TAR Roma, sez. I, sentenza 2010-01-29, n. 201001160
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N. 01160/2010 REG.SEN.
N. 05541/2005 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 5541 del 2005, proposto da:
FEDERAZIONE AUTONOMA LAVORATORI BANCA d’ITALIA – F.A.L.B.I., in persona del segretario generale aggiunto pro-tempore, nonché da U B, G C, G R, A R, rappresentati e difesi, anche disgiuntamente, dagli avv.ti M M, S V, M L e M O, e presso il loro studio elettivamente domiciliati in Roma, alla via Otranto n, 18, per mandato in calce al ricorso;
contro
CENTRO NAZIONALE per l’INFORMATICA nella PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – C.N.I.P.A., in persona del Presidente pro-tempore;
PRESIDENZA del CONSIGLIO dei MINISTRI, in persona del Presidente del Consiglio in carica;
entrambi rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato e presso gli uffici della medesima domiciliati ex lege in Roma alla via dei Portoghesi n. 12;
nei confronti di
Alessandro CASACCHIA, Daniele TATTI, Giampiero BELLUCCI, intimati quali controinteressati, non costituiti in giudizio;
per l’annullamento
della deliberazione del Collegio del C.N.I.P.A. n. 6 del 17 maggio 2005 recante interventi di rimodulazione dell’assetto organizzativo, di tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali, ivi compresi, ove occorra, le deliberazioni n. 7/2005, n. 26/2003, n. 33/2003, n. 2/2004, n. 12/2004, n. 16/2004, n. 19/2004, n. 25/2004, n. 29/2004, n. 33/2004, n. 37/2004 (unitamente ai verbali delle relative sedute), l’ordine di servizio n. 8/2005, la comunicazione al personale del 14 aprile 2005, nonché i d.P.C.M. n. 609/1994 e n. 769/1994, atti tutti successivamente conosciuti
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del C.N.I.P.A. e della Presidenza del Consiglio dei ministri;
Viste le memorie difensive;
Vista l’ordinanza n. 3740 del 6 luglio 2005, con cui è stata respinta l’istanza incidentale di sospensione dell’efficacia esecutiva degli atti impugnati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 24 giugno 2009 il dott. Leonardo Spagnoletti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso collettivo e cumulativo notificato il 6 giugno 2005 e depositato il 13 giugno 2005, la Federazione autonoma lavoratori della Banca d’Italia (di seguito indicata come F.A.L.B.I.), in persona del segretario generale aggiunto pro-tempore, e Ubaldo Bussotti, Giovanni Antonio Colella, Gennaro Ragucci e Adriano Rossi hanno impugnato gli atti e provvedimenti in epigrafe meglio specificati.
La F.A.L.B.I. dichiara di agire quale organizzazione sindacale rappresentativa nell’ambito dei dipendenti del Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione (di seguito indicato come C.N.I.P.A.), in quanto ha sottoscritto protocollo per le relazioni sindacali del 13 maggio 2004, con il conseguente riconoscimento dei diritti sindacali ivi stabiliti, ivi compreso quello di consultazione preventiva in materia di organizzazione e disciplina degli uffici;gli altri ricorrenti sono funzionari provenienti dal Centro tecnico per l’assistenza ai soggetti che utilizzano la rete unitaria della pubblica amministrazione, le cui funzioni, attività, risorse e personale sono stati trasferiti al C.N.I.P.A. dal d.lgs. n. 343/2003.
Con deliberazione del Collegio del C.N.I.P.A. n. 6 del 17 marzo 2005 è stato modificato l’assetto organizzativo del Centro, come stabilito con deliberazione n. 26 del 22 dicembre 2003, distinguendosi tra “aree operative” e “uffici”, quali articolazioni di livello dirigenziale, e “sezioni”, cui sono preposti funzionari di livello apicale o anche non apicale ma con anzianità di servizio almeno quinquennale presso il Centro.
