ha soddisfatto l’esigenza di chiarezza e completezza posti a base del provvedimento da ottemperare.
Come pure rilevato dall’Autorità, peraltro, la scritta che segnalava la presenza della finestra pop up si caratterizzava, a sua volta, per una minore evidenza grafica rispetto al messaggio relativo al prezzo di crociera, nonché per il carattere dinamico e la consequenziale mera eventualità dell’accesso, così che restava ferma la decettività di un messaggio in cui l’importo della quota crociera, proposto dal professionista come se si trattasse di un prezzo finale, non corrispondeva al prezzo effettivo del prodotto.
Anche con riferimento alla quota di servizio alberghiero, ciò che l’Autorità ha contestato è che le informazioni corrispondenti non fossero chiaramente disponibili fin dal primo contatto con il consumatore, che ne poteva prendere cognizione o in pagine del sito internet diverse da quelle che contenevano il messaggio pubblicitario, e quindi dopo vari passaggi dalla pagine iniziale, o durante la sera che precede il check-out di bordo e quindi, in entrambi i casi, in tempo successivo a quello in cui il consumatore doveva compiere la sua valutazione sul contenuto dell’offerta.
In conclusione ciò che è contestato alla società non è la disaggregazione delle voci di costo, ma la non immediata percepibilità del prezzo effettivo, mentre con riferimento alla quota del servizio alberghiero ciò che si contesta è la non conoscibilità della medesima al primo contatto e la conseguente opacità e omissività del messaggio.
Sul punto si consideri il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui “ In ragione dell'esigenza di porre i potenziali destinatari del messaggio pubblicitario in grado di valutare consapevolmente la convenienza relativa dell'offerta, la prospettazione delle complessive condizioni di quest'ultima deve essere chiaramente ed immediatamente percepibile (e, prima ancora, intellegibile), da parte del consumatore. Anche le sole modalità di presentazione del prezzo possono rivelare valenza decettiva e quindi porsi in contrasto con l'ampia previsione dell'art. 18, d.lg. 6 settembre 2005 n. 206, soprattutto in ragione dell'immanenza, in capo al professionista, di un obbligo di fornire al potenziale consumatore un messaggio promozionale caratterizzato, fin dal primo contatto, da chiarezza e completezza. ” (così, T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 8 maggio 2012, n. 4123, nello stesso senso TAR Lazio, sez. I N. 10236/2014 e Consiglio di Stato, VI, n. 5073/2012, che hanno affermato che l'indicazione del prezzo deve includere, fin dall'inizio, ogni onere economico gravante sul consumatore, il cui ammontare sia determinabile ex ante, di modo da rendere immediatamente e chiaramente percepibile al consumatore l'esborso finale).
Diversamente da quanto ritenuto dalla ricorrente, in conclusione, non vi sono fatti nuovi né aggiustamenti di tiro, atteso che è incontestata la permanenza di residui profili di decettività del messaggio, che, anche nelle versioni considerate fino al momento dell’emanazione del secondo provvedimento sanzionatorio, non sono state fornite al consumatore, a prescindere dalla forma aggregata o disaggregata del prezzo e tenuto conto della diversa modalità grafica e/o della non immediata percepibilità, informazioni complete.
E che in sede di ottemperanza debba essere considerata la finalità perseguita dal primo provvedimento sanzionatorio, con conseguente rilevanza di tutti i comportamenti successivi che mirino a conservare i già evidenziati profili di opacità e incompletezza, discende dalla stessa funzione dell’intero procedimento delineato dal legislatore in materia di pratiche commerciali scorrette, dovendosi altrimenti ritenere premianti le modalità elusive di esecuzione della delibera.
Venendo alla prospettata legittimità dei comportamenti, deve poi osservarsi come con l’invocata decisione della Corte di giustizia, si è affermato che “ il requisito relativo all’indicazione del prezzo del prodotto può considerarsi soddisfatto se la comunicazione commerciale contiene un prezzo “a partire da” o prezzo di partenza, ovverosia il prezzo minimo al quale è possibile acquistare il prodotto o il tipo di prodotti commercializzato, quando esso è disponibile anche in altre varianti o con un contenuto minimo diverso, a prezzi non indicati. Spetta la giudice del rinvio verificare, a seconda della natura e delle caratteristiche del prodotto nonché del supporto utilizzato per la comunicazione commerciale, se la menzione di un prezzo di partenza consenta al consumatore di prendere una decisione di natura commerciale ”.
Nel caso in esame, diversamente da quanto sostenuto in ricorso, l’Autorità ha puntualmente dimostrato come il prezzo indicato come “ a partire da ” non corrispondeva mai ad un prezzo minimo di acquisto, ma sempre e solo ad una voce di costo, alla quale andavano sommate altre componenti, l’importo delle quali non era, al primo contatto, immediatamente percepibile perché o non disponibile o comunque evidenziato con modalità non equivalenti a quella del claim principale.
Con specifico riferimento alla modalità pop up e alla ritenuta non equiparabilità della stessa ad una informazione immediatamente disponibile, l’Autorità ha pure motivatamente evidenziato come l’azione del cliccare sulla finestra sia solo eventuale e come, in fatto, la finestra presentava un rilievo grafico inferiore a quello del prezzo pubblicizzato.