I ricorrenti impugnano tale deliberazione e occorrendo gli altri atti in epigrafe indicati, deducendo le seguenti censure:
1) Violazione degli artt. 3 e 97 Cost., dell’art. 10 commi 6 ter-6 sexies del d.lgs. n. 303/1999, dell’art. 5 comma 1 del d.lgs. n. 39/1993 – Incompetenza – Violazione e falsa applicazione del d.P.C.M. 14 aprile 1994, n. 609 e della deliberazione del Collegio del C.N.I.P.A. n. 26/2003 – Eccesso di potere per falsità dei presupposti, motivazione insufficiente e contraddittoria, illogicità, contraddittorietà e irragionevolezza, sviamento di potere
Il riordino organizzativo e gestionale del C.N.I.P.A., in base al combinato disposto delle epigrafate disposizioni, richiede l’adozione di appositi regolamenti, nella forma del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, tanto che la deliberazione n. 26/2003 era stata qualificata come disciplina organizzativa urgente e provvisoria, nelle more dell’emanazione dei predetti regolamenti.
La deliberazione n. 6/2005 fa generico riferimento a “ipotizzata riforma complessiva del regolamento concernente l’organizzazione degli uffici e il funzionamento del C.N.I.P.A. di cui al citato d.P.C.M. n. 609/1994” -che peraltro attiene alla soppressa Autorità per l’informatica nella pubblica amministrazione (A.I.P.A.), e che non contiene la previsione di “uffici” e “sezioni”-, risolvendosi in una regolamentazione unilaterale in violazione delle forme tipizzate del potere normativo di autorganizzazione.
2) Violazione artt. 3, 39 e 97 Cost., dell’art. 70 d.lgs. n. 165/2001 e dei principi generali dell’ordinamento, del protocollo per le relazioni sindacali del 13 maggio 1994 – Incompetenza – Eccesso di potere
Il nuovo assetto organizzativo incide unilateralmente, fuori dalla doverosa attivazione delle procedure contrattuali collettive, sullo status professionale dei dipendenti, in quanto individua le qualifiche cui è riservata la preposizione agli “uffici” e alle “sezioni”, sulla scia di quanto peraltro operato con gli ordini di servizio pure in epigrafe indicati e gravati anche in tema di mansioni proprie delle posizioni contrattuali (si richiama in specie l’ordine di servizio n. 8/2005).
3) Violazione degli artt. 3 e 97 Cost., dell’art. 10 commi 6 ter-6 sexies del d.lgs. n. 303/1999 e dei principi generali dell’ordinamento - Violazione e falsa applicazione del d.P.C.M. 14 aprile 1994, n. 609 – Eccesso di potere per difetto d’istruttoria, omessa valutazione, omessa e insufficiente motivazione, sviamento di funzione
L’adozione del nuovo assetto organizzativo delle strutture burocratiche del C.N.I.P.A. imponeva una accurata istruttoria ricognitiva delle diverse posizioni organizzative connesse alle qualifiche e la predeterminazione dei criteri di attribuzione, laddove nel caso di specie l’una e l’altra sono del tutto mancate, discriminandosi peraltro i funzionari provenienti dal Centro tecnico per l’assistenza ai soggetti che utilizzano la rete unitaria della pubblica amministrazione perché l’affidamento della responsabilità delle “sezioni” o incarichi equivalenti verrebbe riservata ai soli dipendenti in possesso di anzianità almeno quinquennale presso il C.N.I.P.A.