Con il secondo motivo di doglianza la ricorrente lamenta eccesso di potere, contestazione di fattispecie diverse da quelle oggetto del provvedimento sanzionatorio n. 24422 del 26 giugno 2013 diffusione attraverso mezzi diversi omessa richiesta del parere obbligatorio dell’AGCM violazione e falsa applicazione dell’art. 22 bis del codice del consumo.
La ricorrente rappresenta come la diffusione del messaggio a mezzo di spot televisivi e di campagna pubblicitaria a mezzo stampa non fossero contemplati nel primo procedimento sanzionatorio, con conseguente necessità di procedere ad una nuova comunicazione di avvio.
La non riconducibilità di tali modalità a quelle oggetto dell’originario procedimento, poi, avrebbe importato la necessità di una nuova richiesta di parere all’autorità per le garanzie nelle comunicazioni.
Inoltre la comunicazione commerciale televisiva e a mezzo stampa presenta di per se una minor possibilità di precisione e completezza nella veicolazione del messaggio, i cui profili omissivi non sarebbero stati evidenziati nel provvedimento gravato.
La ricorrente rappresenta infine la riconducibilità dei comportamenti sanzionati alla sfera di applicazione dell’art. 22 bis codice consumo.
La prospettazione non può essere condivisa.
La considerazione, nel complessivo comportamento inottemperante della ricorrente, anche delle campagne televisive e a mezzo stampa è puntualmente correlata, nel provvedimento gravato, al fatto che le stesse presentano i medesimi profili omissivi e decettivi, in punto di determinazione del prezzo finale, della campagna pubblicitaria già diffusa sui siti internet, operazione legittima e dovuta, pena, come si è sopra rilevato, la sostanziale eludibilità, a mezzo di scelta di modifiche marginali e mezzi di diffusione differenti, del contenuto dei provvedimenti sanzionatori antitrust.
Quanto alla limitatezza dei tempo e di spazio imposta dai mezzi di comunicazione prescelti, la stessa non esonera, di per se, dagli oneri di completezza del messaggio, alla cui concreta configurazione va semplicemente adeguata (Tar Lazio, Roma, sez. I, 20 dicembre 2010 n. 37647).
La rilevata omogeneità dei fatti oggetto del provvedimento di inottemperanza con quelli già esaminati nel corso del primo procedimento sanzionatorio escludeva, poi, la necessità di acquisire nuovamente il parere dell’AGCM.
Quanto infine all’applicabilità alla fattispecie dell’art. 22 bis del codice del consumo, si rinvia a quanto osservato nell’esame del primo motivo di doglianza del ricorso introduttivo.
Con il terzo motivo di doglianza la ricorrente lamenta illegittimità, violazione dell’istruttoria e del giusto procedimento, eccesso di potere.
La censura riproduce, in sostanza, quanto già dedotto con il primo motivo di doglianza del primo ricorso per motivi aggiunti, alle ragioni di reiezione del quale qui ci si richiama.
Con il quarto motivo di doglianza la ricorrente ha lamentato illegittimità della determinazione della sanzione amministrativa pecuniaria, contraddittorietà, difetto di motivazione, violazione del principio di ragionevolezza e proporzionalità della sanzione, violazione e/o falsa applicazione della legge n. 698/81.
A giudizio della ricorrente il provvedimento impugnato avrebbe quantificato la sanzione in un importo troppo alto, senza tener conto del fatto che si trattava di una inottemperanza parziale al provvedimento originario, l’atto inoltre, riterrebbe, senza però motivarla, la gravità della condotta, ometterebbe di considerare il comportamento collaborativo e solerte da essa tenuto e le sue condizioni economiche;il provvedimento, infine, non avrebbe tenuto conto della breve durata della pratica, nella quale sono stati conteggiati pure i sessanta giorni che sono concessi al professionista per adeguarsi, né della estraneità dei fatti sanzionati all’originaria contestazione, con conseguente non configurabilità di un’ipotesi di inottemperanza in senso tecnico.
La doglianza è infondata.
Deve, infatti, osservarsi che, dalla lettura del provvedimento, emerge come nella determinazione della sanzione l’Autorità ha tenuto conto del fatto che l’inottemperanza è parziale, ma ha pure considerato che la stessa ha riguardato una campagna della quale era già stata rilevata, e continuavano a permanere, la notevole diffusione e capacità di penetrazione.
Quanto al comportamento collaborativo e solerte, questo non può essere in alcun modo rinvenuto in comportamenti in cui, ad un parziale e limitato adeguamento, si accompagni la conservazione dei profili di ingannevolezza a suo tempo posti a base del provvedimento sanzionatorio.
I sessanta giorni concessi dalla notifica del provvedimento sanzionatorio, poi, rilevano ai fini della comunicazione dell’avvenuta ottemperanza, ma in caso di permanente comportamento scorretto non possono integrare una zona franca dal rispetto delle norme stabilite dal codice del consumo.
La indiscutibile opacità e incompletezza del messaggio rendono poi irrilevante la prospettata accessibilità delle informazioni non fornite in via immediata da parte del consumatore medio.
Quanto infine alla difficile congiuntura economica in cui il professionista opera, deve rilevarsi che l’Autorità ha correttamente tenuto presente la dimensione economica del professionista, rilevando come la società aveva realizzato, nel 2012, un fatturato di 27 milioni di euro.
Per le censure già articolate nel ricorso introduttivo, si rinvia a quanto già sopra osservato.
In conclusione il ricorso è infondato sia con riferimento alle domande di annullamento che a quelle risarcitorie, alle prime logicamente subordinate.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.