Costituitisi in giudizio il C.N.I.P.A. e la Presidenza del Consiglio dei ministri, con memoria dell’Avvocatura generale dello Stato, hanno dedotto, a loro volta:
a) l’inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione, sia in relazione alla pretesa violazione di posizioni giuridiche soggettive riferibili all’organizzazione sindacale che a quella dei ricorrenti, in quanto afferenti allo status di personale contrattualizzato;
b) l’irricevibilità per tardività dell’impugnativa di tutte le deliberazioni anteriori alla delibera n. 6/2005, nonché dei dd.PP.CC.MM. n. 609/1994 e n. 769/1994 (questi ultimi pubblicati anche in Gazzetta Ufficiale della Repubblica), tutte tempestivamente comunicate ai dipendenti e anche inserite nell’area intranet del sito web del C.N.I.P.A., nonché oggetto d’informazione e consultazione preventiva a partire dalla stipula del protocollo del 13 maggio 2004;
c) l’inammissibilità dell’impugnativa della deliberazione n. 6/2005 perché consequenziale alla deliberazione n. 26/2003, tardivamente impugnata;
d) l’infondatezza del ricorso;in relazione alla perdurante efficacia del d.P.C.M. n. 609/1994, permane in capo al Collegio del C.N.I.P.A. il potere di adottare atti di macrorganizzazione, anche in pendenza dell’emanazione di nuovi regolamenti di organizzazione e amministrazione, nella specie preceduta dalla consultazione delle organizzazioni sindacali (come riconosciuto alla stessa federazione ricorrente), risultando quindi del tutto legittima l’articolazione delle “aree” ed “uffici” in “sezioni” e posizioni organizzative specifiche e temporanee, che non incide su materia riservata alla contrattazione collettiva e sull’inquadramento dei dipendenti, cui non è riferibile la definizione di criteri per l’attribuzione d’incarichi di responsabilità di strutture, comunque conferibili a tutti i funzionari del C.N.I.P.A., compresi quelli transitati dal Centro tecnico per l’assistenza ai soggetti che utilizzano la rete unitaria della pubblica amministrazione.
Con memoria difensiva depositata il 13 giugno 2009 i ricorrenti hanno insistito per l’accoglimento del ricorso.
Con ordinanza n. 3740 del 6 luglio 2005 è stata respinta l’istanza incidentale di sospensione dell’efficacia esecutiva degli atti impugnati.
All’udienza pubblica del 24 giugno 2009 il ricorso è stato deciso e riservato per la decisione.
DIRITTO
1.) Il Tribunale, prima di muovere all’esame delle eccezioni pregiudiziali spiegate dall’Avvocatura generale dello Stato e dei motivi di ricorso, ritiene opportuno premettere un pur conciso quadro di riferimento normativo.
1.1) Com’è noto, l’art. 2 comma 1 lett. mm) della legge 23 ottobre 1992, n. 421, nell’ambito dell’ampia delega legislativa concernente la razionalizzazione e revisione delle materie sanitarie, del pubblico impiego, previdenziale e della finanza territoriale, demandò al Governo, tra l’altro, il riordino normativo dei sistemi informativi automatizzati e l’attribuzione “…ad un apposito organismo (di) funzioni di coordinamento delle iniziative e di pianificazione degli investimenti in materia di automazione, anche al fine di garantire l’interconnessione dei sistemi informatici pubblici”.
Con il d.lgs. 12 febbraio 1993, n. 39, nell’esercizio del potere legislativo delegato, fu istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri l’Autorità per l’informatica nella pubblica amministrazione (A.I.P.A.) con “…autonomia tecnica e funzionale e con indipendenza di giudizio” (art. 4), costituita in organismo collegiale, composto dal Presidente e da quattro membri (il primo nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, gli altri nelle stesse forme su proposta del Presidente dell’Autorità), con la previsione che l’Autorità proponesse al Presidente del Consiglio dei ministri l’adozione di appositi regolamenti “…concernenti la sua organizzazione, il suo funzionamento, l’amministrazione del personale, l’ordinamento delle carriere, nonché la gestione delle spese…” (art. 5).
Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 14 aprile 1994, n. 609 fu emanato il regolamento per l’organizzazione ed il funzionamento della Autorità per l’informatica nella pubblica amministrazione che all’art. 5 (rubricato “Disegno operativo”) stabilì che:
“Le strutture dell’Autorità si articolano in aree operative individuate con deliberazione dell’Autorità in modo che vengano adeguatamente distribuiti i compiti relativi alle funzioni indicate nell'art. 7, commi 1 e 3, e negli articoli 12 e 16, comma 1, del decreto legislativo” (comma 1);
“I responsabili delle aree operative che svolgono compiti preparatori e istruttori in ordine alle funzioni istituzionali rispondono direttamente all’Autorità” (comma 2);
“I responsabili delle aree operative che svolgono compiti strumentali concernenti l’amministrazione del personale, della spesa, dei beni e del sistema informatico, l’inventario, la biblioteca rispondono direttamente al direttore generale” (comma 3).
L’art. 176 comma 3 del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196 (recante “Codice in materia di protezione dei dati personali”, emanato in base alla delega legislativa di cui all’art. 1 della legge 24 marzo 2001, n. 127) ha sostituito l’art. 4 comma 1 del d.lgs. n. 39/1993, nel senso di seguito indicato:
“È istituito il Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione, che opera presso la Presidenza del Consiglio dei ministri per l’attuazione delle politiche del Ministro per l’innovazione e le tecnologie, con autonomia tecnica, funzionale, amministrativa, contabile e finanziaria e con indipendenza di giudizio”.
Il comma 4 dell’art. 176 ha confermato l’applicabilità al C.N.I.P.A. della disposizione di cui all’art. 6 del d.lgs. n. 39/1993 (in ordine alla possibilità di provvedere alla provvista del personale del Centro mediante comandi, distacchi, fuori ruolo di personale dipendente da amministrazioni o enti pubblici, società e organismi a prevalente partecipazione pubblica e di personale con contratto a tempo determinato di diritto privato) e delle altre disposizioni in materia di finanziamento del Centro, come già stabilite per l’A.I.P.A.
A sua volta il comma 5 dell’art. 176 ha sostituito l’art. 5 comma 1 del d.lgs. n. 39/1993, stabilendo che:
“Il Centro nazionale propone al Presidente del Consiglio dei ministri l’adozione di regolamenti concernenti la sua organizzazione, il suo funzionamento, l’amministrazione del personale, l’ordinamento delle carriere, nonché la gestione delle spese…”.
Infine, il comma 6 dell’art. 176 ha disposto che:
“La denominazione: Autorità per l’informatica nella pubblica amministrazione contenuta nella vigente normativa è sostituita dalla seguente: Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione”.
L’art. 5 del d.lgs. 5 dicembre 2003, n. 343, nel quadro del riordino della Presidenza del Consiglio dei Ministri, aggiungendo i commi 6 ter, 6 quater e 6 quinquies all’art. 10 del d.lgs. 30 luglio 1999, n. 303, ha trasferito al C.N.I.P.A. funzioni, attività, risorse finanziarie e strumentali e personale del Centro tecnico per l’assistenza ai soggetti utilizzatori della rete unitaria della pubblica amministrazione (R.U.P.A.) -che era stato istituito dall’art. 17 comma 19 della legge 15 maggio 1997, n. 127 presso l’A.I.P.A. ed era stato poi collocato “in posizione di autonomia amministrativa e funzionale” presso la Presidenza del Consiglio dei ministri dall’art. 24 comma 6 della legge 24 novembre 2000, n. 340-, tenendo fermo, per il personale trasferito e in prima applicazione, il trattamento giuridico ed economico in godimento, e ribadendo il rinvio ad appositi regolamenti emanati ai sensi dell’art. 5 del d.lgs. n. 39/1993 per il riordino organizzativo, di gestione e di funzionamento dello C.N.I.P.A.
L’art. 5 comma 1 bis del d.l. 31 gennaio 2005, n. 7, convertito, con modificazioni, nella legge 31 marzo 2005, n. 43, inserendo il riferimento al “decreto legislativo 12 febbraio 1993, n. 39” nell’elencazione di cui all’art. 70 del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, ha poi ricompreso il C.N.I.P.A. tra le aziende ed enti il cui personale rientra nell’alveo del personale pubblico contrattualizzato, con connesso inserimento nell’ambito del comparto di contrattazione collettiva degli enti pubblici.
Con il d.P.C.M. 6 ottobre 1994, n. 769 era stato emanato il “Regolamento per la gestione delle spese occorrenti per il funzionamento dell’Autorità per l’informatica nella pubblica amministrazione”, poi abrogato e sostituito dal “Nuovo Regolamento per la gestione delle spese del Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione”, di cui al d.P.C.M. 1° giugno 2007, n. 110.
1.2) I ricorrenti impugnano la deliberazione n. 6 del 17 maggio 2005, e le precedenti deliberazioni n. 26/2003, n. 33/2003, n. 2/2004, n. 12/2004, n. 16/2004, n. 19/2004, n. 25/2004, n. 29/2004, n. 33/2004, n. 37/2004, nonché l’ordine di servizio n. 8/2005 e in via chiaramente tuzioristica i dd.PP.CC.MM. n. 609/1994 e 769/2004, limitandosi peraltro a dedurre censure direttamente riferite alla deliberazione n. 6/2005, onde sotto un primo profilo il gravame rivolto avverso gli altri atti e provvedimenti appare inammissibile.
L’Avvocatura generale dello Stato ha, peraltro, svolto ulteriori e diverse eccezioni pregiudiziali:
a) d’inammissibilità, per difetto di giurisdizione amministrativa, in ordine all’impugnativa proposta dalla F.A.L.B.I., in quanto rivolta a censurare pretese violazioni di diritti sindacali;
b) d’irricevibilità, per tardività, dell’impugnativa di tutte le deliberazioni diverse dalla n. 6/2005, ed in primis della deliberazione n. 26/2003;
c) d’inammissibilità del ricorso nella parte residua relativa alla deliberazione da ultimo citata, in quanto atto consequenziale alla deliberazione n. 26/2003.
1.2.1) Il Tribunale ritiene nondimeno di darsi carico dell’esame nel merito del ricorso, pur risultando persuasive e fondate almeno parte delle eccezioni pregiudiziali, e segnatamente quella sub a), non essendo revocabile in dubbio che la F.A.L.B.I., in funzione delle censure dedotte, agisca a tutela di diritti e prerogative sindacali, che assume violate da atti di macrorganizzazione, che non possono costituire diaframma ostativo rispetto alla giurisdizione ordinaria, in quanto suscettibili di disapplicazione.
E’ noto, infatti, che il più recente orientamento della Suprema Corte è nel senso che “In tutti i casi nei quali vengano in considerazione atti amministrativi presupposti, ove si agisca a tutela delle posizioni di diritto soggettivo in materia di lavoro pubblico, è consentita esclusivamente l’instaurazione del giudizio davanti al giudice ordinario, nel quale la tutela è pienamente assicurata dalla disapplicazione dell’atto e dagli ampi poteri riconosciuti a quest’ultimo dal d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 63, comma 2”, e ciò anche quando si tratti di atti di c.d. macrorganizzazione se essi costituiscano atti presupposti di atti di gestione in senso stretto (Cass. Civ., SS.UU., 16 febbraio 2009 , n. 3677).
E’ evidente che quanto predicato per controversie instaurate da dipendenti pubblici con rapporto di lavoro contrattualizzato, vale a fortiori per le organizzazioni sindacali che agiscano a tutela diretta della propria sfera giuridica soggettiva assumendo che l’atto di macrorganizzazione sia viziato in funzione dell’obliterazione di momenti negoziali collettivi, o invasivo di materie riservate alla contrattazione collettiva anche integrativa (sulla natura paritetica e negoziale degli atti incidenti sulla contrattazione collettiva rispetto alla quale le posizioni incise in via diretta (proprie dell’organizzazione sindacale esclusa e/o dissenziente) hanno consistenza di diritti soggettivi la cui tutela è azionabile dinanzi al giudice ordinario vedi Cass. civ. SS.UU., 14 febbraio 2007, n. 1398).
Nella stessa prospettiva, anche l’impugnativa proposta dai ricorrenti dipendenti del C.N.I.P.A., in quanto costruita sulla presunta diretta incisione di proprie posizioni di diritto soggettivo, inerenti al proprio status giuridico-economico, esulerebbe dalla giurisdizione amministrativa.
1.2.2) Il Tribunale, peraltro, deve porre in luce come, se anche fossero superabili i profili di giurisdizione innanzi evidenziati, nondimeno il ricorso è destituito di fondamento giuridico.
Affatto erroneo è, anzitutto, il presupposto giuridico dal quale muove l’impugnativa.
Il d.P.C.M. 6 ottobre 1994, n. 769 non ha esaurito la propria efficacia con l’istituzione del C.N.I.P.A., posto che quest’ultimo è sottentrato all’A.I.P.A. in tutte le sue funzioni, attività, attribuzioni, rapporti attivi e passivi, con una successione “in universum jus”, come chiarito anche dalla sostituzione alla denominazione Autorità per l’informatica nella pubblica amministrazione “contenuta nella vigente normativa” della denominazione Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione, disposta dall’art. 176 comma 6 del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196.
Il predetto regolamento, peraltro, aveva attribuito all’Autorità (quindi, di seguito, al C.N.I.P.A.) la individuazione delle “aree operative…in modo che vengano adeguatamente distribuiti i compiti relativi alle funzioni” (art. 5 comma 1), così demandando ad atti di macrorganizzazione, rimessi all’ampia discrezionalità dell’ente, la concreta articolazione delle strutture.
Ne consegue che del tutto legittimamente il C.N.I.P.A. con le deliberazioni gravate, assolti, come la stessa F.A.L.B.I. riconosce, gli oneri d’informativa alle organizzazioni sindacali, nelle more della compiuta ridefinizione con successivo d.P.C.M. del proprio profilo organizzatorio, ha ritenuto di articolare il proprio apparato in “aree operative” e “uffici” di livello dirigenziale e in “sezioni” cui preporre funzionari apicali o subapicali in possesso di adeguata anzianità di servizio, da intendersi come riferita all’ente anche se (in tutto o in parte) maturata presso il Centro tecnico, che inizialmente era peraltro articolazione dell’A.I.P.A. e solo successivamente era stato collocato presso la Presidenza del Consiglio, per esser poi soppresso con trasferimento di funzioni, dotazioni e personale al C.N.I.P.A.
1.2.3) Alla stregua dei rilievi che precedono, risultano quindi infondate tutte le censure dedotte in ricorso.
Quanto al primo motivo, è evidente che l’adozione di atti di macrorganizzazione, nelle more della ridefinizione del profilo organizzativo complessivo dell’ente, non introduce, in funzione della loro provvisorietà, alcuna violazione delle forme tipizzate relative all’emanazione di nuovo più vasto e complessivo regolamento.
Tali atti, ciò che connota l’infondatezza del secondo motivo, non incidono in alcun modo sull’ordinamento di carriera dei dipendenti dell’ente, non modificando in alcun modo le aree e i livelli professionali.
Nessuna discriminazione, infine, contrariamente a quanto dedotto con il terzo motivo, è operata nei confronti dei funzionari provenienti dal Centro tecnico per l’assistenza ai soggetti che utilizzano la R.U.P.A., poiché il riferimento al requisito dell’anzianità presso il C.N.I.P.A., di cui all’art. 1 comma 2 dell’allegato alla deliberazione n. 26/2003 (come sostituito dalla deliberazione n. 6/2005) non può essere inteso che con riguardo a tutti i dipendenti dell’ente, anche se provenienti dal Centro tecnico, per le ragioni innanzi indicate.
2.) In conclusione, il ricorso in epigrafe deve essere respinto in quanto infondato.
3.) In relazione alla novità della controversia, sussistono giusti motivi per dichiarare compensate per intero tra le parti le spese e onorari del giudizio.